5
45,11); non viene trascurata la sua bellezza e il suo splendore nel giorno delle
nozze: «Piaccia al re la tua bellezza;/[...] Tutta splendore è nell’interno la figlia
regale;/ tessuto in oro è il suo vestito,/ in vesti variopinte è condotta al re.» (Sl
45,12-15); l’epitalamio si chiude con il rituale augurio di felicità eterna rivolta
solo allo sposo che attraverso l’intero salmo acquisterà memoria eterna nel tempo
«Il tuo nome vorrei far ricordare/ di generazione in generazione./ Per questo ti
loderanno i popoli/ in eterno e per sempre». (Sl 45,18).
La frammentarietà del Cantico dei Cantici, suggerisce l’ipotesi di una raccolta
di carmi amorosi di origine popolare come le feste nuziali, o di origine cortese per
la ricercatezza di alcune immagini: infatti si può definire l’intero testo sacro, come
un lungo epitalamio didascalico dove un giovane ed una fanciulla, prossimi al
matrimonio, cantano il loro amore reciproco attraverso i loro primi incontri, la
crescita del loro amore, il momento solenne della cerimonia nuziale con un mutuo
scambio di lodi e un’intensa descrizione fisica della sposa, fino a concludersi con
la delicata allusione all’intimità della prima notte di nozze.
Nella letteratura greca antica era chiamato imeneo (dal greco Hymenaios «dio
degli sponsali») il canto nuziale che si cantava in coro mentre si conduceva la
sposa in casa dello sposo, epitalamio invece (da epi «sopra» e thalamos «letto»)
era la serenata che veniva cantata presso la stanza nuziale la sera delle nozze.
Pochi sono i testi letterari a noi pervenuti di epitalami greci: rimangono testi
dedicati a personaggi mitici come un lungo frammento di Saffo (VII-VI secolo
a.C.) per le nozze di Ettore e Andromaca, due testi dello stesso genere di Pindaro
(518-438 a.C.), uno per le nozze di Peleo e Teti, l’altro per quelle di Cadmo e
Armonia, mentre è giunto fino a noi integro il testo di Teocrito (IV-III secolo a.C.)
per le nozze di Menelao ed Elena (Idillio XVIII).
Di Callimaco (310-240ca a.C.), sono rimasti solo pochi versi di una
composizione per le nozze del re d’Egitto Tolomeo II con la sorella Arsinoe II,
avvenute poco dopo il 280 a.C., che diventa il primo esempio di epitalamio per
persone viventi e di stirpe reale.
È certo che nel mondo greco i componimenti nuziali fossero largamente usati,
fino al punto da rendere necessario un codice scritto come quello di Dionisio di
Alicarnasso (I secolo a.C.) che, nel cap. IV della sua opera Arte Retorica,
6
intitolato Metodo degli Epitalami, espone le regole da seguire per una
composizione di tali scritti.
Nella letteratura latina questo genere di poesia fu molto usato, continuando la
tradizione dei versi Fescennini (da fescenninus versus e questo da Fescennium,
città etrusca da cui i canti avevano origine) canti rustici, specialmente nuziali
definiti con più precisione Fescennina iocatio, cioè frizzi audaci e scanzonati di
origine italica, lanciati tradizionalmente all’indirizzo degli sposi da parte degli
invitati.
Il primo vero autore latino di canti nuziali è Catullo (87-57ca a.C.) che affronta
nei Carmina Docta il tema del matrimonio.
Il carme 61 è stato composto per le nozze di due cari amici di Catullo, Manlio
Torquato e Vinia Aurunculeia ed ha eccezionale importanza anche come
documento di vita romana nel quale vengono descritti in tutti i particolari una
cerimonia nuziale.
Memorabile resta la visione del bimbo
2
che il poeta augura agli sposi,
sottolineando il valore del connubio matrimoniale, liberum quaesundum causa,
formula ufficiale del matrimonio romano riconosciuto anche a livello giuridico.
Il carme 62 è un canto nuziale costruito su un «contrasto» tra un coro di giovani
che esaltano la potenza dell’amore ed un coro di giovinette che invece celebrano il
pregio della pudicizia. La metafora che ricorre nel testo del fiore solitario, puro e
intatto che viene reciso da un’unghia di una mano maschile, allusiva alla prima
notte nuziale, evoca immagini letterarie successive come il Fiore di Dante, ma
ancora più esplicitamente Il gelsomino notturno di Pascoli che fu anch’esso
un’offerta nuziale per le nozze dell’amico Brighenti.
Il carme 64 definito come un piccolo epos, è una breve narrazione mitologica,
di argomento erotico e di raffinata erudizione. Due storie vi sono incastonate l’una
nell’altra: l’incontro e le nozze tra Péleo e Tetide, l’abbandono di Arianna da parte
di Téseo, inserito con il pretesto dell’ekphrasis (descrizione di una «coperta
ricamata»).
2
«Torquatus volo parvulus/ matris e gremio suae/ pòrrigens teneras manus/ dulce rideat ad
patrem/ semihiante labello». (61, 216-220); (Trad.: «Voglio un Torquato piccino che, porgendo le
mani dal grembo della mamma sua, dolcemente rida al padre con la boccuccia socchiusa» ).
7
Si coglie la valenza simbolica della scelta di questi testi greci: un amore
legittimato e fecondato nel foedus
3
nuziale, è opposto ad un amore irregolare,
tradito nella sua fides.
4
Tra i Poetae novi della cerchia di Catullo, scrissero testi poetici di tema nuziale
Gaio Licinio Calvo (87-47 a.C.) e Ticida (I secolo a.C.), ma i brevi frammenti
rimasti non permettono di identificarli come testi mitologici o per persone reali.
Publio Papinio Stazio (45-96 d.C.) nella sua opera Sylvae colloca un lungo
epitalamio per le nozze del console L. Arrunzio Stella con Violantilla; Decimo
Magno Ausonio per ordine dell’imperatore Valentiniano I, scrisse un Centone
nuziale (Opuscola XVII), un epitalamio per nozze immaginarie, composto con
versi tolti dagli scritti di Virgilio. Claudiano compose tre epitalami per persone
viventi: uno per li matrimonio celebrato a Milano nel 398 d.C. dell’imperatore
Onorio con Maria, figlia del generale vandalo Stilicone, che è il primo esempio
latino di un epitalamio per nozze di sovrani (per gli stessi sposi egli compose
anche quattro fescennini); un secondo per il tribuno e notario Palladio e Celerina e
un terzo per certi Laurenzio e Florida. Sconosciuti invece sono gli autori dei due
epitalami dedicati uno a Lorenzo e Maria ed un altro ad Auspicio ed Aella
5
.
Minneo Felice Marziano Cappella (V secolo d.C.) fu autore di un’opera
enciclopedica in nove libri, che intitolò De nuptiis Mercurii et Philogiae in forma
di favola mitologica, che però non viene considerata come un vero epitalamio.
La conclusione dell’epoca pagana non segna la fine della tradizione dello
scrivere per nozze; infatti anche alcuni scrittori cristiani non si sottrassero al
piacere di comporre qualche testo di tale genere poetico; gli esempi più famosi
furono: San Paolino, vescovo di Nola (353-431) che ne compose uno (Carmen
XXV) per le nozze di Giuliano, vescovo di Eclano e Tizia; San Gregorio
Nazianzeno (330-390) per le nozze di Olimpiade, figlia di Ablavio, prefetto del
3
«Nulla domus umquam tales contexit amores,/ nullus amor tali coniunxit foedere amantes,/
qualis adest Thetidi, qualis concordia Peleo/ Currite ducentes subtegmina, currite, fusi». (Carme
64, 334-337). (Trad.: «Nessuna casa mai annodò due simili amori, nessun amore sancì un simile
patto tra amanti come questo uguale sentire di Tetide e Péleo. Fusi correte, torcendo le fila, correte,
fusi»).
4
«Sicine me patriis avectam, perfide, ab aris,/perfide, deserto liquisti in litore, Theseu?» (Carme
64, 132-133). (Trad.: «Dunque strappata dalle terre paterne, perfidamente, mi lasciasti su di un lido
deserto, o Teseo?»).
8
Pretorio di Costantinopoli e Nebriade; Sidonio Apollinare che ne compose due:
uno (Carmen XI) per l’amico gallo Ruricio ed Iberia, l’altro (Carmen XIV) per il
gallo Polleio ed Araneola, forse pronipote di Agricola; infine Magno Felice
Ennodio (473-521) per un certo Massimo (Carmen I, 4).
Nella raccolta intitolata romulea di Blossio Emilio Draconzio (V sec.) si
trovano due epitalami: uno è per il matrimonio dei due fratelli Vittoriano e
Rufiniano della famiglia Victor, l’altro per un Giovanni e una Vitula, che
apparteneva alla gens Flavia; Lussorio (VI sec.) compose un epitalamio per il
matrimonio di certi Frido e Ilia; Venanzio Fortunato, vescovo di Poitiers (VI-VII
sec.), ne dedicò uno per le nozze, celebrate nel 566, di Sigiberto I, re d’Austrasia,
con Brunechilde, figlia di Atanagildo, re dei Visigoti; Teodolfo, arcivescovo di
Orléans (VIII-IX sec.), per il matrimonio di sua figlia Gisla con un certo Suaverico
(Carmen 43).
Poco interessante ai fini di tale ricerca di scritti per nozze risulta il periodo
medievale, anche se rimane l’epoca storica in cui inizia il processo di
socializzazione maggiore del matrimonio, ritenendolo fatto sociale leggibile in un
contesto laico dove diventa sinonimo di contratti economici, eredità, passaggi di
proprietà, ma soprattutto soggetto di una lenta e progressiva cristianizzazione: la
Chiesa indicava le regole per una buona vita coniugale inserendo il matrimonio in
una visione più ascetica (problema dell’atto sessuale ammesso dalla Chiesa solo
con finalità procreativa), ricorrendo alle parole di San Paolo che nella Lettera agli
Efesini paragona l’amore coniugale all’amore che lega Cristo alla Chiesa vista
come sua sposa.
6
La letteratura medievale dedica spazi ristretti all’argomento matrimoniale che
emerge nel filone letterario mistico composto dalle numerose preghiere latine
dedicate agli sposi, dagli elogi agli sposi nella predicazione del tempo, dalle
normative scritte riguardo l’istituzione matrimoniale, dalle cronache e descrizioni
di celebrazioni nuziali, dalla letteratura di svago delle corti medievali dopo l’anno
Mille.
I secoli X-XI-XII sono contrassegnati da uno spirito anti-matrimoniale;
l’ideologia dell’amor cortese che pervade tutta la letteratura contemporanea
5
Inclusi in Poetae latini minores di J. Ch. Wensdorf.
9
sostiene un’indelicata derisione della frustrazione di cavalieri costretti al celibato e
coinvolti nel gioco pericoloso di conquista di una sposa, la cortigiana, ma «anche
l’amore per libera scelta della lirica cortese pretende, certo, di unire prima di tutto
due esseri e non due parentadi, due eredità, due reti d’interesse».
7
Fatto storico rilevante anche per la produzione di pubblicazioni d’occasione, è
l’avvento della stampa: secondo quanto riportato nell’introduzione del testo di
Olga Pinto, il primo epitalamio stampato risale al 1484, opera di Fransiscus Niger,
per il matrimonio di Sigismondo d’Asburgo e Caterina di Sassonia.
1.2 Dal Settecento al nostro secolo
Per ritrovare una frequente produzione delle pubblicazioni per nozze, bisogna
spostarsi nel secolo XVIII. Essendo un blocco omogeneo, quasi monotono nelle
forme, nelle metafore, nelle figurazioni e nelle trasposizioni mitologiche, risulta
più agevole rintracciare un metro d’interpretazione, perché l’irrefrenabile
versificare che tocca tutti gli Stati italiani, si presenta come un’uniforme pianura
sulla quale spiccano alcune originali raccolte o poemetti, interessanti per il loro
involontario contributo allo studio della storia del costume del tempo.
Il Settecento registra una vivace ed ampia galleria di immagini sul matrimonio
e sugli usi matrimoniali, sul ruolo della donna, dei suoi doveri, della sua
educazione all’interno della famiglia, sui rituali di una società corrotta; ogni
genere letterario di poesia e di prosa è stato usato, gli autori furono letterati famosi
o persone completamente sconosciute, scrissero in italiano, usarono dialetti
regionali, tradussero dal latino, dal greco, dal francese e dal tedesco.
Brevissime composizioni, in particolare sonetti, si alternano a voluminose
raccolte di rime di decine di autori, la più ricca di collaboratori è quella del 1728,
raccolta da Carlo Innocenzo Frugoni
8
per le nozze di Antonio Farnese ed
Enrichetta d’Este, contenente ben 232 diversi autori.
6
Ef. 5,25-33.
7
GEORGES DUBY, Medioevo maschio. Amore e matrimonio. Ed. Laterza, Bari, 1988.
8
Carlo Innocenzo Frugoni poeta arcade della seconda generazione, Carlo Innocenzo Frugoni
(1692-17689), abate mondano e verseggiatore di corte a Parma dove visse e divenne promotore di
10
La maggior parte delle composizioni d’occasione settecentesche non hanno
un’ispirazione personale ed originale; sono quasi sempre molto retoriche, vuote di
concetto; non mancano pubblicazioni contenenti scritti che trattano argomenti che
nulla avevano a che fare con il matrimonio: ad esempio le Memorie del calcio
fiorentino di G. De Bardi (1544/1594), un Ragionamento contro l’uso di fasciare i
bambini del gesuita conte Giambattista Roberti
9
, vengono descritti in poesia anche
il caffè da Lorenzo Barotti (1742/1801), il ventaglio da Carlo Belli (1742/1816), la
macchina aerostatica da G. Belgrano (sec. XVIII), l’elettricità da F. Riccati
(1718/1791).
L’uso di offrire in occasione delle nozze un testo scritto non investì solo le
singole persone, ma anche Accademie letterarie di fama nazionale e di dimensioni
più locali.
Dietro la varietà stilistica e contenutistica degli opuscoli per nozze del
Settecento, dietro tutte le immagini festose che tali scritti diffondono, ci sono
vicende umane non gioiose e serene; matrimoni freddi, costruiti, voluti e benedetti
dalla famiglia, sostenuti da una rete di amici, parenti, preti, ma che sacrificavano
sull’altare del matrimonio i sentimenti più caldi e spontanei della giovinezza.
L’analisi letteraria degli opuscoli per nozze dell’Ottocento, che ormai erano
diventati quasi una «mania», poiché furono stampate migliaia di pubblicazioni in
tutte le regioni italiane, si confonde con un’analisi sociologica del costume
italiano fra XVIII e XIX secolo.
Rimane invariata la sacralità del matrimonio, cambia solo lo scenario di fondo:
si passa da una società che sembra vivere lontana dalla realtà del quotidiano, tra
gli sfarzosi palazzi di città, ville di campagna, a quella più dimessa e grigia della
«feste galanti» e di piaceri per l’assetata aristocrazia e rappresentò il mondo prezioso e sensuale del
rococò.
9
Gian Battista Roberti (Bassano 1719-1786) scrittore italiano. Gesuita, fu Accademico al Collegio
dei Nobili di Parma (con l’incarico di organizzare tornei e feste teatrali), insegnò filosofia nel
Collegio di Santa Lucia a Bologna. Predicatore e poligrafo tentò di conciliare, in scritti di vario
argomento, le nuove idee illuministiche con i fondamenti della morale cattolica. Le sue Opere
Complete (raccolte postume in 15 voll. negli anni 1789-1797) costituiscono un vastissimo
repertorio dei temi dibattuti dalla pubblicistica del tempo. Tra le opere: Orazione agli studi di
pittura, scultura e architettura (1758); Discorsi sopra le fasce dei bambini (1764) testo di
divulgazione delle nuove idee educative dell’Emilio di Rousseau; Opuscoli intorno al lusso (1772)
contro la corruzione del tempo. Fu anche poeta didascalico, celebre per i suoi poemetti come Le
fragole (1752), Le perle (1756) versi scritti con carattere satirico e polemico; La moda (1756) e La
commedia (1756) scritte in difesa della riforma goldoniana.
11
borghesia post unitaria, che nelle virtù civili e morali, nell’esercizio delle
professioni, nel lavoro intellettuale, pone la base della sua affermazione e della
sua distinzione sociale.
La varietà delle tipologie di tali pubblicazioni rende possibile solo una
sommaria divisione tematica e formale, subordinata alla larga preferenza data alle
lettere inedite di personaggi più o meno famosi che conferma l’indirizzo
positivistico degli studi e l’interesse sempre vivo per il passato, volto alla
riscoperta di carteggi inediti.
Accanto a questa scelta letteraria dilagante nell’Ottocento, si aggiungono altre
pubblicazioni erudite: documenti storici, descrizioni di manoscritti, ricerche
filologiche, illustrazioni di monumenti locali, di oggetti preziosi di musei, ma
come già accadde alla fine del secolo precedente, anche durante il secolo XIX,
furono pubblicati per nozze argomenti lontanissimi dal tema nuziale.
Il primo Novecento offre un’ampia libertà di produzione: si spazia dal saggio di
alto pregio alla pagina di diario, dalla lettera contenente consigli sottoforma di
versi scherzosi anche nei dialetti regionali, a poemetti e brevi testi teatrali.
Esistono, inoltre, diverse pubblicazioni, uscite in occasione di nozze, che hanno
tale rilevanza culturale in ambito nazionale, per la qualità dei contributi di studio
in esse contenuti, da sfuggire alla collocazione nella letteratura d’occasione e
degne, anzi, di circolazione indipendentemente dall’evento che ne decretò la
nascita. Il cambiamento di tono avvenuto nel nuovo secolo per questo genere
letterario, non sottrae lo scrivere per nozze ad un lento declino:
Oggi è ormai vietato e fuggito il costume delle pubblicazioni nuziali. Esse furono
delizia di un’età tramontata, da quando eran sonetti e canzoni e rime che si distendevano
nel giro breve di un foglio o di un adorno libretto, a quando nozze e sposi furono
occasione, -non diciamo pretesto- al contributo grave di dottrina, al documento inedito,
alla curiosità storica. Vanità, in gran parte. E per ciò fu facile dirne male.
10
La sobria borghesia intellettuale non ha molti mezzi e non vede l’occasione del
matrimonio come motivo di sperpero, non conoscendo la politica dei consumi:
10
AUGUSTO CAMPANA, Umanisti chiamati alla scuola di Cesena nel 1486, opuscolo per nozze
Tina Franchini-Alfredo Beltrami, 1928.
12
offre il meglio che riesce a ricavare dai suoi prodotti; così si scoprono rari e
preziosi studi di Benedetto Croce, Giovani Gentile, Augusto Campana. In questi
casi il dono nuziale si trasforma in un dono alla cultura che mantiene un valore
che va oltre l’occasione da cui trae origine.
14
2. I CONFINI DELLA RICERCA
2.1 Lo spoglio bibliografico
I testi di Olga Pinto
1
e di Giovanna
Bosi Maramotti
2
sono gli unici esempi
rintracciati e dedicati a questo genere di scritti d’occasione; la mancanza di
un’esauriente bibliografia è confermata sia nel testo di Olga Pinto: «Non esistono
né trattazioni né bibliografie su tale genere di scritti
3
; solo alcune storie della
letteratura italiana ne fanno brevissimi e fugaci accenni nel trattare gli autori che
ne hanno pubblicato»
4
, sia in quello di Giovanna Bosi Mararamotti: «Dicevo
all’inizio che l’incontro con produzioni letterarie di limitata diffusione come
queste d’occasione, ha spesso il carattere della casualità. Gli scarsi scritti ad esse
relativi confermano tale carattere».
5
Per queste lacune bibliografiche, le autrici dedicano ampio spazio nelle
introduzioni alle loro ricerche all’indicazione dei testi in cui è possibile
rintracciare informazioni sugli opuscoli per nozze.
Brevissime e in parte inesatte sono le voci consultate nell’Enciclopedia italiana
di scienze e lettere e nel Dizionario enciclopedico italiano. Alla voce Epitalamio
segue la voce: Letteratura italiana che si limita ad esporre quanto segue:
In Italia, il Tasso e il Marino, ispirandosi più che a Catullo, a Claudiano
6
ed Ausonio
7
,
diedero splendidi esempi di poesia nuziale lasciva ed adulatrice di cui abusarono poi i
1
OLGA PINTO, Nuptialia. Saggio di bibliografia di scritti italiani pubblicati per nozze dal 1484
al 1799. Ed. Leo Olschki, Firenze 1971.
2
GIOVANNA BOSI MARAMOTTI, Le Muse d’Imeneo. Le metamorfosi letterarie dei libretti per
nozze dal ‘500 al ‘700. Ed. del Girasole, Ravenna 1995. (seconda edizione 1996).
3
Trattazione del problema da parte dell’autrice stessa in un suo articolo: OLGA PINTO, Una
bibliografia per nozze, pubblicata nella miscellanea in onore del bibliografo bulgaro Nicola
Mihov, Sbornik v cest akademik Nicola V, Mihov, pp. 233-236.
4
OLGA PINTO, Nuptialia... (cit.), p. VIII.
5
GIOVANNA BOSI MARAMOTTI, Le Muse..., (cit.), p. 8.
6
Claudiano è uno degli ultimi poeti pagani, nativo di Alessandria e appartenente al secolo IV-V.
Divenne poeta ufficiale di corte sotto l’imperatore Onorio. Compose opere encomiastiche, opere
mitologiche e Carmina, poesie d’occasione fresche ed originali.
15
poeti arcadici e frugoniani. Bei canti nuziali scrissero il Frugoni, il Bondi
8
, il Salandri
9
, il
Paradisi
10
, il Fantoni
11
, il Savioli
12
, superati tutti dal Parini, vivo rappresentante delle
nozze settecentesche nella famosa canzonetta. Il genere poi langue finché si estinse.
Il Dizionario enciclopedico alla voce Epitalamio tratta di quello greco e latino;
alla voce Nozze e poi alla sottovoce Pubblicazioni per nozze dice:
Scritti per lo più nell’ambito delle discipline umanistiche, pubblicati in occasione di
nozze. L’uso nacque a Venezia, nella 2
a
metà del secolo 18°, per opera pare di S.
Bettinelli
e di G. Roberti, fu in gran voga nella 2
a
metà del secolo 19°. Una raccolta di
F.A. Casella
è, dal 1926, nella Bibl. di Stato di Berlino, parzialmente catalogata a stampa.
Le indicazioni utili per il ritrovamento di opuscoli per nozze, proseguono con
l’indicazione di un solo contributo che tratta di nozze, però a livello locale:
l’opuscolo di Francesco Pellegrini, pubblicato per nozze Lotti- Togneri: Le Nozze
lucchesi nella tipografia lucchese (Borgo a Mozzano, 1922).
Si distinguono alcune bibliografie nuziali per le varie famiglie che sono state
stampate o come operette autonome per esempio Saggio di bibliografia nuziale
della famiglia Papadopoli (Venezia, 1905), a cura di G. Castellani e di G.
Ceresole e pubblicata per le nozze d’argento di Nicolò Papadopoli ed Elena
Hellenbach, o raccolte alla fine d'opuscoli per nozze d'altro argomento come
7
Decimo Magno Ausonio, nativo dell’odierna Bordeaux, visse nel secolo IV. La sua produzione
nell’ambito della storia del costume e della scuola, comprende il suo capolavoro Mosella, 500
esametri di commosso canto del poeta davanti al fiume che scorre ed al suo paesaggio.
8
Clemente Donnino Luigi Bondi (1742-1821) gesuita e poeta di corte a Vienna, fu traduttore di
Virgilio e autore di rime evocative i beni e i piaceri scomparsi, di poemetti di vaga consonanza
pariniana.
9
Pellegrino Salandri (1723-1771) poeta italiano membro dell’Accademia dei Trasformati e
segretario perpetuo dell’Acc. di Scienze e Lettere. D’impostazione pariniana, Foscolo lo definì
come uno dei migliori sonettisti del ‘700.
10
Neoclassico che risente pienamente dell’influenza del Savioli, Agostino Paradisi (1736-1783),
nei suoi Versi sciolti, recupera il classicismo oraziano per una poesia etico-religiosa e civile.
11
Giovanni Fantoni (1755-1807) iniziò come arcade per poi accostarsi al neoclassicismo
d’intonazione oraziana e pindarica e al Preromanticismo sepolcrale.
16
accade per le pubblicazioni per le nozze Gera-Bellati nel 1849, Marcello-Zon nel
1858, Giusti-Cittadella nel 1863, Carlotti-Cittadella Vigodarzere nel 1871,
Lampertico -Piovene nel 1878 e molti altri.
Un altro uso di tale genere di pubblicazioni è stato anche quello di diventare
parte integrante di uno scritto dedicato al ricordo di una persona cara scomparsa,
come nel caso di Giulio Faido che pubblicò a Venezia nel 1884 l’opuscolo In
memoriam. raccolta delle pubblicazioni fatte per le nozze di Alessandro Faido,
padre dell’autore.
Altre fonti risultano essere le riviste bibliografiche di fine secolo XIX, come la
«Rassegna bibliografica della letteratura italiana», il «Bibliografo», il «Giornale di
erudizione» e il «Giornale Storico della Letteratura Italiana», che cominciarono ad
inserire tali pubblicazioni nelle loro Rubriche Bibliografiche, Bollettini
bibliografici, Annunzi, ecc.: proprio nel «Giornale», un corrispondente propone
che i lettori diano comunicazione di quelle pubblicazioni di cui hanno notizia
perché «ognuno sa come l’uso gentile di esse dia luogo alla riproduzione di pagine
inedite che, date alla luce in numero ristretto di copie rimangono facilmente
ignorate».
13
Infatti nelle bibliografie italiane come quella di Attilio Pagliaini Catalogo
generale della libreria italiana o nel più recente C.L.I.O.
14
, o nel Bollettino delle
pubblicazioni italiane ricevute per diritto di stampa [dalla] Biblioteca Nazionale
di Firenze (Firenze 1886-1957) queste pubblicazioni appaiono raramente.
A volte, data la tipologia del testo, gli opuscoli per nozze sono conservati da
attenti collezionisti privati che colgono il valore di tali scritti come Roberto
Carapelli
15
, possessore di ben 2000 opuscoli, che stimola la curiosità di conoscere
meglio questo genere attraverso la citazione di qualche curioso titolo o tema che
intensifica ancora di più il desiderio di approfondire l’argomento.
12
Ludovico Savioli (1729-1804) entrò molto giovane nell’Arcadia e gli Amori del 1765 sono il
capolavoro del gusto rococò italiano, inaugurando una linea di poesia erotico-classicista
culminante nel più maturo neoclassicismo delle Odi di Foscolo.
13
«Giornale di erudizione», vol. III (1890/91) p. 28.
14
Catalogo dei libri dell’Ottocento 1801/1900, Ed. Bibliografica, Milano 1991.
15
ROBERTO CARAPELLI, Scrivere per nozze, in Scrivere per amore, N. Aspesi, E. Gulli
Grigioni, R. Carapelli, pref. di Giulio Tamassia. Ed. Pineider, Firenze 1991.
17
La conferma, forse definitiva, di come questo genere letterario sia stato
trascurato, deriva dal fatto che i primi studi riguardanti questo genere di scritti
occasionali, che sono una manifestazione letteraria prettamente italiana, sono
attribuiti a studiosi stranieri come Fritz Schillmann, studioso tedesco che, nel
1928, recensendo la preziosa «Raccolta Casella»
16
notava: «gli italiani avrebbero il
dovere faticoso, ma nazionale, di pubblicare una bibliografia delle pubblicazioni
per nozze»
17
.
Questo monito all’Italia di porre più attenzione al proprio patrimonio letterario,
a volte sepolto in polverosi e bui archivi, si completa con lo studio del prof.
Antonino Musumeci, docente di letteratura italiana alla University of Illinois,
incaricato di riordinare la biblioteca Cavagna, acquistata dagli Stati Uniti nel
1920, che ha suggerito un’inedita chiave di lettura degli scritti per nozze, partendo
dalla scelta di alcuni che sono diventati «esemplari» di un passaggio di consegne
dall’aristocrazia, abituata ad autocelebrarsi, alla borghesia che tenta di modificare
lentamente il meccanismo letterario. Egli osserva che attraverso stilemi e codici
metrici tradizionali «già indeboliti e deformati» con il loro apparato di metafore ed
immagini ormai sorpassate,
la borghesia italiana ha cercato la propria legittimazione innanzi tutto e soprattutto
attraverso mezzi culturali preesistenti, in realtà adottando della tradizione i più logori di
questi, in quanto prodotti tipici di una cultura già stabilita (quella tradizionale) e di una
classe sociale storicamente affermata (quella aristocratica).
18
Le due bibliografie considerate, o come meglio vuole specificare Olga Pinto
«saggio di bibliografia» per la sua incompletezza motivata dalla vastità della
produzione per nozze, sono molto lontane dall’essere quel tipo di bibliografia
16
Raccolta che contiene complessivamente 9112 pezzi e messa in vendita, probabilmente dagli
eredi di Casella (avocato e bibliografo napoletano, scomparso nel 1894), fu acquistata dalla
Staatsbibliothek di Berlino con le 2662 «per nozze» che già conteneva ed andava ad ampliare una
raccolta piuttosto ricca di «per nozze» già posseduta e che era stata incrementata specialmente dal
direttore della Biblioteca August Wilmanns , studioso di letteratura italiana.
17
Cfr. l’articolo di FRITZ SCHILLMANN , Die Nozzenschriften der Sammlung Casella in der
Preussischen Staaatbibliothek in: Zentralblatt fur Bibliothekswesen, 1928, p. 16, nota 3.
18
ANTONINO MUSUMECI, La Musa e Mammona. L’uso borghese della parola nell’Ottocento
italiano. Ed. Longo, Ravenna 1992.
18
«nazionale» auspicato dal prof. Fritz Schillmann, ma sono un primo tentativo di
rivalutazione di un genere letterario troppo spesso dimenticato.
2.2 Premesse metodologiche
Giovanna Bosi Maramotti afferma:
Non intendo conferire agli opuscoli per nozze né maggior rilievo di quanto abbiano
nella storia del costume e della letteratura minore che al costume obbedisce, né più di
quanto non abbiano avuto nell’intenzione stessa degli autori, a volte partecipi convinti
della gioia di due giovani, a volte invece sospinti all’omaggio dall’uso e/o da obblighi
sociali. Mi pare però di poter sostenere che una collocazione nella produzione letteraria
che diviene segno di un tempo sia loro dovuta. Nella variabilità di strutture, di forme, di
linguaggio essi offrono una chiave di lettura di un rito eterno quanto l’uomo, e
contemporaneamente aprono varchi alla conoscenza di uno spaccato di società, sia pure
limitatamente a certi ceti sociali.
19
Questi due testi, simili sotto certi aspetti, rivelano motivazioni di fondo
diverse: il testo della Bosi Maramotti è pervaso da una certa casualità legata alla
ricerca che partiva da un preciso e limitato obiettivo che stava tutto nell’ambito di
una «microstoria locale»
20
, ma che ha aperto un orizzonte di approfondimento
troppo affascinante per essere abbandonato: «ricerche come queste hanno spesso
origini casuali; ci si trova, poi, gradualmente immersi in un percorso che al piacere
della scoperta unisce il desiderio di continuare la “caccia”, tanto più allettante
quanto più insidiose le difficoltà che via via si presentano».
21
Un intento più personale anima l’opera di Olga Pinto:
19
GIOVANNA BOSI MARAMOTTI, Le Muse... (cit.), pp. 11-12.
20
Ricerca di un testo raro del tardo Ottocento, pubblicato per nozze, ma falso con l’invenzione del
matrimonio, degli sposi, dell’offerente e delle lettere inedite contenute in esso, scritto da Olindo
Guerrini.
21
GIOVANNA BOSI MARAMOTTI, Le Muse... (cit.), p. 5.
19
L’aver scelto come oggetto di una bibliografia, che è la prima nel suo genere [il testo
fu pubblicato nel 1971] gli scritti pubblicati in occasione di nozze, non è stato merito
mio, ma di mio padre Michele Pinto, ingegnere di professione, ma appassionato
bibliofilo. Non ricordo come e perché egli abbia avuto l’idea di iniziare la ricerca di tale
genere di pubblicazione [...] Mi accinsi qualche anno fa e, confesso, che fui spaventata
dal numero grandissimo delle schede da Lui raccolte, specialmente per le opere del
secolo XIX.
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Trovandosi davanti ad una sterminata produzione di questo genere e
un’impossibile analisi totale, è diventata necessaria una delimitazione spaziale
delle ricerche, fermando i confini a delle precise biblioteche italiane: la Biblioteca
Corsiniana dell’Accademia dei Lincei, la Biblioteca Casanatense (biblioteche di
Roma), la Biblioteca statale di Lucca, la Biblioteca di Napoli con la consultazione
particolare della «Miscellanea Amalfi» e della «Miscellanea Villarosa», la
Biblioteca Universitaria di Genova con la sua «Miscellanea Ligure», la Biblioteca
Nazionale Centrale di Firenze con la ricchissima «Miscellanea Capretta», la
Biblioteca Classense di Ravenna attraverso il fondo Classense e il fondo Bertelè.
A tutto questo vanno aggiunte le schede estratte da due repertori bibliografici
23
,
da qualche catalogo di antiquariato e quelle rintracciate in non meglio precisate
biblioteche statali e comunali.
Le uniche certezze finora emerse sono la vastità di tale genere di pubblicazioni
non sempre facilmente reperibili nelle biblioteche italiane e l’assenza di
indicazioni metodologiche per uno studio scientifico dell’argomento.
Un rapido conto degli opuscoli passati tra le mani di queste ricercatrici,
conferma ancora di più quanto affermato prima e di come si riveli necessaria una
selezione preliminare.
22
OLGA PINTO, Nuptialia... (cit.), p. VII.