INTRODUZIONE: PERCHÉ PARLARE DELLA
LETTERATURA DELLA MIGRAZIONE
La storia intellettuale dell'umanità si può considerare una lotta per la
memoria. […] La trasformazione della vita in testo non è interpretazione, ma
introduzione degli eventi nella memoria.
1
La letteratura italiana della migrazione registra nell'arte una visione “diversa”
di alcuni eventi contemporanei, introducendoli nella memoria collettiva; questa
è la motivazione che ci porta a discuterne partendo dall'analisi di tre opere:
«Amiche per la pelle» di L. A. L. Wadia, «Madre piccola» di U. C. A. Farah,
«Regina di fiori e di perle» di G. Ghermandi.
L'Italia, dalla seconda metà degli anni Ottanta, si è trasformata da luogo di
emigrazione a luogo di immigrazione. La velocità e la dimensione del fenomeno
presentano caratteri unici nella storia europea e costringono alla costruzione di
nuove strutture e di nuove mentalità. La difficoltà nella gestione di tale
imponente ondata migratoria è dovuta alla debolezza dei rapporti con le ex
colonie, alla tardiva realizzazione dell'unità nazionale e al «forte sentimento di
appartenenza regionale»
2
. Tali debolezze inducono, in un primo momento, a
non avvertire i cambiamenti in corso, e, in un secondo momento, a reagire con
la manifestazione di episodi razzisti e con l'emergere di un disagio sociale, che
vede il degenerarsi della tipica paura del diverso in vera e propria fobia.
L'immigrato, che spesso considera l'Italia più come luogo di passaggio che
come meta definitiva del suo spostamento, trova al suo arrivo, a cavallo tra gli
anni Ottanta e Novanta, un ambiente ostile se non indifferente. Al giorno d'oggi,
quando dall'inizio delle ponderose immigrazioni sono passati più di vent'anni,
mentre tale fenomeno sta creando un ambiente multiculturale, la mentalità
italiana si evolve molto, forse troppo, lentamente, provocando spesso gravi
1 J. M. LOTMAN – B. A. USPENSKIJ, Tipologia della cultura, Milano, Bompiani, 1987, p. 31-32
2 D. COMBERIATI, Lo sguardo obliquo: la tematica dell'emigrazione italiana nelle opere degli scrittori
immigrati in Italies 2010 N. 14 p. 365-379, p. 366
7
problemi di convivenza che causano contesti di ghettizzazione.
3
Il peggiorare
delle ostilità e della chiusura di «un paese che non riesce a cogliere la
ricchezza che ogni incontro produce e non vede la possibilità di crescita
comune che i neocittadini, con il loro esserci, rappresentano»
4
, porta a riporre
fiducia nella letteratura e a studiare quella della migrazione per monitorare i
cambiamenti della società italiana e cercare le possibili influenze che la stessa
può avere sulla realtà.
Questo nuovo arcipelago letterario, che potrebbe altresì essere definito in
senso lato come “movimento”, produce opere, variegate nei temi e nelle forme,
che raccolgono e riuniscono pezzi di esistenze in narrazioni praticamente
esclusivamente in prima persona. Escludendo gli esperimenti autobiografici a
quattro mani degli inizi, i romanzi della migrazione sono, come sottolineano
molti scrittori, lavori di finzione e non vanno quindi ingenuamente presi per
racconti di vita degli autori.
La narrazione in prima persona, più di altre forme narrative, sembra
prestarsi al rovesciamento nel racconto di un vissuto non mediato e non
rielaborato, rischia di essere continuamente confusa (e confondersi) con
l'autobiografia, o comunque di produrre corto-circuiti tra lo spazio della
finzione e quello della realtà. Ma nella letteratura italiana dell'immigrazione
quella forma finisce per caricarsi di un valore molto diverso, addirittura
opposto. La narrazione in prima persona, che sembrerebbe portare i testi
dalla parte della testimonianza, del documento, e che un paratesto
invadente invita a interpretare secondo facili equazioni tra opera e vita,
diventa paradossalmente uno strumento al servizio della finzione, una delle
marche letterarie più potenti: un mezzo per strappare la materia narrativa
dal dominio esclusivo della cronaca attraverso l'invenzione di una voce,
della propria voce. È per questo che, come lettori, dobbiamo resistere al
paratesto.
5
Per non ricadere in errori di fraintendimento, per non ridurre delle opere
letterarie a meri studi sociologici, condividendo il punto di vista di Meneghelli, la
parte centrale e dominante di questo lavoro è dedicata allo studio tematico e
3 Cfr. D. COMBERIATI, Lo sguardo obliquo: la tematica dell'emigrazione italiana nelle opere degli
scrittori immigrati , cit, p. 365-369
4 S. CAMILOTTI – S. ZANGRANDO, Letteratura e migrazione in Italia. Studi e dialoghi, Trento,
Editrice UNI Service, 2010, p. 28
5 D. MENEGHELLI, Finzioni dell' “io” nella letteratura italiana dell'immigrazione in
Narrativa 2006 N. 28 pp. 39-52, p. 44
8
formale di tre romanzi della migrazione; è infatti a partire dagli elementi artistici
che si guarda alle potenzialità di influenza sulla realtà di «Amiche per la pelle»,
«Madre piccola» e «Regina di fiori e di perle».
Nel primo breve capitolo di contestualizzazione, intitolato «Letteratura della
migrazione: origini, fasi e denominazione», si presenta una ricostruzione della
nascita e dell'evoluzione del “fenomeno” letterario, che, come si vedrà, per
l'eterogeneità di temi e forme che lo caratterizzano risulta essere difficilmente
definibile, classificabile e denominabile. In questa sezione ci si affida
principalmente alle osservazioni che vengono fatte dai più importanti studiosi
che si occupano di tale argomento, Gnisci, Camilotti e Taddeo, oltre che a
diversi saggi che discutono di tale “movimento” letterario.
A seguire, come accennato, compaiono tre importanti capitoli in cui vengono
analizzati «Amiche per la pelle», «Madre piccola» e «Regina di fiori e di perle».
Si è scelto di studiare queste opere per l'affinità rilevata durante la lettura
preliminare di alcuni testi della migrazione, la quale (affinità) è confermata
altresì da un saggio di Quaquarelli, che vede in tali scritti la proposizione di un
modello identitario innovativo costruito sulla storia di formazione delle
protagoniste. In mancanza di una soddisfacente critica tematico-formale su tali
romanzi, è stata autonomamente creata una griglia interpretativa univoca che,
prendendo in considerazione diversi aspetti delle opere, potesse facilitare la
comparazione dei lavori. In tal modo i tre capitoli iniziano con la presentazione
della biografia e degli intenti artistici delle autrici, a cui succede un riassunto
introduttivo delle trame. Si prosegue con l'analisi vera e propria delle opere che
viene suddivisa in tre sezioni: una in cui si ricostruiscono le vicende dei
personaggi principali, che in quanto immigrati devono rivisitare le proprie
identità creolizzandole e giungendo a compromessi con le proprie usanze; una,
intitolata «Italianità», in cui si raccolgono le osservazioni che vengono fatte
riguardo l'Italia nel momento in cui i protagonisti si ritrovano a vivere in questo
paese sconosciuto; e infine l'ultima («Elementi stilistici») in cui si studiano gli
strumenti letterari utilizzati dalle autrici, i quali, ciascuno a proprio modo,
sottolineano il cambio prospettico della narrazione.
9
Pare di fondamentale importanza preannunciare il fatto che caratteristica
comune agli elementi stilistici delle opere analizzate è una forte figuralità, la
quale è caso per caso rivelatrice di sfumature differenti. Laila Wadia, per
costruire le metafore del suo romanzo, sceglie animali, oggetti, colori che sono
familiari al lettore, il quale può facilmente quindi immaginarli. Tali tropi vengono
utilizzati dall'autrice per rendere facilmente comprensibili la complessità della
realtà e i sentimenti che attraversano i suoi personaggi. Situazioni ed emozioni
oscure o ignorate vengono quindi sottolineate e spiegate dalla scrittrice con
metafore concrete (quindi con una forte figuralità), permettendo la decifrazione
di una visuale del mondo altrimenti inaccessibile o impossibile. Anche Farah
ricorre all'animalizzazione e ai tropi naturalistici per esemplificare, attraverso la
descrizione, in maniera visiva e chiara la molteplicità del reale. Il fruitore è così
investito dalla precisione dei particolari emozionali tanto da essere coinvolto
interamente nella vita degli attori della storia. L'autrice conduce
impercettibilmente il suo pubblico all'immedesimazione tramite importanti e
tenui dettagli su sentimenti, azioni umane e legami interpersonali resi
immediatamente trasparenti dalla figuralità delle metafore naturali e concrete.
Anche Ghermandi permette il calarsi del lettore nei personaggi della sua opera
attraverso l'esposizione di particolari delineati da metafore animalesche o
legate ai quattro elementi naturali. Secondo questo procedimento quindi i
comportamenti e il carattere delle persone vengono associati a quelli delle
bestie, mentre i sentimenti vengono dipinti collegandoli ai moti di ciò che
costituisce alla base la natura. L'ampliamento del punto di vista e la
valorizzazione culturale di una visuale altra, che sono dovuti alla figuralità
dell'opera, provengono dal forte legame che l'autrice ha per la propria terra
natia in cui gli spazi aperti e la fauna dominano grandi porzioni del paesaggio.
Per il capitolo conclusivo, in cui si tenta, riprendendo gli elementi formali e
tematici evinti precedentemente, una comparazione teorica tra «Amiche per la
pelle», «Madre piccola» e «Regina di fiori e di perle», sono stati di
fondamentale importanza gli studi di Camilotti
6
. Grazie al lavoro svolto dalla
6 La studiosa a sua volta traduce con originalità il pensiero di Said e Bauman.
10
studiosa, e a quello di Matteo di Gesù, è stato possibile ragionare sui concetti di
letteratura, nazione e identità nel paragrafo intitolato «Interconnessioni tra
identità, letteratura e nazione» che introduce le problematiche trattate in
seguito. Nella sezione «”Effetti collaterali” della migrazione», entrando nel
merito della comparazione, si riscontrano le affinità, guardate dal punto di vista
antropologico, che intercorrono nella costruzione dei personaggi principali dei
romanzi, che vengono eretti a esempio di una nuova concezione di identità
culturale individuale che supera le barriere nazionali. In questa sezione il
manuale di antropologia di Bernardi è stato fonte di definizioni e concetti che
riguardano gli atti culturali. In «Lo sguardo dell'altro al servizio di una nuova
consapevolezza d'italianità» si mettono in luce le operazioni letterarie attuate da
Wadia, Farah e Ghermandi che, rovesciando la prospettiva usuale con la quale
gli italiani sono abituati a guardare la loro realtà, restituiscono un'immagine
diversa e nuova della nazione che, a causa dei miti mediatici e della
propaganda politica, è spesso oscurata. Con uno sguardo che appare in parte
“interno” e in parte “esterno” secondo una visuale postcoloniale, queste opere
della migrazione aiutano il lettore, mediante l'immedesimazione, ottenuta con
l'accurato uso di determinati elementi stilistici, a prendere coscienza di
meccanismi che si svolgono inosservati sotto ai suoi occhi quotidianamente.
L'intento sotteso in queste pagine è quello di dimostrare che è possibile, e
altresì doveroso, riflettere sui problemi storici, sociologici, politici e culturali che
vengono messi in rilievo dalla letteratura della migrazione a partire da
un'approfondita analisi testuale; e che anzi proprio gli elementi stilistico-formali
(quale in questi casi letterari la figuralità) delle opere sono portatori di senso,
garantendo l'accesso a diverse visioni sulla realtà e la possibilità di rielaborare
le identità.
11
1.0 LETTERATURA DELLA MIGRAZIONE: ORIGINE, FASI E
DENOMINAZIONE
1.1 Origine e fasi
Una definizione autorevole del fenomeno della letteratura della migrazione,
dalla quale non si può prescindere trattando tale argomento, è data in «Nuovo
planetario italiano»:
Essa deve essere pensata innanzitutto come un fenomeno della
modernità avanzata, senza precedenti. Inizia con le migrazioni di intere
popolazioni di italiani verso tutto il mondo alla ricerca di lavoro a partire
dall'immediato periodo post-unitario e trova il suo completamento nella
letteratura scritta dagli immigrati, venuti in Italia da tutto il mondo in cerca di
lavoro, a partire dall'ultimo decennio del XX secolo. Essa è la versione
italiana dell'emergere delle letterature post-coloniali nelle lingue europee
della grande colonizzazione e del parlamento mondiale degli scrittori
migranti che caratterizza questa fine di secolo.
7
Nell'ambito della letteratura della migrazione in Italia rientrano quindi gli
scritti, in italiano, sia di emigrati, sia di immigrati; in questa sede ci si occupa
tuttavia solamente delle opere di stranieri che si sono trasferiti nello stivale e
che ne hanno scelto la lingua come strumento per la produzione dei loro lavori.
Si indica convenzionalmente come momento d'inizio della letteratura italiana
dell'immigrazione il 24-25 agosto 1989, in tale notte infatti Jarry Essab Masslo,
lavoratore sudafricano, viene ucciso da un gruppo di bianchi. La crudeltà del
fatto di cronaca rivela la presenza di un latente razzismo e fa nascere in alcuni
stranieri la necessità di parlare pubblicamente, di raccontare le storie che
convivono accanto a quella della morte di Jarry. Cercando quasi di portare alla
luce ciò che la cronaca tace, nel 1990, escono i primi due titoli della migrazione:
«Io, venditore di elefanti» di Pap Khouma a cura di Oreste Pivetta e
«Immigrato» di Salah Methnani con Mario Fortunato.
8
7 A cura di A. GNISCI, Nuovo planetario italiano. Geografia e antologia della letteratura della
migrazione in Italia e in Europa, Troina, Città Aperta Edizioni, 2006, p. 88
8 Cfr. A cura di D. MARIANACCI – R. MINORE, L'italiano degli altri. Narratori e poeti in
Italia e nel mondo, Roma, Newton Compton editori srl, 2010, p. 8
13
Gli studiosi dividono, tendenzialmente all'unisono, il fenomeno della
letteratura della migrazione in due fasi.
9
Durante la prima i testi sono
autobiografici e vengono scritti a quattro mani, l'immigrato fornisce storie, punti
di vista e opinioni, mentre l'italiano si occupa della stesura e degli aspetti
linguistici del libro; si tratta di lavori fortemente legati al bisogno sociologico di
riscattare la propria immagine e di farsi posto, tramite il racconto, all'interno
della collettività. Le collaborazioni con co-autori italiani presto terminano, e
perché si raggiunge un'autonomia linguistica, e perché spesso dietro ad esse si
celano abusi della posizione di superiorità da parte degli scrittori italiani, e
perché il forte intento didascalico riduce le potenzialità della narrazione o la
profondità nella costruzione dei personaggi. Si inaugura in tal modo una
seconda fase (della quale fanno parte «Amiche per la pelle», «Madre piccola» e
«Regina di fiori e di perle»), nella quale i romanzieri si emancipano dagli
intellettuali italiani e iniziano un'autonoma e variegata produzione di opere, le
quali, svincolandosi dall'autobiografismo (va ricordato che inevitabilmente parte
del vissuto di ogni scrittore, indipendentemente dalle sue origini, tende a
rientrare nella sua opera), hanno la tendenza a rivolgersi alla società in cui
hanno vita per raccontarne i cambiamenti. Senza cercare di individuare a ogni
costo dei tratti comuni tra i testi, poiché equivarrebbe a forzarli, si può tuttavia
notare quindi una certa aspirazione a descrivere la realtà contrastando il
linguaggio mediatico, spesso fonte di paure e pregiudizi, fornendo uno sguardo
non eurocentrico «per diffondere un'educazione di tipo interculturale e per
consentire a chi scrive un percorso di emancipazione e di riconoscimento»
10
.
Queste opere permettono la diffusione pubblica di microstorie altrimenti
inascoltate e lasciano il lettore riconoscersi e riconoscere l'altro nella narrazione
permettendo la profonda immedesimazione che conduce alla conoscenza.
11
9 Cfr. S. CAMILOTTI – S. ZANGRANDO, Letteratura e migrazione in Italia. Studi e dialoghi,
Trento, Editrice UNI Service, 2010, p 11-17; D. COMBERIATI, Lo sguardo obliquo: la tematica
dell'emigrazione italiana nelle opere degli scrittori immigrati in Italies 2010 N. 14 p. 365-379, p. 370-
372; D. MENEGHELLI, Finzioni dell' “io” nella letteratura italiana dell'immigrazione in Narrativa
2006 N. 28 p. 39-52, p. 40-41;
10 S. CAMILOTTI – S. ZANGRANDO, Letteratura e migrazione in Italia. Studi e dialoghi, Trento,
Editrice UNI Service, 2010, p 14
11 Cfr. S. CAMILOTTI – S. ZANGRANDO, Letteratura e migrazione in Italia. Studi e dialoghi, cit. p.
11-17
14