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dell’utenza.
Il proposito del seguente lavoro è di dare risalto e valorizzare il ruolo
dell’umanizzazione ambientale come fattore che facilita ed agevola il rapporto dei soggetti
con l’ambiente ospedaliero.
Alla luce di tali considerazioni la presente trattazione è stata strutturata in nove
capitoli.
Il primo capitolo di carattere introduttivo , traccia una sintesi della nascita e
dell’evoluzione della psicologia ambientale. Si sofferma, poi, sul passaggio da una
progettazione ambientale definita “egocentrica” , che si basa principalmente sul giudizio
del progettista, ad una progettazione users centered che tiene conto dei bisogni e delle
aspettative degli utenti. Inoltre viene presentato il metodo POE (Post Occupancy
Evaluation) che rappresenta la fase finale di una valutazione post – occupativa, anche in
questo caso l’utente è al centro dell’attenzione perché sarà proprio lui ad essere chiamato a
dare un giudizio di efficienza rispetto agli spazi costruiti. Per maggior comprensione viene
illustrato il tema della valutazione ambientale e quali caratteristiche individuali ed
ambientali possono influenzarla. Oltre a ciò viene illustrata la “restorativeness” attribuita
ad un ambiente, essa si riferisce alla possibilità che certi luoghi hanno di ridurre uno stato
di stress psicofisiologico nel soggetto. Vengono poi, esposti alcuni tra i più significativi
contributi empirici riguardo gli effetti sul comportamento di alcune caratteristiche
ambientali sui degenti.
Il secondo capitolo si occupa del primo incontro del soggetto con la struttura. La
principale difficoltà che una persona deve affrontare riguarda l’orientamento. Nel capitolo
viene illustrata una specifica modalità di orientamento ossia il “Wayfinding”: il saper
trovare la strada utilizzando le informazioni che l’ambiente ci offre.
Dal terzo capitolo si trattano in dettaglio le diverse aree dell’ospedale. Cominciamo
dalle caratteristiche fisiche (illuminazione, arredi, colori, ecc.) dell’atrio, della reception,
l’area di accettazione, i luoghi di sosta e attesa, gli ambulatori e gli spazi di socializzazione.
Il capitolo quarto si occupa dell’area di degenza , uno spazio fulcro dei luoghi di cura,
esso rappresenta lo spazio vissuto del paziente. In esso convivono i bisogni di privacy e di
socialità. L’ambiente fisico deve trasmettere sensazioni di accoglienza e familiarità, tutti gli
elementi ambientali (luci, colori, arredi, ecc.) saranno concepiti a tale scopo.
Nel quinto e nel sesto capitolo sono illustrate alcune considerazioni sui materiali
utilizzati per la pavimentazione e sulla qualità dell’aria in ospedale.
Il settimo capitolo riporta e descrive un intervento del tutto nuovo nei luoghi di cura :
l’introduzione di eventi artistici o opere d’arte. Un insolito modo di valorizzare l’ambiente;
l’intento è di trasformare uno spazio neutro ed impersonale in uno spazio che comunica e
che diviene un supporto alla guarigione. Utilizzare l’arte in ospedale va al di là della sola
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decorazione artistica, con esso si vuole dare una nuova percezione e una nuova fruizione
degli ambienti attraverso le forme e i colori.
L’ottavo capitolo si occupa del ruolo e della necessità degli spazi verdi in ospedale.
Viene illustrata una rassegna sulle ricerche più significative che hanno verificato una
connessione tra benessere fisico e la possibilità di utilizzare dei giardini e poter godere di
tutti gli elementi della natura. Vengono, poi, descritti i giardini terapeutici gli “healing
garden”, gli elementi che li caratterizzano e che li rendono parte integrante del processo di
recupero e guarigione del malato.
Il nono, ultimo capitolo, si occupa nello specifico degli ospedali pediatrici. Creare degli
spazi a misura di bambino, rispettare i suoi bisogni , la sua sensibilità è un dovere ed
un impegno che la società non deve assolutamente trascurare.
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1. PSICOLOGIA AMBIENTALE E UMANIZZAZIONE
OSPEDALIERA
1.1 Nascita e sviluppo della psicologia ambientale ed architettonica
Alla fine degli anni ’50 e nel corso degli anni ’60 nasce e si sviluppa negli USA un
nuovo ambito di studi interno alla psicologia che prende il nome di psicologia ambientale:
environmental psichology .
La psicologia ambientale è, secondo una definizione generalmente accettata , la
disciplina che si occupa delle relazioni che si instaurano tra le persone e il loro ambiente
(Proschansky 1987). ”Ambito della psicologia che si interessa ai rapporti tra processi
psicologici e processi dell’ambiente sociofisico” (Bonnes, Secchiaroli, 1992, p 94).
Il rapporto tra comportamento umano e ambiente naturale o costruito è un settore di
studi di altre scienze ambientali, come ad esempio l’ecologia, la geografia, l’architettura;
la psicologia ambientale nasce dalla convergenza di interessi sia dell’ambito psicologico
che dell’ambito delle scienze ambientali, questo fatto ne sottolinea il suo carattere
interdisciplinare.
La psicologia ambientale trova soprattutto negli USA la sua patria di riferimento per
la molteplicità e sistematicità delle iniziative orientate alla sua fondazione e sviluppo.
La problematica della pianificazione – progettazione degli edifici destinati alla cura
dei pazienti psichiatrici rappresenta il campo di studi di diversi gruppi di ricerca.
Ricordiamo i contributi di W. Ittelson e H. Proschansky per lo studio degli effetti che
l’assetto spaziale/architettonico dell’ospedale può avere sul comportamento dei pazienti ; il
lavoro di H. Osmond volto a dimostrare la teoria dell’esistenza di assetti spaziali
“sociofughi” (in grado di scoraggiare l’interazione sociale) e “sociopeti” (capaci di
incoraggiare l’interazione sociale). Da questo studio si sviluppa il lavoro successivo di R.
Sommer che studiando il comportamento di pazienti di un reparto geriatrico elaborerà i
concetti di “territorialità umana” e “spazio personale” (Bonnes, Secchiaroli, 1992;
Bonaiuto, Bilotta, Fornara , 2004).
Queste esperienze hanno contribuito a fornire valide e preziose indicazioni
psicologiche ai progettisti dei luoghi cura non solo psichiatrici, e principalmente, esse
hanno aperto la strada ad una fase di interazione con le varie scienze della progettazione
architettonica ospedaliera, al fine di creare un progetto formale in grado di migliorare le
condizioni ambientali e di favorire il miglioramento e la guarigione dei degenti.
Anche in Europa si costituiscono gruppi di studio basati sulla collaborazione di
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psicologi e architetti: questo nuovo ambito di studi pluridisciplinare viene denominato, sia
negli USA che in Europa, Psicologia Architettonica (Bonnes, Secchiaroli, 1992; Bonaiuto,
Bilotta, Fornara , 2004).
In questo periodo si susseguirono importanti congressi di psicologia architettonica:
nel 1961 si tiene presso l’Università dello Utah il primo Congresso di psicologia
architettonica, seguito da un secondo Congresso nel 1966. Nel 1967, presso la stessa
Università, inizia la pubblicazione del notiziario “Architectural Psychology Newsletter”,
successivamente confluito nella rivista “Man – Environment Sistem” (1969), (Bonnes,
Secchiaroli, 1992).
Ricordiamo il contributo dell’urbanista Kevin Lynch (1960) (Bonnes, Secchiaroli,
1992) che ha proposto un nuovo approccio, in un certo senso rivoluzionario, ossia pensare
la città e la sua progettazione partendo dall’ immaginabilità che essa può avere nella mente
dei suoi fruitori. E’ l’inizio dell’ abbandono del tradizionale concetto di progettazione
urbana a favore di una nuova concezione che mette il soggetto fruitore al primo posto.
Un ulteriore contributo dato dalla psicologia architettonica si riferisce alla necessità
di chiarire due posizioni opposte riguardanti l’influenza che gli edifici potrebbero avere sul
comportamento umano: la prima ipotesi afferma che gli aspetti fisici dell’ambiente possono
determinare o influenzare il comportamento ( determinismo architettonico); la seconda, di
contro, che non esiste nessuna relazione e influenza tra di essi (Baroni,1998).
1.2 La progettazione centrata sull’utente
Le ricerche dei diversi gruppi di studio portano a nuove valutazioni: la progettazione
definita “egocentrica”, volta soprattutto a soddisfare i bisogni estetici e di autoaffermazione
dell’architetto-progettista, risulta inadeguata e nasce l’esigenza di considerare i bisogni dei
destinatari / utenti degli edifici stessi (Bonnes, Secchiaroli 1992). Questa nuova prospettiva
che pone l’utente al centro del processo progettuale rende necessaria l’introduzione di
nuovi metodi di progettazione. A tal proposito ricordiamo quello proposto da Broadbent e
Ward (1969) articolato in tre fasi principali : analisi, sintesi, valutazione; quest’ultima fase,
sicuramente la più rilevante, comprende l’analisi delle reazioni degli utenti nei confronti
degli edifici costruiti (metodo della valutazione post-occupativa, POE). Essendo
quest’ultimo un ambito di studi anche della psicologia, lo psicologo viene chiamato a far
parte accanto ad altre figure professionali come architetti e ingegneri, del processo
progettuale.
Canter (1972) sottolinea come sia necessario distinguere le esigenze di adeguatezza
funzionale degli edifici da quelle relative alla loro forma. In questo senso nasce l’utilità
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della ricerca psicologica, che si viene a prefigurare come possibile ponte tra problemi di
ordine concreto – operativo e individuazione di soluzioni ottimali non solo da un punto di
vista estetico visivo ma, soprattutto, da quello dell’adeguatezza (funzionale)
dell’architettura ambientale rispetto alle esigenze e aspettative di coloro che utilizzano le
costruzioni stesse.
Ancora Canter, con un altro noto psicologo ambientale, T. Lee (1974) hanno cercato di
definire quali sono le informazioni che la psicologia può fornire alla progettazione
dell’ambiente, indicando tre categorie:
a) Le attività della gente: la tipologia di attività svolte dalle persone, dove e in che
modo vengono svolte, come cambiano;
b) Le valutazioni differenziate: quali sono cioè le gerarchie di priorità esistenti tra
queste, dal punto di vista sia pratico che qualitativo;
c) Il rapporto comportamento - ambiente: conoscere non solo le reazioni
dell’individuo alle variabili architettoniche, ma scoprire anche i motivi di tali
rapporti in una prospettiva interattiva.
Un ambito di studi specifico della psicologia ambientale che si occupa del rapporto
tra processi psicologici e ambiente socio - fisico è rappresentato dagli studi di “percezione
ambientale”.
Con percezione ambientale ci si riferisce alla varietà di quei processi psicologico –
sociali che avvengono nelle persone nei confronti dell’ambiente socio – fisico con cui
queste interagiscono, e che trovano una esplicita manifestazione nelle modalità di azione e
di pensiero che esse tendono ad esibire nei confronti degli ambienti stessi (Bonnes,
Secchiaroli, 1992).
Possiamo distinguere tre tipologie di assetti ambientali riferiti agli scopi, ai bisogni,
alle aspettative e di conseguenza alle relative percezioni ambientali degli utenti.
a) Progetti che hanno una funzione di sostegno nei confronti dei comportamenti che
gli utenti intendono assumere.
b) Progetti che promuovono negli utenti specifici comportamenti per essi desiderabili
c) Progetti che possono ostacolare i comportamenti degli utenti.
La prospettiva che viene assunta è quella di “processo” e non solo di “prodotto” in
relazione al progetto stesso: questo significa considerare il progetto come un momento di
un più ampio processo in cui il progettista collabora con vari esperti disciplinari, ad esso
affiancati, e l’utenza per ottenere un risultato “a misura” dei fruitori (Bonnes, IAED,1995).