implementato lo screening includendo quelle alternative meno ‘ufficiali’
che, nonostante non abbiano conosciuto un eclatante successo (alcuni
termini sono stati addirittura reperiti in glossari gergali e di conseguenza la
loro frequenza d’uso rimane praticamente nulla), incarnano la
testimonianza della creatività dei fruitori della lingua o dell’accettazione
più passiva del materiale alloglotto.
Una delle caratteristiche distintive di questo piano di lavoro è che la
comparazione lessicografica è duplice, impegna cioè sia l’italiano che
l’ungherese nel rapporto di raffronto con l’inglese.
Al fine di soddisfare il raggiungimento del nostro progetto abbiamo
eseguito una scissione del presente lavoro in due parti. Quella iniziale ha un
sapore prettamente speculativo e si estrinseca nei primi tre capitoli, mentre
la successiva verte sulla sottocategorizzazione del materiale linguistico
conseguito e si realizza negli ultimi due capitoli.
Il primo capitolo illustra l’esposizione dell’oggetto della nostra ricerca e
pertanto descrive le fenomenologie di prestito e calco, distinte dalle altre
forme di contatto linguistico che in siffatta sede sono state unicamente
stilizzate concettualmente, perché potessimo organizzare la struttura
classificatoria su cui fondare in seguito l’esame degli anglicismi subentrati
nella lingua italiana e ungherese e dei neologismi indigeni.
Il secondo capitolo fornisce degli accenni sui linguaggi settoriali tecnici
e scientifici per l’introduzione, poi, delle nozioni del linguaggio settoriale
di nostro interesse, ovvero quello attinente all’ambito specialistico
informatico-telematico.
Le procedure della metodologia concernente la raccolta dei dati e
l’approfondimento mediante l’utilizzo di strumenti lessicografici conclude,
al capitolo terzo, l’impianto teorico.
Nel quarto capitolo ci occupiamo della classificazione terminologica di
un corpus rappresentativo del linguaggio dell’informatica in sottoclassi
tipologiche che spieghino gli elementi strutturali e semantici di ogni
individuale intervento.
La medesima azione è reiterata, infine, nel quinto capitolo intitolato al
linguaggio informatico-telematico, quindi più specificatamente orientato al
linguaggio di Internet. A differenza del capitolo precedente, per la stesura
di quest’ultimo non abbiamo potuto avvalerci di alcun riferimento
bibliografico a eccezione di dizionari e glossari rinvenuti online.
CAPITOLO PRIMO
CLASSIFICAZIONE TIPOLOGICA
DI PRESTITI E CALCHI
CLASSIFICAZIONE TIPOLOGICA DI PRESTITI E CALCHI
1.1 INTERLINGUISTICA E INTERFERENZA
Con il termine interlinguistica si intende il settore della linguistica che si
occupa dello studio delle condizioni in cui si determina il contatto tra le
lingue e degli effetti che ne scaturiscono. Inizialmente, ovvero alla fine
degli anni ’40 dello scorso secolo, l’interlinguistica studiava le lingue
artificiali come poteva esserlo, per esempio, l’esperanto. Solo dopo quasi
un ventennio Wandruszka (1969) propose una più definita cornice
referenziale per il termine che iniziò così a designare le corrispondenze e le
differenze tra le lingue congiuntamente alla disamina della procedura
secondo cui i singoli idiomi descrivono la medesima realtà extralinguistica.
Gusmani (1986) unì il concetto di interlinguistica con quello del contatto
tra le lingue, postulando che è indispensabile, affinché il contatto possa
realizzarsi, l’atto comunicativo di almeno un individuo che possegga la
conoscenza di più lingue, anche se il loro impiego sfiora l’approssimazione.
Il monolinguismo parrebbe non potere essere una condizione umana
valida poiché la lingua, raffigurata nel senso più generico, in altri termini
come qualsiasi strumento di comunicazione ed espressione linguistica
organizzata, trascina con sé l’implicazione di bi-/plurilinguismo
(conoscenza di due o più lingue; lingua nazionale vs. parlata locale;
alternanza di registri linguistici, dai più elevati a quelli familiari, informali,
volgari). La variabilità individuale si spiega tenendo conto che il repertorio
linguistico di un parlante comprende generalmente più varietà tra cui il
parlante stesso sceglie a seconda della situazione in cui si trova a
comunicare. Il repertorio linguistico è definito da Berruto (1995) come
“l’insieme delle risorse linguistiche possedute dai membri di una comunità
linguistica, vale a dire la somma di varietà di una lingua o di più lingue
impiegate presso una certa comunità sociale” (Berruto 1995: 72) e proprio
questa estesa dimensione plurilingue è portatrice della sovrapposizione di
CLASSIFICAZIONE TIPOLOGICA DI PRESTITI E CALCHI
codici diversi nell’atto linguistico individuale.
Altrimenti definita interferenza, essa ha luogo, come già visto,
nell’ambito della competenza del singolo individuo, il quale ne produce la
manifestazione nell’esecuzione del singolo messaggio. L’interferenza trova
la sua matrice nel retaggio delle capacità linguistiche assimilate mediante le
relazioni intessute con gli altri parlanti laddove si attua la sovrapposizione
di elementi che fanno parte di sistemi differenti.
Weinreich (1974 [1953]) aveva condotto uno studio sul contatto di
lingue prendendo in considerazione anche la sfera socioculturale.
All’apertura della sua indagine si legge che “due o più lingue si diranno in
contatto se usate alternativamente dalle stesse persone. Il luogo del contatto
è quindi costituito dagli individui che usano le lingue” (Weinreich 1974
[1953]: 3. Corsivo dell’autore). Il riferimento concerne i bilingui, per
l’appunto, i quali diventano essi stessi luogo dell’interferenza e della
sovrapposizione di due codici diversi. Le irregolarità dalle norme delle due
lingue nel discorso dei bilingui costituivano già i fenomeni di interferenza e
si comprese che essi potessero scaturire da tre tipi di rapporti tra sistemi
linguistici in contatto.
- Rapporto tra la lingua o variet� di lingua appresa al momento
dell�acquisizione del linguaggio e la lingua o variet� di lingua
appresa successivamente. Coesistenza, da un certo istante della vita
di un essere umano in poi, della lingua materna, o lingua madre, o
lingua primaria (L1) e della lingua acquisita, o lingua secondaria
(L2): alternativamente a questa nomenclatura, derivante da vari
studi, si affianca anche lingua modello, ossia la lingua che esercita
l’interferenza, e lingua replica, ovvero la lingua che ne subisce gli
effetti. Petralli (1993: 119-133) propone le locuzioni lingua di
partenza e lingua di arrivo. In questa sede adotteremo le espressioni
lingua modello e lingua ricevente, motivando la scelta in base al
CLASSIFICAZIONE TIPOLOGICA DI PRESTITI E CALCHI
fatto che esse si discostano dalla sfera prettamente legata al
bilinguismo.
- Rapporto tra la lingua o la variet� di lingua di cui i parlanti
possiedono un livello migliore di competenza e la lingua o la variet�
di lingua di cui i medesimi possiedono un livello inferiore di
competenza (la cui eventualità di coincidenza con il precedente
rapporto non può essere respinta).
- Rapporto tra la lingua o la variet� di lingua che fruisce di un
maggior peso e prestigio socioculturale e la lingua o la variet� di
lingua che fruisce di un minor peso e prestigio socioculturale, che
può creare simultaneità o meno con entrambi (o con uno solo) i
rapporti precedentemente indicati. La terminologia introdotta da
Ferguson (1959) propone variet� alta o superiore e variet� bassa o
inferiore.
Questa triplice suddivisione, suggerita da Berruto (1987), si attua
“nell’analisi sociolinguistica delle società ‘in transizione’ e delle nazioni in
cui esistano più comunità linguistiche e sociali (caratterizzate cioè da
pluralità linguistica e pluralità culturale, quando non da pluralità etnica): in
tali casi il contatto fra lingue e culture diverse dà luogo a fenomeni molto
dinamici e si presta particolarmente ad essere visto in chiave ideologica”
(Berruto 1987: 82-83).
Si riscontra comunque anche il caso di una tipologia di interferenza,
nella fattispecie l’identificazione interlinguistica, che non prevede alcuna
transizione esplicita di elementi, sicché essa porta all’esonero dal prestito,
categoria tipologica definita nel par. 1.1.2. In siffatta circostanza i fonemi,
le sillabe o intere parole di due lingue sono accomunati per via delle loro
“identiche o analoghe configurazioni fonemiche” (Weinreich 1953 [1974]:
13. Corsivo dell’autore). Si prenda il caso esemplificativo di due fonemi
appartenenti a due sistemi linguistici diversi (due lingue differenti) che
CLASSIFICAZIONE TIPOLOGICA DI PRESTITI E CALCHI
realizzano rese fonetiche divergenti: se i suoni delle due lingue, in
determinate realizzazioni, sono somiglianti, ciò li porta all’identificazione
fonematica.
Mackey (1970: 195-223) distingue due procedimenti in quanto egli non
ammette esclusivamente l’interferenza, ma le affianca anche il processo di
integrazione. Quest’ultima si riscontra nel codice, langue o lingua, e
sottintende l’integrazione, in una lingua o in un dialetto, di componenti
dell’altro, seppure nella consapevolezza che, essendo l’integrazione un
processo graduale, non è così immediato definire se un forestierismo sia
una citazione casuale o un prestito vero e proprio. L’interferenza è intesa
invece come una manifestazione speculare, poiché il suo investimento
opera nel messaggio, parole o discorso, e investe la pratica di fattori di una
lingua o di un dialetto nell’atto di scrivere o parlare in un’altra lingua o in
un altro dialetto.
Infine si ponga brevemente l’attenzione su una questione ancora
dibattuta rispetto alla coniugazione del topic del bilinguismo e
dell’interferenza.
Alcuni linguisti accettano la teoria di Haugen (1950) secondo il quale
l’atteggiamento dei bilingui verso la L2 è differente da quello degli
apprendenti di L2 perché in sostanza è diverso il trattamento degli elementi
delle rispettive L1. Per Lüdi (1990: 50-51) nel contesto acquisizionale
predomina l’“asimmetria di competenze”, viceversa in quello bilingue
solitamente vi è “equivalenza di repertori”.
Differente è l’esito della scuola variazionista. I linguisti concordi con
questa linea di pensiero hanno convalidato le corrispondenze del
comportamento linguistico adottato dall’apprendente di L2 e dal bilingue.
Anche Gusmani (1987: 88) parla di potenzialità di interferenza tanto
nella L2 quanto nella L1, motivandola come ripercussione della
“conoscenza, da parte di un parlante, di un altro strumento linguistico.
CLASSIFICAZIONE TIPOLOGICA DI PRESTITI E CALCHI
Nell’uno e nell’altro caso il fenomeno consiste nell’imitazione di un
modello linguistico in un contesto diverso da quello di pertinenza”.
1.1.1 FORME DI INTERFERENZA TRANSITORIE
Tra le forme più superficiali di interferenza si distinguono sei fenomeni
principali.
- Citazioni di termini stranieri (ingl. casuals, franc. x�nismes, ted.
Gastw�rter). È il ricorso a un richiamo provvisorio di parole
straniere che per lo più non fanno parte dell’abitudine discorsiva o
scritta di un parlante, il quale si affida a questo espediente per
un’effettiva necessità di precisione comunicativa, talvolta
accompagnando il termine alloglotto a quello indigeno equivalente o
quantomeno approssimativo, o altresì per snobismo, come
manifestazione linguistica colta, o presunta tale, per appagare la
tendenza che ingiunge l’utilizzo “di qualche parola inglese”
(Gusmani 1987: 89).
- Nonce borrowings. Si tratta di quei fenomeni assimilabili alla
categoria dei prestiti non adattati e fortuiti, ponendosi tra i prestiti
stabilizzati e i code mixes lessicali (Alfonzetti 1992: 23). Le forme
seguenti di interferenza viceversa richiedono la presenza di
bilinguismo, mentre non è più necessaria quella di lingua-base.
Questi primi due fenomeni di interferenza non implicano il bilinguismo
poiché la condizione sufficiente e necessaria per il loro verificarsi è
l’esistenza di una lingua-base.
- Alternanza di codice. Precisando che l’occorrenza si concretizza di
sovente nello scritto e implica bilinguismo, si tratta di una variazione
di lingua o varietà di lingua concordemente al mutamento o
CLASSIFICAZIONE TIPOLOGICA DI PRESTITI E CALCHI
dell’interlocutore, o dello speech event
1
, o di almeno una delle unità
che designano il flusso della situazione (intenzione comunicativa,
argomentazione, ruolo ecc.). I segmenti che sono sottoposti
all’alternanza di codice sono rappresentati da unità discorsive
minime, pertanto si mantengono nella sfera dei singoli atti
linguistici.
- Commutazione di codice (o code switching). Consiste nell’uso
alterno, cosciente o meno, di due codici nel corso dell’esecuzione di
un messaggio, ovvero ciò che poco sopra si è menzionato come
speech event. L’occorrenza della commutazione di codice si ha quasi
esclusivamente nel parlato, soprattutto in contesti comunicativi
informali, ed è caratterizzata dall’intenzionalità del parlante, di
conseguenza ricopre un’accurata finalità sociocomunicativa e il
segmento commutato coincide con un atto linguistico. Ancora, si
differenzia dall’alternanza comunicativa poiché non mette in gioco il
cambiamento dell’interlocutore ma riguarda un mutamento nel
flusso della situazione che coinvolge altri fattori quali l’intenzione
comunicativa, l’argomentazione, il ruolo ecc.
- Enunciazione mistilingue (o code mixing o intra-sentential code
switching
2
). La commutazione si produce internamente a una stessa
frase, quindi in una cornice linguistica opposta a quella che ospita la
commutazione di codice. La commistione dei segmenti, determinati
solo per le loro caratteristiche morfosintattiche e non considerabili
come atti linguistici, non possiede alcun tipo di intenzionalità
sociocomunicativa, né ha a che fare con i mutamenti nel flusso della
situazione o dell’interlocutore.
1
Lo speech event denota l’evento comunicativo in atto.
2
Code switching è una denominazione proposta da Appel-Muysken (1987: 121).
CLASSIFICAZIONE TIPOLOGICA DI PRESTITI E CALCHI
- Interferenza nei tratti soprasegmentali. Si tratta di un fenomeno
causato da parte di un parlante bilingue imperfetto che accede a una
lingua secondaria.
1.1.2 FORME DI INTERFERENZA PIÙ PROFONDE: PRESTITO E CALCO
La categorizzazione dei fenomeni più profondi nel continuum
dell’interferenza contempla la presenza dei prestiti e dei calchi.
Riservandoci di procedere a una trattazione più accurata nei prossimi
paragrafi, in quanto capisaldi per la nostra indagine, avanziamo un primo
momento di definizione e di diversificazione linguistica.
Sia il prestito che il calco emblematizzano manifestazioni differenziate
che si possono attualizzare nell’entourage di uno stesso contatto
interlinguistico, peraltro entrambi scaturiscono da un procedimento di
simulazione.
Nel momento in cui l’interferenza investe principalmente il significante
si origina il prestito, sostanzialmente una riproduzione di un elemento
linguistico alloglotto che interessa la dualità del segno, significato e
significante. Più esattamente il prestito coinvolge lessemi (ital. flirt
dall’inglese), nessi semantici unitari (ital. milord dall’ingl. my lord), parole-
frasi (diffusione dell’ingl. okay), singoli messaggi di maggiore complessità
(ingl. last not least)
3
. È chiaro come fonemi e morfemi, che non possiedono
un’autosufficienza semantica ragguardevole, sono investiti solo da
fenomeni di integrazione (cfr. par. 1.5.2.2).
Si genera il calco allorché viene riprodotta la struttura o l’articolazione
semantica del segno da parte della lingua ricevente.
3
Esempi tratti da Gusmani (1987: 94).
CLASSIFICAZIONE TIPOLOGICA DI PRESTITI E CALCHI
Il prestito si concretizza in presenza di bilinguismo, il calco invece
implica una più approfondita conoscenza della lingua modello perché la sua
buona competenza si propone come veicolo idoneo per la produzione
dell’analisi del forestierismo, qualora si tratti di afferrare correttamente la
struttura e l’articolazione dei semantemi, laddove per il significante si
impieghi materiale linguistico indigeno da plasmare sul modello alloglotto.
Nondimeno è trascurabile la potenziale ambiguità, relativamente alla
referenza, che il calco cela insitamente alla sua natura linguistica,
perlomeno in uno stadio antecedente all’istituzionalizzazione del termine
calcato che può subire un fraintendimento da parte del parlante che ne
effettua il contatto cognitivo per la prima volta. Si veda l’ital. ala
nell’accezione di ‘giocatore che si muove lungo le fasce laterali del campo’,
calco sull’ingl. wing che possiede anche questo significato tecnico oltre a
quello proprio (Gusmani 1987: 90-91).
Di gran lunga meno ambiguo è invece il fenomeno del prestito poiché in
esso vi è una maggiore univocità data dalla mimesi che è più aderente e
pedissequa nella riproduzione del significato e del significante del modello,
fino a spingersi a un grado di adeguamento alle strutture della lingua
ricevente che può rivelarsi persino perentorio.
L’insinuazione di un prestito o di un calco affonda le sue radici in
motivazioni e incentivi che tracimano in direzione di entità che si sporgono
anche al di fuori dello spaccato prettamente linguistico. In primis si staglia
la ricettività della comunità linguistica in cui un’interferenza penetra.
CLASSIFICAZIONE TIPOLOGICA DI PRESTITI E CALCHI
1.2 I PRESTITI
Molti studiosi, applicatisi ai fenomeni di contatto, hanno mirato i loro
approfondimenti accademici per verificare l’esistenza di una struttura
piramidale che investa l’indagine delle gerarchie di prestito per determinare
se elementi costituenti precise categorie grammaticali siano passibili a
essere più facilmente incamerate in una lingua straniera.
A tale proposito, posteriormente nell’ambito della tradizione iniziatasi
con Whitney (1881) e Tesnière (1939), uno dei lavori più convincenti è
parso essere quello di Klajn
4
(1972), il quale, nel tentativo di
determinazione delle cause soggiacenti al riconoscimento di una sommaria
proporzionalità di categorie morfologiche sottoposte al prestito, indirizza il
suo lavoro verso tre punti teoricamente plausibili.
- Un elemento appartenente a una lingua straniera è tanto più
trasferibile quanto minore è la sistematicità dell’insieme di cui esso
fa parte. Nell’ottica della formulazione della proporzionalità inversa è
il lessico a dimostrarsi più disponibile alla ricezione dei prestiti,
poiché, per sua natura, possiede un basso livello di coerenza
sistematica interna.
- La funzione semantica dei prestiti permette aprioristicamente la
predizione secondo cui saranno i sostantivi i più soggetti a essere
introdotti nel lessico di una lingua straniera, dal momento che tali
elementi linguistici spesso trasportano con sé realtà referenziali
nuove di derivazione straniera.
- Infine “in un contatto intimo il trasferimento di parole strutturalmente
dipendenti e di quelle semanticamente vuote è più facile che non in
4
Egli analizza attentamente gli esiti conseguiti da Haugen (1950) e precedentemente elaborati da
Weinreich (1953 [1974]). Haugen scrisse un trattato sull’americano-norvegese e sull’americano-
svedese da cui ricavò statisticamente la dimostrazione che le categorie grammaticali più
agevolmente trasmissibili sotto forma di prestito erano, nell’ordine, nomi, verbi, aggettivi, avverbi
e preposizioni, interiezioni.
CLASSIFICAZIONE TIPOLOGICA DI PRESTITI E CALCHI
un contatto culturale, poiché in questo secondo caso manca di solito
il bilinguismo e insorgono invece resistenze ufficiali contro
l’alterazione del patrio idioma” (Klajn 1972: 27).
Thomason e Kaufman (1988) segnalano criteri a sfondo sociolinguistico
e linguistico, due aspetti fondamentali del contatto
5
, per disegnare una
mappa che funga da predittore per le situazioni di contatto stesso e
scartando così l’eventualità che la struttura di una lingua rappresenti
l’ingrediente sufficiente affinché siano possibili potenziali comportamenti
estrinseci di influsso sulla stessa lingua. Ciò che prelude a un’intensità di
contatto più profonda è riconoscibile in:
- continuità del contatto tale da promuovere il fenomeno del
bilinguismo;
- quantità di parlanti della lingua modello maggiore rispetto a quella
dei parlanti del borrowing language;
- egemonia della lingua modello a livello socio-politico;
- ‘distanza tipologica’, concetto che pondera la calibrazione della
similarità strutturale assegnabile alle classi linguistiche, nonché alle
loro combinazioni.
In relazione alla misurabilità suddetta, scaturisce una scala di
ammissibilità del prestito governata dai ranghi di multiformità strutturale
conferiti agli svariati sottoinsiemi grammaticali: infatti quelli meno
strutturati dispongono di elementi parzialmente autonomi che possono
uniformarsi con maggiore immediatezza agli elementi di un’altra lingua.
Inversamente, nei sistemi improntati a una solida configurazione
grammaticale interna gli elementi troveranno difficilmente delle
5
Similmente si vedano anche Ramat e Bernini (1990), i quali, in uno studio sulla negazione nelle
lingue dell’Europa occidentale e del Nord Africa, evidenziano l’esigenza di indugiare sulla
prospettiva storico-culturale da cui affiorano le possibilità di reciproca influenza attuabili tra
lingue internamente all’ottica sociolinguistica, nonché su requisiti strettamente linguistici.
Moravcsik (1978), a proposito di questi ultimi, constata che attraverso tali fattori è tracciabile
l’itinerario percorso, dalla lingua modello alla lingua ricevente, da ogni singola unità presa in
prestito.
CLASSIFICAZIONE TIPOLOGICA DI PRESTITI E CALCHI
corrispondenze rispetto a quelli di un’altra lingua, posto comunque che il
prestito strutturale potrebbe scaturire solo da un contatto fitto ed efficace.
La gerarchia fondata su questi presupposti prevede anzitutto, in frangenti
di contatto occasionale, il prestito lessicale rapportabile a unità non basiche
del vocabolario di una lingua, per poi passare al prestito strutturale, in
circostanze di contatto progressivamente più profondo, di componenti
fonologiche o sintattiche (Thomason/Kaufman 1988: 74 segg.).
A conclusioni simili era già arrivata Moravcsik (1978), la cui ‘gerarchia
implicazionale’ esprime una maggiore disinvoltura nell’accertare che gli
elementi lessicali sono adottati con più facilità di quanto non avvenga per
quelli peculiarmente fonologici, morfologici e sintattici. La studiosa,
tuttavia, intraprende il suo lavoro ponendo come obiettivo le restrizioni sul
prestito, ovverosia regole e procedimenti che escludono lo stesso prestito in
determinate occasioni. Al di là della validità di alcune tesi della
Moravcsik
6
, il suo traguardo rimane quello di enfatizzare la significatività
delle ipotesi restrittive sul prestito, poiché esse mettono in condizione di
motivare:
- deviazioni in frasi della medesima lingua;
- diversità tra lingue geneticamente correlate;
- somiglianze geneticamente inspiegabili tra lingue.
Romaine (1989) insiste sulla questione delle restrizioni sul prestito,
ravvisando che i nomi possono anche non rappresentare la categoria
grammaticale più assoggettata al prestito, quantunque vi siano le condizioni
di contatto linguistico.
Gusmani (1981/83) definisce il prestito come il risultato di una
situazione di interferenza che si realizza tra due lingue.
6
Moravcsik propone un’unica formula generalizzante (e probabilmente l’inattendibilità di parte
delle sue deduzioni, che poi disconoscerà, sono proprio legate a questa estensione non distintiva)
per cui un Px non può essere preso in prestito da L1 in L2, laddove Px designa una classe di
proprietà strutturali (fonetiche, semantiche ecc.), mentre L1 e L2 sono invece classi di lingue
umane.