regolazione ed infine analizza i principali problemi legati al tema della
liberalizzazione.
Il secondo capitolo compie un excursus sul processo di
liberalizzazione, passando prima dalla Gran Bretagna, poi dall’Unione
Europea, per finire con l’analizzare il processo in Italia. In ognuno dei
tre casi elencati viene preso in considerazione il livello di concorrenza
raggiunto con l’analisi delle quote di mercato possedute dai vari
incumbent nazionali e dai rispettivi operatori concorrenti. Fra i principali
paesi sono inclusi oltre a Gran Bretagna e Italia, anche Francia,
Germania e Spagna.
Il tema del terzo capitolo riguarda l’evoluzione dei prezzi dei servizi
telefonici: prima ponendo l’attenzione su come il meccanismo del price
cap, imposto dalle Autorità di regolamentazione, abbia influito sul
livello dei prezzi, poi operando un raffronto fra i principali paesi europei
per verificare eventuali diversità o similitudini nella struttura tariffaria.
Nell’ultimo capitolo viene affrontato l’aspetto della competizione nel
mercato locale (rete d’accesso), ritenendolo un aspetto cruciale per il
prossimo futuro, soprattutto alla luce dello sviluppo dei nuovi servizi
legati alle reti a larga banda (in particolar modo il mercato di Internet);
dopo aver presentato alcuni dati su questo nuovo mercato, il lavoro si
conclude con alcune considerazioni finali.
CAPITOLO PRIMO
CARATTERISTICHE DEL SETTORE DELLE
TELECOMUNICAZIONI
1. Struttura del mercato
Il modo di operare di un mercato per le telecomunicazioni può essere
approssimato all’idea di network
1
(Economides, 1994). In generale, un
mercato di tipo “rete” è costituito da un insieme di nodi distanziati nello
spazio, ma collegati tra loro. In questo tipo di mercati la fornitura del
servizio avviene tipicamente attraverso il contributo di due o più
componenti complementari. Una semplice telefonata, ad esempio,
richiede la contemporanea presenza di un apparecchio telefonico da cui
inviare la chiamata, di collegamenti di rilegatura e di trasmissione, di
centrali di commutazione e smistamento, del software che ne gestisce
l’utilizzo e che determina il costo del servizio per l’utente e, infine, di un
apparecchio finale che permetta al destinatario di ricevere la
comunicazione.
Una delle caratteristiche principali dei mercati di tipo network è la
presenza di esternalità di rete (effetto club), cioè la creazione di nuovi
beni (nel nostro caso, di possibilità di comunicazione) per tutti gli
aderenti al network ogni qualvolta un nuovo utente viene allacciato.
Intuitivamente, l’aggiunta di un nuovo utente ad un network composto
da N persone crea complessivamente 2N nuovi possibili canali di
comunicazione (Economides e White, 1994).
I nodi del network sono rappresentati da apparecchi di ricezione e
trasmissione situati presso gli utenti finali (siano essi, a seconda del
servizio fornito, telefoni, fax, computer o televisori collegati via cavo) o
alternativamente da centrali di commutazione e smistamento del traffico.
1
Il concetto di network si dimostra utile per l’analisi di molti mercati per la fornitura delle cosiddette
public utilities. Infatti, gli stessi concetti possono essere applicati, con leggere modifiche, ai settori del
trasporto ferroviario e su strada, alla distribuzione dell’energia elettrica, del gas e dell’acqua.
Queste ultime rendono possibile il collegamento tra i vari utenti senza
ricorrere a linee di connessione dirette per ogni coppia di fruitori del
servizio. I collegamenti tra i vari nodi, invece, avvengono attraverso
normali cavi in rame o cavi coassiali, fibre ottiche, connessioni radio.
La Figura 1 rappresenta l’architettura tipica di un network per la
trasmissione di segnali tra punti spazialmente separati, la cui forma è
detta “a doppia stella” . Essa suggerisce come una rete di
telecomunicazioni sia formata da varie componenti ben distinte tra loro,
ognuna delle quali costituisce in un qualche modo un mercato a sé stante,
con proprie strutture dei costi, elasticità della domanda al prezzo e
barriere all’entrata.
Da una parte troviamo il mercato locale, cioè la fornitura dei servizi di
accesso al network e dei servizi di comunicazione su distanze
relativamente brevi. A titolo di esempio, possiamo supporre che gli
utenti situati ai nodi A e B abitino in una stessa città. In realtà, la
distinzione tra comunicazioni “locali” e comunicazioni “nazionali” o
long distance è abbastanza arbitraria, tanto che nei paesi dell’OCSE
l’ampiezza di un mercato locale può variare fra 5 e 40 km
2
.
La rete di connessione di un mercato locale è in generale caratterizzata
dalla presenza di ingenti costi fissi (basti pensare al costo da sostenere
per lo scavo delle trincee, la posa di cavi in rame o di fibre ottiche e i
collegamenti fra centrali di commutazione) e da costi marginali
trascurabili. Dato che il costo medio risulta decrescente per un range di
dimensioni del mercato di riferimento non trascurabile, gli operatori
possono contare su notevoli economie di scala
3
.
2
Si è deciso, per una più facile analisi, di semplificare l’architettura di rete del mercato locale. Nella
realtà, la rete di un mercato locale è costituita: da una rete d’accesso, cioè la rete che collega ogni
utente alla più prossima centrale (il cosiddetto ultimo miglio) e da una rete locale, cioè la rete di
collegamento tra le centrali di una stessa area geografica
3
Tecnicamente, le economie di scala sono definite come l’incremento più che proporzionale di output
complessivo reso possibile da un incremento proporzionale di tutti gli input.
Figura 1: Architettura tipica di un network di telecomunicazioni
A meno che gli utenti non siano localizzati sulla stessa tratta di
collegamento, per comunicare tra loro essi devono utilizzare la seconda
componente principale del network, costituita dalle centrali che
forniscono i servizi di commutazione e smistamento (R). Questo sistema
di centrali, caratterizzato da una notevole componente software per il
controllo e la trasformazione di segnali analogici in segnali digitali, per
la determinazione della fatturazione e per lo smistamento del traffico
senza incorrere in problemi di congestione, permette di collegare tra loro
utenti sparsi sul territorio evitando il ricorso a linee di connessione
dirette. Ciò favorisce notevoli risparmi nella gestione del servizio, e
rappresenta una potenziale fonte di economie di scopo (o di gamma)
4
.
Queste si presentano quando una singola impresa può fornire una gamma
di servizi tra loro complementari in modo più efficiente e quindi
economico rispetto ad un insieme di imprese, ognuna delle quali si
specializzi nella produzione e fornitura di uno solo di tali servizi
5
.
L’insieme delle reti di collegamenti tra gli utenti finali situati su un
mercato locale e dei servizi di commutazione e smistamento, il
4
Per un’analisi su funzioni di costo, costi medi e costi marginali si veda Varian, 1998; per un esame
sulle caratteristiche economiche del settore delle telecomunicazioni si veda Cambini, Ravazzi,
Valletti, 2000.
5
Il settore delle telecomunicazioni presenta infatti la caratteristica economica di essere un mercato
multiprodotto. Esso comprende un gran numero di prodotti e servizi diversi: trasporto di voce e dati in
ambito locale, nazionale e intercontinentale, telefonia mobile, servizi di rete intelligente, affitto di
linee dedicate, Internet e così via
Mezzo di trasmissione long distance
Servizi di accesso Servizi di accesso
M
e
r
c
a
t
o
l
o
c
a
l
e
M
e
r
c
a
t
o
l
o
c
a
l
e
C
R S
B
A
cosiddetto local loop, fornisce i servizi di accesso al mercato locale per
le comunicazioni provenienti da nodi ad esso esterni, come ad esempio il
nodo C, situati in un secondo mercato locale. Il controllo da parte di un
operatore del local loop rappresenta perciò un vero e proprio “collo di
bottiglia” per chiunque decida di fornire servizi di comunicazione che
terminano in tale mercato e, come vedremo in seguito, ha da sempre
attirato una particolare attenzione da parte delle autorità preposte alla
regolamentazione dei mercati.
La comunicazione tra l’utente in C e gli utenti localizzati ai nodi A e
B è possibile, ovviamente, solo attraverso la terza componente principale
del network, cioè i mezzi di trasmissione long-distance, definiti in
generale come le tratte che collegano diversi local loop. Ovviamente, la
trasmissione long-distance comprende sia reti nazionali che
internazionali e la sua definizione, per quanto detto in precedenza, è
residuale: è trasmissione long distance tutto ciò che non fa parte del local
loop. Anche in questo caso la presenza di costi fissi determina notevoli
economie di scala. A differenza del local loop, tuttavia, l’utilizzo di
tecnologie quali la trasmissione satellitare o l’utilizzo di connessioni in
fibre ottiche
6
, ha da qualche tempo reso conveniente la duplicazione
delle reti, favorendo l’apertura del mercato ad una pluralità di operatori.
2. Sostenibilità del monopolio naturale
Storicamente, le varie autorità di politica economica nazionali hanno
individuato nei rispettivi mercati per le telecomunicazioni le condizioni
tipiche di un monopolio naturale. La gestione del servizio è stata perciò
affidata ad imprese soggette a controllo pubblico, fortemente
regolamentate sia dal lato delle tariffe che da quello degli investimenti.
In effetti, l'esistenza di economie di scala e di gamma rilevanti in
rapporto alla dimensione del mercato fa sì che l'efficienza produttiva,
6
Queste tecnologie presentano una capacità notevolmente superiore a quella del tradizionale cavo in
rame; l’incremento del traffico telefonico su lunga distanza permette il recupero degli ingenti
investimenti iniziali.
cioè la minimizzazione dei costi di produzione per l'intera industria,
richieda la presenza di un'unica impresa (Petretto, 1993).
Dato che per un’impresa caratterizzata da economie di scala il costo
medio è superiore al costo marginale, la regola di fissazione del prezzo
del servizio più efficiente dal punto di vista sociale, first-best - prezzo
uguale al costo marginale - non consente il recupero dei costi (il primo
contributo fondamentale è stato fornito da Hotelling). La regola di
second-best per la determinazione del prezzo di un’impresa monopolista
multiprodotto prevede, al contrario, che il prezzo per ogni servizio si
discosti dal rispettivo costo marginale di un ammontare (mark-up)
inversamente proporzionale alla elasticità della domanda: regola di
Ramsey
7
. La tariffazione ottimale dal punto di vista del monopolista
costituisce perciò una potenziale fonte di redistribuzione del reddito tra
categorie di consumatori. D'altra parte, la necessità di elevati
investimenti irrecuperabili collegati alla realizzazione delle infrastrutture
di rete riduce considerevolmente il grado di contendibilità dei mercati,
vale a dire la probabilità di ingresso di eventuali concorrenti, garantendo
alle imprese già operanti una sostanziale immunità rispetto ai vincoli e ai
condizionamenti economici derivanti da una concorrenza anche solo
potenziale
8
.
Non è sorprendente, quindi, che la ricerca economica abbia profuso
ampi sforzi nel tentare di verificare la presenza o meno dei requisiti di
monopolio naturale. La teoria economica recente (Baumol et al., 1982)
ha sottolineato come quest’ultimo debba essere correttamente definito
non tanto in termini di economie di scala, quanto di sub-additività
7
Per una trattazione teorica si veda Varian, 1998; mentre in tema di soluzione ottimale di first e
second best applicati ai prezzi telefonici si rimanda al libro “Regolamentazione e mercato nelle
telecomunicazioni” (Cambini, Ravazzi e Valletti, 2000).
8
Teoria dei mercati contendibili (Baumol , 1982): se un monopolio naturale risulta “sostenibile” (cioè
nessun potenziale entrante è in grado di entrare nel mercato offrendo prezzi e quantità di output tali da
ottenere profitti positivi) ed il mercato è contendibile (cioè è possibile l’entrata e l’uscita senza costi
dal mercato prima che l’impresa incombente possa reagire), il monopolista è costretto a fissare il
prezzo finale all’utenza in modo da raggiungere il pareggio di bilancio, senza alcuna necessità di
intervento pubblico.
globale dei costi
9
. In poche parole, la condizione di sub-additività è
verificata quando il costo complessivo per la fornitura del servizio è
inferiore se affidato ad un’unica impresa piuttosto che a due o più
imprese.
Un’enorme mole di contributi empirici prodotti a cavallo tra gli anni ‘70
e ‘80 sulle funzioni di costo degli operatori telefonici monopolistici degli
Stati Uniti (AT&T) e del Canada (Bell Canada) mostrava che il vantaggio
in termini di costo di un Pubblic Telecommunication Operator (PTO)
rispetto al costo eventualmente sostenuto da una pluralità di operatori era
molto elevato.
L’estensione dei mercati nazionali intervenuta negli ultimi dieci anni a
seguito dell’enorme espansione della domanda, che in Europa è
cresciuta negli anni ’90 ad un tasso medio del 7%, sembra aver
modificato in modo sostanziale il quadro di riferimento. Alcuni lavori,
tra i quali Shin e Ying (1992) e Garrone (1995), tendono a sottolineare
come in molti paesi la dimensione della rete abbia permesso a molti
gestori pubblici di superare la soglia critica oltre la quale la funzione dei
costi di un PTO presenta rendimenti decrescenti. L’evidenza empirica
presentata in Garrone (1995), in particolare, suggerisce che la struttura di
costo dei gestori di telecomunicazioni europei non presenta economie di
scala e condizioni di sub-additività nei paesi in cui la rete supera
mediamente gli 8 milioni di linee telefoniche. Quando si verifica tale
condizione, la rottura del mercato monopolistico nazionale in un
duopolio permette di ottenere un aumento di efficienza dell’intero
settore.
Il progresso negli ultimi decenni ha portato ad una profonda
trasformazione delle tecniche di trasmissione dell’informazione: si è
passati dalla coppia di conduttori in rame (doppino) alla fibra ottica e al
satellite con un aumento vertiginoso delle quantità di informazioni
trasferibili nell’unità di tempo. Il modo stesso di trasmissione ha subito
9
Le nozioni di economie di scala e di sub-additività sono strettamente connesse ma non equivalenti.
In particolare, una tecnologia di produzione a costi medi decrescenti (economie di scala) implica la
sub-additività della funzione di costo; la proposizione inversa non è però vera.
un importante salto tecnologico in seguito alla numerizzazione, o
digitalizzazione
10
, dell’informazione trasportata.
La numerizzazione delle reti ha portato a rilevanti conseguenze sia sul
piano delle infrastrutture, sia su quello dei servizi: da un lato le reti di
trasmissione si sono trasformate nei fatti in una vasta rete di elaboratori
ad alta capacità; dall’altro lo sviluppo delle applicazioni software ha
permesso la realizzazione di un numero elevato di nuove funzioni e ha
portato ad un vero e proprio boom dei servizi
11
.
Il parametro che misura il cambiamento tecnologico nelle funzioni di
costo utilizzate dalla letteratura è generalmente rappresentato dal numero
di linee di accesso connesse a centrali a commutazione numerica.
Anche se le stime più recenti non tengono conto, però, della profonda
trasformazione che sta investendo l’intero settore sia dal lato delle
tecnologie che dal lato della domanda di nuovi servizi, l’attuale rete con
collegamenti in rame possiede una capacità di trasmissione (bandwidth)
in grado di coprire, oltre ai normali servizi di telefonia vocale, solo una
parte limitata delle nuove esigenze espresse dai consumatori.
La grande sfida che attende le imprese del settore e le autorità
nazionali è data dalla costruzione delle cosiddette “Autostrade
dell’Informazione” AI (Bracchi, 1997), reti integrate in grado di
trasportare, oltre alle normali conversazioni telefoniche, un’intera
gamma di servizi completamente multimediali attraverso connessioni a
“larga banda”. Ciò permetterà la completa convergenza di mercati a
tutt’oggi ancora formalmente distinti, quali la telefonia, i servizi di
informazione e intrattenimento e l’Information Technology (IT). Grazie
all’utilizzo di tecnologie digitali comuni, la gamma dei servizi che un
unico operatore potrà fornire ai propri clienti andrà dalla tradizionale
telefonia vocale, ai servizi video-on-demand e televisione interattiva,
10
Viene così definito il passaggio dalla tecnica di trasmissione analogica a quella numerica.
11
La connessione a centrali numeriche ha permesso a Telecom Italia di proporre sulla propria rete,
alcuni Servizi Telefonici Supplementari (STS), quali l’avviso di chiamata, la conversazione a tre, il
trasferimento di chiamata, l’autodisabilitazione e la telelettura del contatore, servizi audiotex a
pagamento (ad esempio i servizi 166, 709, etc.) e servizi free toll (numeri verdi). Ulteriori servizi,
come ad esempio i servizi multimediali, possono essere richiesti dagli utenti che possiedono linee
ISDN.
all’accesso ad Internet, ai servizi interattivi non televisivi (home-banking
e home-shopping, telelavoro, teleinformazione, etc.).
L’entrata nella fase di completa maturazione delle tecnologie
numeriche dovrebbe perciò rafforzare le conclusioni già raggiunte sulla
scorta delle informazioni sui costi dei PTOs disponibili all’inizio degli
anni ’90: il settore delle telecomunicazioni non può più essere
considerato un monopolio naturale. Ciò significa che il processo di
completa liberalizzazione in corso in molti paesi OCSE trova una propria
ragione d’essere non solo sulla base di considerazioni di ordine politico,
ma anche e soprattutto sulla base di un ragionamento strettamente
economico. Da quest’ultimo punto di vista, l’evoluzione tecnologica ha
determinato una diminuzione delle barriere all’entrata e un aumento
della differenziazione di prodotto.
3. Regolamentazione e concorrenza
L’avvio dei processi di liberalizzazione nelle telecomunicazioni in
gran parte dei paesi occidentali ha modificato anche il ruolo del
regolatore, che si è trovato a gestire una situazione molto più complessa
di quanto avveniva in precedenza. Il suo obiettivo, tradizionalmente, era
quello di proteggere il consumatore dallo strapotere di un monopolio che
si rendeva necessario a causa delle caratteristiche tecnico-economiche
del mercato. Ora se ne aggiunge un altro, ossia quello di favorire la
transizione verso condizioni concorrenziali laddove ciò è possibile.
L’obiettivo di una apertura alla concorrenza all’interno del mercato
delle telecomunicazioni presenta, però, alcuni aspetti peculiari tali da
rendere il settore profondamente diverso dai classici mercati dove una
maggiore competizione è inevitabilmente sinonimo di maggiore
efficienza. Si crea, infatti, un trade off tra i diversi obiettivi che il
regolatore cerca di raggiungere e quindi la necessità di effettuare
un’attenta analisi sui costi e i benefici derivanti dall’apertura alla
concorrenza.
Quest’ultima dev’essere promossa dov’è tecnologicamente possibile,
al fine di ottenere i massimi benefici possibili per la collettività e
soprattutto per ridurre i costi elevati della regolamentazione derivanti sia
dalle minori informazioni a disposizione del regolatore, sia dall’utilizzo
dei fondi pubblici necessari per incentivare adeguatamente l’impresa; ma
anche la concorrenza ha i suoi costi e pertanto non deve essere lasciata
senza controllo da parte del regolatore.
3.1 Benefici della concorrenza
1. Il primo e più ovvio beneficio derivante dalla concorrenza è che
l’entrata di più imprese permette di disciplinare l’impresa
incombente in un modo che il regolatore non può fare: la
presenza di più imprese rivali spinge l’impresa incombente a
migliorare la propria struttura produttiva, a evitare inutili sprechi
di risorse e ad investire maggiormente in prodotti innovativi
necessari a mantenere una maggiore quota di mercato ed essere
al passo dei rivali. Quindi la concorrenza di per sé, senza
interventi esterni, permette di migliorare l’efficienza produttiva
dell’incombente, spingendolo a minimizzare i costi e può altresì
incentivare l’attività innovativa di prodotto; tutto ciò si traduce
ovviamente in maggiori benefici per l’utenza in termini di minori
tariffe, di maggiore qualità e di differenziazione nei servizi
offerti (Cambini, Ravazzi, Valletti, 2000) .
2. La presenza della concorrenza permette di comprendere
l’origine degli alti profitti di cui spesso gode l’impresa
incombente: in assenza di concorrenza, il fatto che un’impresa
monopolista regolata ottenga alti guadagni è spesso considerata
come un’indicazione di fallimento del processo di
regolamentazione; al contrario se tali maggiori profitti sono
ottenuti anche in presenza di una forte concorrenza, ciò può
rappresentare un segnale della superiore efficienza produttiva
dell’incombente rispetto ai rivali (Cambini, Ravazzi, Valletti,
2000).
3. Un beneficio fondamentale generato dalla concorrenza in un
mercato regolato è la maggiore informazione ottenibile dal
regolatore. Se il regolatore non è perfettamente informato, allora
la regolamentazione lascia all’impresa un certo margine di
profitto indesiderato: rendita informativa dovuta al monopolio di
alcune informazioni. Ma la presenza di altre imprese consente di
avere a disposizione un numero maggiore di osservazioni,
permettendo di ridurre queste rendite: il regolatore, in caso in cui
le nuove imprese siano più efficienti dell’incombente, può
utilizzare maggiori informazioni per ridurre la rendita di
quest’ultimo (Caillaud, 1990).
In conclusione, la presenza di competizione in un mercato permette in
certi casi di ridurre i costi derivanti dal processo di regolamentazione,
rappresentati da costi diretti per lo svolgimento dell’attività del
regolatore e dai costi indiretti conseguenti alle rendite da concedere
all’impresa, a causa dell’asimmetria informativa esistente tra impresa
regolata e regolatore (Cambini, 1998).
Inoltre, in presenza di un monopolio regolato vi è il pericolo della
“cattura” del regolatore da parte dell’impresa, cioè quella particolare
condizione in cui l’incumbent persuade il regolatore ad operare nei
propri interessi e non in quelli della collettività. La concorrenza invece
riduce il monopolio delle informazioni ed appare come una forza
anonima ed esogena che permette di realizzare politiche di intervento
che risulterebbero altrimenti difficili e costose da applicare (Cambini,
Ravazzi, Valletti, 2000).
3.2 Problemi causati dalla concorrenza
La maggior competizione, che si è avuta con la fine del monopolio
protetto e la conseguente entrata di nuovi operatori, crea però alcune
distorsioni:
1. Nel passaggio da un monopolio protetto ad un regime
concorrenziale, il meccanismo di finanziamento del servizio
universale
12
, basato sul principio di mutualità tra le diverse
categorie attraverso i sussidi incrociati, è insostenibile. Diventa
quindi importante ridefinire il complesso sistema di sovvenzioni
incrociate, in quanto esso può avere effetti deleteri sullo sviluppo
di una competizione efficiente. In regime di concorrenza, questo
sistema non è economicamente corretto perché porta ad una
allocazione distorta delle risorse. Questo aspetto sarà affrontato in
maniera più approfondita nel paragrafo successivo.
2. Il passaggio ad un regime concorrenziale ha effetti sugli
investimenti dell’operatore incombente: l’incertezza sul
comportamento degli altri operatori aumenta la rischiosità dei
flussi di cassa derivanti da un investimento rispetto al caso in cui
un unico operatore fosse preposto a servire il mercato. Aumento di
rischiosità che si traduce in aumento del costo del capitale, che
impone un recupero più rapido del capitale investito. Così può
avvenire che alcuni investimenti socialmente utili, ma che
richiedono lunghi tempi di recupero del capitale, non vengono più
intrapresi dall’operatore in un regime di concorrenza (Biglaiser e
MA, 1999).
3. In un mercato competitivo si può rischiare di assistere ad un
invecchiamento della rete nelle aree rurali, poiché l’operatore
incombente non ha più interesse ad investire nell’opera di
12
Con l’universalità del servizio pubblico si chiede di offrire il servizio pubblico di base, come ad
esempio il servizio telefonico, a chiunque ne faccia richiesta.
ammodernamento delle centrali e delle linee: i benefici di una
maggiore competizione ricadrebbero solamente sugli utenti dei
segmenti più remunerativi, mentre gli altri utenti potrebbero
trovarsi in condizioni peggiori con l’apertura del mercato ad altri
operatori. In questo contesto un ruolo fondamentale è giocato dal
regolatore e dalla sua capacità di tener fede (commitment) agli
impegni finanziari sostenuti dall’impresa, fissando sia le tariffe
finali, sia intermedie in modo tale da garantire la copertura degli
investimenti in un contesto competitivo (Cambini, Ravazzi,
Valletti, 2000).
4. La presenza di un’impresa integrata verticalmente
13
e dominante,
come nel caso di un ex monopolista, fa nascere la questione di
possibili comportamenti di deterrenza all’entrata nei confronti dei
nuovi operatori. Una fonte di vantaggio è rappresentato dagli
switching costs, che riguarda i costi che i consumatori devono
affrontare per cambiare operatore; inoltre c’è da considerare la
sostanziale inerzia del consumatore a cambiare compagnia. A
queste si aggiungono tutta una serie di pratiche discriminatorie o
predatorie da parte dell’impresa incombente tali da impedire un
effettivo sviluppo della concorrenza (Cambini, Ravazzi, Valletti,
2000).
In conclusione, poiché l’obiettivo ultimo è che i consumatori
beneficino non solo di bassi prezzi, ma anche di una elevata qualità del
servizio offerto, il regolatore deve attentamente valutare gli effetti della
competizione sia sul livello dei prezzi che sulla qualità dei servizi, visto
che su quest’ultimo aspetto l’impresa incombente tende a ridurre gli
investimenti e di conseguenza la qualità sui segmenti meno redditizi.
13
Le caratteristica del settore delle TLC, di essere un mercato multiprodotto in cui la molteplicità dei
servizi utilizza la medesima infrastruttura di rete, mette in condizione l’impresa integrata di sfruttare
le economie di scopo e far si che i costi totali per fornire più servizi siano notevolmente inferiori a
quelli derivanti da una produzione separata, affidata a varie imprese.
4. Problemi legati alla liberalizzazione
Quando si parla di liberalizzazione del mercato, in settori di pubblica
utilità come quello delle telecomunicazioni, regolamentazione e
concorrenza anziché essere agli antipodi sono strettamente
complementari; infatti per la creazione di una concorrenza stabile e
strutturata non è sufficiente liberalizzare, ma occorre una regolazione
che sia in grado di restringere alcuni vantaggi naturali dei quali godono
gli incumbent monopolisti.
Di seguito, vengono esaminati in maniera più approfondita i principali
temi inerenti alla liberalizzazione del settore: il servizio universale e il
suo finanziamento, il controllo delle tariffe finali, l’interconnessione;
mentre l’undbundling e le tecnologie a larga banda verranno trattate nel
quarto capitolo.
4.1. Il servizio universale
Storicamente le autorità politiche imposero agli operatori monopolisti
l’obbligo di fornire il servizio universale (Universal Service Obligation -
USO), al fine di assicurare l’accesso e di erogare un livello minimo di
servizi a tutti gli utenti che ne facessero richiesta, praticando un prezzo
politico a prescindere dalla loro ubicazione geografica.
Le ragioni che stanno dietro a tale obbligo sono prima di tutto date dal
fatto che le telecomunicazioni come l’elettricità o l’acqua sono
considerati servizi di pubblica utilità e quindi per questo devono essere
disponibili a tutti, inoltre esse sono uno stimolo allo sviluppo economico
(Clarich, 1999).
Altra motivazione deriva dall’esistenza di significative economie di
rete, che un mercato non regolato non sarebbe in grado di sfruttare
pienamente, per cui la rete non conseguirebbe un livello di copertura
sufficiente. L’USO può quindi essere visto anche come uno strumento
per correggere questi fallimenti del mercato (Cremer et al. 2001).