5 
45,11); non viene trascurata la sua bellezza e il suo splendore nel giorno delle 
nozze: «Piaccia al re la tua bellezza;/[...] Tutta splendore è nell’interno la figlia 
regale;/ tessuto in oro è il suo vestito,/ in vesti variopinte è condotta al re.» (Sl 
45,12-15); l’epitalamio si chiude con il rituale augurio di felicità eterna rivolta 
solo allo sposo che attraverso l’intero salmo acquisterà memoria eterna nel tempo 
«Il tuo nome vorrei far ricordare/ di generazione in generazione./ Per questo ti 
loderanno i popoli/ in eterno e per sempre». (Sl 45,18).  
La frammentarietà del Cantico dei Cantici, suggerisce l’ipotesi di una raccolta 
di carmi amorosi di origine popolare come le feste nuziali, o di origine cortese per 
la ricercatezza di alcune immagini: infatti si può definire l’intero testo sacro, come 
un lungo epitalamio didascalico dove un giovane ed una fanciulla, prossimi al 
matrimonio, cantano il loro amore reciproco attraverso i loro primi incontri, la 
crescita del loro amore, il momento solenne della cerimonia nuziale con un mutuo 
scambio di lodi e un’intensa descrizione fisica della sposa, fino a concludersi con 
la delicata allusione all’intimità della prima notte di nozze.  
Nella letteratura greca antica era chiamato imeneo (dal greco Hymenaios «dio 
degli sponsali») il canto nuziale che si cantava in coro mentre si conduceva la 
sposa in casa dello sposo, epitalamio invece (da epi «sopra» e thalamos «letto») 
era la serenata che veniva cantata presso la stanza nuziale la sera delle nozze. 
Pochi sono i testi letterari a noi pervenuti di epitalami greci: rimangono testi 
dedicati a personaggi mitici come un lungo frammento di Saffo (VII-VI secolo 
a.C.) per le nozze di Ettore e Andromaca, due testi dello stesso genere di Pindaro 
(518-438 a.C.), uno per le nozze di Peleo e Teti, l’altro per quelle di Cadmo e 
Armonia, mentre è giunto fino a noi integro il testo di Teocrito (IV-III secolo a.C.) 
per le nozze di Menelao ed Elena (Idillio XVIII). 
Di Callimaco (310-240ca a.C.), sono rimasti solo pochi versi di una 
composizione per le nozze del re d’Egitto Tolomeo II con la sorella Arsinoe II, 
avvenute poco dopo il 280 a.C., che diventa il primo esempio di epitalamio per 
persone viventi e di stirpe reale. 
È certo che nel mondo greco i componimenti nuziali fossero largamente usati, 
fino al punto da rendere necessario un codice scritto come quello di Dionisio di 
Alicarnasso (I secolo a.C.) che, nel cap. IV della sua opera Arte Retorica, 
  
6 
intitolato Metodo degli Epitalami, espone le regole da seguire per una 
composizione di tali scritti. 
Nella letteratura latina questo genere di poesia fu molto usato, continuando la 
tradizione dei versi Fescennini (da fescenninus versus e questo da Fescennium, 
città etrusca da cui i canti avevano origine) canti rustici, specialmente nuziali 
definiti con più precisione Fescennina iocatio, cioè frizzi audaci e scanzonati di 
origine italica, lanciati tradizionalmente all’indirizzo degli sposi da parte degli 
invitati. 
Il primo vero autore latino di canti nuziali è Catullo (87-57ca a.C.) che affronta 
nei Carmina Docta il tema del matrimonio. 
Il carme 61 è stato composto per le nozze di due cari amici di Catullo, Manlio 
Torquato e Vinia Aurunculeia ed ha eccezionale importanza anche come 
documento di vita romana nel quale vengono descritti in tutti i particolari una 
cerimonia nuziale. 
Memorabile resta la visione del bimbo
2
 che il poeta augura agli sposi, 
sottolineando il valore del connubio matrimoniale, liberum quaesundum causa, 
formula ufficiale del matrimonio romano riconosciuto anche a livello giuridico. 
Il carme 62 è un canto nuziale costruito su un «contrasto» tra un coro di giovani 
che esaltano la potenza dell’amore ed un coro di giovinette che invece celebrano il 
pregio della pudicizia. La metafora che ricorre nel testo del fiore solitario, puro e 
intatto che viene reciso da un’unghia di una mano maschile, allusiva alla prima 
notte nuziale, evoca immagini letterarie successive come il Fiore di Dante, ma 
ancora più esplicitamente Il gelsomino notturno di Pascoli che fu anch’esso 
un’offerta nuziale per le nozze dell’amico Brighenti. 
Il carme 64 definito come un piccolo epos, è una breve narrazione mitologica, 
di argomento erotico e di raffinata erudizione. Due storie vi sono incastonate l’una 
nell’altra: l’incontro e le nozze tra Péleo e Tetide, l’abbandono di Arianna da parte 
di Téseo, inserito con il pretesto dell’ekphrasis (descrizione di una «coperta 
ricamata»). 
                                                 
2
«Torquatus volo parvulus/ matris e gremio suae/ pòrrigens teneras manus/ dulce rideat ad 
patrem/ semihiante labello». (61, 216-220); (Trad.: «Voglio un Torquato piccino che, porgendo le 
mani dal grembo della mamma sua, dolcemente rida al padre con la boccuccia socchiusa» ). 
  
7 
Si coglie la valenza simbolica della scelta di questi testi greci: un amore 
legittimato e fecondato nel foedus
3
 nuziale, è opposto ad un amore irregolare, 
tradito nella sua fides.
4
 
Tra i Poetae novi della cerchia di Catullo, scrissero testi poetici di tema nuziale 
Gaio Licinio Calvo (87-47 a.C.) e Ticida (I secolo a.C.), ma i brevi frammenti 
rimasti non permettono di identificarli come testi mitologici o per persone reali. 
Publio Papinio Stazio (45-96 d.C.) nella sua opera Sylvae colloca un lungo 
epitalamio per le nozze del console L. Arrunzio Stella con Violantilla; Decimo 
Magno Ausonio per ordine dell’imperatore Valentiniano I, scrisse un Centone 
nuziale (Opuscola XVII), un epitalamio per nozze immaginarie, composto con 
versi tolti dagli scritti di Virgilio. Claudiano compose tre epitalami per persone 
viventi: uno per li matrimonio celebrato a Milano nel 398 d.C. dell’imperatore 
Onorio con Maria, figlia del generale vandalo Stilicone, che è il primo esempio 
latino di un epitalamio per nozze di sovrani (per gli stessi sposi egli compose 
anche quattro fescennini); un secondo per il tribuno e notario Palladio e Celerina e 
un terzo per certi Laurenzio e Florida. Sconosciuti invece sono gli autori dei due 
epitalami dedicati uno a Lorenzo e Maria ed un altro ad Auspicio ed Aella
5
. 
Minneo Felice Marziano Cappella (V secolo d.C.) fu autore di un’opera 
enciclopedica in nove libri, che intitolò De nuptiis Mercurii et Philogiae in forma 
di favola mitologica, che però non viene considerata come un vero epitalamio. 
La conclusione dell’epoca pagana non segna la fine della tradizione dello 
scrivere per nozze; infatti anche alcuni scrittori cristiani non si sottrassero al 
piacere di comporre qualche testo di tale genere poetico; gli esempi più famosi 
furono: San Paolino, vescovo di Nola (353-431) che ne compose uno (Carmen 
XXV) per le nozze di Giuliano, vescovo di Eclano e Tizia; San Gregorio 
Nazianzeno (330-390) per le nozze di Olimpiade, figlia di Ablavio, prefetto del 
                                                 
3
 «Nulla domus umquam tales contexit amores,/ nullus amor tali coniunxit foedere amantes,/ 
qualis adest Thetidi, qualis concordia Peleo/ Currite ducentes subtegmina, currite, fusi». (Carme 
64, 334-337). (Trad.: «Nessuna casa mai annodò due simili amori, nessun amore sancì un simile 
patto tra amanti come questo uguale sentire di Tetide e Péleo. Fusi correte, torcendo le fila, correte, 
fusi»). 
 
4
 «Sicine me patriis avectam, perfide, ab aris,/perfide, deserto liquisti in litore, Theseu?» (Carme 
64, 132-133). (Trad.: «Dunque strappata dalle terre paterne, perfidamente, mi lasciasti su di un lido 
deserto, o Teseo?»). 
 
  
8 
Pretorio di Costantinopoli e Nebriade; Sidonio Apollinare che ne compose due: 
uno (Carmen XI) per l’amico gallo Ruricio ed Iberia, l’altro (Carmen XIV) per il 
gallo Polleio ed Araneola, forse pronipote di Agricola; infine Magno Felice 
Ennodio (473-521) per un certo Massimo (Carmen I, 4). 
Nella raccolta intitolata romulea di Blossio Emilio Draconzio (V sec.) si 
trovano due epitalami: uno è per il matrimonio dei due fratelli Vittoriano e 
Rufiniano della famiglia Victor, l’altro per un Giovanni e una Vitula, che 
apparteneva alla gens Flavia; Lussorio (VI sec.) compose un epitalamio per il 
matrimonio di certi Frido e Ilia; Venanzio Fortunato, vescovo di Poitiers (VI-VII 
sec.), ne dedicò uno per le nozze, celebrate nel 566, di Sigiberto I, re d’Austrasia, 
con Brunechilde, figlia di Atanagildo, re dei Visigoti; Teodolfo, arcivescovo di 
Orléans (VIII-IX sec.), per il matrimonio di sua figlia Gisla con un certo Suaverico 
(Carmen 43). 
Poco interessante ai fini di tale ricerca di scritti per nozze risulta il periodo 
medievale, anche se rimane l’epoca storica in cui inizia il processo di 
socializzazione maggiore del matrimonio, ritenendolo fatto sociale leggibile in un 
contesto laico dove diventa sinonimo di contratti economici, eredità, passaggi di 
proprietà, ma soprattutto soggetto di una lenta e progressiva cristianizzazione: la 
Chiesa indicava le regole per una buona vita coniugale inserendo il matrimonio in 
una visione più ascetica (problema dell’atto sessuale ammesso dalla Chiesa solo 
con finalità procreativa), ricorrendo alle parole di San Paolo che nella Lettera agli 
Efesini paragona l’amore coniugale all’amore che lega Cristo alla Chiesa vista 
come sua sposa.
6
 
La letteratura medievale dedica spazi ristretti all’argomento matrimoniale che 
emerge nel filone letterario mistico composto dalle numerose preghiere latine 
dedicate agli sposi, dagli elogi agli sposi nella predicazione del tempo, dalle 
normative scritte riguardo l’istituzione matrimoniale, dalle cronache e descrizioni 
di celebrazioni nuziali, dalla letteratura di svago delle corti medievali dopo l’anno 
Mille. 
I secoli X-XI-XII sono contrassegnati da uno spirito anti-matrimoniale; 
l’ideologia dell’amor cortese che pervade tutta la letteratura contemporanea 
                                                                                                                                     
5
 Inclusi in Poetae latini minores di J. Ch. Wensdorf.  
  
9 
sostiene un’indelicata derisione della frustrazione di cavalieri costretti al celibato e 
coinvolti nel gioco pericoloso di conquista di una sposa, la cortigiana, ma «anche 
l’amore per libera scelta della lirica cortese pretende, certo, di unire prima di tutto 
due esseri e non due parentadi, due eredità, due reti d’interesse».
7
 
Fatto storico rilevante anche per la produzione di pubblicazioni d’occasione, è 
l’avvento della stampa: secondo quanto riportato nell’introduzione del testo di 
Olga Pinto, il primo epitalamio stampato risale al 1484, opera di Fransiscus Niger, 
per il matrimonio di Sigismondo d’Asburgo e Caterina di Sassonia. 
 
 
1.2 Dal Settecento al nostro secolo 
 
Per ritrovare una frequente produzione delle pubblicazioni per nozze, bisogna 
spostarsi nel secolo XVIII. Essendo un blocco omogeneo, quasi monotono nelle 
forme, nelle metafore, nelle figurazioni e nelle trasposizioni mitologiche, risulta 
più agevole rintracciare un metro d’interpretazione, perché l’irrefrenabile 
versificare che tocca tutti gli Stati italiani, si presenta come un’uniforme pianura 
sulla quale spiccano alcune originali raccolte o poemetti, interessanti per il loro 
involontario contributo allo studio della storia del costume del tempo. 
Il Settecento registra una vivace ed ampia galleria di immagini sul matrimonio 
e sugli usi matrimoniali, sul ruolo della donna, dei suoi doveri, della sua 
educazione all’interno della famiglia, sui rituali di una società corrotta; ogni 
genere letterario di poesia e di prosa è stato usato, gli autori furono letterati famosi 
o persone completamente sconosciute, scrissero in italiano, usarono dialetti 
regionali, tradussero dal latino, dal greco, dal francese e dal tedesco. 
Brevissime composizioni, in particolare sonetti, si alternano a voluminose 
raccolte di rime di decine di autori, la più ricca di collaboratori è quella del 1728, 
raccolta da Carlo Innocenzo Frugoni
8
 per le nozze di Antonio Farnese ed 
Enrichetta d’Este, contenente ben 232 diversi autori. 
                                                                                                                                     
6
 Ef. 5,25-33.  
7
 GEORGES DUBY, Medioevo maschio. Amore e matrimonio. Ed. Laterza, Bari, 1988. 
8
 Carlo Innocenzo Frugoni poeta arcade della seconda generazione, Carlo Innocenzo Frugoni 
(1692-17689), abate mondano e verseggiatore di corte a Parma dove visse e divenne promotore di 
  
10 
La maggior parte delle composizioni d’occasione settecentesche non hanno 
un’ispirazione personale ed originale; sono quasi sempre molto retoriche, vuote di 
concetto; non mancano pubblicazioni contenenti scritti che trattano argomenti che 
nulla avevano a che fare con il matrimonio: ad esempio le Memorie del calcio 
fiorentino di G. De Bardi (1544/1594), un Ragionamento contro l’uso di fasciare i 
bambini del gesuita conte Giambattista Roberti
9
, vengono descritti in poesia anche 
il caffè da Lorenzo Barotti (1742/1801), il ventaglio da Carlo Belli (1742/1816), la 
macchina aerostatica da G. Belgrano (sec. XVIII), l’elettricità da F. Riccati 
(1718/1791). 
L’uso di offrire in occasione delle nozze un testo scritto non investì solo le 
singole persone, ma anche Accademie letterarie di fama nazionale e di dimensioni 
più locali. 
Dietro la varietà stilistica e contenutistica degli opuscoli per nozze del 
Settecento, dietro tutte le immagini festose che tali scritti diffondono, ci sono 
vicende umane non gioiose e serene; matrimoni freddi, costruiti, voluti e benedetti 
dalla famiglia, sostenuti da una rete di amici, parenti, preti, ma che sacrificavano 
sull’altare del matrimonio i sentimenti più caldi e spontanei della giovinezza. 
L’analisi letteraria degli opuscoli per nozze dell’Ottocento, che ormai erano 
diventati quasi una «mania», poiché furono stampate migliaia di pubblicazioni in 
tutte le regioni italiane, si confonde con un’analisi sociologica del costume 
italiano fra XVIII e XIX secolo. 
Rimane invariata la sacralità del matrimonio, cambia solo lo scenario di fondo: 
si passa da una società che sembra vivere lontana dalla realtà del quotidiano, tra 
gli sfarzosi palazzi di città, ville di campagna, a quella più dimessa e grigia della 
                                                                                                                                     
«feste galanti» e di piaceri per l’assetata aristocrazia e rappresentò il mondo prezioso e sensuale del 
rococò. 
 
9
 Gian Battista Roberti (Bassano 1719-1786) scrittore italiano. Gesuita, fu Accademico al Collegio 
dei Nobili di Parma (con l’incarico di organizzare tornei e feste teatrali), insegnò filosofia nel 
Collegio di Santa Lucia a Bologna. Predicatore e poligrafo tentò di conciliare, in scritti di vario 
argomento, le nuove idee illuministiche con i fondamenti della morale cattolica. Le sue Opere 
Complete (raccolte postume in 15 voll. negli anni 1789-1797) costituiscono un vastissimo 
repertorio dei temi dibattuti dalla pubblicistica del tempo. Tra le opere: Orazione agli studi di 
pittura, scultura e architettura (1758); Discorsi sopra le fasce dei bambini (1764) testo di 
divulgazione delle nuove idee educative dell’Emilio di Rousseau; Opuscoli intorno al lusso (1772) 
contro la corruzione del tempo. Fu anche poeta didascalico, celebre per i suoi poemetti come Le 
fragole (1752), Le perle (1756) versi scritti con carattere satirico e polemico; La moda (1756) e La 
commedia (1756) scritte in difesa della riforma goldoniana.  
  
11 
borghesia post unitaria, che nelle virtù civili e morali, nell’esercizio delle 
professioni, nel lavoro intellettuale, pone la base della sua affermazione e della 
sua distinzione sociale. 
La varietà delle tipologie di tali pubblicazioni rende possibile solo una 
sommaria divisione tematica e formale, subordinata alla larga preferenza data alle 
lettere inedite di personaggi più o meno famosi che conferma l’indirizzo 
positivistico degli studi e l’interesse sempre vivo per il passato, volto alla 
riscoperta di carteggi inediti.  
Accanto a questa scelta letteraria dilagante nell’Ottocento, si aggiungono altre 
pubblicazioni erudite: documenti storici, descrizioni di manoscritti, ricerche 
filologiche, illustrazioni di monumenti locali, di oggetti preziosi di musei, ma 
come già accadde alla fine del secolo precedente, anche durante il secolo XIX, 
furono pubblicati per nozze argomenti lontanissimi dal tema nuziale.  
Il primo Novecento offre un’ampia libertà di produzione: si spazia dal saggio di 
alto pregio alla pagina di diario, dalla lettera contenente consigli sottoforma di 
versi scherzosi anche nei dialetti regionali, a poemetti e brevi testi teatrali. 
Esistono, inoltre, diverse pubblicazioni, uscite in occasione di nozze, che hanno 
tale rilevanza culturale in ambito nazionale, per la qualità dei contributi di studio 
in esse contenuti, da sfuggire alla collocazione nella letteratura d’occasione e 
degne, anzi, di circolazione indipendentemente dall’evento che ne decretò la 
nascita. Il cambiamento di tono avvenuto nel nuovo secolo per questo genere 
letterario, non sottrae lo scrivere per nozze ad un lento declino: 
 
Oggi è ormai vietato e fuggito il costume delle pubblicazioni nuziali. Esse furono 
delizia di un’età tramontata, da quando eran sonetti e canzoni e rime che si distendevano 
nel giro breve di un foglio o di un adorno libretto, a quando nozze e sposi furono 
occasione, -non diciamo pretesto- al contributo grave di dottrina, al documento inedito, 
alla curiosità storica. Vanità, in gran parte. E per ciò fu facile dirne male.
10
 
 
La sobria borghesia intellettuale non ha molti mezzi e non vede l’occasione del 
matrimonio come motivo di sperpero, non conoscendo la politica dei consumi: 
                                                 
10
 AUGUSTO CAMPANA, Umanisti chiamati alla scuola di Cesena nel 1486, opuscolo per nozze 
Tina Franchini-Alfredo Beltrami, 1928. 
  
12 
offre il meglio che riesce a ricavare dai suoi prodotti; così si scoprono rari e 
preziosi studi di Benedetto Croce, Giovani Gentile, Augusto Campana. In questi 
casi il dono nuziale si trasforma in un dono alla cultura che mantiene un valore 
che va oltre l’occasione da cui trae origine. 
  
14 
2. I CONFINI DELLA RICERCA  
 
2.1 Lo spoglio bibliografico 
 
I testi di Olga Pinto
1
 e di Giovanna
 
Bosi Maramotti
2
 sono gli unici esempi 
rintracciati e dedicati a questo genere di scritti d’occasione; la mancanza di 
un’esauriente bibliografia è confermata sia nel testo di Olga Pinto: «Non esistono 
né trattazioni né bibliografie su tale genere di scritti
3
; solo alcune storie della 
letteratura italiana ne fanno brevissimi e fugaci accenni nel trattare gli autori che 
ne hanno pubblicato»
4
, sia in quello di Giovanna Bosi Mararamotti: «Dicevo 
all’inizio che l’incontro con produzioni letterarie di limitata diffusione come 
queste d’occasione, ha spesso il carattere della casualità. Gli scarsi scritti ad esse 
relativi confermano tale carattere».
5
 
Per queste lacune bibliografiche, le autrici dedicano ampio spazio nelle 
introduzioni alle loro ricerche all’indicazione dei testi in cui è possibile 
rintracciare informazioni sugli opuscoli per nozze. 
Brevissime e in parte inesatte sono le voci consultate nell’Enciclopedia italiana 
di scienze e lettere e nel Dizionario enciclopedico italiano. Alla voce Epitalamio 
segue la voce: Letteratura italiana che si limita ad esporre quanto segue: 
In Italia, il Tasso e il Marino, ispirandosi più che a Catullo, a Claudiano
6
 ed Ausonio
7
, 
diedero splendidi esempi di poesia nuziale lasciva ed adulatrice di cui abusarono poi i 
                                                 
1
 OLGA PINTO, Nuptialia. Saggio di bibliografia di scritti italiani pubblicati per nozze dal 1484 
al 1799. Ed. Leo Olschki, Firenze 1971. 
 
2
 GIOVANNA BOSI MARAMOTTI, Le Muse d’Imeneo. Le metamorfosi letterarie dei libretti per 
nozze dal ‘500 al ‘700. Ed. del Girasole, Ravenna 1995. (seconda edizione 1996). 
 
3
 Trattazione del problema da parte dell’autrice stessa in un suo articolo: OLGA PINTO, Una 
bibliografia per nozze, pubblicata nella miscellanea in onore del bibliografo bulgaro Nicola 
Mihov, Sbornik v cest akademik Nicola V, Mihov, pp. 233-236. 
 
4
 OLGA PINTO, Nuptialia... (cit.), p. VIII. 
 
5
 GIOVANNA BOSI MARAMOTTI, Le Muse..., (cit.), p. 8. 
6
 Claudiano è uno degli ultimi poeti pagani, nativo di Alessandria e appartenente al secolo IV-V. 
Divenne poeta ufficiale di corte sotto l’imperatore Onorio. Compose opere encomiastiche, opere 
mitologiche e Carmina, poesie d’occasione fresche ed originali. 
 
  
15 
poeti arcadici e frugoniani. Bei canti nuziali scrissero il Frugoni, il Bondi
8
, il Salandri
9
, il 
Paradisi
10
, il Fantoni
11
, il Savioli
12
, superati tutti dal Parini, vivo rappresentante delle 
nozze settecentesche nella famosa canzonetta. Il genere poi langue finché si estinse. 
 
Il Dizionario enciclopedico alla voce Epitalamio tratta di quello greco e latino; 
alla voce Nozze e poi alla sottovoce Pubblicazioni per nozze dice:  
 
Scritti per lo più nell’ambito delle discipline umanistiche, pubblicati in occasione di 
nozze. L’uso nacque a Venezia, nella 2
a 
metà del secolo 18°, per opera pare di S. 
Bettinelli
 
e di G. Roberti, fu in gran voga nella 2
a 
metà del secolo 19°. Una raccolta di 
F.A. Casella
 
è, dal 1926, nella Bibl. di Stato di Berlino, parzialmente catalogata a stampa. 
 
Le indicazioni utili per il ritrovamento di opuscoli per nozze, proseguono con 
l’indicazione di un solo contributo che tratta di nozze, però a livello locale: 
l’opuscolo di Francesco Pellegrini, pubblicato per nozze Lotti- Togneri: Le Nozze 
lucchesi nella tipografia lucchese (Borgo a Mozzano, 1922). 
Si distinguono alcune bibliografie nuziali per le varie famiglie che sono state 
stampate o come operette autonome per esempio Saggio di bibliografia nuziale 
della famiglia Papadopoli (Venezia, 1905), a cura di G. Castellani e di G. 
Ceresole e pubblicata per le nozze d’argento di Nicolò Papadopoli ed Elena 
Hellenbach, o raccolte alla fine d'opuscoli per nozze d'altro argomento come 
                                                                                                                                     
7
 Decimo Magno Ausonio, nativo dell’odierna Bordeaux, visse nel secolo IV. La sua produzione 
nell’ambito della storia del costume e della scuola, comprende il suo capolavoro Mosella, 500 
esametri di commosso canto del poeta davanti al fiume che scorre ed al suo paesaggio. 
 
8
 Clemente Donnino Luigi Bondi (1742-1821) gesuita e poeta di corte a Vienna, fu traduttore di 
Virgilio e autore di rime evocative i beni e i piaceri scomparsi, di poemetti di vaga consonanza 
pariniana. 
 
9
 Pellegrino Salandri (1723-1771) poeta italiano membro dell’Accademia dei Trasformati e 
segretario perpetuo dell’Acc. di Scienze e Lettere. D’impostazione pariniana, Foscolo lo definì 
come uno dei migliori sonettisti del ‘700. 
 
10
 Neoclassico che risente pienamente dell’influenza del Savioli, Agostino Paradisi (1736-1783), 
nei suoi Versi sciolti, recupera il classicismo oraziano per una poesia etico-religiosa e civile. 
 
11
 Giovanni Fantoni (1755-1807) iniziò come arcade per poi accostarsi al neoclassicismo 
d’intonazione oraziana e pindarica e al Preromanticismo sepolcrale. 
 
  
16 
accade per le pubblicazioni per le nozze Gera-Bellati nel 1849, Marcello-Zon nel 
1858, Giusti-Cittadella nel 1863, Carlotti-Cittadella Vigodarzere nel 1871, 
Lampertico -Piovene nel 1878 e molti altri. 
Un altro uso di tale genere di pubblicazioni è stato anche quello di diventare 
parte integrante di uno scritto dedicato al ricordo di una persona cara scomparsa, 
come nel caso di Giulio Faido che pubblicò a Venezia nel 1884 l’opuscolo In 
memoriam. raccolta delle pubblicazioni fatte per le nozze di Alessandro Faido, 
padre dell’autore. 
Altre fonti risultano essere le riviste bibliografiche di fine secolo XIX, come la 
«Rassegna bibliografica della letteratura italiana», il «Bibliografo», il «Giornale di 
erudizione» e il «Giornale Storico della Letteratura Italiana», che cominciarono ad 
inserire tali pubblicazioni nelle loro Rubriche Bibliografiche, Bollettini 
bibliografici, Annunzi, ecc.: proprio nel «Giornale», un corrispondente propone 
che i lettori diano comunicazione di quelle pubblicazioni di cui hanno notizia 
perché «ognuno sa come l’uso gentile di esse dia luogo alla riproduzione di pagine 
inedite che, date alla luce in numero ristretto di copie rimangono facilmente 
ignorate».
13 
Infatti nelle bibliografie italiane come quella di Attilio Pagliaini Catalogo 
generale della libreria italiana o nel più recente C.L.I.O.
14
, o nel Bollettino delle 
pubblicazioni italiane ricevute per diritto di stampa [dalla] Biblioteca Nazionale 
di Firenze (Firenze 1886-1957) queste pubblicazioni appaiono raramente. 
A volte, data la tipologia del testo, gli opuscoli per nozze sono conservati da 
attenti collezionisti privati che colgono il valore di tali scritti come Roberto 
Carapelli
15
, possessore di ben 2000 opuscoli, che stimola la curiosità di conoscere 
meglio questo genere attraverso la citazione di qualche curioso titolo o tema che 
intensifica ancora di più il desiderio di approfondire l’argomento. 
                                                                                                                                     
12
 Ludovico Savioli (1729-1804) entrò molto giovane nell’Arcadia e gli Amori del 1765 sono il 
capolavoro del gusto rococò italiano, inaugurando una linea di poesia erotico-classicista 
culminante nel più maturo neoclassicismo delle Odi di Foscolo. 
13
 «Giornale di erudizione», vol. III (1890/91) p. 28. 
 
14
 Catalogo dei libri dell’Ottocento 1801/1900, Ed. Bibliografica, Milano 1991. 
 
15
 ROBERTO CARAPELLI, Scrivere per nozze, in Scrivere per amore, N. Aspesi, E. Gulli 
Grigioni, R. Carapelli, pref. di Giulio Tamassia. Ed. Pineider, Firenze 1991.  
  
17 
La conferma, forse definitiva, di come questo genere letterario sia stato 
trascurato, deriva dal fatto che i primi studi riguardanti questo genere di scritti 
occasionali, che sono una manifestazione letteraria prettamente italiana, sono 
attribuiti a studiosi stranieri come Fritz Schillmann, studioso tedesco che, nel 
1928, recensendo la preziosa «Raccolta Casella»
16
 notava: «gli italiani avrebbero il 
dovere faticoso, ma nazionale, di pubblicare una bibliografia delle pubblicazioni 
per nozze»
17
. 
Questo monito all’Italia di porre più attenzione al proprio patrimonio letterario, 
a volte sepolto in polverosi e bui archivi, si completa con lo studio del prof. 
Antonino Musumeci, docente di letteratura italiana alla University of Illinois, 
incaricato di riordinare la biblioteca Cavagna, acquistata dagli Stati Uniti nel 
1920, che ha suggerito un’inedita chiave di lettura degli scritti per nozze, partendo 
dalla scelta di alcuni che sono diventati «esemplari» di un passaggio di consegne 
dall’aristocrazia, abituata ad autocelebrarsi, alla borghesia che tenta di modificare 
lentamente il meccanismo letterario. Egli osserva che attraverso stilemi e codici 
metrici tradizionali «già indeboliti e deformati» con il loro apparato di metafore ed 
immagini ormai sorpassate, 
 
la borghesia italiana ha cercato la propria legittimazione innanzi tutto e soprattutto 
attraverso mezzi culturali preesistenti, in realtà adottando della tradizione i più logori di 
questi, in quanto prodotti tipici di una cultura già stabilita (quella tradizionale) e di una 
classe sociale storicamente affermata (quella aristocratica).
18
 
Le due bibliografie considerate, o come meglio vuole specificare Olga Pinto 
«saggio di bibliografia» per la sua incompletezza motivata dalla vastità della 
produzione per nozze, sono molto lontane dall’essere quel tipo di bibliografia 
                                                 
 
16
 Raccolta che contiene complessivamente 9112 pezzi e messa in vendita, probabilmente dagli 
eredi di Casella (avocato e bibliografo napoletano, scomparso nel 1894), fu acquistata dalla 
Staatsbibliothek di Berlino con le 2662 «per nozze» che già conteneva ed andava ad ampliare una 
raccolta piuttosto ricca di «per nozze» già posseduta e che era stata incrementata specialmente dal 
direttore della Biblioteca August Wilmanns , studioso di letteratura italiana.  
 
17
 Cfr. l’articolo di FRITZ SCHILLMANN , Die Nozzenschriften der Sammlung Casella in der 
Preussischen Staaatbibliothek in: Zentralblatt fur Bibliothekswesen, 1928, p. 16, nota 3. 
 
18
 ANTONINO MUSUMECI, La Musa e Mammona. L’uso borghese della parola nell’Ottocento 
italiano. Ed. Longo, Ravenna 1992. 
  
18 
«nazionale» auspicato dal prof. Fritz Schillmann, ma sono un primo tentativo di 
rivalutazione di un genere letterario troppo spesso dimenticato. 
 
 
2.2 Premesse metodologiche 
 
Giovanna Bosi Maramotti afferma: 
 
Non intendo conferire agli opuscoli per nozze né maggior rilievo di quanto abbiano 
nella storia del costume e della letteratura minore che al costume obbedisce, né più di 
quanto non abbiano avuto nell’intenzione stessa degli autori, a volte partecipi convinti 
della gioia di due giovani, a volte invece sospinti all’omaggio dall’uso e/o da obblighi 
sociali. Mi pare però di poter sostenere che una collocazione nella produzione letteraria 
che diviene segno di un tempo sia loro dovuta. Nella variabilità di strutture, di forme, di 
linguaggio essi offrono una chiave di lettura di un rito eterno quanto l’uomo, e 
contemporaneamente aprono varchi alla conoscenza di uno spaccato di società, sia pure 
limitatamente a certi ceti sociali.
19
 
 
Questi due testi, simili sotto certi aspetti, rivelano motivazioni di fondo 
diverse: il testo della Bosi Maramotti è pervaso da una certa casualità legata alla 
ricerca che partiva da un preciso e limitato obiettivo che stava tutto nell’ambito di 
una «microstoria locale»
20
, ma che ha aperto un orizzonte di approfondimento 
troppo affascinante per essere abbandonato: «ricerche come queste hanno spesso 
origini casuali; ci si trova, poi, gradualmente immersi in un percorso che al piacere 
della scoperta unisce il desiderio di continuare la “caccia”, tanto più allettante 
quanto più insidiose le difficoltà che via via si presentano».
21
 
Un intento più personale anima l’opera di Olga Pinto: 
 
                                                 
19
 GIOVANNA BOSI MARAMOTTI, Le Muse... (cit.), pp. 11-12. 
 
20
 Ricerca di un testo raro del tardo Ottocento, pubblicato per nozze, ma falso con l’invenzione del 
matrimonio, degli sposi, dell’offerente e delle lettere inedite contenute in esso, scritto da Olindo 
Guerrini.  
21
 GIOVANNA BOSI MARAMOTTI, Le Muse... (cit.), p. 5. 
  
19 
L’aver scelto come oggetto di una bibliografia, che è la prima nel suo genere [il testo 
fu pubblicato nel 1971] gli scritti pubblicati in occasione di nozze, non è stato merito 
mio, ma di mio padre Michele Pinto, ingegnere di professione, ma appassionato 
bibliofilo. Non ricordo come e perché egli abbia avuto l’idea di iniziare la ricerca di tale 
genere di pubblicazione [...] Mi accinsi qualche anno fa e, confesso, che fui spaventata 
dal numero grandissimo delle schede da Lui raccolte, specialmente per le opere del 
secolo XIX.
22
 
 
Trovandosi davanti ad una sterminata produzione di questo genere e 
un’impossibile analisi totale, è diventata necessaria una delimitazione spaziale 
delle ricerche, fermando i confini a delle precise biblioteche italiane: la Biblioteca 
Corsiniana dell’Accademia dei Lincei, la Biblioteca Casanatense (biblioteche di 
Roma), la Biblioteca statale di Lucca, la Biblioteca di Napoli con la consultazione 
particolare della «Miscellanea Amalfi» e della «Miscellanea Villarosa», la 
Biblioteca Universitaria di Genova con la sua «Miscellanea Ligure», la Biblioteca 
Nazionale Centrale di Firenze con la ricchissima «Miscellanea Capretta», la 
Biblioteca Classense di Ravenna attraverso il fondo Classense e il fondo Bertelè. 
A tutto questo vanno aggiunte le schede estratte da due repertori bibliografici
23
, 
da qualche catalogo di antiquariato e quelle rintracciate in non meglio precisate 
biblioteche statali e comunali. 
Le uniche certezze finora emerse sono la vastità di tale genere di pubblicazioni 
non sempre facilmente reperibili nelle biblioteche italiane e l’assenza di 
indicazioni metodologiche per uno studio scientifico dell’argomento. 
Un rapido conto degli opuscoli passati tra le mani di queste ricercatrici, 
conferma ancora di più quanto affermato prima e di come si riveli necessaria una 
selezione preliminare.  
                                                 
 
22
 OLGA PINTO, Nuptialia... (cit.), p. VII.