4
confronti della società dell’epoca, e affronta in maniera nuova il
rapporto tra la letteratura e il cinema. La mancanza di sufficiente
materiale interpretativo ci ha costretti a trascurare l’analisi di un
quarto film tratto dallo stesso romanzo. È intitolato Effi Briest ed è
stato girato per la televisione della DDR nel 1968.
Il nostro lavoro è diviso in due parti. La prima riguarda Theodor
Fontane e il suo romanzo. Oltre ad una breve biografia dello scrittore
e un quadro della realtà storico-letteraria in cui l’opera è stata
realizzata, abbiamo delineato le caratteristiche stilistiche e tematiche
di Effi Briest. In secondo luogo, abbiamo preso in considerazione la
parte iniziale dell’opera. “La nozione di inizio del testo”, scrive Gian
Paolo Caprettini, “non solo è ambigua, ma anche difficile da
rappresentare in modo stabile.”
2
Nel nostro caso, abbiamo scelto di
isolare i primi cinque capitoli, che costituiscono un unico cronotopo (o
“tempospazio”, come spiega Michail Bachtin
3
): l’azione si svolge,
infatti, in un solo luogo, Hohen-Cremmen, il paese in cui Effi ha
trascorso il tempo della sua infanzia. Nel momento in cui ella
abbandona questo luogo si chiude l’inizio del romanzo. Hohen-
Cremmen costituisce uno dei tre mondi possibili
4
del romanzo ed è
caratterizzato da elementi simbolici legati alla protagonista. Il suo
rapporto con questo ambiente e con questi oggetti fornisce indizi
2
Gian Paolo Caprettini, “Per uno studio delle strutture esordiali”, in Gian Paolo
Caprettini, Ruggero Eugeni (a cura di), Il linguaggio degli inizi. Letteratura, cinema,
folklore, Il Segnalibro, 1988, p. 79.
3
Cfr. Michail Bachtin, Estetica e romanzo, Einaudi, Torino, 1979, cap III.
4
Cfr. Maria Corti, Per una enciclopedia della comunicazione letteraria, Bompiani,
Milano, 1997, p. 53.
5
circa la sua personalità e il suo futuro. A Effi è dedicato l’ultimo
paragrafo di questa prima parte.
La seconda sezione del lavoro presenta le tre trasposizioni di
cui ci siamo occupati. Ciascun capitolo offre un panorama storico
dell’epoca e un quadro generale della cinematografia tedesca del
periodo in cui i film sono stati girati. Si passa quindi ad un’analisi più
specifica dell’incipit (titoli di testa) e della parte iniziale di ogni
pellicola. Lo schema interpretativo seguito è spiegato
nell’introduzione alla seconda parte.
Il presente lavoro è stato realizzato grazie al materiale raccolto
presso la Ruhr-Universität di Bochum. A tal proposito vorremmo
ringraziare il DAAD (Deutscher Akademischer Austauschdienst), che
ci ha fornito la borsa di studio, e la Prof.ssa Eva Warth, il cui aiuto è
stato prezioso.
6
PARTE PRIMA:
IL ROMANZO
7
1.1. BREVE BIOGRAFIA
Nato presso Berlino nel 1819, Henri Théodore Fontane
discendeva da una famiglia di origine francese - il cognome originario
era Fontaine - emigrata in Germania alla fine del XVII secolo. Il padre
era farmacista, e anche il futuro scrittore si avviò alla stessa
professione. Le prime prove poetiche risalgono al 1840, quando
entra a far parte del circolo letterario “Tunnel über der Spree”
5
, che
tra i suoi membri annoverava i giovani Keller e Storm. Allo scoppio
della rivoluzione, nel marzo 1848, Fontane, che aveva abbracciato
l’ideologia liberal - democratica, sale sulle barricate: “il Fontane del
1848 fu un partigiano entusiasta, per quanto estremamente confuso,
della rivoluzione, e che in pari tempo era profondamente convinto
che il regime degli Hohenzollern fosse invincibile.”
6
Così, già nel
1850, entra a far parte dell’ufficio stampa del governo prussiano, più
per necessità economica, in realtà, che per vera adesione al governo
controrivoluzionario. Quando l’ufficio viene chiuso, Fontane,
disoccupato, è costretto a impartire lezioni private, non potendo
ancora vivere della sua penna. Nel 1852 lavora a Londra come
corrispondente per la Adler Zeitung, un giornale governativo.
Torna nella capitale inglese nel 1855, e vi rimane quattro anni.
Il soggiorno londinese si rivela estremamente importante per
5
“La galleria sopra la Sprea, galleria della fantasia, contrapposta alla galleria che
passa sotto il Tamigi”. Era uno dei gruppi letterari nati a Berlino verso il 1840. Aiutò
molti giovani scrittori sconosciuti pubblicandone le opere. Cfr. Ladislao Mittner,
“Dal Biedermeier al fine secolo (1829-1890)”, in Storia della Letteratura Tedesca.
Dal Realismo alla Sperimentazione (1820-1970), Einaudi, Torino, 1971, p. 584.
6
Gyorgy Lukács, “Il vecchio Fontane”, in Realisti tedeschi del XIX secolo,
Feltrinelli, Milano, 1963, p. 284.
8
Fontane, perché gli permette di approfondire la sua conoscenza di
Shakespeare e di Scott (“lo Shakespeare del romanzo” come lo
aveva definito), e di conoscere le opere più moderne della letteratura
inglese, come quelle di Dickens e di Thackeray. Tornato a Berlino,
inizia a collaborare nel 1860 con la Kreuzzeitung, un giornale delle
forze più conservatrici. Il periodo delle tre guerre condotte dalla
Prussia contro Danimarca (1864), Austria (1866) e Francia (1870),
vede Fontane sul luogo delle operazioni militari come corrispondente
di guerra. Un lavoro non esente da pericoli: rischia persino di venir
fucilato dai francesi con l’accusa di spionaggio. Dimessosi dal
giornale nel 1870, entra come critico teatrale alla Vossische Zeitung,
incarico che manterrà per vent’anni. In quel periodo Fontane
comincia a dedicarsi alla narrativa. Le sue opere precedenti, infatti,
erano state perlopiù raccolte di poesie e ballate, reportage di viaggi
(quelli in Inghilterra e i primi due volumi delle Wanderungen durch die
Mark Brandenburg – Vagabondaggi per la Marca di Brandeburgo) e
di guerra. Vor dem Sturm (Prima della tempesta – 1878), il suo primo
romanzo, descrive la vita dei nobili e dei contadini della provincia
prussiana nel 1813, al tempo dell'insurrezione antinapoleonica. Di
genere storico è anche il racconto Schach von Wuthenow (1882),
ambientato nel 1806, in una Prussia su cui incombe lo sfacelo di
Jena. Lo stesso anno esce L’Adultera, un’opera che segna il
passaggio ad un genere più consono a Fontane, quello del romanzo
sociale. È il primo dei “romanzi berlinesi”, ciclo a cui appartengono
anche Cécile (1887), Irrungen, Wirrungen (Amori, errori – 1888),
Stine (Ernestina – 1890), Frau Jenny Treibel (La signora Jenny
9
Treibel – 1892) e Die Poggenpuhls (1896). In Unwiederbringlich
(L’ineluttabile – 1891), invece, unisce i due generi, quello storico e
quello sociale. Ammiratore di Ibsen, ma ancor più del giovane
Gerhart Hauptmann (“egli è realmente quel che Ibsen vuole essere
ma non riesce ad essere”
7
) non ama invece la musica di Wagner.
Nel 1890, abbandonato il posto di critico teatrale, Fontane è ormai
scrittore di professione. Nel 1894 l’Università di Berlino gli conferisce
la laurea honoris causa e il Ministero della Pubblica Istruzione gli
assegna una pensione onoraria a vita. L’anno successivo esce il suo
capolavoro letterario, Effi Briest. L’ultimo suo romanzo, Der Stechlin
(Il signore di Stechlin) viene pubblicato dopo la sua morte, avvenuta
il 20 settembre 1898.
1.2. IL REALISMO TEDESCO
Theodor Fontane, “uno dei migliori realisti della seconda metà
del XIX secolo”
8
, esordì come romanziere all’età di sessant’anni, e
raggiunse il punto culminante della sua carriera quando ne stava per
compiere ottanta. Da questo punto di vista egli rappresenta un
“fenomeno letterario […] quasi unico nella storia della letteratura.”
9
Fontane apparteneva a quelle “nature” a cui la vecchiaia si addice
perfettamente: “non sembra forse che egli dovesse diventare
vecchio, molto vecchio, per essere completamente se stesso?” si
domandava Thomas Mann in un famoso saggio
10
.
7
Citazione tratta da: Lukács, op. cit., p. 305.
8
Lukács, op. cit., p. 328.
9
Lukács, op. cit., p. 280.
10
Thomas Mann, “Il vecchio Fontane”, in Nobiltà dello spirito e altri saggi,
Mondadori, Milano, 1997, p. 667.
10
Sebbene, come ha notato Lukács, in quanto scrittore Fontane
divenne “una figura centrale della nuova letteratura tedesca soltanto
attraverso il movimento naturalistico degli anni Ottanta e Novanta”
11
,
egli non può essere definito un naturalista. I fondamenti delle sue
concezioni estetiche sono da ricercarsi nel “bürgerlicher Realismus”.
Il movimento realista, in Germania, risentì pesantemente della
sconfitta della rivoluzione del 1848, e lo sguardo degli scrittori
borghesi verso la realtà portava i caratteri evidenti della disillusione
postrivoluzionaria. Ne scaturì una marcata indifferenza politica: “la
teoria del realismo come si delinea negli scritti di questi anni eleva
[la] accettazione incondizionata della realtà a suo principio
affermativo.”
12
Conseguentemente, a differenza del realismo “critico”
sviluppatosi in Francia, in Russia e in Inghilterra, i cui autori
trattavano i conflitti sociali da un punto di vista storico-politico, il
realismo tedesco assunse un carattere prettamente assertivo.
Compito dell’arte era, secondo questa corrente, quello di fornire
un’immagine poeticamente purificata della realtà. Ecco perché Otto
Ludwig, il primo teorico del realismo tedesco, lo aveva definito
“poetischer Realismus”.
Anche Fontane riteneva, a differenza dei naturalisti, che il
realismo non fosse riproduzione fotografica della realtà. Era
necessario, piuttosto, rielaborarla, per crearne una nuova. Nella
recensione al romanzo di Paul Lindau, Der Zug nach dem Westen [Il
11
Lukács, op. cit., p. 298.
12
Anton Reininger (a cura di), Profilo storico della letteratura tedesca, Rosenberg
& Sellier, Torino, 1986, p. 423.
11
treno verso ovest – 1886], Fontane dichiarò che il compito del
romanzo non è
Dinge zu schildern, die vorkommen oder wenigstens jeden
Tag vorkommen können. Aufgabe des modernen Romans scheint mir
die zu sein, ein Leben, eine Gesellschaft, einen Kreis von Menschen
zu schildern, der ein unverzerrtes Wiederspiel des Lebens ist, das wir
führen. Das wird der beste Roman sein, dessen Gestalten sich in die
Gestalten des wirklichen Lebens einreihen, so dass wir in Erinnerung
an eine bestimmte Lebensepoche nicht mehr genau wissen, ob es
gelebte oder gelesene Figuren waren […].
13
Lo scrittore, per creare questo mondo parallelo alla realtà, deve
immettere qualcosa di sé nella sua creazione, perseguendo però
sempre la giusta misura, la proporzione. Il naturalismo, invece,
secondo lo scrittore, cade spesso nell’esagerazione, in quello che lui
definì “Lärm in den Gefühlen” (il chiasso dei sentimenti)
14
. A
proposito di Zola - di cui Fontane apprezzava comunque le doti di
scrittore – egli scrisse, in una lettera alla moglie Emilie, datata 14
giugno 1883:
Das Talent ist groß, aber unerfreulich[…]; es ist […] durchaus
niedrieg in der Gesamtanschauung von Leben und Kunst. So ist das
Leben nicht, […] die Schönheit ist da. […] Der echte Realismus wird
auch immer schönheitsvoll sein; denn das Schöne, Gott sei Dank,
gehört dem Leben geradeso gut an wie das Hässliche.
15
13
“di descrivere cose che capitano o che almeno possono capitare ogni giorno.
Compito del romanzo moderno mi pare che sia di descrivere una vita, una società,
una cerchia di uomini che rappresenti un parallelo non deformato della vita che noi
conduciamo. Il miglior romanzo sarà quello le cui figure si affiancheranno alle
figure della vita reale, così che noi, ricordandoci di un determinato periodo della
vita, non sappiamo più con precisione se fossero figure vissute o lette […].”
Articolo del 27.11.1886 pubblicato sul Vossische Zeitung n°555, ora in Theodor
Fontane, Werke, Schriften und Briefe, Walter Keitel und Helmuth Nürnberger
(hsg.), Abt III, Band 1, n°561, Erinnerungen, Ausgewählte Schriften und Kritiken,
Carl Hanser Verlag, München, 1980. [La traduzione è tratta da Gyorgy Lukács, op.
cit., p. 298]. Paul Lindau (1839-1919), giornalista e scrittore, fondò nel 1872 a
Berlino il settimanale Die Gegenwart e dal 1877 pubblicò il mensile Nord und Süd.
14
Cfr. Lukács, “Der alte Fontane”, in Deutsche Realisten des 19. Jahrhunderts,
Francke Verlag, Bern, 1951, p. 280 (tr. it. di Fausto Codino, Lukács, op. cit., p.
299).
15
“Il talento è grande, ma non piacevole […]; è completamente esiguo di
un’immagine d’insieme della vita e dell’arte. La vita non è così, […] la bellezza
esiste. […] Il vero realismo sarà sempre ricco di bellezza; poiché il bello, grazie a
Dio, appartiene alla vita non meno del brutto.” In Theodor Fontane, Briefe 2,
Nymphenburger Verlagshandlung, München, 1981, p. 103 [traduzione nostra].
12
Un esempio di equilibrio è la discrezione con cui affronta temi
considerati ancora tabù, come quello della vita sessuale. Se ne
trovano diversi esempi in Effi Briest. Quando, prima del matrimonio,
Effi esprime il desiderio di avere una lampada rossa per la camera
da letto, che le farebbe sembrare tutto “bello e poetico”, la madre
risponde:
Du bist ein Kind. Schön und poetisch. Das sind so
Vorstellungen. Die Wirklichkeit ist anders, und oft ist es gut, dass es
statt Licht und Schimmer ein Dunkel gibt.
16
(p. 30)
Dal punto di vista dello stile, Fontane attinse dal naturalismo
“una delle sue idee artistiche preferite”: il “lasciar parlare l’oggetto”
17
.
Secondo lo scrittore, infatti, bisogna adottare un tono diverso a
seconda delle circostanze e dei personaggi. Egli rimprovera, dunque,
a Keller di non avere stile, perché “senza misericordia egli sottomette
l’intero universo al suo tono.” Tuttavia, ha notato Thomas Mann,
anche i romanzi di Fontane hanno un’inconfondibile tonalità comune.
Ciò non impedisce, comunque, di rintracciare delle differenze tra i
personaggi e tra le vicende, perché “l’artista non parla direttamente,
ma lascia parlare le cose, dando però loro il suo personale accento.”
Le prime opere di narrativa di Fontane furono di genere storico,
su modello dei romanzi di Walter Scott. Ma ben presto passò ad uno
a lui più adatto, il Gesellschaftsroman, di cui divenne, tra i realisti
tedeschi, l’unico vero rappresentante. Secondo Lukács, questo
passaggio fu dovuto ad un suo progressivo ripiegamento nella vita
privata, scaturito dal crescente scetticismo nei confronti della
16
« Sei una bimba. Bello e poetico! Non sono che immagini. La realtà è un’altra, e
spesso è bene che invece di luci e riverberi ci sia il buio. » - p. 22.
13
situazione storica ed economica. Il prussianesimo, di cui un tempo
era stato il sostenitore, era ormai troppo conservatore. Fontane
detestava la borghesia, “o almeno la nuova ed incolta borghesia
arrivista della Gründerzeit”
18
, che desiderava solo imitare i nobili. La
stessa avversione la provava, col passare degli anni, per
l’aristocrazia degli Junker, un tempo molto ammirata, e rappresentata
poi, in alcuni suoi romanzi, solo da casi isolati, esempi della nobiltà di
spirito, mentre in generale si trattava di una classe ormai in declino.
Questa sua avversione è espressa molto chiaramente in una lettera
a Georg Friedländer, del 14 maggio 1894. In essa egli definisce gli
Junker “ein Greul” (un orrore) e continua:
Je mehr sie überflügelt werden, je mehr sie sich überzeugen
müssen, dass die Welt andren Potenzen gehört, desto unerträglicher
werden sie in ihrer Forderungen; ihre Vaterslandsliebe ist eine
schändliche Phrase, sie haben davon weniger als andre, sie kennen
nur sich und ihren Vorteil, und je eher mit ihnen aufgeräumt wird,
desto besser.
19
In generale il suo giudizio della Germania di Guglielmo II si
fece piuttosto pessimistico: “tutto il vecchio edificio traballa”
20
,
scrisse. Solamente per il quarto stato egli aveva ancora parole di
elogio
21
. Tuttavia, nelle sue opere non compaiono mai le lotte di
classe. Le figure plebee di Fontane “non nutrono false illusioni, non
17
Cfr. Mann, op. cit., pp. 682-683. Anche le citazioni successive sono tratte da
quest’opera.
18
Ladislao Mittner, op. cit., p. 742.
19
“Quanto più appaiono superati, quanto più sono costretti a rendersi conto che il
mondo è dominato da altre forze, tanto più insopportabili divengono le loro pretese;
il loro amor di patria è un vergognoso luogo comune, essi ne sono pervasi meno di
tutti gli altri, riconoscono solo se stessi e il loro tornaconto, e quanto prima sarà
fatta piazza pulita di loro, tanto meglio.” In Theodor Fontane, Werke, Schriften und
Briefe, Abt. IV, Band 4, n°358 [Traduzione di Enrico Ganni, tratta da Thomas
Mann, “Ancora sul vecchio Fontane”, in Thomas Mann, op. cit., p. 703].
20
Mann, op. cit., p. 702.
21
“Tutto l’interessante è oggi nel quarto stato. Il borghese è orribile, nobiltà e clero
sono sempre lo stesso rancidume”. Citato in Mann, op. cit., p. 689.
14
ingannano se stesse, prendono la società presente così com’è”
22
. E
questo rappresenta, secondo Lukács, uno dei limiti della sua opera.
Perché, se rappresenta personaggi plebei che possiedono una
morale più alta di molti borghesi e aristocratici, ciò è consono al suo
“gusto”, ma non è nella sua “natura” far trionfare il quarto stato.
Il ripiegamento nella vita privata spiega perché i suoi romanzi
hanno una “tendenza novellistica”
23
: si basano su un unico
avvenimento portante che vede per protagonisti un gruppo limitato di
personaggi. Più che offrire un quadro generale dei processi storico-
sociali attraverso grandiosi romanzi corali, Fontane preferisce
analizzare singoli casi esemplari in rapporto con l’ambito sociale. Il
suo interesse si concentra, così, sull’influenza che le regole della
società possono avere sui rapporti privati, soprattutto quelli coniugali.
In questo modo, secondo Lukács, evita il “pericolo di un esangue
psicologismo”
24
che si potrebbe correre eliminando la vita pubblica
dalla narrazione. Per descrivere il rapporto di influenza della società
sull’uomo, Fontane colloca i suoi personaggi negli ambiti familiari e
privati della vita cittadina. Nei suoi romanzi le azioni dei personaggi
sono spesso determinate dalle convezioni sociali dominanti.
L’assoluta determinazione sociale dei comportamenti è posseduta,
nei romanzi riguardanti la vita matrimoniale, dal marito, mentre la
moglie ha ancora tracce di una natura non falsificata. È la donna che,
in genere, nelle sue opere, possiede ancora quegli “istinti vitali
22
Lukács, op. cit., p. 304.
23
Lukács, op. cit., p. 308.
24
Lukács, op. cit., p. 308.
15
elementari”
25
che si scontrano necessariamente contro un codice
sociale inflessibile. Da questo scontro le sue eroine escono sconfitte,
non hanno la forza di ribellarsi, e sono costrette a cedere: “Fontane
non è in grado di rappresentare figure in rivolta”, fa notare Lukács
26
.
Il motivo tipico dei romanzi di Fontane, quello del tradimento, ha
sempre una fine tragica, poiché la Natura è impotente contro
l’inumanità della società, e anche perché un’aperta ribellione
dell’eroina contro il codice di costume della sua società non si può
realizzare.
La vera forza dell’arte fontaniana sono i dialoghi, in cui lo
scrittore “dimostra tutta la sua grandezza letteraria”
27
. Egli era
definito e si era definito un causeur, anche se, secondo Mann, “era
un cantore, anche quando pareva conversare solo alla buona.”
28
I
discorsi servono ad arricchire quei momenti isolati (le gite, le visite, i
ricevimenti, i balli), che risulterebbero altrimenti troppo scarni a livello
contenutistico. Nei dialoghi Fontane lascia parlare i suoi personaggi,
adoperando per essi un diverso stile a seconda delle caratteristiche
individuali e sociali di ciascuno. Attraverso il discorso, i personaggi
rivelano il proprio carattere, e offrono anche “la profondità prospettica
della rappresentazione, le sfaccettature inesauribili della realtà”
29
. Il
dialogo è il centro della narrazione, e l’intervento dell’autore è spesso
ridotto al minimo, sia per quanto riguarda le descrizioni ambientali sia
nell’analisi interiore dei protagonisti. Il narratore Fontane, infatti,
25
Lukács, op. cit., p. 313.
26
Lukács, op. cit., p. 324.
27
Lukács, op. cit., p. 309
28
Mann, op. cit., p. 684.
16
preferisce osservare i personaggi che agiscono e dialogano,
mantiene quello ”heiteres Darüberstehen” (sereno distacco),
conseguenza di quel suo “principio vitale” che consisteva nel “non
guardare le cose troppo da vicino”
30
. Su questo atteggiamento
distaccato si basa il suo umorismo, la “bonaria ironia”
31
, attraverso il
quale non condanna, non giudica, perché non è un moralista. Ciò
non toglie che la critica alla società del suo tempo, alla Gründerzeit,
non sia meno incisiva.
Lo stile di Fontane, dunque, è dato da un atteggiamento
distaccato e sereno dell’autore, che non si sovrappone alla realtà
descritta, ma serba, rispetto ad essa, la sua imparzialità. “Nel suo
stile […] c’è davvero qualcosa di magico”, scrisse Thomas Mann, che
ammirava la sua “prosa così leggera e luminosa […], con la sua
segreta inclinazione per il tono della ballata, con le sue abbreviazioni
insieme piacevoli e musicali.”
32
Una prosa più vicina alla poesia, che
Fontane riuscì a realizzare grazie alla lunga pratica poetica.
L’ammirazione di Mann per lo scrittore della Marca, che
considerava uno dei suoi maestri, nonché il creatore del romanzo
moderno, andava soprattutto al suo capolavoro: “Effi Briest, per me,
è ancora sempre il miglior romanzo tedesco dalle Affinità elettive in
poi.”
33
29
Cesare de Marchi, “Introduzione”, in Theodor Fontane, Amori, errori, Mondadori,
Milano, 1982, p. XXI.
30
Lukács, op. cit., p. 310.
31
Maria Grazia Nasti Amoretti, “Introduzione”, in Theodor Fontane, Effi Briest, p. 6.
32
Thomas Mann, op. cit., p. 684.
33
Lettera del 30.08.1910 a Maximilian Harden. Citato in Thomas Mann, Lettere, a
cura di Italo Alighiero Chiusano, Mondadori, Milano, 1986, p. 77. Harden era il
direttore della rivista Die Zukunft, sulla quale venne pubblicato l’articolo “Der alte
Fontane”.