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dunque un altro problema da affrontare è quello di valutare quali parti del testo possono essere
eliminate e quali no.
La comicità del teatro di Feydeau, come spiega Jacques Lorcey2, può essere suddivisa in sei
diversi aspetti che vanno dal più elementare al più complesso: la comicità dei gesti e dei
movimenti, la comicità delle forme, la comicità di situazione, la comicità di linguaggio, la
comicità delle idee, la comicità di carattere.
La comicità dei gesti e dei movimenti è una condizione essenziale per l‟autore; rientrano in
questa categoria le fughe, gli inseguimenti, le cadute, i gesti maldestri, la confusione creata da
più personaggi che parlano contemporaneamente, le pantomime, la mimica e soprattutto le
innumerevoli entrate e uscite di scena (176 solo in Le Dindon). Si tratta dunque di una
comicità visiva che non richiede un particolare sforzo da parte dello spettatore per essere
recepita.
La comicità delle forme riguarda i travestimenti, gli oggetti che assumono una funzione
diversa da quella originaria (in Le Dindon, per esempio, l‟uso dei campanelli elettrici nascosti
sotto il materasso per scoprire il tradimento del marito della protagonista) e i difetti fisici: la
sordità di Mme Pinchard in Le Dindon o la palatoschisi di Camille Chandebise che non riesce
a pronunciare le consonanti in La puce à l’oreille.
La comicità di situazione permette all‟autore di dare libero sfogo al suo virtuosismo;
appartengono a questo ambito gli incontri inaspettati, le reazioni impreviste, i malintesi, gli
inganni, i capovolgimenti (gli avvenimenti che si ritorcono contro lo stesso personaggio che li
ha determinati).
La comicità di linguaggio, punto di forza di Feydeau, viene messa in risalto in particolar
modo dai nomi che l‟autore attribuisce ai suoi personaggi e che di per sé stessi servono a
descriverli: Hochepaix, Rédillon, Chandebise, Follavoine ecc.. Oltre a ciò ci sono i doppi
sensi, le ripetizioni, le iperboli, il lirismo ridicolo (un personaggio che d‟improvviso utilizza
un linguaggio più elevato che non gli si addice ed è inadatto al contesto) e le espressioni
utilizzate in senso figurato che l‟interlocutore interpreta in senso letterale. Tutto questo, come
si vedrà, complica ulteriormente il compito del traduttore che si trova a dover affrontare
giochi di parole che risultano intraducibili nella lingua d‟arrivo.
La comicità delle idee necessita da parte dello spettatore il possesso di una certa cultura che
ne permetta la comprensione. Tale comicità si nutre di anacronismi, pastiche, parodie,
allusioni storiche e letterarie, ironia e inversione dei valori.
2
Cfr. Jacques Lorcey, Du mariage au divorce, Biarritz, Atlantica-Séguier, 2004, pp. 8-9.
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La comicità di carattere infine è strettamente collegata alla psicologia dei personaggi e ne
svela la vera mentalità; si hanno dunque i comportamenti assurdi, i contrasti tra l‟essere e
l‟apparire e la logica paradossale.
Per meglio comprendere l‟opera di Feydeau è però necessario fare anche riferimento alla sua
vita e al periodo storico che lo vede protagonista.
1.1 La vita di Georges Feydeau e la Belle Époque
Georges-Léon-Jules-Marie Feydeau nasce a Parigi l‟8 dicembre 1862 dalla polacca Lodzia (o
Léocadie) Boguslawa Zelewska, che le maldicenze della società di allora dicono abbia
concepito il bambino con il duca di Morny se non addirittura con Napoleone III, e da Ernest
Aymé Feydeau, mediatore di borsa e scrittore. Quest‟ultimo è amico di Sainte-Beuve,
Flaubert, Gautier e Alexandre Dumas figlio ma la sua casa è anche frequentata dai fratelli
Goncourt che nel famoso Journal non risparmieranno i giudizi negativi sul bambino da loro
considerato un angioletto capriccioso. Il padre di Feydeau aveva raggiunto il successo nel
1858 con il romanzo Fanny che inizialmente era stato visto con indifferenza ma che dopo la
condanna pubblica dell‟Arcivescovo di Parigi era riuscito a vendere quasi mezzo milione di
copie in cinque anni. Le opere successive di Ernest Feydeau non otterranno lo stesso
successo, ma questo non impedirà ai suoi contemporanei di riconoscere le sue abilità di
narratore. Nel 1869 dopo un violento attacco di collera dovuto alla campagna infamante
sollevata contro di lui dal quotidiano La Liberté, e che non risparmia neanche sua moglie,
accusata di furto, il padre di Georges resterà semiparalizzato; continuerà comunque a scrivere
sino a poco prima della morte, nell‟ottobre del 1873, e il suo saggio critico Théophile
Gautier: souvenirs intimes uscirà postumo.
Georges Feydeau manifestò molto presto il suo amore per il teatro: a soli 7 anni, dopo aver
assistito a una rappresentazione, scrive la sua prima commedia, mentre a 14 anni fonda con
l‟amico Louveau Le Cercle des Castagnettes, un circolo amatoriale che mette in scena atti
unici, monologhi, poemi e concerti. Nel 1882 scrive Par la fenêtre, atto unico con due
personaggi che viene rappresentato al Cercle des Arts Intimes suscitando un certo interesse; il
protagonista, un marito timido che dopo essere stato abbandonato dalla moglie finisce per
essere vessato dalla vicina, è un personaggio tipico del vaudeville, e in esso si individua già
l‟ironia dell‟autore. L‟anno successivo al teatro dell‟Athénée-Comique i critici, tra cui il
nuovo marito di sua madre, Henry Fouquier, assistono alla messa in scena di Amour et piano,
nuovo atto unico dell‟autore tutto basato su un quiproquo, un innamorato che viene scambiato
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per un insegnante di pianoforte e una ragazza che viene scambiata per un‟attrice, e lo
accolgono con simpatia.
La prima commedia in tre atti di Feydeau è datata 1886 ed è Tailleur pour dames; si tratta di
un‟opera il cui obiettivo è chiaramente quello di far ridere il pubblico senza puntare sulla
verosimiglianza e dove i personaggi sono come delle marionette nelle mani del loro creatore
che non ha pretese psicologiche. In questa prima opera in tre atti si presenta già quella
costruzione che Feydeau utilizzerà in tutte le commedie successive: un primo atto
introduttivo/espositivo, un secondo atto di vaudeville con incontri inattesi e imprevisti e un
terzo atto conclusivo che dipana la matassa.
L‟influenza della vita reale si farà ben presto sentire nelle opere dell‟autore a cominciare da
Champignol malgré lui (1892), commedia in tre atti scritta assieme a Maurice Desvallières, in
cui inserisce quasi parola per parola il discorso che gli fece il suo capitano durante il servizio
militare; alla base della comicità si ha nuovamente lo scambio di persona ma con un fondo
drammatico nella figura dell‟uomo che si vede costretto ad assumere fino al supplizio
un‟identità di cui si era appropriato in un momento di difficoltà. La commedia è un trionfo e
raggiungerà le 422 repliche. Nel frattempo, nel 1889, Feydeau sposa Marianne Carolus-
Duran, figlia di Charles-Emile-Auguste Durant pittore molto in voga in quel periodo e amico
di famiglia. Il matrimonio entrerà però in crisi nel 1897, per concludersi nel 1914 con la
richiesta di divorzio da parte della moglie dopo che l‟autore avrà abbandonato definitivamente
il tetto coniugale per trasferirsi all‟hotel Terminus. Nel 1894, ispirandosi forse alla commedia
di Scribe Une Chaîne (1841), Feydeau mette in scena Un fil à la patte, storia verosimile di un
giovane viveur che avendo trovato finalmente una donna bella e ricca da sposare cerca di
interrompere la relazione con una cantante di caffè concerto. Quello che conta
apparentemente è l‟amore, ma prima di tutto viene il miglioramento della condizione sociale e
il successo determinato dalla ricchezza. In sostanza Feydeau dimostra che per la società
dell‟epoca la cosa veramente importante è il conto in banca. I personaggi dunque non sono
più marionette; il pubblico inizia a sentirsi coinvolto nelle loro vicissitudini e a identificarsi
con essi.
Nello stesso anno Feydeau e Desvallières concludono la stesura di L’Hôtel du Libre-Échange,
commedia esilarante ricca di colpi di scena tutta basata sulle numerose peripezie dei
personaggi. Il trionfo è tale che durante il secondo atto della rappresentazione le risate del
pubblico coprono le battute degli attori trasformandole in una pantomima. Questa sarà
l‟ultima commedia che Feydeau scriverà in collaborazione con Desvallières ma la cosa non
avrà conseguenze sul suo successo. Nel 1896, infatti, al Palais-Royal andrà in scena Le
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Dindon, pièce nella quale Feydeau riscopre le qualità di Un fil à la patte e le esalta portandole
a un livello di quasi perfezione. La storia del dongiovanni accanito che insegue la sua “preda”
fino dentro casa per poi scoprire che si tratta della moglie di un suo caro amico è realistica e
ha un risvolto tragicomico nel momento in cui il personaggio si intestardisce nel voler
conquistare a ogni costo quella donna e coinvolge tutti nelle sue peripezie, fino a restare
vittima del piano che lui stesso ha orchestrato. Questa volta l‟autore approfondisce
ulteriormente il tema del matrimonio e della fedeltà coniugale, come viene concepita dalla
donna e dall‟uomo e anche come viene vista nella vecchiaia, senza per questo tralasciare la
satira sociale che ormai è parte integrante del suo teatro.
L‟opera più celebre di Feydeau resta comunque La Dame de Chez Maxim (1899) in cui
l‟autore riesce a mettere in scena un meccanismo praticamente perfetto dove tutto, persino i
quiproquo, trova una sua spiegazione e giustificazione e dove non mancano le invenzioni
geniali come la “poltrona estatica” che sarà all‟origine di una richiesta di risarcimento danni
da parte del professor Moutier, realmente esistente, citato da Feydeau nella commedia come
suo ipotetico inventore. La Dame de Chez Maxim diventerà il simbolo della vita parigina di
inizio secolo e il personaggio della Môme Crevette, la cocotte di buon cuore, farà storia. Negli
anni successivi la produzione teatrale dell‟autore vedrà alternarsi commedie in tre o quattro
atti come La main passe (1904), La puce à l’oreille (1907), Occupe-toi d’Amélie (1908) e atti
unici come Feu la mère de Madame (1908), On purge Bébé (1910), Léonie est en avance
(1911), Mais ne te promène donc pas toute nue (1912), Hortense a dit “Je m’en fous” (1916).
Questi ultimi si ispireranno alla sua vita coniugale e avranno per protagonisti mogli autoritarie
e mariti ridotti a vittime. Nel 1918, colpito da una grave malattia venerea molto difficile da
curare all‟epoca, Georges Feydeau verrà ricoverato in una casa di riposo di Rueil-Malmaison
dove morirà nel 1921.
Individuo profondamente malinconico e riservato, incline ad ascoltare piuttosto che parlare,
Feydeau era apprezzato dai suoi amici, tra i quali Guitry, Rostand e Peter, soprattutto per la
sua abilità nel descrivere alla perfezione le persone attraverso boutades diventate celebri.
Regista instancabile e di una pignoleria quasi maniacale, ha sempre sofferto per il fatto di non
essere considerato un autore serio, consapevole che né l‟Académie Française né la Comédie-
Française l‟avrebbero mai accolto all‟epoca. Trascorreva le serate da chez Maxim’s, dove
aveva un tavolo riservato a vita, e rientrava a casa solo verso le quattro del mattino dopo
lunghe passeggiate solitarie che gli permettevano anche di osservare la vita notturna della
città. Appassionato d‟arte, collezionerà le opere dei più grandi maestri: Cézanne, Monet,
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Corot, Pissarro, Renoir, Sisley, Ziem che poi sarà costretto a mettere all‟asta per problemi
finanziari dovuti alle sue speculazioni in Borsa.
Il teatro di Feydeau può essere considerato come il riflesso del periodo storico in cui l‟autore
è vissuto, quella Belle Époque, iniziata nel 1890 e conclusasi nel 1914, diventata simbolo di
ripresa per un paese che dopo la caduta del Secondo Impero nel 1870 e l‟entrata nella Terza
Repubblica aveva vissuto un grave periodo di crisi.
La Francia di fine Ottocento si presentava ancora come un paese rurale ma le grandi metropoli
come Parigi potevano già contare su un numero di abitanti pari a cinque volte quello delle
principali città di provincia, soprattutto grazie allo sviluppo industriale. La nobiltà era ormai
stata sostituita dalla borghesia, termine che però aveva assunto una connotazione peggiorativa
in quanto indicava una classe di arricchiti che spesso ostentava valori culturali di cui era
priva. L‟obiettivo principale di questa “nuova nobiltà” era quello di vivere di rendita e
pertanto fare un buon matrimonio era ritenuto fondamentale. Il ruolo dell‟uomo e della donna
nell‟ambito sociale era completamente diverso, l‟uomo si sposava verso i trenta o
quarant‟anni ed era perfettamente lecito che prima del matrimonio avesse avuto relazioni con
donne sposate o con cortigiane e cocottes; la donna, che di solito aveva dieci o quindici anni
di meno, doveva arrivare al matrimonio obbligatoriamente vergine, davanti alla legge era
considerata inferiore al marito e il suo ruolo principale era quello di mettere al mondo un
erede. In caso di adulterio, la donna su denuncia del marito rischiava la prigione mentre
quest‟ultimo veniva multato, a condizione di essere sorpreso in flagrante da un commissario
dopo la denuncia della moglie. In ogni casa borghese lavorava un gran numero di domestici,
provenienti soprattutto dalle campagne e sottopagati, e si organizzavano serate letterarie e
musicali. Il teatro era la principale fonte di intrattenimento e il pubblico accorreva in massa
per assistere ai grandi classici, ai vaudevilles, ai music-hall e ai melodrammi. Tra le opere più
rappresentate figuravano Cyrano de Bergerac di Edmond Rostand, la Dame aux camélias di
Alexandre Dumas figlio e Madame Sans-Gêne di Victorien Sardou, oltre alla Dame de Chez
Maxim di Feydeau .
La borghesia si interessava anche allo sport, all‟arte, collezionando sia opere di grandi maestri
che opere minori, e soprattutto stava prendendo piede la moda delle stazioni balneari come
Deauville. I giornali e le riviste acquisivano sempre maggiore importanza anche grazie alla
legge sulla libertà di stampa del 1881 e ai progressi tecnici in questo ambito. Nel 1894
l‟affaire Dreyfus, l‟arresto e la successiva condanna all‟ergastolo di un ufficiale dell‟esercito
francese, ebreo, accusato di vendere segreti militari alla Germania nonostante la sua evidente
innocenza, contribuirà non poco alla legge del 1905 che sancirà la separazione dello Stato
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dalla Chiesa e che permetterà alla Repubblica di garantire il libero esercizio di tutti i culti
religiosi senza sovvenzionarne nessuno. Nonostante la legge, l‟influenza clericale, soprattutto
nelle aree rurali, persisterà ancora a lungo attraverso le cerimonie religiose e attraverso le
congregazioni.
Benché Feydeau non abbia mai manifestato apertamente la propria opinione politica, nelle sue
opere è ben evidente una certa ironia sulle istituzioni e la società dell‟epoca, in particolar
modo per quanto riguarda le diverse classi sociali. Infatti oltre alla borghesia e alle cocottes,
per le quali l‟amore a pagamento è un lavoro vero e proprio, nelle commedie di Feydeau si
incontra tutto un panorama di personaggi appartenenti alla nobiltà, al clero, alla legge, alla
finanza, alla medicina, all‟industria ecc., oltre naturalmente ai domestici e ai commissari il cui
scopo è sorprendere gli adulteri in flagrante. Malgrado molto spesso non ci siano pretese
psicologiche, i personaggi rappresentati sono comunque il ritratto di un‟umanità variegata
sulla quale l‟autore si diverte a ironizzare attraverso le battute che mette in bocca alle sue
creature.
1.2 Lo stile di Feydeau
Sviluppatosi tra il 1600 e il 1700 in Francia, il genere del vaudeville che inizialmente indicava
una commedia intervallata da canzoni, musica e ballo aveva assunto verso la seconda metà del
1800 un nuovo significato, che vedeva attribuire il termine alle commedie brillanti
caratterizzate da equivoci e colpi di scena e del tutto prive di pretese psicologiche, filosofiche
o letterarie. Secondo Henry Gidel all‟epoca si potevano distinguere due forme principali di
vaudeville: il vaudeville a episodi e il vaudeville strutturato. Il vaudeville a episodi consisteva
in una serie di sketch legati l‟uno all‟altro da una trama sottile non necessariamente costruita
sul filo della logica; la comicità scaturiva dunque dal susseguirsi delle diverse situazioni e dai
dialoghi divertenti. Il vaudeville strutturato invece si basava su un rigore ferreo che non aveva
come fulcro un‟unica azione ma ne combinava quattro o cinque, che si intrecciavano
attraverso tutta una serie di quiproquo di cui restavano vittima i personaggi. I maggiori
esponenti di questa seconda tendenza erano Alfred Hennequin, Maurice Desvallières, Maurice
Hennequin, figlio di Alfred, e naturalmente Georges Feydeau. Feydeau tuttavia si distinguerà
dagli altri per la sua abilità di sfruttare fino all‟estremo limite le possibilità di questo tipo di
vaudeville, utilizzando una fantasia sfrenata che gli permetterà di mettere i personaggi in
situazioni comiche senza mai oltrepassare i confini della logica e costruendo le sue commedie
con precisione millimetrica.
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Salvo rare eccezioni era Feydeau stesso a occuparsi della messa in scena dei suoi testi e
l‟importanza che attribuiva alla cura dei minimi dettagli era tale da riempire i copioni di note
che lasciavano pochissimo spazio all‟immaginazione; le numerose didascalie accanto alle
battute non avevano dunque una semplice funzione di ausilio, ma erano parte integrante della
costruzione dell‟opera. La sua meticolosità si manifestava non solo in ambito scenografico ma
anche e soprattutto nell‟intonazione delle battute e nella posizione degli attori sul
palcoscenico. Per indicare con precisione l‟intonazione, l‟autore faceva affidamento sugli
elementi fonici e caricava quindi le battute di punti esclamativi, di fonemi del linguaggio
parlato e riproduceva tramite segni grafici anche le risate, gli sbadigli e i singhiozzi senza
lasciare nulla al caso. La battuta dunque diventava l‟esatta trascrizione di quello che
l‟interprete doveva dire e seguiva uno schema ritmico ferreo.
Per quanto riguarda la posizione degli attori, essa era in stretto rapporto con gli oggetti scenici
e con la situazione rappresentata e doveva seguire un rigore logico. Nel secondo atto della
Dame de Chez Maxim ad esempio, quando la Môme Crevette canta alla festa, Feydeau
inserisce la seguente nota:
« Ayant remarqué que beaucoup d‟interprètes ont une tendance à chanter la romance bien plus face
au public que face aux invités, je leur ferai observer qu‟en ce faisant elles commettent un véritable
non-sens au détriment de la situation. La Môme, à ce moment, est censée chanter pour les invités
du général, donc elle doit leur faire face et ne pas descendre à l‟avant-scène comme le bon sens
l‟indique. Je compte sur les artistes qui interpréteront ce rôle pour prendre en considération cette
observation. Lorsque j‟aurais affaire à une cabotine, bien entendu, je l‟autorise à agir au mieux de
ses intérêts. »”3
L‟estrema attenzione che apportava ai particolari induceva l‟autore a prevedere anche le
eventuali défaillances della macchina scenica, è questo il caso dell‟atto unico On purge Bébé,
nel quale il protagonista è un fabbricante di vasi da notte che deve dimostrare a un suo
possibile cliente l‟infrangibilità del prodotto; la comicità scaturisce dal fatto che il vaso si
deve rompere ogni volta che viene lanciato e a questo scopo Feydeau ricorre a una piccola
astuzia:
« Derrière la toile de fond du vestibule, placer perpendiculairement une planche, un praticable
quelconque, et insérer entre, des "pains" de fonte placés sur le tranchant de façon à opposer un
corps dur à l‟envoi des vases de nuit, ceci, afin d‟être sûr qu‟ils se briseront. »4
3
Jacques Lorcey, L’homme de Chez Maxim’s, Biarritz, Atlantica-Séguier, 2004, p. 196.
4
On purge Bébé in Marcel Achard, Théâtre complet de Feydeau, Paris, Éditions du Bélier, 1948, p. 125.
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Nel caso in cui però il trucco non funzioni l‟autore inserisce una battuta di riserva:
« Dans le cas, qui s‟est parfois présenté, où le vase en retombant ne se casserait pas, l‟artiste
chargé du rôle de Follavoine dirait simplement: “Vous voyez! incassable! et vous savez, vous
pouvez le lancer autant de fois que vous voulez… D‟ailleurs, si vous désirez vous en rendre
compte: une, deux, trois… Hop! voilà!. »5
La cosa che più colpisce del teatro di Feydeau è comunque l‟ingegnosità che scaturisce dal
suo non accontentarsi dei mezzi tradizionali. Gli elementi meccanici diventeranno una
caratteristica essenziale delle sue opere: in Le Dindon l‟autore utilizza i campanelli nascosti
nel letto già sfruttati da Hennequin e Veber, in La puce à l’oreille introduce un letto girevole,
in Occupe-toi d’Amélie una coperta magica, in La duchesse des Folies-Bergères un armadio
truccato, in Hortense a dit: “Je m’en fous!” il paziente di un dentista resta intrappolato nella
poltrona, in La main passe un fonografo registra la conversazione tra due amanti. Numerosi
sono anche gli elementi parapsicologici: in L’Hôtel du Libre-Échange le nipotine vengono
scambiate per fantasmi, in La Dame de Chez Maxim viene utilizzata una “poltrona estatica” in
grado di ipnotizzare le persone, in Dormez, je le veux! uno dei personaggi è un ipnotizzatore.
Il rapporto che si crea tra l‟uomo e i diversi elementi genera dunque un nuovo tipo di comicità
che in un certo senso anticipa i meccanismi che saranno utilizzati anche dal cinema muto.
L‟aspetto più importante per Feydeau è la verosimiglianza, ragione per cui, come affermerà
lui stesso, i personaggi non dovranno mai fare o dire cose che non siano strettamente motivate
dal loro carattere o dall‟azione. Partendo dalle figure femminili rappresentate, l‟opera
dell‟autore può essere suddivisa in tre filoni: quello della borghese velleitaria, quello della
cocotte e quello della bisbetica.6 Il filone della borghese velleitaria vedrà come protagonista la
borghese-tipo che cerca in tutti i modi di vendicarsi del marito di cui ha scoperto o sospetta il
tradimento. Naturalmente l‟adulterio non avrà mai luogo perché la donna vuole comunque
difendere quella rispettabilità che si esige dal suo appartenere a una determinata classe
sociale. Rientrano in questo ambito Monsieur chasse (1892), L’Hôtel du Libre-Échange
(1894), Le Dindon (1896), La puce à l’oreille (1907). Il secondo filone sarà caratterizzato dal
personaggio della cocotte di buon cuore; si tratta di una donna spensierata, e soprattutto libera
da quegli obblighi sociali che limitavano la borghese, che finisce per lasciarsi coinvolgere
nelle più svariate situazioni fingendo di essere chi non è o cercando di non perdere l‟amante.
5
Jacques Lorcey, op.cit., p. 195.
6
Cfr. Sandro Bajini, Georges Feydeau, Teatro, Milano, Adelphi, 1970, pp. 14-16.