potenziali sulle banche e sulle imprese. Ma, poiché nel
campo dei rischi di credito la regolamentazione ha
anticipato la pratica, il presente lavoro si pone l’obiettivo
di verificare l’approccio a Basilea 2 adottato dai diversi
istituti di credito, analizzandone il modus operandi, e
contemporaneamente di verificare il grado di
preparazione delle imprese italiane, in particolare quelle
di minori dimensioni, alle nuove procedure di
valutazione basate sui sistemi di rating, cercando poi di
individuare la giusta strada da seguire affinché Basilea 2
diventi per le imprese un’opportunità e non una
minaccia. Il Nuovo Accordo Internazionale sul Capitale
delle Banche pone infatti le imprese nella necessità di
attivarsi e di adeguarsi per non essere penalizzate in
termini di possibilità e condizioni di accesso al credito
bancario.
La tesi sarà composta da 2 parti.
La parte prima, suddivisa in due capitoli, ha
carattere definitorio ed è propedeutica allo sviluppo della
seconda.
Nel capitolo I verranno illustrati gli elementi del
Nuovo Accordo di Basilea, mettendo in risalto contenuti
e obiettivi del I pilastro (inerente al capitale minimo che
deve essere detenuto dalle banche in funzione del rischio
di credito) e l’impatto di tale normativa sulle imprese.
Il capitolo II sarà argomentato sul rating, quale
strumento cardine previsto dall’Accordo per la
quantificazione del rischio di credito delle imprese
affidate. Rating significa valutazione ed è rappresentato
da un giudizio sintetico derivante da un articolato
processo messo in atto dalle Banche (rating interni) o
dalle agenzie specializzate (rating esterno). L’obiettivo
del capitolo è appunto quello di individuare le fasi di tale
processo di valutazione e i principali elementi presi in
considerazione, elementi che, naturalmente, saranno gli
stessi su cui le imprese dovranno intervenire per
migliorare il loro standing creditizio.
Nella seconda parte, composta da tre capitoli, si
svolgerà invece un’analisi delle tendenze in atto nel
settore bancario e imprenditoriale italiano. Gli strumenti
utilizzati per le indagini saranno le più recenti ricerche
svolte dalle principali organizzazioni nazionali
combinate a ricerche svolte personalmente attraverso la
somministrazione di specifici questionari e incontri face
to face con diversi istituti di credito.
In particolare nel capitolo III si traccerà un
quadro delle scelte effettuate dalle banche italiane
inerenti ai diversi approcci proposti da Basilea 2
(Standard o Internal Rating Based), e i risvolti di tale
scelte sul mondo delle imprese.
Il capitolo IV mira ad individuare quale sia
attualmente il grado di comprensione e di preparazione
delle imprese italiane al nuovo scenario che si va
delineando, cercando poi di individuare il percorso, con
particolare riferimento alla gestione finanziaria, che
dovrà essere intrapreso dalle imprese per adeguarsi al
nuovo contesto.
Infine nel capitolo V, una volta individuati gli altri
attori coinvolti dal fenomeno Basilea 2, si cercherà di
comprendere gli effetti che il Nuovo Accordo sul
capitale può avere sulle relazioni che intercorrono sia tra
banche ed altri operatori (finanziari e non), sia tra il
mondo delle imprese e tutti gli altri soggetti che, con
diversa intensità, facilitano o supportano lo scambio con
il sistema finanziario.
1CAP 1
Elementi del Nuovo Accordo di Basilea
1.1 Introduzione
Il Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria,
ultimato i lavori per la definizione del Nuovo Accordo sul
Capitale nel giugno del 2004, ha reso pubblica la versione
definitiva del documento intitolato International
Convergence of Capital Measurement and Capital
Standards. A Revised Framework.
Il nuovo accordo denominato Basilea 2 sottoscritto
dai governatori delle banche centrali del Gruppo dei Dieci
stabilisce le regole con cui le banche dovranno calcolare il
loro capitale regolamentare, definendo anche quali
saranno le nuove modalità di valutazione della clientela.
Per diversi aspetti, la logica nuova di Basilea 2 è già
operativa dal 1° gennaio 2007 con esclusione delle banche
che intendono adottare l'approccio IRB (Internal Ratings
Based) avanzato per le quali l’accordo è divenuto
2pienamente operativo a partire dal 1° gennaio 2008, dopo
che gli istituti bancari italiani hanno deciso, nel corso dei
primi giorni del dicembre 2006, di attuare la clausola di
salvaguardia prevista dalla direttiva europea su Basilea al
fine di consentire agli intermediari di prepararsi
adeguatamente al nuovo scenario.
Il testo del nuovo accordo può essere definito
come un “manuale della qualità del credito”, infatti è
stato elaborato dal Comitato sulla base della raccolta e
dell'esame delle modalità di determinazione dei rating
interni, del loro ruolo ai fini delle analisi di affidabilità e
delle scelte gestionali e operative sviluppate, nel corso
degli anni novanta, dalle banche più evolute nel panorama
internazionale. Per queste ultime, l'implementazione dei
rating interni è stato un importante investimento a
sostegno della competitività ed a supporto dei processi di
allocazione del capitale per l’ottimizzazione del rapporto
rischio-rendimento, ai fini di una corretta quantificazione
dei mezzi propri in termini di capitale economico (a
prescindere, cioè, dalle accezioni contabili e
regolamentari), avendo come riferimento la creazione di
valore per gli azionisti.
3L’obiettivo finale del Comitato resta quello di
assicurare stabilità al sistema economico attraverso la
diffusione delle innovazioni in materia di misurazione e di
gestione del rischio, nell'assunto che la qualità dei sistemi
di risk management adottati dalle banche concorre a
determinare l'efficienza, posizionamenti competitivi e la
redditività.
Disporre di un'informazione di rating affidabile ed
efficiente consente alla banca un’erogazione del credito
più selettiva e meritocratica a vantaggio dei progetti
imprenditoriali più solidi e dotati delle migliori
prospettive economiche.
Basilea 2 chiede alle banche e alle imprese di
effettuare un salto di qualità sul piano della professionalità
finanziaria, sollecita comportamenti più efficienti e offre
incentivi per attuarli. Le banche potranno cogliere
vantaggi reddituali se saranno in grado di attribuire rating
elevati ai loro clienti, "risparmiando" così capitale e
quindi sostenendo costi minori per la remunerazione del
capitale proprio. Allo stesso tempo, le imprese, anche
quelle più piccole, al fine di ottenere rating elevati e
quindi migliori condizioni nei finanziamenti bancari,
4devono sviluppare professionalità nella pianificazione e
nel controllo finanziario della gestione, nonché nella
comunicazione finanziaria.
Cambia così il classico rapporto banca-impresa,
non più un rapporto basato sulle singole transazioni,
caratterizzato da scarsa trasparenza, da una funzione
distorta delle garanzie (spesso sostitutive di
un’approfondita analisi di solvibilità dell’impresa) e da
interessi contrapposti, ma un rapporto basato su relazioni
di lungo periodo, sulla trasparenza, sull’informazione e
sulla collaborazione.
Banche e imprese sono, infatti, spinte a collaborare
e a confrontarsi da interessi convergenti: l'impresa in
equilibrio finanziario ottiene un buon rating, fa
risparmiare capitale alla banca e paga tassi di interesse più
bassi. Si creano così le premesse per un salto di qualità
nella gestione finanziaria delle imprese e nella
professionalità con cui le banche valutano l'affidabilità dei
clienti.
Esistono però delle preoccupazioni riguardo la
possibilità che emergano risvolti negativi non desiderati,
tali da generare un ingiustificato peggioramento del
5giudizio di affidabilità riconosciuto alle imprese,
soprattutto a quelle più piccole. Il timore è che le banche
circoscrivano eccessivamente i flussi informativi a quelli
desumibili dai bilanci e che si affidino prevalentemente a
sistemi automatici di elaborazione dei dati, perdendo in
questo modo, la capacità di valutare fattori immateriali
legati alla figura dell'imprenditore, alla storia dell'impresa,
al marchio, al know how che, pure, possono essere
ingredienti fondamentali del successo dell'impresa.
Il fatto certo è che l'introduzione delle regole di
Basilea 2 rappresenta un’opportunità effettiva di sviluppo
sia dei processi bancari di erogazione e di monitoraggio
del credito sia del comportamento finanziario delle
imprese, l'impatto effettivo dipenderà dai tempi e
dall'intensità con cui banche e imprese reagiranno ai nuovi
stimoli.
1.2 II Comitato di Basilea
Con la sintetica espressione “Basilea 2”, ormai
entrata nel linguaggio corrente, si fa riferimento alla
6recente revisione del complesso di norme regolamentari
che dal 1988 sono imposte alle banche dalle rispettive
autorità di vigilanza nazionali in materia di dimensione
minima e di composizione del patrimonio netto
(patrimonio di vigilanza)
1
.
Le regole, recepite dalle autorità di vigilanza di
oltre cento Paesi, sono state elaborate dal Comitato di
Basilea per la vigilanza bancaria, istituito nel 1974 presso
la Banca dei Regolamenti Internazionali con sede,
appunto, a Basilea. Si tratta di un organismo di
consultazione, composto dai rappresentanti delle autorità
monetarie dei Paesi del Gruppo dei Dieci, che ha il
compito di elaborare regole comuni e di coordinare
l'attività di vigilanza a livello internazionale al fine di
supportare il buon funzionamento e la stabilità del sistema
bancario internazionale.
Come in ogni impresa, anche nel caso delle banche
1
Il patrimonio di vigilanza è composto da due differenti aggregati: il
patrimonio di base, costituito principalmente da capitale sociale e da
riserve di utili, e il patrimonio supplementare, principalmente
rappresentato da debito subordinato e da altri strumenti ibridi che, non
per natura, ma per funzione economica, sono assimilati dalle regole di
vigilanza al capitale di pertinenza degli azionisti.
7il patrimonio netto costituisce una tutela per i creditori,
eventuali minusvalenze degli attivi ed eventuali perdite di
gestione sono assorbite, infatti, in prima istanza, dai mezzi
patrimoniali e sono sopportate, quindi, dagli azionisti.
Tanto più è consistente il patrimonio netto, tanto meno
sono esposti a rischio i diritti dei creditori.
Nel caso delle imprese industriali, la dimensione
minima del patrimonio è stabilita da norme del Codice
civile in misura indifferenziata all'interno delle diverse
tipologie di società di capitali, indipendentemente
dall'effettivo grado di rischio delle singole imprese, senza
alcun riferimento alla tipologia e alla variabilità del valore
degli attivi patrimoniali e indipendentemente dall'entità
dei diritti dei creditori. Il "peso" relativo dei mezzi propri
in rapporto al capitale complessivamente investito, al di là
dei valori minimi di legge, è lasciato alla discrezionalità di
chi gestisce l'impresa. Ne consegue che molte imprese
operano con livelli di capitalizzazione molto contenuti,
talora anche con l'obiettivo di massimizzare, per questa
via, la redditività per gli azionisti (effetto di leva
finanziaria). Scelte di questo tipo, d'altro canto,
incrementano la variabilità dei risultati (rischio
8finanziario) e accentuano il rischio corso dai creditori di
dover subire le conseguenze di perdite di valore degli
attivi aziendali (rischio d'insolvenza).
Nel caso delle banche, la normativa regolamentare
è molto più restrittiva. E ciò in ragione sia della tipologia
dei creditori, i depositanti, ritenuti soggetti meritevoli di
una particolare tutela, sia della funzione monetaria svolta
dai debiti bancari, la cui circolazione, asse portante dei
sistemi di pagamento, deve essere supportata da
condizioni di piena fiducia e credibilità. Come
conseguenza della disciplina dei mezzi propri bancari, il
depositante viene messo nella condizione di non essere
esposto a un rilevante rischio d'insolvenza e non deve
avvertire l'esigenza di interrogarsi sulla solvibilità della
banca con cui opera.
A queste ragioni, che da sempre giustificano
l'adozione di una disciplina interna da parte delle autorità
di vigilanza dei singoli Paesi, si è aggiunta di recente
l'esigenza di pervenire a un'omogeneizzazione delle
norme a livello internazionale. E questo per contrastare
fenomeni distorsivi della concorrenza derivanti da
vantaggi normativi che, in un ambiente competitivo
9sempre più allargato, potevano favorire l'aggressività
concorrenziale di banche libere di operare in contesti poco
regolamentati, infatti requisiti di capitale più contenuti
potevano avvantaggiare politiche commerciali aggressive
attuate da banche di taluni Paesi, orientate a sottrarre
quote di mercato a banche penalizzate da norme nazionali
più conservative e prudenti in materia di requisiti
patrimoniali a copertura dei rischi bancari.
La normativa proposta dal Comitato impone di
dimensionare il patrimonio in funzione del livello dei
rischi che caratterizzano gli attivi di bilancio delle singole
banche. Più gli impieghi sono rischiosi, maggiore è la
probabilità che la banca possa subire una perdita, più
consistente è il capitale di cui la banca deve dotarsi.
Lo scopo primario delle regole in materia di
requisiti di capitale è di fare in modo che il patrimonio sul
quale si possano scaricare le eventuali perdite sia
sufficientemente capiente al fine di costituire un'adeguata
garanzia di solvibilità a beneficio dei depositanti, ma
anche che ciò avvenga secondo regole comuni, sul piano
internazionale, per tutte le banche.
Ne conseguono rilevanti implicazioni per le
10
gestioni bancarie. A maggiori rischi fanno riscontro più
elevati requisiti di capitale, di conseguenza gli impieghi
devono assicurare rendimenti più elevati a copertura dei
maggiori oneri patrimoniali. La dotazione di mezzi propri
diventa, inoltre, un vincolo allo sviluppo dimensionale
della banca con peso diverso in funzione del grado di
rischio delle aree d'affari in cui ha luogo la crescita
2
.
La dotazione di capitale definisce gli spazi
operativi e la concreta possibilità di crescita delle banche.
Al crescere dei volumi e dei rischi, la banca deve
aumentare la dotazione patrimoniale che è risorsa scarsa e
costosa. Il capitale assume, propriamente, la connotazione
di fattore produttivo da contendere al mercato del capitale
di rischio e da remunerare adeguatamente in rapporto ai
rischi assunti.
Si tratta, pertanto, di norme che hanno un impatto
rilevante per il management bancario, concorrendo a
determinare gli assetti delle formule imprenditoriali e le
politiche di sviluppo dimensionale, con particolare
riferimento alla scelta delle aree d'affari e alla
2
Cfr. G.De Laurentis, Miti e verità di Basilea 2, Egea, Milano 2006,
pag. 4.
11
composizione degli attivi in funzione dei vantaggi
competitivi di cui dispongono le singole banche. È in
gioco, infatti, la capacità di queste ultime di ottenere, dalle
scelte di composizione e di dimensionamento degli attivi,
rendimenti adeguati al costo del capitale regolamentare e,
quindi, è in gioco la capacità di creare valore per gli
azionisti.
Le regole di Basilea investono direttamente le
banche e a queste sono rivolte. Sono evidenti, peraltro, le
ricadute indirette sui destinatari degli impieghi bancari in
termini di costo e di disponibilità dei finanziamenti. Le
implicazioni per le imprese sono divenute molto più
complesse e stringenti con il passaggio dalla prima
formulazione dell'accordo (Basilea 1) alla nuova
formulazione in corso di applicazione.
Al fine di cogliere la portata delle nuove
implicazioni di Basilea 2 per le imprese, è necessario
richiamare sinteticamente le regole del vecchio accordo.