4
Non sembra analizzato appieno l’atteggiamento adottato dalla classe
intellettuale in quegli anni tanto significativi quanto confusi per i tedeschi. In
questa tesi ho tentato pertanto di illustrare quanto ambiguo, contraddittorio e al
tempo stesso rilevante sia stato l’apporto fornito da una gran parte
dell’intellighenzia della DDR alla svolta rivoluzionaria.
Per affrontare un tema così complesso ho ritenuto necessario un excursus
che ripercorresse i rapporti tra il potere e gli intellettuali nello stato socialista a
partire dalla sua fondazione. E’ questo per l’appunto l’obiettivo della prima parte
del presente lavoro: cercare di capire innanzitutto per quale motivo sia importante
parlare degli intellettuali e delle loro azioni. Il ruolo che ricoprivano all’interno
dello stato non era, infatti, di mero intrattenimento, ma piuttosto una funzione
fondamentale nello sviluppo dell’ideale socialista: tradurre al popolo delle idee
altrimenti di difficile comprensione. Questo ruolo ha naturalmente riservato agli
autori doveri ma anche Privilegien, quei privilegi per i quali molti di loro non
avvertivano l’esigenza di un cambiamento radicale o che semplicemente “li
rendevano pazienti nei confronti delle carenze in cui migliaia si trovavano”
1
. Ciò
non significa che l’idillio tra classe culturale e politici sia stato sempre continuo,
tutt’altro. Non sono mancati tentativi di opposizione e critiche al regime. Lo
scarsissimo spazio destinato al dibattito interno invoglia però molti intellettuali
più alla fuga che a una opposizione interna.
Quaranta anni densi di importanti eventi storici, dalla protesta operaia di
Berlino Est nel 1953 al crollo del muro, passando per i movimenti del 1968, fanno
da cornice alle tormentate vicende degli intellettuali all’interno della Germania
1
B. Brecht, Werke, cit. in W. Mittenzwei, Die Intellektuellen. Literatur und Politik in
Ostdeutschland 1945 – 2000, Leipzig, Faber & Faber, 2001, p. 79.
5
socialista, che ho, sia pure rapidamente, trattato nella prima parte, a carattere
introduttivo. Sono, infatti, argomenti dai quali non si può prescindere, ma su cui
già esiste un’ampia bibliografia.
Seguendo la cronologia degli avvenimenti mi sono invece soffermato sul
periodo focale della Wende, alla quale è dedicata la seconda parte del lavoro. E’ in
quel lasso di tempo, dall’estate del 1989 fino alla primavera del 1990, che gli
intellettuali si segnalano per i loro interventi prima, per i loro silenzi poi. Scesi dal
piedistallo accademico, una volta constatata quella grave situazione di crisi del
Paese che è amplificata dalle ondate di fughe di cittadini nei mesi estivi, utilizzano
le proprie capacità comunicative per invitare la popolazione a ribellarsi ai continui
soprusi della SED. La manifestazione del 4 novembre presso l’Alexanderplatz
occupa un ruolo significativo in quei tormentati momenti e, di conseguenza, anche
all’interno del lavoro. Quel giorno, in cui un milione di cittadini ascoltò le parole
di Christa Wolf, Christoph Hein e Stefan Heym, per citare i tre autori più noti e
influenti di quegli anni, è riconosciuto da tutti gli studiosi come il momento di
massima simbiosi tra la volontà popolare e quella intellettuale: l’irripetibile zenit
in cui tutto appariva possibile, perfino quel Sozialistischer Traum, il sogno
socialista che si evince dai discorsi degli autori. Ma all’euforia di quei giorni ho
voluto contrapporre lo sbigottimento di molti intellettuali dopo la notte del 9
novembre, la sorpresa, talvolta lo sgomento, che lasciano ben presto però spazio
alla malinconica riflessione. L’idillio tra popolazione e operatori culturali è
intensissimo, ma al contempo talmente breve da sembrare inverosimile. Le
cronache documentano come la gran parte dei DDR-Bürger, i cittadini della DDR,
fosse più interessata a riversarsi nei negozi della lussuosa Berlino Ovest piuttosto
6
che a partecipare alla ricostruzione del Paese dal punto di vista politico, sociale ed
economico. Tale era stata, evidentemente, la penuria e la fame d’acquisti nel
regime socialista. Quelle folle di cittadini, in fila per le strade dello shopping
berlinese, rammaricano gli autori, i quali, resisi conto dell’abbandono del popolo,
riportano la cultura alla sua nicchia originaria. Nel tentativo di mostrare come
negli ambienti intellettuali non ci fosse unanimità sulle decisioni da prendere si
inseriscono i dissensi di molti autori e le veementi critiche provenienti da colleghi
emigrati, alcuni volontariamente, altri no come Wolf Biermann, all’Ovest.
Ed è proprio sul pensiero di questo satirico cantautore e di altri intellettuali
occidentali, in primis il futuro premio Nobel Günter Grass, che ho incentrato la
terza parte della tesi volendo illustrare le posizioni di personaggi legati più ad un
mondo culturale “pantedesco” piuttosto che ad uno dei due stati. Le loro storie
sono profondamente diverse ma altrettanto interessanti per comprendere con quale
occhio l’intellighenzia occidentale potesse considerare quella orientale. Biermann
e Grass sono concordi nel condannare sia l’esperimento comunista sia i progetti di
riunificazione delle due Germanie, ma allo stesso tempo appaiono come i più
strenui difensori della DDR e della sua autonomia politica e culturale.
Analizzare il passato tedesco senza pensare immediatamente ad Auschwitz
è molto difficile, anche a sessanta anni di distanza, e perciò mi è parso
interessante studiare, nell’ambito di questa terza sezione, anche le posizioni di
alcuni autori ebrei sulla riunificazione tedesca: alle preoccupazioni di un autore
della vecchia generazione che ha vissuto in prima persona l’Olocausto, Elie
Wiesel, risponde la figura emblematica di un giovane professore ebreo fiducioso
nella nuova Germania, Michael Wolfsohn.
7
Infine a riunificazione ormai prossima e con gli intellettuali chiusi nel loro
silenzio si è presentato il problema dell’integrazione delle due culture, simboli di
due opposte concezioni di vita. Ne nasce dunque un’interessante disputa letteraria
nota con il nome di Literaturstreit che ha per oggetto l’intera produzione artistica
della Germania Orientale. Alcuni autori e critici occidentali mettono in dubbio
l’esistenza di una vera e propria DDR – Literatur, viste le condizioni entro le quali
potevano operare gli scrittori sotto il regime socialista. In realtà, come spiegato
nel corso del quarto capitolo, il vero bersaglio della accusa non è Christa Wolf o
Christoph Hein o qualche altro autore. Sebbene a loro vengano rinfacciate forme
di collaborazione con gli organi governativi, il vero scopo della critica occidentale
appare il tentativo di annientare la DDR oltre che politicamente e
economicamente anche moralmente, cercando di cancellare, o almeno di
corrodere, quella DDR – Mentalität di cui gli intellettuali sembrano essere gli
ultimi custodi.
La trattazione di un argomento contemporaneo e poco conosciuto nel
nostro paese ha richiesto ricerche di approfondimento in Germania. Grazie ad una
borsa di studio concessami dall’università mi è stato possibile recarmi
direttamente a Berlino ed effettuare studi presso la Staatsbibliothek di Berlino,
nonché presso le varie biblioteche della Freie Universität. Soprattutto la
possibilità di accedere agli archivi stampa dell’Otto Suhr Institute mi ha
consentito di reperire articoli di giornali e settimanali fondamentali per l’esito
dell’opera.
8
Capitolo I
Intellettuali e regime
1.1 Il Dopoguerra
“Ancor prima di essere proclamata, quando ancora si trattava di una zona
di occupazione sovietica, la Repubblica Democratica Tedesca era già uno Stato di
scrittori”
1
. Principalmente due sono gli eventi che consentono di arrivare a questa
affermazione e tra loro correlati: il ritorno di molti intellettuali, comunisti e non,
esiliati o fuggiti durante il regime nazionalsocialista e il mito di antifascismo
importato dalle truppe sovietiche che si presenta come terreno fertile per coloro
che avessero voluto fare subito i conti con il passato e recuperare la tradizione
letteraria tedesca che tanto successo aveva avuto nel periodo della Repubblica di
Weimar
2
.
1
H. Mayer, Der Turm von Babel. Erinnerungen an eine Deutsche Demokratische Republik,
Frankfurt am Main, Suhrkamp Verlag, 1991, p.188.
2
Per approfondimenti vedi L. Mittner, Storia della letteratura tedesca, Einaudi, Torino, 1971.
9
In realtà non torna più del 20%
3
di coloro che, volontariamente o no,
avevano lasciato la propria casa per cercare rifugio in altre parti del mondo, ma tra
loro vi sono personalità di spicco come Bertolt Brecht, Anna Seghers e Johannes
R. Becher
4
che con la loro presenza possono ben dimostrare la volontà di
ricostruire anche dal punto di vista culturale un paese, o meglio una parte di esso,
che esce distrutto non solo materialmente, ma anche moralmente dalla catastrofe
del conflitto bellico. Naturalmente sono diversi i motivi che inducono i vari autori
a tornare, dalla possibilità per alcuni di vedere realizzato un obiettivo che per anni
era stato perseguito, ossia la creazione di uno stato socialista, alla comprensibile
esigenza di mostrare al mondo una Germania democratica e antifascista.
La sconfitta del nazismo ha aperto all’Est come all’Ovest la possibilità di
un discorso nuovo nella cultura tedesca che avrebbe rotto notevolmente con il
passato, ma inizialmente questa occasione trova la maniera di esplicarsi
maggiormente nella zona orientale della Germania, data la situazione politica che
è più favorevole ad un netto e deciso strappo con il recente passato.
Il quadro che ad occidente si presenta a letterati e scrittori è caratterizzato
come Nullpunkt, un punto zero, e tale rimane nel campo culturale per il primo
decennio di vita della allora nascente BRD (Bundesrepublik Deutschland), dove
3
Cfr. W. Mittenzwei, Die Intellektuellen. Literatur und Politik in Ostdeutschland 1945 – 2000,
Leipzig, Faber & Faber, 2001, p. 23
4
Bertolt Brecht (1898 – 1956), abbandona la Germania nel 1933 intuendo il pericolo che si stava
per abbattere sul paese e continua in esilio la sua attività letteraria impregnandola di un
antifascismo che lo porta ad essere privato della cittadinanza tedesca.
Anna Seghers (1900 – 1983), militante nel partito comunista tedesco (KPD), in esilio dal 1933,
dedica la sua attività letteraria in un primo momento al neorealismo per poi approdare al realismo
socialista finendo per diventare un simbolo della lotta antifascista. Nel 1952 le viene affidato
l’incarico di presiedere l’ Unione degli scrittori (Deutscher Schriftstellerverband, DSV) della
DDR.
Johannes R. Becher (1891 – 1958), membro del KPD, emigra in Unione Sovietica nel 1935, viene
incaricato successivamente di scrivere il testo dell’inno nazionale della DDR. Dal 1954 al 1958
ricopre l’incarico di ministro della cultura nella DDR.
10
continuano a regnare la paura e la sfiducia nei confronti della classe intellettuale
5
,
mentre ad oriente “sono forti il desiderio di mettere la parola fine ai propri legami
con il nazionalsocialismo e con una guerra assassina e la volontà di schierarsi in
una Antifaschistische Front, un fronte antifascista, per entrare a far parte dei
vincitori della storia”
6
.
La costruzione di tale Front ha inizio poche settimane dopo la fine della
guerra e vede come protagonista il cosiddetto Gruppo Pieck
7
, con il quale torna in
patria anche lo scrittore Johannes R. Becher, al quale viene affidato il compito di
“annientare il fascismo sul piano politico e morale
8
” e di provvedere ad una
rinascita culturale in Germania. Uno dei primi problemi che è costretto ad
affrontare è proprio la possibile spaccatura nel mondo intellettuale tra coloro che
erano rimasti e coloro che avevano invece scelto di andare via. Becher è molto
abile ad evitare il sorgere di tensioni tra le due parti e con l’istituzione di un
Kulturbund zur demokratischen Erneurung Deutschlands (Unione culturale per il
rinnovamento democratico della Germania), del quale è cofondatore e Presidente,
riesce a creare un forum di discussione e confronto per scrittori e artisti. La
costituzione di tale Kulturbund rende chiaro come allora per i tedeschi fosse
difficile agire sul piano politico dopo la sconfitta nella guerra e come si dovesse
dunque cercare di dialogare con altri mezzi, in particolare attraverso la cultura e le
persone legate ad essa
9
.
5
Cfr. H. Mayer, op. cit., p. 188.
6
W. Emmerich, Kleine Literaturgeschichte der DDR, Berlin, Aufbau Verlag, 2000, p. 71.
7
Wilhelm Pieck (1876 – 1960), cofondatore del KPD, si rifugia in Unione sovietica dove mette a
punto, d’accordo con il regime sovietico, piani per la liberazione della Germania. Torna in
Germania una volta concluso il conflitto per ricoprire ruoli di primo piano nella costruzione della
DDR, di cui diviene il primo presidente nel 1949 fino al 1960.
8
W. Mittenzwei, op. cit., pp. 23 – 24.
9
Cfr. Ivi, p. 26.
11
Il Kulturbund avrebbe dovuto essere un’istituzione neutrale dal punto di
vista politico e difatti nel Consiglio sono eletti, oltre a scrittori e artisti,
rappresentanti dei tre grandi partiti, SPD, KPD e CDU
10
, ma presto diviene chiaro
che anche in campo culturale, come in tutti gli altri, ben poco si sarebbe potuto
decidere senza il benestare sovietico e, infatti, in seguito viene creata una
Gesellschaft zum Studium der Kultur der Sowjetunion (Società per lo studio della
cultura dell’Unione Sovietica) con lo scopo di realizzare anche sul piano artistico
e culturale quella “solidarietà con l’Unione Sovietica che veniva intesa come
acquisizione meccanica da parte della Germania orientale dei modelli e delle
esperienze dell’Unione Sovietica”
11
.
Dal Kulturbund cominciano poi a crearsi le prime sottocategorie, in
particolare quella degli scrittori che si riuniscono nello Schutzverband Deutscher
Autoren (Associazione in difesa degli autori tedeschi), che dà vita già nell’ottobre
del 1947 al primo Congresso degli scrittori tedeschi. Alla manifestazione
prendono parte autori provenienti dall’Ovest come dall’Est e ciò dà adito
all’ipotesi che l’unità fosse ancora possibile, ma lo svolgimento del congresso,
invece che a una cerimonia di riavvicinamento, assomigliava sempre più a una
cerimonia d’addio. Dal rispetto per le opinioni altrui che caratterizza le prime
sedute, si passa ben presto al clima di accusa che poi diventerà uno dei topoi della
guerra fredda.
12
10
SPD (partito socialista tedesco), CDU (unione cristiano – democratica)
11
E. Collotti, Storia delle due Germanie 1945 – 1968, Torino, Giulio Einaudi, 1968, p. 884.
12
Cfr. W. Mittenzwei, op cit., p. 58.
12
La denuncia nei confronti dell’Unione Sovietica, lanciata dallo scrittore
americano Melvin J. Lasky, che nel 1948 avrebbe fondato a Berlino la rivista
anticomunista «Der Monat», è chiara e precisa:
“Pensate cosa deve significare per gli scrittori russi doversi continuamente
preoccupare che la nuova dottrina del partito e la forma di stato del realismo sociale o del
formalismo o dell’oggettivismo o quello che potrebbe essere, non siano già state superate
e che forse in una sola notte siano già stati etichettati come strumenti decadenti e
controrivoluzionari. Pensate come deve essere avvilente per un autore significativo come
Sergei Eisenstein doversi presentare davanti ad un sospettoso Politburo per ammettere di
non avere semplicemente compreso quali fossero i veri principi estetici che dovevano
essere alla base dell’arte dell’Unione Sovietica”
13
.
Le reazioni sono chiaramente discordi, plausi compiaciuti da una parte, critiche
feroci dall’altra, ma il dato più rilevante è che Lasky ha introdotto una nuova
regola nel confronto Est – Ovest: si tratta della prima volta che il rappresentante di
una delle forze di occupazione denuncia “gli altri” davanti ad un pubblico tedesco.
Presto si capisce che molti degli autori presenti sono stati indirizzati dai governi e
si intuisce subito come sarebbe stato difficile sviluppare le proprie idee, da una
parte e dall’altra, nel clima teso che si andava creando.
Le divergenze che ci sono sul piano politico tra Stati Uniti e Unione
Sovietica si riflettono subito in campo culturale e il distacco si acuisce nel maggio
del 1948 quando a Berlino Est viene organizzato Der Erste Kulturtag der SED, la
prima giornata della cultura della SED, la Sozialistische Einheitspartei
Deutschland, il partito socialista unitario tedesco nato nell’aprile del 1946 dalla
fusione di KPD e SPD. Nel corso della manifestazione ci si rivolge per lo più alla
13
Cit. in W. Mittenzwei, op cit., p. 60.
13
totalità dei tedeschi, ma vengono “accentuate le prospettive socialiste per lo
sviluppo della cultura tedesca – orientale”
14
.
Poche settimane dopo è organizzato a Francoforte sul Meno il Secondo
Congresso degli scrittori tedeschi, ma “diviene quasi subito una pura faccenda
riguardante la sola zona occidentale. La spaccatura nella letteratura tedesca è
ormai prossima”
15
.
Nella zona di occupazione sovietica ancora non è sorto il nuovo stato
tedesco
16
, ma già ci si preoccupa di avere l’appoggio degli intellettuali, infatti, il
31 marzo del 1949 la Deutsche Wirtschaftskommission (Commissione
dell’Economia Tedesca)
17
emette una ordinanza dal titolo: “Riguardo al
sostentamento e allo sviluppo di scienza e cultura, al progressivo miglioramento
della condizione della classe intellettuale e alla crescita del suo ruolo nella
produzione e nella vita pubblica”
18
.
E’ il prologo a quelle che saranno le prime mosse della dirigenza della
SED in campo culturale, assicurarsi l’appoggio intellettuale col sistema dei
cosiddetti Privilegien, che indurranno alcuni autori a sostenere ironizzando che
“per gli intellettuali la DDR era paragonabile ad uno zoo, dove si trovavano
rinchiusi, ma al contempo salvaguardati, soprattutto dalle leggi dell’economia di
mercato”
19
.
14
J. Winkler, Kulturpolitik, in AA.VV., Die SED. Geschichte – Organisation – Politik. Ein
Handbuch, Berlin, Dietz Verlag, 1997.
15
W. Emmerich, op. cit., p. 83.
16
La DDR nasce ufficialmente il 7 ottobre del 1949.
17
La Commissione economica tedesca viene istituita nel giugno del 1947 con lo scopo di
riorganizzare la vita economica nella zona di occupazione sovietica. Sul tema vedi E. Collotti, op.
cit, p. 114 e ss.
18
Kulturverordnung der Deutsche Wirtschaftskommission, cit. da J. Winkler, op. cit., p. 392.
19
R. Rosenthal, Intellettuali e movimenti nella Germania dell’ Est, prima e dopo la caduta del
muro, Palermo, Istituto Gramsci Siciliano, 1991, p. 23.
14
1.2 Dalla nascita della DDR alla costruzione del muro di Berlino
Nel 1949, dopo quattro anni di dibattiti, discussioni e incontri, le strade
della Germania si dividono in maniera definitiva, mentre ad Ovest si dichiara la
nascita della Repubblica Federale Tedesca nei territori occupati militarmente da
U.S.A e Gran Bretagna
20
, a Est si tessono le trame per la nascita di uno stato
socialista sulla base dell’esperienza sovietica.
Il 7 ottobre dello stesso anno vede la luce ufficialmente la Repubblica
Democratica Tedesca con Wilhelm Pieck come presidente. Il primo governo viene
affidato ad Otto Grotewohl
21
, esponente della SED, il partito unitario che dimostra
subito la sua partecipazione determinante al governo. Governo, di cui fa parte, in
qualità di vice presidente del Consiglio, anche Walter Ulbricht
22
, futuro leader
della DDR.
Molti intellettuali si trovano dunque nella situazione difficile di decidere in
quale dei due stati tedeschi, o forse, potremmo dire in quale sistema mondiale,
riporre le speranze di sviluppo delle proprie capacità artistiche e non. Non sono
pochi a vedere nella presenza sovietica e nell’ideale socialista un ostacolo alla
propagazione di un’arte libera, ma ce ne sono molti che, in nome dell’ideale
socialista decidono di trasferirsi in quella che è diventata la Germania “destinata
20
In seguito anche la Francia acconsente ad una unificazione del territorio da lei controllato con la
BRD. Per maggiori dettagli sugli avvenimenti storici e sul processo di formazione delle due
Germanie vedi E. Collotti, op. cit.
21
Otto Grotewohl (1894 – 1964), già membro della SPD, fautore della nascita della SED,
presidente del Consiglio dal 1949 al 1964 all’ombra di Ulbricht.
22
Walter Ulbricht (1893 – 1973), tornato in Germania nel 1945, nel 1950 viene eletto Segretario
Generale della SED e guida il Paese per un ventennio circa, fino alla sua sostituzione nel 1971.
15
alla felicità e alla pace”, come recita una famosa strofa dell’inno nazionale della
DDR, scritto nel 1949 da Johannes R. Becher.
La classe dirigente della DDR si preoccupa subito, proprio come avevano
fatto in precedenza i russi - con doppie razioni di cibo nell’immediato dopoguerra
e con facilitazioni economiche poi - di aiutare gli intellettuali, dimostrando come
in un paese dove la maggioranza della gente guarda ai russi con terrore, la loro
opera di “traduzione” delle idee socialiste avrebbe reso più facile ottenere il
consenso della popolazione che ripone in loro grande fiducia
23
.
Gli aiuti per la sopravvivenza risultano sufficienti solo in tempo di guerra e
quindi subito dopo ci si premura di aiutare scrittori e artisti a trovare un alloggio o
addirittura si provvede alla costruzione di case per loro, come testimonia Brecht in
una sua poesia: “Tornato dopo quindici anni di esilio / mi sono trasferito in una
bella casa / guidando tra le macerie / mi vengono ricordati quotidianamente i
Privilegien /che mi hanno procurato questa casa”
24
. Questi Privilegien diventano
poi sempre più veri e propri sostentamenti economici, poiché una volta ricostituite
l’Accademia degli scienziati e quella degli artisti, viene deciso di elargire ai
membri delle suddette istituzioni un Ehrensold, uno stipendio d’onore che si
aggiunge alla possibilità di guadagno loro offerta dall’autorizzazione a insegnare.
Tuttavia non si può negare che questi privilegi sono sì ben accetti agli
intellettuali, ma c’è anche chi, come Brecht, nel prosieguo della sua poesia
dichiara: “Spero / (che questi privilegi) non mi rendano paziente nei confronti
delle carenze / nelle quali molte migliaia si trovano”
25
.
23
Cfr. W. Mittenzwei, op. cit., p. 79.
24
B. Brecht, Werke, cit. in Ibidem.
25
Ibidem.
16
La maggior parte degli autori che popola allora la DDR, infatti, non solo
non sono scrittori dediti ad una letteratura di puro intrattenimento, ma, già prima
dell’avvento al potere di Hitler o durante il periodo d’esilio, hanno deciso di
dedicarsi a una cultura impegnata, che non sia solamente uno svago per il lettore,
ma anche il punto di partenza per una riflessione politica e sociale. Sono i primi a
denunciare i crimini del nazismo e a cercare di ristabilire un rapporto di fiducia
con la popolazione e perciò la loro pretesa di avere voce in capitolo nella
formazione della Germania è più che comprensibile
26
.
Alla cultura, e agli uomini che la rappresentano, vengono subito assegnati
compiti importanti che avrebbero dovuto aiutare la trasformazione socialista della
società avviata dalla SED. E' subito chiaro che anche discipline come la letteratura
e l’arte rientrino nelle pianificazioni strutturate dal partito proprio come nel
modello sovietico. Esse devono esaltare la produzione della Arbeiterklasse e
stimolare il lavoro materiale, come si evince da una risoluzione della prima
Parteikonferenz (conferenza di partito) della SED nel 1949
27
.
Tale tendenza viene ribadita in maniera ancora più netta nel terzo
congresso della SED che si svolge nel luglio del 1950 e che assegna alla cultura
un ruolo ancora più propagandistico: “La nuova cultura democratica tedesca
aiuterà l’intero popolo lavoratore a battere la strada della pace, dell’evoluzione
progressista e dell’unità democratica della Germania, darà in questa lotta ai
lavoratori entusiasmo, coraggio e ottimistica fiducia”
28
.
26
Cfr. W. Mittenzwei, op. cit., pp. 86-88
27
Cfr. W. Emmerich, op. cit., p. 115.
28
Dalla risoluzione del III congresso della SED del 20 – 24 luglio 1950, in DDR. Dokumente zur
Geschichte der Deutscher Demokratischer Republik 1945 – 1985, a cura di H. Weber, München,
Deutscher Taschenbuch Verlag, 1986, pp. 176 – 177.