Premessa Leadership in costruzione
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come le teorie si siano evolute nel tempo e come esse abbiano subìto
l’influenza di un ambiente esterno all’organizzazione in continuo
cambiamento. Parlando di leadership, si è dunque ritenuto opportuno
operare delle iniziali distinzioni per poi esporre le principali teorie a partire
dagli inizi del 1900. Il capitolo segue, pertanto, un ordine cronologico che si
tratteggia e si esplica in tre grandi filoni. Si esordisce con la “Great Man
Theory” (fine del XIX e inizi del XX secolo) che definisce la leadership in
funzione di determinati tratti di personalità, per poi esaminare autori del
calibro di Blake e Mouton, Hersey e Blanchard. Autori che hanno dato vita
al filone della leadership situazionale secondo cui, non esiste uno stile
universale di leadership, ma ve ne sono diversi a seconda delle situazioni
che si devono affrontare, poiché ogni gruppo è unico e il leader efficace è
l’individuo meglio equipaggiato per aiutare il gruppo a raggiungere i suoi
obiettivi in un dato contesto. Si arriva infine alla definizione di una
leadership trasformazionale secondo la quale il leader non possiede un
ruolo meramente funzionale, ma deve essere in grado di ampliare ed elevare
gli interessi dei follower, suscitando consenso e consapevolezza sugli
obiettivi e sulla mission dell’organizzazione attraverso la capacità di
ispirare gli altri, di generare fedeltà, di vedere e gestire le differenze, di
stimolare le abilità intellettuali. Il leader diviene, quindi, un agente di
gestione del cambiamento, ovvero aiuta il gruppo, dipendenti o
collaboratori, a prendere coscienza dei propri problemi, a tollerare l’ansia
che generano le novità, a riconoscere ed analizzare le proprie difese, a
muoversi verso una condizione nuova in cui si diventa capace di
riconoscere e ad adottare soluzioni diverse e creative per i problemi
affrontati. E su questa linea che si muovono le riflessioni degli ultimi
studiosi che pongono al centro delle loro teorie il cambiamento come
processo qualificante l’attività di leadership, processo su cui si focalizza il
secondo capitolo, “ Leadership e dinamiche organizzative”. Si è ritenuto
necessario a tal proposito esaminare un aspetto cruciale nella
Premessa Leadership in costruzione
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determinazione del cambiamento, ossia la cultura organizzativa, dalla quale
ogni cosa dipende e trova significato. La cultura può essere, infatti, definita
come una mappa capace di guidare il leader all’interno dei meandri
organizzativi per sollecitare forme di apprendimento che portino ai
cambiamenti desiderati. Ciò a cui il leader deve tendere è, dunque, una
buona conoscenza della cultura organizzativa, affinché essa possa essere
scardinata nei suoi aspetti più profondi e latenti, aspetti che spesso
ostacolano il processo di apprendimento e di riflesso la tensione
dell’organizzazione verso stati nuovi e sconosciuti.
Il ruolo del leader diviene, allora, quello di promuovere la crescita
organizzativa garantendo tuttavia il benessere collettivo. Come si può
pensare, infatti, di portare l’organizzazione verso nuove spiagge senza
rendere partecipi i protagonisti di questo viaggio?. Questo è il motivo per
cui la leadership non va considerata come una posizione acquisita e
disgiunta dal resto dell’organizzazione. Essa è tale solo perché vi rientrano
nelle sue dinamiche i follower, ossia coloro che legittimano e danno
significato alla stessa. Ecco perché molto spesso si associa alla definizione
di leadership relazionale e diffusa il concetto di “Empowerment”, con il
quale si intende il mettere gli altri nelle condizioni di esercitare un potere su
sé stessi e sull’ambiente. Il terzo capitolo “Guidare gli altri: dal carisma
all’empowerment” esamina questo aspetto, tracciando i contorni di una
leadership positiva che non si propone come obiettivo finale il comando,
ma lo sviluppo delle capacità dei collaboratori. Se la personalità è infatti un
sistema di autoregolazione che non solo si adatta all’ambiente, ma che
imprime anche un’azione trasformativa sopra di esso, la leadership deve
essere empowering ossia favorire un processo di crescita individuale e
collettiva, che sappia liberare potenzialità, ottimizzare le opportunità che si
presentano, generare nuove capacità. Il leader rappresenta quindi colui che
sa portare anche gli altri oltre i limiti della situazione, ma anche colui che
non solo interpreta e rende compatibili le diverse richieste avanzate dalle
Premessa Leadership in costruzione
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persone e imposte dalle circostanze, ma offre ai collaboratori una visione
della realtà in cui si opera, ed attiva comportamenti in vista del
conseguimento di obiettivi che possono modificare profondamente lo status
quo dell’organizzazione. Il valore di un leader si misura, dunque, sulla base
dell’impegno volto a scoprire e a far emergere le capacità altrui.
Nell’esaminare quanto finora illustrato, ossia gli aspetti più tecnici di
una leadership relazionale e quindi, l’insieme di direttive necessarie ad essa
per costruire uno stile democratico e maturo, si è ritenuto opportuno
accostare un approccio prettamente psicologico capace di andare oltre gli
aspetti razionali e istruttori per concentrarsi sulle dinamiche e sui vissuti dei
protagonisti. È questo il tema che pervade il quarto capitolo “Le ombre del
potere”, il quale partendo dall’assunto che le persone hanno una razionalità
limitata e che le loro emozioni e i loro vissuti influiscono sulla vita
dell’organizzazione, si addentra nel mondo soggettivo degli attori
organizzativi, nelle pieghe dei loro sentimenti e delle loro ambivalenze per
capire ciò che porta ad assumere determinati ruoli e particolari stili di
leadership o di followership. In altri termini se si parte dall’assunzione che
l’organizzazione non è fatta semplicemente di denaro e prodotti, ma di
persone con sentimenti e storie di vita inevitabilmente portate con sé, ci si
rende conto che nella prospettiva di lettura scelta è necessario un
approfondimento del ruolo che il mondo soggettivo gioca nell’orientare
ogni vicenda e, quindi, un dover fare i conti con l’inconscio e le forze
irrazionali che permeano la leadership nella sua dimensione unica e
relazionale. Le vicissitudini della leadership organizzativa sono così
spiegate in funzione delle vicende del potere dentro di noi, delle immagini e
delle illusioni coltivate. Ogni capitolo si conclude con un paragrafo che
sintetizza i contenuti.
La leadership dunque non è data aprioristicamente dall’insieme di doti
che contraddistinguo il leader, ma è il risultato di una serie di elementi tra
cui i vissuti, il contesto sociale, i compiti dell’organizzazione che
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costruiscono la location del sistema leader-follower. Questo è il motivo per
cui l’analisi delle dimensioni che caratterizzano la leadership è stata guidata
dall’ipotesi, poi sorretta dal progetto di ricerca implementato, della
rilevanza di una leadership dialogica che si esplica in relazioni costruttive
e mature tra leader e follower e che si costruisce sulla base di più sistemi
interconnessi. Tale affermazione risulta ancora più valida se si pensa al
settore dei servizi sociali dove le relazioni, la motivazione, il clima, il
gruppo, assumono un maggior peso, dovuto alla presenza di obiettivi
dinamici e interdipendenti che necessariamente richiedono la
collaborazione e il confronto e, quindi, la presenza di leader capaci di
guidare ma anche di essere guidati. È sul settore dei servizi sociali che si
concentra l’analisi sperimentale che vede l’implementazione di un progetto
di ricerca orientato all’osservazione delle dinamiche relazionali tra leader e
follower che connotano due servizi alla persona, per comprendere quanto in
tali servizi la leadership presti attenzione al fattore umano e dunque,
consideri le relazioni sociali una dimensione necessaria non solo nella
determinazione della leadership stessa, ma anche un fattore primario
affinché l’organizzazione sia calibrata e costruita dalle persone e per le
persone. Tale analisi si pone in ultima istanza l’interrogativo di
comprendere quanto la leadership trasformazionale sia divenuta nel tempo
un fenomeno importante e necessario per la crescita dei contesti
organizzativi e non di meno dei servizi sociali e quindi, quanto le relazioni
tra leader e follower e la rilevanza dell’aspetto sociale all’interno dei
contesti organizzativi siano importanti per la formazione di un gruppo
capace di vivere con serenità le turbolenze e i cambiamenti sia interni che
esterni al servizio.
L’attenzione prestata a tale tema nasce dalla constatazione che nei
servizi sociali la leadership e, in particolar modo la leadership dialogica, sia
un fattore trainante per l’affermazione e lo sviluppo di tali organizzazioni
Premessa Leadership in costruzione
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come segmenti indispensabili per la creazione di un sistema dei servizi più
efficiente, equo e conforme alle reali esigenze dei fruitori.
Parte prima
Analisi teorica
16
CAPITOLO PRIMO
Leadership: definizioni e teorie
1. Introduzione
Il concetto di leadership è un concetto vasto, per il quale, più
semplicemente, si intende la “capacità di influenzare l’altro”. In tutti i
gruppi sociali, informali o formali che siano, emergono persone capaci di
leadership, cioè capaci di influenzare le attività del gruppo stesso.
Nonostante l’ampio repertorio di studi e ricerche che la letteratura offre,
la leadership si presenta ancora oggi come un argomento di notevole
complessità concettuale. Tale complessità suggerisce di operare:
1. una differenziazione da ambiti ad essa correlati.
2. una chiarificazione del concetto stesso.
Il termine leadership è segnato da una storia alquanto recente,
nonostante i vari studi connessi a questa area tematica, quali la gestione del
potere, si siano sviluppati in tempi più lontani. Prima di dare una
definizione di leadership, dunque, è opportuno distinguerla da concetti quali
potere, autorità e controllo, spesso utilizzati in maniera interscambievole.
Il concetto di potere è strettamente collegato con il concetto di
leadership, dato che il potere è uno dei mezzi mediante il quale un leader
influenza il comportamento dei collaboratori. Il potere può essere definito
come “l’energia essenziale per intraprendere e sostenere l’azione che
Capitolo Primo Leadership: definizioni e teorie
17
traduce l’intenzione in realtà”
1
. Dunque esso è il potenziale di influenza di
un leader, è la risorsa che gli permette di influenzare gli altri e di ottenere
consenso. Da ciò si capisce bene che il potere è un requisito senza il quale il
leader non può guidare gli altri e, dunque, che leadership e potere sono due
facce della stessa medaglia all’interno dei metodi di governo di
un’organizzazione. Ma da dove deriva il potere dei leader?
Etzioni
2
distingue il potere in due categorie:
potere di posizione
potere personale.
In funzione di questa suddivisione, una parte del potere dei leader viene
loro proprio dal fatto di ricoprire una posizione organizzativa che permette
di utilizzare certe risorse specifiche come: il riconoscimento di avere
un’autorità formalmente legittimata, il controllo esercitato su risorse,
ricompense e sanzioni. Il potere di posizione tende, quindi, a fluire verso il
basso di un organizzazione. L’altra categoria, ossia il potere personale, è
costituita dalle qualità personali, quali: la competenza tecnico-professionale
la capacità di suscitare sentimenti positivi, di vicinanza emozionale, di
lealtà o di identificazione, e il carisma personale, inteso come capacità di
influenzare, con una forte componente emotiva da parte del destinatario del
processo di influenza. Il potere personale è la misura in cui i collaboratori si
sentono ben disposti e sono impegnati nei confronti del leader, è la misura
di quanto le persone sono disposte a seguire un leader. Quindi in un
contesto organizzativo il potere personale viene dal basso, cioè dai
collaboratori. La situazione migliore per i leader, secondo Etzioni, è quella
in cui dispongono di entrambi poteri, poiché le basi del potere di posizione
e quelle del potere personale costituiscono assieme un sistema di
interazione-influenza. Ogni base di potere incide tendenzialmente su
ognuna delle altre basi di potere.
1
W. Bennis e B. Nanus, Leader, anatomia della leadership, Franco Angeli, Milano 1999, pag 23.
2
Etzioni, A., A comparative Analysis of complex organizations, The Free Press, New York 1961.
Capitolo Primo Leadership: definizioni e teorie
18
Si è infatti scoperto che la misura in cui gli individui sono disposti a
concedere potere personale dipende dal loro modo di percepire la capacità
del leader di offrire ricompense, punizioni o sanzioni, ossia il potere di
posizione. E allo stesso tempo si conferisce potere di posizione ad un leader
nel momento in cui si percepisce che quel leader è apprezzato e rispettato, e
dispone di maggiori informazioni ed esperienze rispetto ai collaboratori
(potere personale).
Diverso è, invece, il significato di autorità che fa riferimento alla
legittimità dell’esercizio del potere, quindi, è attribuito agli individui
secondo regole definite
3
. L’autorità, dunque, è un particolare tipo di potere,
che trae la propria origine dalla posizione ricoperta da un leader; è quel
potere che si legittima in virtù del ruolo formale dell’individuo all’interno
di un’organizzazione.
Con il termine controllo, infine, si intende la modalità con cui si
verifica il conseguimento di standard specificati
4
. Il controllo, quindi, non è
altro che un esplicazione concreta di un potere acquisito.
La leadership è connessa a questi concetti, poiché questi non sono altro
che sfaccettature della stessa, ma è importante non far coincidere, o meglio
non riconoscere la leadership mediante l’identificazione univoca in una
delle dimensione, tant’è che ad esempio si può essere leader senza autorità e
si può avere autorità senza essere leader.
Per esplicare il secondo punto su citato, ossia la chiarificazione del
concetto di leadership, partiamo dal rintracciare la radice etimologica del
termine per arrivare ad una serie di definizioni che evidenziano con molta
chiarezza quanto il fenomeno sia complesso e multidimensionale.
“Leadership” è un termine inglese, che trova le sua radice nel verbo “to
lead”, ossia condurre o guidare. Leading vuol dire: “stabilire una direzione
ed influenzare gli altri a seguirla”.
3
F. Novara, G. Sarchielli, Fondamenti di psicologia del lavoro, Il Mulino, Bologna 1996.
4
ibidem
Capitolo Primo Leadership: definizioni e teorie
19
Il suo significato è simile alla parola italiana “guida”, che indica ciò che
indirizza verso una meta o suscita un determinato effetto. Ma la parola
leader è più incisiva, perché “guida” può anche indicare un oggetto
inanimato od astratto, oppure “una persona che ci conduce lungo un
percorso ma senza compartecipare con noi alcunché
5
” La leadership deve
essere vista, invece, come un processo mediante il quale le attività dei
membri di un gruppo sono influenzate da una o più persone. Il richiamo al
concetto di “processo” sottolinea bene come la leadership non sia una
posizione statica che trae la sua legittimità da funzioni ben precise ed esenti
dalla relazione con gli altri, ma sia piuttosto un comportamento dinamico
che trovi la sua linfa vitale nell’interazione con gli altri.
Ma come possiamo definire la leadership? Chi è il leader?
Numerose sono state le definizioni di leadership, il che dimostra come
il concetto si sia evoluto nel tempo e abbia subito l’influenza di differenti
approcci metodologici, delle differenti dimensioni culturali. Bass
6
, nella
sua opera “Bass and Stogdill’s handbook of leadership”, ha operato un
esaustiva classificazione delle svariate definizioni di leadership:
Ð leadership come focus della dinamica di gruppo. Elaborata nei primi
anni nel XX secolo da autori come Cooley, Brown, questa definizione
pone al centro della scena il gruppo.
Ð Leadership come personalità e suoi effetti. Gli autori facente parte di
questo indirizzo, ritengono, sulla scia della teoria dei tratti di cui si
parlerà più avanti, di potere individuare delle caratteristiche personali
specifiche che contraddistinguono i leader dai comuni mortali.
Ð Leadership come l’arte di indurre il consenso. I leader sono unici
artefici della relazione con i collaboratori, i quali sono considerati
soggetti passivi e quindi oggetto di un influenza unidirezionale.
5
G.Trentini, Oltre il potere. Discorso sulla leadership, Franco Angeli, Milano 2002, pag. 20.
6
Distinguished professor Emeritus di management e direttore del centro per gli studi sulla
leadership presso la State University di New York a Binghamton.
Capitolo Primo Leadership: definizioni e teorie
20
Ð Leadership come esercizio di influenza. L’influenza, in questo caso,
non è unidirezionale, ma riconosce la reciprocità della relazione tra
individui.
Ð Leadership come comportamento. Originata dall’Organizational
Behavior, corrente che si contrappone alla teoria dei tratti, la
leadership viene spiegata in funzione di comportamenti caratteristici
dell’esercizio della stessa.
Ð Leadership come forma di persuasione. L’attenzione si focalizza alla
relazione con i seguaci, cercando di rimuovere ogni implicazione alla
coercizione.
Ð Leadership come relazione di potere. In questa definizione ciò che
acquista centralità è il potere del leader che si manifesta nel momento
in cui egli induce i seguaci ad attuare dei comportamenti per
raggiungere un obiettivo comune.
Ð Leadership come strumento per raggiungere l’obiettivo. Anche in
questo caso, come in quello precedente, compare l’elemento del
raggiungimento degli obiettivi comuni ma la differenza sta nel modo i
cui questi obiettivi vengono fatti raggiungere. Nella definizione
precedente, infatti, assumeva centralità il potere, in questa, invece, si
dà particolare rilievo ai compiti di motivazione, di coordinamento del
leader.
Ð Leadership come fattore emergente dell’interazione. L’importanza di
questo enunciato sta nell’aver messo in evidenza che la leadership
emerge dal processo di interazione tra individui e non avrebbe ragione
di esistere senza di esso.
Ð Leadership come ruolo di differenziazione. Fa parte della teoria dei
ruoli secondo la quale ogni individuo interagendo con altre persone o
con un gruppo gioca un ruolo, solitamente diverso dagli altri individui.
Ð Leadership come l’iniziazione di una struttura. Con questa
affermazione si è voluto sostenere che la funzione di leadership è
Capitolo Primo Leadership: definizioni e teorie
21
indispensabile per l’iniziazione e il mantenimento di una struttura
organizzativa.
La pluralità di definizioni che si sono susseguite nel tempo, e che ancora
oggi continuano a scaturire da vari studi, dimostra come la leadership sia un
fattore difficile da inquadrare all’interno di un'unica area teorica, poiché
essa è un fenomeno osservabile in contesti diversi. La leadership è, infatti,
un fenomeno organizzativo, ma anche sociale e politico, oltre che
psicologico. In ogni modo i contesti sono accomunati dal fatto che vi è
influenza tra individui ogni qualvolta vi è interazione tra essi, quindi, in
ogni aggregazione, gruppo, organizzazione. La leadership, dunque, può
essere definita come il processo volto a influenzare le attività di un
individuo o di un gruppo che si impegna per il conseguimento di uno o più
obiettivi specifici.
2. Management vs Leadership
Prima di procedere nel delineare la storia degli studi sulla leadership, e
nei capitoli successivi nel tracciare i contorni dettagliati della figura del
leader, è necessario compiere una distinzione fondamentale tra manager e
leader. Esiste, infatti, una sostanziale differenza tra questi due ruoli, spesso
confusi e, ancora peggio, sovrapposti.
Si sente continuamente parlare di management, tendenza accentuata
ancora di più nei giorni nostri, tempi in cui l’efficienza, il mercato, la
concorrenza, l’aziendalizzazione sono diventati cardini fondamentali
dell’organizzazione. Questo eccessivo interesse a fattori meramente tecnici
ha fatto sì che il management diventasse il bisogno più impellente
dell’organizzazione, portando in secondo piano, se non addirittura ad
eclissarsi, il ruolo del leader.
Capitolo Primo Leadership: definizioni e teorie
22
Il tema della differenza tra leadership e management non è però un tema
di questi ultimi anni. Esso diviene oggetto di discussione tra la fine degli
anni 70 e gli inizi degli anni 80, anche se è possibile rintracciare una prima
distinzione alla fine degli anni 60 in un contributo di Selznick in cui egli
stesso sosteneva che “la leadership non equivale alla gestione dell’ufficio,
al prestigio, all’autorità o al decision making […] non serve identificare la
leadership con tutto ciò che viene fatto da coloro che occupano posizioni di
vertice. L’attività alla quale ci riferiamo può essere o non essere intrapresa
da coloro che formalmente detengono posizioni d’autorità
7
”
Alla fine degli anni 70 è Zaleznik ad affrontare con nuova forza il tema
descrivendo la leadership come capacità di influenzare gli altri, capacità
non necessariamente riconducibile al management. Egli, poggiandosi alla
teoria psicoanalitica, individua tre campi in cui manager e leader
differiscono profondamente
8
:
1. Nella personalità. Manager e Leader sono due tipi di persona
veramente diversi: nella motivazione, nella storia personale e nella
maniera con cui pensano e agiscono. La cultura manageriale
enfatizza la razionalità e il controllo: non occorrono né genio né
eroismo al manager, ma piuttosto lavoro duro, intelligenza, abilità
analitica e tolleranza. Il leader, invece, è una persona solitaria e
brillante che, realmente, può guidare il lavoro che le altre persone
fanno. E’, in sostanza, meritevole del potere.
2. Nell’ attitudine verso i traguardi. I manager adottano un’attitudine
impersonale, se non passiva, dinanzi al raggiungimento degli
obiettivi. Quest’ultimi, infatti, sorgono più dalla necessità che dai
desideri e, in ogni modo, sono profondamente legati alla storia e alla
cultura dell’organizzazione. L’attitudine verso i traguardi dei leader
7
G.P. Quaglino e C. Ghislieri, Avere leadership. Raffaello Cortina, Milano 2004, pag. 98.
8
ZALEZNIK A., Managers and Leaders: are they different?, Harvard Business Review, Boston,
May– June 1977.
Capitolo Primo Leadership: definizioni e teorie
23
è, invece, personale e attiva: essi determinano la direzione del
business, evocando immagini ed aspettative, stabilendo specifici
desideri ed obiettivi.
3. Nella concezione del lavoro. I manager vedono il lavoro come un
processo coinvolgente combinazioni di idee e persone che
interagiscono: essi calcolano i pay – off di decisione opposte,
pianificano e riducono così le tensioni. All’opposto, il leader non
limita le scelte, ma sviluppa nuovi approcci ai problemi: la sua
personalità lo spinge a rischiare moltissimo se l’opportunità e il
guadagno appaiono promettenti.
Fu Bennis nel 1989, però, ad attribuire una definizione ben precisa ai
due ruoli, delineandone le funzioni:
I manager sono coloro che fanno le cose nel modo giusto, quindi
hanno una visione focalizzata, si occupano del come, puntano al
controllo, gestiscono la stabilità e il presente, pertanto, accettano lo
status quo e mirano all’efficienza.
I leader sono coloro che fanno le cose giuste, quindi, hanno una
visione più ampia, si occupano del cosa e del perché, pensano in
termini di innovazione e sviluppi futuri, pertanto, sfidano lo status
quo e mirano all’efficacia
Bennis e Nanus
9
affermano che il leader ricerca il know-why, prima del
know-how, cioè prima del capire come fare qualcosa, si prova a capire il
perché la si deve porre in essere. L’attività del leader, quindi, è orientata al
problem finding, piuttosto che dal problem solving, ossia la soluzione del
problema. Proprio per queste capacità di scopritore di problemi, più che
risolutore, il leader non ha solo il compito di dare ordini, ma entra in
contatto con tutti i suoi follower, influenzandoli, formandoli ed educandoli.
Il manager, invece, è orientato maggiormente al problem solving ed alla
ricerca dell’operatività ed efficienza.
9
W. Bennis et B. Nanus, Leader, anatomia della leadership, Franco Angeli, Milano 1999.