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INTRODUZIONE E PREMESSA METODOLOGICA: LA DIALETTICA FRA
SICUREZZA E LIBERTA’ CIVILI NELLA STAGIONE DEL TERRORISMO
La prima decade del XXI secolo ha sperimentato l’ascesa del terrorismo
internazionale quale nuova potenziale minaccia globale. In particolare, i
drammatici attentati dell’11 Settembre 2001 hanno dato adito ad una serie di
provvedimenti reciprocamente correlati, i quali non possono non sollecitare
l’attenzione del giurista, e in particolare del costituzionalista. Se è vero che la
reazione della comunità internazionale a tali eventi ha prodotto nuove
riflessioni in ambito internazionalistico con particolare riguardo ai diritti
umani e alla natura della “guerra al terrore”, altrettanto deve affermarsi in
relazione agli interventi normativi e giurisprudenziali approntati dagli
ordinamenti interni degli Stati tesi a difendersi dalla nuova minaccia. Tale
“legislazione dell’emergenza” ha profondamente inciso sul tessuto normativo
di varie branche del diritto. Tuttavia essa coinvolge trasversalmente
problematiche di natura costituzionale, nella misura in cui vengono
intaccate le libertà fondamentali, e in particolare, il diritto di libertà
personale.
L’obiettivo di questo lavoro costituisce nel condurre un’indagine sincronica e
diacronica sulle principali questioni giuridico-costituzionali sollevate dalle
legislazioni anti-terrorismo di alcuni ordinamenti nell’attuale momento
storico. L’ipotesi che ci si propone di verificare è se, a fronte dei recenti
interventi legislativi, negli ordinamenti oggetto di studio, vi sia stata
un’effettiva compressione dei fondamentali diritti di libertà personale. In
7
questo senso, l’analisi verterà sui “diritti”, al plurale, perché alla “libertà
personale” non verrà conferita una nozione statica e minimale, ma verrà
bensì preferita un’analisi a “spettro ampio”
1
. Corollario di questa premessa è
che il diritto di libertà personale, definito da una lunga tradizione accademica
come libertà negativa di disporre in via esclusiva del proprio essere fisico
2
,
verrà assunto a antecedente logico-ontologico di un’ampia gamma di diritti
tutelati da numerose Carte costituzionali e Dichiarazioni dei diritti
3
. Libertà di
associazione, libertà di espressione, libertà di circolazione, diritto alla privacy,
e anche diritto al due process of law sono nozioni reciprocamente
1
Per un’ampia disamina critica del concetto teoretico-giuridico di libertà personale, si
vedano le fondamentali voci: A.PACE e D.PICCIONE, lineamenti dei diritti di libertà: la
libertà personale in Valori e principi del regime repubblicano, Roma, 2006; L.ELIA e
M.CHIAVARIO, La libertà personale, Torino, 1977; G.FILIPPETTA, La libertà personale e
le libertà di domicilio, di circolazione e individuale in Diritti costituzionali, Torino,
2006; A.BATTAGLIA, La libertà personale dei cittadini nelle Carte Costituzionali di in
Metodi e concetti di storia costituzionale, Roma, 1947; M.SCAPARONE La libertà
personale in ACCADEMIA NAZIONALE DEI LINCEI, Roma, 1993; A.NENCINI, La libertà
personale in IL NUOVO PROCESSO PENALE, Milano, 1991; P.BARILE, Diritti dell’uomo e
libertà fondamentali, Bologna, 1984; V.GREVI Scelte politiche e valori costituzionali in
tema di libertà personale, in Aspetti e tendenze del Diritto Costituzionale, Milano,
1977; G.AMATO, La libertà personale in La tutela del cittadino, Roma, 2008.
2
A.PACE, Libertà personale (voce) in Enc. dir. pp 728. E ss.
3
Nonostante alcuni prototipi storici rilevanti, il bill of rights statunitense può essere
considerato una prima ampia summa della tutela della libertà personale declinata
nelle sue multiformi accezioni: vengono in rilievo a questo proposito il IV
emendamento (che garantisce l’individuo contro perquisizioni arresti e confische
irragionevoli), il V emendamento (concernente il giusto processo) e il VI (garanzia del
diritto alla difesa, necessità di un processo penale e pubblico con giuria per
l’irrogazione delle pene). La garanzia del diritto di libertà personale, a partire dalle
esperienze costituzionali francesi e statunitensi assurgerà a contenuto indefettibile di
tutto il costituzionalismo ottocentesco, qualificandosi come “libertà negativa”,
ovvero sfera di libertà dell’individuo intangibile dall’arbitrio dei poteri dello stato.
8
intersecanti che costituiscono una estrinsecazione fenomenologico-giuridica
della libertà personale
4
.
Tale lavoro si concentrerà prevalentemente sull’evoluzione dei tre seguenti
ordinamenti statuali: Stati Uniti d’America, Gran Bretagna e Spagna
5
. Gli
ordinamenti citati sono stati chiamati a rispondere a minacce definite
“eccezionali”, in una logica di istinto di auto-conservazione, con misure
parimenti “eccezionali”
6
. In questo senso è possibile richiamarsi all’analisi
della dottrina tedesca sul tema della “democrazia protetta”
7
. Tale dottrina si
sviluppa secondo un triplice filo conduttore
8
. Il primo è dato dalla protezione
della democrazia nei confronti della maggioranza, protezione che si è
storicamente espressa negli istituti della rigidità della Costituzione e nei limiti
espliciti o impliciti di revisione della stessa. Il secondo è quello della
4
Questo reciproco intersecarsi dei diritti fondamentali lo si ritrova in ampia misura nel
pensiero e nella letteratura anglo-sassone, si veda in particolare La libertà personale
e il costituzionalismo statunitense di MICHAEL KAMMEN in La Costituzione
statunitense e il suo significato odierno (a cura di) T.BONAZZI. Si tratta tuttavia di una
corrispondenza biunivoca tra diritti che viene ormai considerata pacifica, come sopra
esplicitato, dai maggiori costituzionalisti della tradizione accademica nostrana.
5
La scelta di questi tre ordinamenti non è casuale. Si tratta dei tre stati che hanno
subìto i più clamorosi attacchi terroristici degli ultimi anni; in rigoroso ordine
cronologico: l’attentato dell’11 Settembre 2001 al World Trade Center di New York e
al Pentagono di Washington D:C, l’attacco alla stazione ferroviaria Atocha di Madrid
dell’11 Marzo 2004 e infine l’attacco al sistema di trasporto locale di Londra del 7
Luglio 2005. Tutti gli attentati terroristici cui si è fatto sopra riferimento, vengono
attribuiti ad Al Qaeda, un’organizzazione transnazionale terroristica fondata sulla
base ideologica del fondamentalismo islamico.
6
G.DE VERGOTTINI, La difficile convivenza tra libertà e sicurezza, Milano, 2005
7
In letteratura sul punto cfr. ORTINO, L’esperienza della costituzionale di Karlsruhe e
LOEWENSTEIN, Political powers and governmental process, anche se i testi si
occupano più specificamente dei partiti anti-sistema.
8
T.GROPPI (a cura di), Introduzione in Democrazia e terrorismo, Napoli, 2006. Cfr. pp.
XI e ss.
9
“repressione degli abusi dei diritti”, ovvero dello sviamento prodotto dalla
fruizione degli strumenti giuridici dell’ordinamento da parte di movimenti
anti-sistema che negano i valori espressi dall’ordinamento, questo si esprime
ovviamente in una limitazione di quegli stessi diritti fondamentali garantiti
dall’ordinamento. Il terzo è quello della repressione degli atti illeciti delle
minoranze violente e si appoggia sulle clausole di sospensioni dei diritti
fondamentali presenti in alcuni testi costituzionali e, talvolta, sul parametro
della necessità. Dunque, qualora si voglia assumere tale dottrina a
fondamento dell’analisi di tale lavoro, è possibile sin da ora anticipare che, gli
strumenti interni di enforcement apprestati dagli Stati ricadono in questo
terzo paradigma. Difatti, l’introduzione della legislazione anti-terrorismo non
sembra porre in rilievo tanto il tema della democrazia, quanto la difesa
dell’ordinamento complessivamente considerato
9
. Si potrebbe anche
teorizzare che la metaforica “guerra al terrore” integri un quarto paradigma
dotato di una sua autonomia concettuale, derivata dal paradosso, secondo
cui l’ordinamento, per tutelarsi finirebbe per auto-negarsi nel suo nucleo
essenziale. Rimanendo sempre nell’ambito della letteratura di lingua tedesca,
è possibile citare anche un classico del pensiero politico contemporaneo, la
Teoria del partigiano di Carl Schmitt
10
. In questo saggio il giurista tedesco
analizza l’emersione della figura del “partigiano” ovvero del combattente
irregolare nella storia universale. Il punto di partenza dell’analisi è costituito
9
E si intende, ovviamente, difesa da quei “nemici”, operanti a livello interno ed
internazionale che negano i valori fondanti della sintesi politico-costituzionale
comuni agli ordinamenti democratici.
10
C.SCHMITT, Teoria del partigiano, Milano, 2005.
10
dalla resistenza spagnola all’invasione napoleonica, consumatasi tra il 1808 e
il 1813. A partire da quell’evento storico cruciale Schmitt elabora la teoria del
partigiano, sottolineando l’emersione del combattente irregolare da figura a
latere nell’incedere dei grandi eventi della storia ad epicentro di un nuovo
modo di concepire il diritto dei rapporti tra gli stati e all’interno degli stessi.
La novità del fenomeno del “partigiano” scardina infatti i paradigmi e gli
schemi concettuali su cui era fondato il c.d “diritto di guerra classico
europeo”, basato sostanzialmente sulla concezione della guerra quale
fenomeno puramente interstatuale i cui contendenti sono gli Stati. Stato che
nella guerra utilizza la sua longa manus per eccellenza, l’esercito. In questo
senso, la guerra, nella sua concezione classica, è sì fenomeno patologico delle
relazioni tra gli Stati, ma pur sempre “prosecuzione della politica con altri
mezzi”. Essa è fenomeno regolato dal diritto, circoscritto ad un ambito
limitato e caratterizzato da un “inimicizia relativa”, in cui i contendenti si
riconoscono diritti e doveri reciproci. L’avvento del partigiano sulla scena
della storia è il corollario della crisi di questo modello ancora dominante al
principio del XX secolo. Egli con il suo carattere “irregolare” e “tellurico”
combatte al di fuori del teatro “ufficiale” belliche, apportando però un
contributo spesso decisivo, come è dimostrato dalla storia degli eventi
militari del XX secolo. L’autore tedesco mette in luce la diffidenza con cui il
diritto si è approcciato al fenomeno partigiano. Da sempre restio a
riconoscere il partigiano quale titolare di diritti e doveri, esso viene assimilato
per lo più al criminale comune e viene represso con gli strumenti del diritto
11
penale e con la legge marziale definita dall’occupante. Eppure, per Schmitt, è
necessario recuperare il carattere distintivo del partigiano nei confronti di
fenomeni di criminalità comune; la figura del partigiano è difatti
caratterizzata da elementi di “politicità”, egli è “parte” di qualcosa in senso
etimologico che trascende l’ambito puramente privato della sua persona. Più
che essere mosso dall’animus furandi che ad esempio muove il pirata o il
brigante, il partigiano abbraccia un ideale; egli ha un legame con la “parte”
spesso molto più forte di quello che l’esercito regolare ha con lo Stato di
appartenenza. Le riflessione Schmittiane sono di estrema attualità e
presentano un carattere quasi “profetico” se rapportate all’attuale contesto
della comunità internazionale. La sua teoria si presta infatti ad essere traslata
all’attuale “guerra al terrore”, una guerra che vede impegnata una coalizione
di Stati nei confronti di un nemico reale non identificato né identificabile in
un’identità statuale.
Ciò premesso, prescindendo in tale sede da questioni spiccatamente
dottrinarie, in tale lavoro ci si prefigge l’obiettivo di focalizzare l’attenzione
sullo specifico nesso causale tra limitazione dei diritti civili e tutela della
sicurezza. La dialettica tra questi due termini si è presentata in multiformi
sfaccettature in ogni tempo e ad ogni latitudine
11
, e si arricchisce di un
11
Il fenomeno si è presentato costantemente in diverse forme nel corso della Storia
assumendo aspetti talvolta aberranti. Si pensi alle gravissime limitazioni dei diritti di
libertà avvenute in passato negli Stati Uniti per fronteggiare situazioni emergenziali,
come l’internamento di migliaia di cittadini americani di origine giapponese teso ad
evitare che questi fossero coinvolti in azioni di spionaggio per conto della
“madrepatria”; Sospetti peraltro, rivelatisi infondati. In Europa, la nuova Costituzione
12
esempio notevole anche nell’attuale contesto storico
12
. La “sterilizzazione”
della democrazia fu preconizzata già nel 1937 nel noto articolo di Karl
Loewenstein Militant democracy and fundamental rights in cui viene
analizzata la reazione delle democrazie liberali europee nei confronti della
minaccia totalitaria. Ma allora la “democrazia militante” di Loewenstein altro
non è che l’ascendente della “democrazia protetta” di cui oggi si disserta.
L’avvento del nazionalsocialismo in Germania ha segnato la sconfitta della
“democrazia non protetta” della Repubblica di Weimar, la cui costituzione, si
limitava ad accogliere una concezione puramente nominale e procedurale
della stessa.
13
La sovra citata dialettica, tende a risolversi più propriamente nel
“bilanciamento” di beni giuridici di rilevanza costituzionale, come appare
ancor più evidente se si riconosce anche alla sicurezza la qualità di valore
spagnola del 1978 è nata sotto l’egida dell’endemicità del terrorismo basco
prevedendo adeguati meccanismi preventivi di limitazione della libertà per ragioni di
sicurezza pubblica. In Gran Bretagna numerosi sono stati gli interventi sul tessuto
normativo garantistico nel periodo di maggiore escalation del terrorismo
nordirlandese. Effetti meno abnormi e a noi più prossimi sono quelli riconducibili alla
normativa emergenziale italiana che ha inciso sul nostro sistema penale e
processuale, una prima volta durante gli anni di recrudescenza del terrorismo politico
negli “anni di piombo”, e una seconda volta per contrastare l’aggressione alle
istituzioni statali da parte delle organizzazioni di stampo mafioso al principio degli
anni’90
12
G.DE VERGOTTINI, La difficile convivenza tra libertà e sicurezza,cit.pp.1 e ss.
13
Secondo LOEWENSTEIN la Democrazia è divenuta militante a causa della necessità
di difendersi dalla sua antitesi, i movimenti fascisti, utilizzando strumenti legislativi
commensurabili a quelli tipici di un regime fascista. Le “nuove” legislazioni dei paesi
liberali sono costretta ad arginare l’ondata “emozionale” dei fascismi, in maniera, per
così dire, preventiva.
13
supremo implicito ad ogni ordinamento
14
. L’obiettivo di ottenere “sicurezza”
senza compromettere i diritti è ricorrente in sede nazionale ed
internazionale, ma benché di facile asserzione, si presenta di problematica
attuazione, in quanto di fronte a pericoli estremi quali quelli che presenta il
terrorismo, solo misure radicali sembrano idonee, anche se non a
scongiurarne le conseguenze, almeno a limitarle. Ecco allora, che le
operazioni di bilanciamento divengono problematiche, producendo vistose
aporie all’interno degli ordinamenti. Per di più, si assiste ad una vistosa
assuefazione ad una situazione ritenuta ormai endemica: ad una minaccia
esterna eccezionale, si reagisce con fonti ordinarie tendenzialmente non
temporanee. Si tratta del fenomeno che è stato efficacemente definito
“normalizzazione dell’emergenza”
15
, esso trasforma surrettiziamente lo stato
di emergenza da fattore legittimante di una normativa eccezionale, a status
permanente, virtualmente affrontabile con norme che non integrandosi nel
sistema normativo ordinario, finiscono di fatto per eroderne alla base le
garanzie fondamentali che costituiscono l’indefettibile contenuto di ogni
sistema democratico. Ciò indica che la minaccia terroristica viene considerata
come permanente, in quanto connaturata all’attuale stato dei rapporti tra la
comunità internazionale e i gruppi e le organizzazioni non statali che si
muovono nel suo ambito. La situazione di pericolo è di fatto assorbita dalla
14
Per un’opinione minoritaria sulla natura ontologico-giuridica della sicurezza si veda
il saggio di MICHAEL ROSENFELD in Democrazia e terrorismo a cura di TANIA GROPPI,
nella cui analisi ermeneutica della giurisprudenza statunitense si “degrada” la
sicurezza a “interesse diffuso”. Cfr. pp. 121 e ss.
15
G.DE VERGOTTTINI, La difficile convivenza tra libertà e sicurezza, cit.pp.1 e ss.
14
sfera della quotidianità
16
. E’ proprio dalla riconduzione al quotidiano di ciò
che dovrebbe apparire inconciliabile con la normalità della quotidianità che
discende il ricorso a fonti ordinarie per affrontare l’emergenza terroristica nei
suoi risvolti interni. La “normalizzazione dell’emergenza” comporta l’uso delle
fonti ordinarie e in particolare della legge nella generalità degli ordinamenti,
compresi quelli che avrebbero a disposizione nello strumentario
costituzionale regimi giuridici derogatori dei diritti in connessione alla
gestione delle emergenze. L’utilizzo di tali strumenti costituirebbe un
deterrente per i poteri pubblici che si troverebbero vincolati ad affrontare
l’emergenza solo qualora ricorrano situazioni tassativamente predeterminate
e per un periodo transitorio. Fu ancora Carl Schmitt ad analizzare
brillantemente le differenze tra misure temporanee e definitive nel suo
saggio La dittatura
17
. Muovendo dall’esperienza sovietica Schmitt sottolinea
come l’instaurazione di una dittatura possa modificare l’ordine esistente ed
essere dunque rivoluzionaria. A questa tipo di “dittatura sovrana” che si
serve della masse per plasmare un nuovo ordine si contrappone la dittatura
in quanto misura temporanea ed eccezionale, volta a ristabilire l’ordine e la
sicurezza e, in definitiva, la costituzione vigente. Si tratta dunque di una
dittatura “commissoria”. Ma se queste misure transitorie si trasformano in
leggi, si dissolve lo stato di diritto esistente. Il problema centrale dell’analisi
Schmittiana è allora quello di individuare il soggetto competente a decidere
16
G.DE VERGOTTTINI, La difficile convivenza tra libertà e sicurezza, Milano, 2005 cit.
pp.1 e ss.
17
C.SCHMITT, La dittatura, Roma, 2006.