INTRODUZIONE
Questa tesi mira a strutturare una critica all'indice PIL, una misura della
produzione aggregata che ormai da molti anni rappresenta il metro di
giudizio per le decisioni politiche, e per valutare le conseguenze di queste,
l'argomento è stato già trattato, ma il numero di trattazioni va considerato in
base all'oggetto di queste, e più l'oggetto è grande, più le trattazioni in
merito risultano insufficienti.
La presente stesura è stata intrapresa perchè nonostante sia appurato il
fatto che PIL non può più rappresentare il principale strumento della scienza
economica e politica, è chiaro che se a livello istituzionale questo non è
ritenuto incontrovertibile, è anche perchè le questioni in merito sono state
affrontate molte volte solo in superficie, senza una necessaria
collaborazione tra i diversi campi, economico, statistico, sociale,
ambientale, ecc...
Credo che l'attuale recessione economica cominciata nel 2008 si sarebbe
potuta prevedere e evitare attraverso indicatori più precisi della qualità della
vita e della sostenibilità, e ritengo inoltre che senza un cambiamento in
questo senso, un superamento della crisi sarebbe solo apparente, a
proposito di questo viene citata di seguito una frase di Albert Eistein:”La
crisi è la miglior benedizione che può arrivare a persone e paesi, perchè la
crisi porta progressi. La creatività nasce dalle difficoltà, nello stesso modo
che il giorno nasce dalla notte oscura. E' dalle crisi che nascono l'inventiva,
le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera se stesso senza
essere superato. Chi attribuisce alla crisi i propri insuccessi e disagi,
inibisce il proprio talento e ha più rispetto dei problemi che delle soluzioni.
La vera crisi è la crisi dell'incompetenza. La convenienza delle persone e
dei paesi è di trovare soluzioni e vie d'uscita. Senza crisi non ci sono sfide.
Senza crisi non ci sono meriti. E' dalle crisi che affiora il meglio di ciascuno,
poiché senza crisi ogni vento è una carezza”
La tesi è suddivisa in 3 capitoli, il primo capitolo presenta il PIL
descrivendone in breve la storia e mostrando la sua scomposizione,
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individuando i paesi che detengono la quota più alta, e i settori che
compongono l'indice, suddivisi per percentuale.
Il capitolo 2 è la spina dorsale della tesi, vengono individuati i limiti del PIL,
facendo prima una critica a ciò che viene tralasciato con l'uso dei prezzi, poi
descrivendo una per una 5 carenze accertate, valutando i limiti proponendo
per questi delle soluzioni e degli orientamenti.
Il capitolo 3 tratta il benessere spiegando il concetto e valutando di esso 7
aspetti condivisi da molti paesi ed assetti sociali, per ognuno ne viene
spiegata l'importanza, volta all'obbiettivo di garantire una buona qualità
della vita, poi per lo stesso tema vengono riportati argomenti e dibattiti
importanti trattati in passato da personaggi influenti e da organizzazioni. Nel
medesimo capitolo si sviluppa in seguito un ragionamento sulla
sostenibilità, dimostrando con descrizioni tecniche e con grafici, che i livelli
attuali di crescita economica e consumo, non si possono mantenere nel
lungo periodo, per il semplice motivo che l'attuale crescita non può essere
supportata dalle risorse finite presenti sul pianeta, e per questo arriverà un
momento in cui, facendo un'analisi economica, una riduzione della
produzione costerà meno dell'aumento della stessa.
Nella parte finale del capitolo vengono riportate di anno in anno a partire dal
1972 fino al 2012, le tappe fondamentali sulla questione della sostenibilità,
affrontate a livello istituzionale e non.
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CAPITOLO 1
Caratteristiche generali del PIL
1.1 Storia del PIL
Agli economisti che studiavano la grande depressione del '29, mancava una
misura affidabile della produzione aggregata, e questo non permetteva di
capire cosa stava succedendo, fu solo dopo la seconda guerra mondiale, a
partire dall'ottobre del '47, che negli Stati Uniti cominciarono a essere
pubblicate regolarmente misure della produzione aggregata, per i contributi
allo sviluppo della contabilità nazionale, furono insigniti del premio nobel
Simon Kuznets nel 1971, e Richard Stone nel 1984.
Simon Kuznets si può definire il padre del PIL (prodotto interno lordo) in
inglese GDP (gross domestic product), cioè la misura fondamentale
dell'attività aggregata, Kuznets sosteneva la necessità della crescita
economica per ridurre le diseguaglianze, secondo la sua teoria l'aumento
dell'occupazione e della produttività avrebbe portato ad un aumento dei
salari e ad una distribuzione del reddito più uguale, non nel breve ma nel
lungo periodo.
Il PIL è quella costruzione statistica che trasforma in grandezze misurabili il
principio della teoria keynesiana dell'economista britannico John Maynard
Keynes, secondo cui quando in certe circostanze la domanda aggregata è
insufficiente a garantire la piena occupazione, risulta necessario un
intervento pubblico.
Il successo del PIL, è dovuto al fatto che fornisce al decisore pubblico uno
schema immediatamente utilizzabile per valutare l'efficacia di azioni
politiche, prima della sua invenzione i politici avevano a disposizione poche
informazioni e di bassa qualità.
In un discorso al congresso degli Stati Uniti Simon Kuznets sostenne,
nonostante la sua teoria della crescita economica collegata alla
distribuzione del reddito, che sarebbe stato un errore misurare il benessere
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basandosi sul reddito.
Il collegamento dei concetti reddito-PIL-benessere è andato bene fino agli
anni '60, il periodo del “boom economico”, poi il PIL ha assunto una
sovradimensione che non gli apparteneva.
Fino agli anni '90 gran parte dei paesi usava il PNL (prodotto nazionale
lordo) al posto del PIL, poi nel 1991 da parte degli Stati Uniti l'attenzione è
passata dal PNL al PIL.
Mentre il PIL misura il volume dell'attività produttiva all'interno dei confini di
un paese, il PNL è uguale al PIL più le entrate nette di reddito dal resto del
mondo, queste entrate nette sono principalmente i redditi dei residenti su
attività detenute in altri paesi, meno i redditi percepiti nel paese da soggetti
non residenti, si può notare quindi come questo cambiamento abbia creato
ancora più imprecisione nelle misurazioni.
1.2 Struttura del PIL
Possiamo scomporre il PIL, nel modo più usato dai macroeconomisti :
La prima componente è costituita dal consumo (la componente più
importante del PIL). Si tratta di beni e servizi acquistati dai
consumatori (nel 2010 il consumo valeva l'82% del PIL mondiale).
La seconda componente è l'investimento, chiamato anche
investimento fisso per distinguerlo dalle scorte di magazzino.
L'investimento è dato dalla somma dell'investimento non
residenziale, quindi acquisto di impianti o macchinari da parte delle
imprese, e dell'investimento residenziale, quindi acquisto di case o
appartamenti da parte degli individui.
La terza componente, è la spesa pubblica in beni e servizi, si tratta di
beni e servizi acquistati dallo stato e dagli enti pubblici, sono esclusi i
trasferimenti come l'assistenza sanitaria e sociale e gli interessi sul
debito pubblico perchè non rappresentano acquisti di beni e servizi.
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La somma delle prime tre voci, rappresenta la spesa in beni e servizi
da parte dei residenti (consumatori, imprese o settore pubblico), per
avere la spesa totale in beni nazionali, bisogna escludere le
importazioni di beni e servizi dall'estero, e bisogna includere le
esportazioni di beni e servizi da parte del resto del mondo, la
differenza tra esportazioni e importazioni, è chiamata esportazioni
nette o saldo commerciale. Se le esportazioni eccedono le
importazioni il paese registra un avanzo commerciale, se invece le
esportazioni sono inferiori alle importazioni, si registra un disavanzo
commerciale.
La quinta componente, è l'investimento in scorte, è la differenza tra
beni prodotti e beni venduti in un dato anno, cioè la differenza tra
produzione e vendite, infatti alcuni beni prodotti potrebbero essere
venduti nell'anno successivo, e alcuni beni venduti potrebbero
essere stati prodotti in anni precedenti.
A livello mondiale le due grandi componenti del PIL, consumi e investimenti
valgono rispettivamente l'82% (intesi però come la somma di consumi delle
famiglie 63%, e consumi collettivi 19%, cioè le spese per i servizi che vanno
a beneficio dell'intera collettività nel suo complesso: difesa, ordine pubblico,
giustizia, da non confondere con la spesa pubblica che include anche
istruzione e sanità) e il 18%.
Il PIL mondiale pro-capite vale 8600$ mentre vale nel complesso 58300
mld. $, con una crescita media annua tra il 2004 e il 2009 del 3,5%, con dati
aggiornati al 2009. Come possiamo notare dalla figura 1.1.1 il 60% del PIL
mondiale è generato da solo 7 paesi, e solamente gli Stati Uniti generano il
24,2% del valore totale
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Figura 1.1.1 Paesi che detengono il 60% del PIL
Stati Uniti 24,,2%
Giappone 8,69%
Cina 8,55%
Germania 5,71%
Francia 4,5%
RegnoUnito 3,7%
Italia 3,6%
Fonte: The Economist
Nella figura 1.1.2 possiamo notare da che cosa ha origine il PIL mondiale,
e il settore che incide di più risulta quello dei servizi, con una percentuale
del 70%.
Figura 1.1.2 Origine del PIL mondiale
Agricoltura 3%
Industria
di cui manifatturiera
27%
17%
Servizi 70%
Fonte: The Economist
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