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1. LA STORIA DELLA RIVISTA
1.1. Il fondatore e primo direttore: Giuseppe Gabetti
La rivista Studi Germanici fu fondata nel 1935 da Giuseppe
Gabetti (Dogliani, Cuneo 1886 – Roma, 1948), che fin da giovanissimo
manifestò interesse per gli studi umanistici
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. I suoi numerosi lavori
giovanili, tra i quali la prima opera riguardante il poeta Prati e il
rapporto tra il Romanticismo italiano e tedesco, il volume sulle Affinità
Elettive di Goethe e quello su Augusto Platen e il culto della bellezza, lo
condussero ad un rapido successo. Nel 1915 giunse alla cattedra
universitaria. Fu professore dapprima a Genova e, dal 1917, a Roma.
Nella capitale i suoi impegni aumentarono: oltre all’insegnamento e al
continuo studio di opere poetiche anche di autori minori, collaborò
all’Enciclopedia Italiana per la quale compilò centinaia di articoli
assumendo la redazione per la letteratura tedesca e le letterature
nordiche.
Da grande studioso si trasformò in alacre organizzatore quando,
nel 1932, per sua iniziativa nacque l’Istituto Italiano di Studi Germanici,
ottenendo, grazie all’aiuto di Giovanni Gentile
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, non solo una bella sede
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Per il presente paragrafo si fa riferimento a: Carlo Antoni, “ Ricordo di Giuseppe Gabetti”, in Studi
Germanici I, NS (1963), Numero unico, pp. 5 - 18; Giuseppe Gabetti, “Presentazione”, in Studi
Germanici I (1935), Numero I, pp. 1 - 4; Paolo Chiarini, “Prefazione”, in Studi Germanici XXXIV, NS
(1996), Numero 1, pp. 7 – 10.
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Giovanni Gentile (Castelvetrano, 1875 – Firenze, 1944), filosofo, pedagogista italiano e, insieme a
Benedetto Croce, uno dei maggiori esponenti dell’idealismo, fu, come è noto, un importante protagonista
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in mezzo ad un leggiadro giardino in vetta al Gianicolo, ma anche la
possibilità di godere di una larga extraterritorialità ideologico-culturale
rispetto al regime fascista di quegli anni. Infatti Gentile esercitò la
funzione di ‘garante’ nella scelta di alcuni collaboratori che Gabetti
radunò intorno a sé. I giovani con interessi diversi, ma accomunati dalla
volontà di studiare la vita e la storia dei popoli di lingua tedesca, sotto la
supervisione attenta del germanista, contribuirono a creare una vera e
propria “scuola di Villa-Sciarra” conferendo all’Istituto il carattere di un
centro dove si studiava e si criticava non solo la letteratura, bensì anche
la storia politica, religiosa, morale, artistica e filosofica del mondo
germanico.
Con la stessa volontà di fornire un orizzonte interdisciplinare
sulla cultura germanica per cercare di instaurare con essa un rapporto di
reciproco scambio, Gabetti, con l’aiuto di alcuni suoi collaboratori, tra
cui ricordiamo in particolare Carlo Antoni e Delio Cantimori, fondò
Studi Germanici. Nella presentazione del periodico si legge:
La chiara esigenza di un contatto immediato e continuo con la cultura degli altri
popoli è uno dei segni dello spirito moderno. […] La presente rivista si propone di
promuovere il contatto spirituale tra l’Italia e i paesi germanici […]
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[…] Il volto spirituale della cultura di un popolo non è, difatti, qualcosa di astratto e
di immobile che si possa fissare una volta per sempre in una formula o si possa
definire da uno solo dei suoi aspetti; è, come tutto ciò che è vita viva e vera, una
realtà infinitamente varia e mutevole, a seconda delle forze storiche che vi si
riflettono; soltanto entro la visione d’insieme di questa sua mobile varietà, è
possibile cogliere lo spirito, riconoscerne le forze, le tendenze, i valori.
della cultura italiana nella prima metà del XX secolo. Ricoprì cariche culturali e politiche di rilievo, tra
cui quella di ministro della pubblica istruzione nel 1923, attuando un’importante riforma scolastica.
3
Giuseppe Gabetti, “Presentazione”, loc.cit, pp. 1 – 4, qui a p. 1.
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Questa nostra rivista si propone perciò di sottoporre a considerazione e a studio,
gradualmente e entro i limiti del possibile, tutto ciò che, nei vari paesi e nei vari
campi della cultura umanistica germanica sembri essere elemento di rilievo, vitale.
[…]
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Sotto la sua direzione, Studi Germanici ospitò contributi
importanti di storici come Federico Chabod, Ernesto Sestan, Franco
Valsecchi; di filosofi come Antonio Banfi e Cesare Luppolini; di storici
dell’arte come Giulio Carlo Argan e Roberto Salvini. Comparvero
inoltre all’interno della rivista gli ultimi scritti critici dello stesso
Gabetti tra cui degni di nota sono un breve articolo sul Biedermeier,
alcuni saggi sul poeta austriaco Weinheber, sul tedesco Bischoff e su
Rilke.
Grazie anche alla nascita della rivista che appariva sei volte
l’anno in fascicoli di almeno 150 pagine, l’Istituto Italiano di Studi
Germanici divenne sempre più importante: nel corso di un decennio
oltre un centinaio dei più illustri poeti, scrittori, filosofi della Germania,
dell’Austria, della Svizzera, dell’Olanda, della Danimarca, della Svezia
e della Norvegia tennero conferenze nelle sue sale o composero le loro
opere nella calma del Gianicolo; corsi di perfezionamento vennero
promossi dal Gabetti che nello stesso tempo intraprese la pubblicazione
di collane di studi e di traduzioni e mise assieme una ricca biblioteca
tedesca, svedese, olandese e danese. Così nel cuore della capitale
durante anni storicamente importanti per l’Italia e l’Europa stessa, si
4
Ivi, p. 3.
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sviluppò un centro di cultura e di serenità il cui mezzo di diffusione era
la rivista Studi Germanici. Tutto ciò ebbe una frenata di arresto durante
la seconda guerra mondiale e negli anni immediatamente dopo. Infatti la
rivista fu sospesa nel 1944. Rodolfo Bottachiari, secondo direttore
dell’Istituto Italiano di Studi Germanici dopo la morte di Giuseppe
Gabetti, tentò di ridare vita a Studi Germanici ma le difficili condizioni
socio-politiche ed economiche di quegli anni non gli permisero di
realizzare un desiderio che fu suo e di tutti i germanisti italiani.
1.2. La nuova serie: Bonaventura Tecchi e Paolo Chiarini
Nel 1963, dopo 18 anni di intervallo, la rivista Studi Germanici
venne richiamata in vita da Bonaventura Tecchi (Bagnoregio, Viterbo
1896 – Roma 1968). Egli fu, così come il fondatore della periodico,
professore ordinario di Letteratura tedesca all’università di Roma, ma in
lui, a differenza del Gabetti, vissero due “anime”, due vocazione diverse
tra loro: quella del narratore e quella del critico, maturate in eguale
misura nel corso del tempo
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.
Con l’avvento della sua breve direzione, terminò la “storica”
prima fase della rivista (1935 -1944) e iniziò la “nuova serie” (1963 ss.).
Una continuità ideale fra i due momenti del periodico fu data dal fatto
che i contributi nelle prime annate della “nuova serie”, sino agli inizi
5
Si veda Paolo Chiarini, “Ricordo di Bonaventura Tecchi”, in Studi Germanici VI, NS (1968), Numero 2,
pp. 5 – 7.
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degli anni Settanta, appartennero ad autori già presenti sulle pagine della
“vecchia serie”: a cominciare dallo stesso Tecchi, che pubblicò
numerosi suoi saggi, e continuando con Carlo Grünanger, Sergio Lupi,
Ladislao Mittner, Alessandro Pellegrini, Leonello Vincenti.
Il secondo direttore, pur mantenendo le linee programmatiche già
tracciate da Giuseppe Gabetti, cercò di adattare Studi Germanici alle
esigenze più vive della nuova critica letteraria, storica e filologica,
cercando di andare incontro soprattutto ai germanisti italiani. Così egli
descrive i suoi intenti:
[…] Questa rivista vuole essere aperta a tutti i cultori, italiani e stranieri, delle
discipline germaniche, senza discriminazioni di scuole, di tendenze o di età; ma
vuol essere in particolar modo aperta alle migliori forze nuove della germanistica
italiana. […]
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A tal proposito apportò dei cambiamenti, illustrandoli nella
premessa dell’unico numero per l’anno 1963 dotato di un’appendice
straordinaria, chiamata Repertorio, contenente l’indice di tutte le
pubblicazioni, anche brevi, apparse in Italia nella prima metà del
Novecento sulla letteratura in lingua tedesca, nonché l’indice delle
traduzione letterarie dal tedesco in italiano durante lo stesso periodo. Le
modifiche effettuate da Bonaventura Tecchi riguardarono soprattutto la
struttura: la rivista, che dal 1964 non fu più pubblicata in fascicoli
bimestrali ma quadrimestrali, venne divisa in tre parti: una prima di
saggi critici; una seconda con rassegne, scritti di attualità anche
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Bonaventura Tecchi, “Premessa”, in Studi Germanici I, NS (1963), Numero unico, pp. 3 - 5, qui a p. 3.
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polemici e profili di germanisti contemporanei e non; una terza parte
comprendente le varie recensioni. Inoltre nell’ultimo numero di ogni
anno fu inserita un’appendice con gli aggiornamenti e i completamenti
necessari del Repertorio.
Il terzo ed odierno direttore di Studi Germanici, Paolo Chiarini,
che ha sostituito Bonaventura Tecchi alla sua morte, ha dato un senso di
continuità alla rivista mantenendo la stessa impostazione del suo
predecessore e pubblicando a dieci anni della sua prima uscita, un
volume aggiuntivo e aggiornato del Repertorio. Una sola novità è stata
da lui introdotta: l’Annuario dei docenti di Lingua e Letteratura Tedesca
nell’Università italiane che è pubblicato sulla rivista con cadenza
quadriennale a partire dal 1989 e registra lo stato della germanistica
accademica nel nostro paese fornendo gli indirizzi e gli organici dei vari
dipartimenti ed istituti universitari nonché l’elenco delle pubblicazioni
dei singoli docenti.
Durante la direzione di Paolo Chiarini, la cultura tedesca, a
seguito di fatti storico-culturali quali la nascita della “scuola di
Francoforte” tra cui ricordiamo Theodor W. Adorno e Walter Benjamin,
la rivolta studentesca, la caduta del muro di Berlino, la fine della DDR e
i complessi e difficili problemi posti dall’unificazione delle due
Germanie, ha acquisito un posto per certi aspetti privilegiato
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nell’orizzonte culturale italiano, dove il numero di utenti è aumentato.
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L’Istituto Italiano di Studi Germanici ha giocato durante questi anni, e
gioca tuttora, un ruolo molto importante per coloro che vogliono
scoprire il mondo di lingua tedesca. Con la sua ricca biblioteca, che
conta oltre 80.000 volumi, ed unica in Italia a possedere oltre a un ricco
fondo tedesco sezioni non trascurabili di altre lingue germaniche;
attraverso convegni, mostre, incontri e giornate di studio che toccano
temi relativi alla cultura tedesca sia classica, sia moderna che
contemporanea; con corsi di formazione per coloro che intendono
approfondire l’ambito della filologia germanica, ma soprattutto con la
pubblicazione dei fascicoli di Studi Germanici, capaci ancora di
rappresentarla per intero, l’Istituto e il suo maggior organo, la rivista,
sono i soli, nonostante l’attuale moltiplicarsi di iniziative editoriali, a
fornire un orizzonte interdisciplinare sulla sfera tedesca che spazia dalla
letteratura, alla filosofia, alla storia, alla storia dell'arte, alla politica.
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Si veda Paolo Charini, “Prefazione”, loc.cit, pp. 7 – 10.