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Una seconda parte, di carattere meno bibliografico e più esplorativo, sarà dedicata
all’analisi degli sviluppi del gioco di ruolo, e del suo approdo sulla dimensione del
WorldWideWeb.
La Rete Internet ormai da tempo è entrata a far parte di contesti a noi familiari, e
non mancano le trasposizioni dei giochi di ruolo in rete, frequentate giornalmente
da diverse migliaia di utenti.
In un percorso in parte ancora inesplorato, spesso denso di pregiudizi e di
valutazioni affrettate, ci muoveremo nell’idea dell’indifferenza del medium
rispetto a chi lo usa.
Limiti e possibilità delle applicazioni in Rete dei giochi di ruolo saranno
esplorate, con un occhio di riguardo nei confronti delle recenti teorie sui disordini
mentali prodotti dalla Rete, tra le quali spicca la IAD di Ivan Goldberg (1995). Le
nostre conclusioni verteranno sulla applicabilità del gioco di ruolo in Rete a fini
terapeutici e formativi, settore ancora in gran parte trascurato dalla ricerca
ufficiale, e spesso, come vedremo, demonizzato dall’opinione pubblica.
L’appendice sarà offerta da un’intervista fatta al gestore del gioco di ruolo in Rete
più frequentato in Italia, ExtremeLot (http://gdr.leonardo.it/extremelot/).
All’interno di questa intervista si andranno ad analizzare i motivi dominanti nella
creazione e nell’evoluzione di un gioco di ruolo, nonché le aspettative future ed i
principali valori conduttori dell’esperienza in Rete.
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1.2 Perché ho scelto questa tesi
Perché sono anch’io un padrone della menzogna. Pratico gioco di ruolo da diversi
anni, sia in forma cartacea che elettronica. Mi sono sempre interessato alle
dinamiche sottostanti i giochi di ruolo, ed unitamente alla curiosità verso i mezzi
di comunicazione di nuova generazione, primo tra tutti il computer, ho cercato di
riunire in un unico scritto quelle che sono alcune mie passioni, tentando di
ipotizzare possibili sviluppi nei campi d’applicazione della psicologia.
Il gioco di ruolo ha avuto un’evoluzione controversa, raramente lineare, e questo
per il frequente carattere amatoriale dei suoi sviluppatori; è entrato nelle pratiche
d’uso comune in modo silenzioso, quasi in punta di piedi. La letteratura ufficiale
ha spesso trascurato i risvolti di tale pratica, mentre la stampa, come sua
abitudine, ha preferito spesso e volentieri demonizzarne gli usi.
Pur conscio che è molto facile, in presenza di un abuso di tali giochi, deviare
verso pratiche morbose e patologiche, l’analisi partirà dall’assunto che un corretto
uso del potere di narrazione insito nel gioco di ruolo possa essere di supporto nel
processo di creazione del sé e nel consolidamento dell’identità, problema comune
ad un gran numero di adolescenti.
La mia preoccupazione è stata, durante tutto lo sviluppo della tesi, di offrire un
contributo equilibrato tra voci critiche e voci entusiastiche sugli argomenti trattati,
seppure spesso i contributi letterari siano mancanti o reperibili soltanto dopo
un’attenta ricerca sulla Rete Internet.
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In special modo, nel capitolo dedicato all’evoluzione della Rete, si è cercato di
mostrare come le voci siano discordanti a partire dalle potenzialità intrinseche
della Rete, fino alle espressioni ultime di questa. Si tratta di un dibattito tuttora
aperto, e seppur sia io un sostenitore delle capacità della Rete, ho cercato di
proporre contributi antitetici alla mia posizione.
Ho scelto di concludere l’esposizione con un’intervista al gestore di un gioco di
ruolo in Rete poiché al di là delle discussioni e dei dibattiti accademici, ho trovato
interessante dar voce a chi da dieci anni è un operatore Internet, al fine di mostrare
come l’esperienza accumulata in tale periodo possa essere di guida nel futuro
sviluppo di analisi dirette agli argomenti posti in questione all’interno del testo.
1.3 Ringraziamenti
Per la costruzione ed il completamento di questa tesi, è stato necessario un vero e
proprio lavoro di supporto da parte di parenti e amici. I primi ringraziamenti
vanno, com’è ovvio, a mia madre e mio padre, dotati di infinita pazienza ed un
coraggio nel sostenermi che sfiora l’incoscienza. La gentilissima Professoressa
Rosalba Raffagnino, che ha reso possibile qualcosa nella quale pochissimi ormai
credevano. Chiara, compagna da poco ma già dentro me, a condividere un sogno.
Mio fratello, sicurezza e sostegno in ogni momento. Filippo, Alessandro, Andrea
e tutti gli amici che si sono prodigati per farmi capire quanto fosse importante
terminare la mia esperienza universitaria.
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2 Il Gioco
2.1 Definizione di Gioco
Definire il gioco, almeno a vedere i vari suggerimenti che offrono i dizionari,
appare ardua impresa, qualora si voglia usare una definizione univoca. 25
definizioni nel dizionario del Battaglia; 13 nello Zingarelli, con diversi sottocasi;
10 nel Devoto-Oli; lo spagnolo Moliner elenca 17 significati per juego; il francese
Robert ne indica 19 per jeu; l’inglese Webster ne ha 40 tra game e play (Giuliano,
2006, p. 25).
Tale molteplicità di significati non esprime una confusione sul concetto di gioco,
ma semmai il fatto che il gioco è classificabile come un’attività primaria, al pari
del mangiare e del dormire.
Johan Huizinga, nel suo “Homo Ludens” offre tale definizione (Huizinga, 1972):
“si può dunque, riassumendo, chiamare il gioco un’azione libera, conscia
di non essere presa sul serio e situata al di fuori della vita consueta, che
nondimeno può impossessarsi totalmente del giocatore; azione a cui in sé
non è congiunto un interesse materiale, che si compie entro uno spazio ed
un tempo definiti di proposito, che si svolge con ordine secondo date
regole, e suscita rapporti sociali che facilmente si circondano di mistero e
accentuano mediante trasferimento la loro diversità dal mondo solito”.
Questa definizione ci permette di cominciare a denotare alcune peculiarità che
ritroveremo, in parte confermate, in parte sconfessate, nel proseguo dell’
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esposizione. Il fatto che il gioco sia situato al di fuori della vita consueta sarà
molto importante nella trattazione della realtà virtuale, e nondimeno l’aspetto del
gioco disgiunto da un interesse materiale è un punto sul quale ci troveremo a
dibattere, specialmente in merito alle estremizzazioni degli effetti del gioco di
ruolo in rete.
Opera fondamentale, nel panorama della letteratura sul gioco, è quella di Roger
Caillois. Il suo “Les Jeux et les Hommes” (Caillois, 1958) offre una definizione
formale di gioco dalla quale è possibile analizzare più in profondità gli aspetti del
gioco stesso.
Per Caillois, il gioco è un’attività (Caillois, 1958, p. 26):
1. libera: a cui il giocatore non può essere obbligato senza che il gioco perda
subito la sua natura di divertimento attraente e gioioso;
2. separata: circoscritta entro precisi limiti di tempo e di spazio fissati in
anticipo;
3. incerta: il cui svolgimento non può essere determinato né il risultato
acquisito preliminarmente, una certa libertà di inventare essendo
obbligatoriamente lasciata all’iniziativa del giocatore;
4. improduttiva: che non crea, cioè, né beni né ricchezze,né alcun altro
elemento nuovo; e, salvo uno spostamento di proprietà all’interno della
cerchia di giocatori, tale da riportare a una situazione identica a quella
dell’inizio della partita;
5. regolata: sottoposta a convenzioni che sospendono le leggi ordinarie e
istaurano momentaneamente una legislazione nuova che è la sola a
contare;
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6. fittizia: accompagnata dalla consapevolezza specifica di una diversa realtà
o di una totale irrealtà nei confronti della vita normale.
Ai fini della nostra trattazione, vedremo come il gioco di ruolo rispetti tale
definizione, ma anche come la sua declinazione nella Rete vada a sconfessare, ad
una più attenta analisi, alcune delle voci appena citate.
Importanti ci appaiono le connotazioni di attività libera, separata, incerta,
improduttiva, regolata e fittizia che Caillois assegna al gioco; all’interno di tali
significati possiamo ritrovare i giochi d’azzardo come le competizioni sportive, la
dama, gli scacchi e tutte le attività che ricadono sotto la definizione latina di
ludus.
Caillois propone di considerare il gioco d’azzardo come attività improduttiva, in
quanto si risolve in un passaggio di risorse tra perdente e vincitore, senza generare
nuova ricchezza. A nostro parere, l’inclusione appare forzata: il gioco d’azzardo
ha una componente di dipendenza che esula dal gioco stesso, e che estremizzata lo
fa apparire come una patologia, al pari delle dipendenze da stupefacenti o alcool.
Inoltre nei giochi d’azzardo la presenza di un “banco” che ha maggiori probabilità
di vittoria rispetto ai singoli giocatori (si pensi alla roulette) fa mancare, almeno
per grandi numeri, la connotazione di attività incerta; per chi opera come banco,
infatti, si ha la certezza, sulla lunga distanza, della vincita. Allo stesso
meccanismo sottostanno i giochi nei quali il banco è lo Stato, dalle lotterie ai
gratta e vinci. In questi ultimi casi va segnalato ulteriormente come manchi la
componente di abilità del giocatore, e tutto sia deputato all’alea, al caso ed alla
fortuna.
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Allo stesso ludus viene contrapposto il concetto di iocus, intendendo per
quest’ultimo la “turbolenza che appare come espressione dell’improvvisazione e
della fantasia” (Caillois, 1958, p. 29). Elemento trascurato da Huizinga, la
spontaneità del gioco ne denota la sua parte gioiosa e coinvolgente. Moreno
stesso, trattando i temi dello psicodramma, dedicherà gran parte della sua opera
allo studio della spontaneità come motore essenziale per la buona riuscita dell’atto
terapeutico.
Con intento tassonomico, Caillois tenta di inquadrare le varie forme di gioco
attraverso la prevalenza di quattro atteggiamenti di base che riguardano le
motivazioni del giocatore stesso: agon (definibile come sfida agonistica e
presenza di competitività), alea (la presenza del caso e della fortuna), mimicry
(l’imitazione e la simulazione) e ilinx (vortice, vertigine; qui inteso come
“smarrimento” durante l’attuazione del gioco).
2.2 L’Altrove del gioco
Seguendo il paradigma di Caillois possiamo vedere come l’estendersi del gioco ed
il suo declinarsi nei quattro atteggiamenti appena esposti vada a creare un
“Altrove” inteso come distaccamento del gioco da una situazione reale, e la
creazione di una “virtualità di gioco” che rende l’attività in esame tale.
L’agon è il senso di competizione che si instaura tra i partecipanti al gioco; è il
principio secondo il quale il gioco ha un vincitore, e questo deve essere
riconosciuto in base ai meriti acquisiti durante la sessione di gioco. Tale
competitività va, di per sé, a creare un Altrove nel momento in cui, terminato il
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gioco, i rapporti tra i partecipanti rimangono inalterati rispetto all’inizio del gioco
stesso. È questo il caso delle competizioni sportive (sebbene nello sport moderno
questo punto sia quantomeno discutibile), nelle quali la vittoria di uno dei
partecipanti passa per l’accettazione della sconfitta degli altri. L’agon è molto
presente nei giochi “a somma zero”, nei quali la vittoria dell’uno si accompagna
alla sconfitta dell’altro. Nel caso del gioco “chi vince prende tutto” l’agon è
espresso alla sua massima potenza in quanto il fine ultimo è deliberatamente
sottomettere l’avversario alla propria superiorità. Il gioco di ruolo, come vedremo
anche successivamente, ha la proprietà di stemperare l’Altrove agonistico,
creando una situazione nella quale non necessariamente alla vittoria di uno
corrisponde la sconfitta dell’altro, dove anzi spesso la vittoria può essere
raggiunta solo tramite la cooperazione tra i giocatori. Il gioco di ruolo si propone
come massima espressione dei “giochi a somma diversa da zero” per le sue
peculiari modalità di interazione tra i giocatori.
L’Altrove dell’alea è peraltro riscontrabile nella natura primaria del caso stesso: la
presenza di eventi la cui determinazione non dipende dalla volontà del giocatore,
ma unicamente da fattori casuali e delegati al Fato crea un alone di
incontrollabilità (parziale o totale) in merito allo svolgimento del gioco. Un
Altrove aleatorio è quindi definibile come quel momento del gioco in cui
l’incertezza non è determinata dal giocatore (e dall’attesa delle sue mosse) quanto
piuttosto da un evento casuale che può anche non tenere conto delle intenzioni e
delle capacità espresse fino a quel momento dal giocatore. Si è “Altrove” quando
si sospende l’azione di gioco per attendere il verdetto aleatorio, che riproporrà una
situazione di valori ridistribuiti tra i partecipanti, dalla quale si prenderanno le
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mosse per il proseguo della partita. L’indeterminatezza casuale appare un forte
Altrove rispetto alla realtà esterna al gioco, in quanto annulla la concezione di
homo faber fortunae suae per proporre una (condivisa dai giocatori) visione di un
destino inintelligibile, le cui azioni non sono comprensibili agli attori i quali
piuttosto devono fare i conti con le conseguenze del destino stesso. Si può
denotare forse una certa passività del giocatore nei confronti dell’alea; ma spesso
è proprio la presenza dell’evento casuale a scatenare una produttività spontanea
che fa proseguire il gioco e propone nuovi scenari. Nell’analisi dei giochi di ruolo,
vedremo come l’elemento aleatorio venga via via abbandonato per far posto ad
una negoziazione interattiva delle risoluzioni prima affidate al caso, da parte dei
partecipanti al gioco.
Discorso a parte, riferendosi ai giochi di ruolo, andrebbe fatto per l’Altrove creato
dalla mimicry e dall’ ilinx; questi due ultimi fattori risultano essere i più
esemplificativi della concezione dell’Altrove nel gioco, in quanto determinano il
vero e proprio distacco dal piano di realtà, andando a collocare il gioco nella
realtà
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di Popper e, successivamente, di Watlzawick.
La mimicry è la finzione, l’inganno rivelato che i giocatori assumono per
partecipare; “il soggetto gioca a credere, a farsi credere o a far credere agli altri di
essere un altro” (Caillois, 1958, p. 36). È essenziale, per la buona riuscita del
gioco, che gli altri credano a loro volta che il soggetto sia “altro”, ed in tal modo
l’unione dei soggetti si muove in un “altro dove”, in una dimensione differente
che è appunto l’Altrove della finzione. Chi recita nella parte di Amleto non pensa
di essere Amleto, eppure gioca a farlo credere agli altri, e gli altri allo stesso modo
lo credono, tributandogli, all’interno del contesto – Altrove, le peculiarità proprie
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dell’Amleto. Sotto alcuni aspetti la finzione insita nella mimicry potrebbe essere
vista come agli antipodi della spontaneità; d’altronde essa è il binario sul quale la
spontaneità può esprimersi.
Nel gioco di ruolo, la mimicry assurge a regola: senza il comune accordo del
“facciamo che io sono”, viene a mancare il presupposto di finzione condivisa che
organizza il decorso del gioco stesso. Come nel famoso quadro di Magritte
“Questa non è una pipa”, si ha sensibile lo scarto semantico e descrittivo tra la
realtà
1
e la realtà
2
; il quadro non “è la” pipa, ma è la rappresentazione di una pipa.
Il ruolo di Amleto non “è” Amleto, ma è la rappresentazione di Amleto.
L’atto di spontaneità è leggibile nella modalità con la quale ci si pone nei
confronti della mimicry: la nostra finzione potrà essere, ad esempio,
pedissequamente similare a quella di un altro giocatore, o può avere tratti di
originalità e di sorpresa, non riconducibili ad una riflessione sulla finzione stessa.
Si potrebbe dire che tutto il teatro, inteso come arte raffigurativa, si basi sulla
mimicry presente tra gli autori, gli attori e gli spettatori. Così, l’atto dell’andare ad
assistere ad una rappresentazione teatrale può essere letto come volontà di
assistere alla rappresentazione di una storia (spesso conosciuta e più volte
ascoltata) stringendo un nuovo patto di mimicry con i teatranti. Non è “il
teatrante”, inteso come persona che svolge il mestiere d’attore, ad essere al centro
della nostra attenzione, ma piuttosto la mimicry che questi ci propone,
presentandosi ora nei panni di Amleto, Otello o Lady MacBeth. Nei casi in cui
tale patto è stretto, e resiste fino alla fine dello spettacolo, quest’ultimo riscontrerà
il successo ed il favore del pubblico.
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In ultimo, l’ ilinx
(dal greco, vortice) è definibile come “lo stato di smarrimento
del giocatore che vorrebbe uscire dal mondo, l’annullamento della volontà che si
sottomette all’emozione” (Giuliano, 2006, p. 32). Il precipitato risultante è
l’Altrove all’interno del quale le regole che governano la vita reale vengono
abbandonate, in cambio di convenzioni molto meno restrittive. È l’Altrove del
timore, della paura e del senso di dispersione; ma anche dei loro opposti, della
libertà, della gioia e dell’emozione.
Questo stato viene spesso riferito come la più forte delle percezioni dell’ ”essere
Altrove”. Il gioco spesso crea un contesto fantasmatico, all’interno del quale nulla
è come sembra, e le cui convenzioni ci permettono di esplorarne la struttura ma
non sempre di comprenderlo appieno. Nel gioco denso di ilinx non esiste una
soluzione unica; esistono invece varie possibilità, sui cui esiti siamo incerti e nulla
possiamo dire prima di averne scelta una. Ben diverso, per inciso, è il discorso che
si fa in questa sede, rispetto a quello che propongono Von Neumann e Morgensten
nel loro “Theory of Games and Economic Behaviour” (Von Neumann e
Morgensten, 1944). L’ottica dei due autori è diretta ai giochi di strategia
(economica e non), nei quali l’insieme delle regole diventa un elemento
profondamente importante per la comprensione e lo sviluppo del gioco, tanto da
poter prevedere gli esiti a partire dalle mosse. Essi distinguono il gioco-game dal
gioco-play, indicando col primo il complesso delle regole codificate che
descrivono un gioco, e con il secondo l’attuazione concreta delle regole in una
specifica partita, all’interno delle condizioni per essa stabilite e delle scelte
compiute dai giocatori. “Dal punto di vista del game, il gioco degli scacchi si
identifica nelle regole che lo rappresentano nella sua forma virtuale. Dal punto di