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Introduzione
Il mio progetto di tesi verte sul tema delle trasformazioni urbanistiche realizzate mediante la
formazione delle Società di Trasformazione Urbana, le quali costituiscono un nuovo strumento
societario del Partenariato Pubblico Privato che consente agli Enti locali di intervenire per la
trasformazione urbana del territorio: un modello societario speciale a partecipazione pubblico
privata, finalizzato appunto alla realizzazione di tali interventi.
La mia attenzione si è focalizzata su questo argomento poiché società del genere da parecchio
tempo operano in molti altri paesi europei e ora si sta diffondendo in Italia sempre più
l’interesse per questo tipo di modello societario, soprattutto da parte delle amministrazioni
locali che si interrogano sulle nuove forme di gestione del territorio, registrando però al
momento una scarsa applicabilità.
Negli ultimi anni stiamo assistendo a profondi mutamenti nell’ambito delle trasformazioni
urbanistiche, non più viste come attività esclusiva dei Comuni che promuovono, dirigono e
applicano le trasformazioni, ma come esito e frutto del lavoro congiunto tra diversi attori che
dominano ormai la scena urbana delle nostre città e le relative risorse che ne derivano.
Allargando la prospettiva di analisi, è come se si stesse delineando una “nuova urbanistica” i
cui punti qualificanti vanno a toccare temi come la concezione di piano, lo sviluppo del
partenariato e l'allargamento della partecipazione.
Si assiste, infatti, ad un rapporto circolare e interattivo tra il piano e il progetto: dal piano come
base programmaticamente rigida per la concessione di autorizzazioni a costruire secondo
progetti approvati perché conformi, si passa alla concezione del piano come sintesi dinamica di
progetti proposti da operatori, che li realizzano con risorse proprie, in tempi definiti e con
caratteristiche tecnico- economiche concertate.
Si ampliano, inoltre, i processi di partenariato su cui si fondano la formazione e l'attuazione del
piano: la concertazione tra le pubbliche amministrazioni e la negoziazione con gli operatori
privati, i quali si impegnano non solo a realizzare le opere di propria competenza ma anche a
finanziare e/o progettare, ed eventualmente realizzare, le opere pubbliche.
Si instaura, infine, un diverso rapporto tra istituzioni pubbliche e operatori privati, i quali non
subiscono il piano ma, con le proprie proposte, partecipano concretamente contribuendo alla
sua formazione e al suo sviluppo attuativo.
A tutto ciò, si aggiunge la necessità di verifica anticipata del livello qualitativo dei progetti
intesa come condizione necessaria alla loro realizzazione, costituendo una componente
essenziale del processo di valorizzazione del contesto urbano.
Si registrano, perciò, modifiche sia a livello istituzionale con i relativi rapporti che ne
conseguono tra i diversi attori, sia a livello progettuale, da cui deriva una concezione della
trasformazione del tutto diversa rispetto agli anni passati.
Oggi, infatti, l’enorme dimensione finanziaria dell’investimento che comporta una
trasformazione urbanistica, la rilevante entità e frammentazione degli interessi in gioco, il
carattere multisettoriale delle trasformazioni ipotizzate che implica l’impiego di competenze
professionali assenti nell’Ente locale, fanno sì che ogni procedura attuativa sia caratterizzata da
un elevato grado di complessità e richieda un alto apporto di innovazione. Da ciò deve derivare
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un approccio al territorio completamente differente rispetto agli anni precedenti, perché non
solo sono cambiati gli obiettivi che stanno alla base di una trasformazione, ma e soprattutto le
funzioni e gli interessi che ne derivano.
Gli obiettivi, cioè, sono diversi rispetto a quelli che dominavano il periodo storico dell’Italia del
dopoguerra, dove la voglia di rinascere e di risollevarsi dal baratro in cui si era caduti durante
la guerra, ha portato ad un periodo di ricostruzione e di espansione delle nostre città. Oggi la
situazione economica, sociale ed urbanistica delle città italiane è molto cambiata. La fase
evolutiva attraversata dalle città italiane non è più quella dell’espansione, bensì quella della
trasformazione interna: le strutture e i tessuti dell’insediamento urbano invecchiano e quindi
devono essere rinnovati. Alcune porzioni della città, infatti, abbandonate dalle attività
economiche per cui erano state urbanizzate ed edificate, necessitano assolutamente di una
“rigenerazione”, in termini sia fisici sia funzionali. A ciò si aggiunge la necessità di reperire le
risorse adatte a generare tali processi.
Ormai la consuetudine è quella di identificare i Comuni ancora come i sostenitori dell’interesse
comune, ma in realtà il loro operare è sempre più limitato, vuoi per cause esogene che
endogene.
Le cause esogene si ricollegano principalmente ai punti esplicitati precedentemente, ossia la
necessità di revisionare la concezione di piano divenuto ormai espressione del dialogo tra
pubblica amministrazione e operatori (quest’ultimi sempre più esigenti e desiderosi di voler
intervenire nello sviluppo nel contesto in cui vivono), invece, le cause endogene si riferiscono
essenzialmente ad una mancanza di risorse da parte dei Comuni, necessarie a mettere in moto i
processi di trasformazione, una mancata professionalità e capacità imprenditoriale, che oggi è
abitudine associare al settore privato.
Tutto ciò ha portato il legislatore ad interrogarsi su tali problematiche partendo ormai dal fatto
che è di fondamentale importanza coinvolgere sempre più i privati, ma tenendo fermo il ruolo
di un’Amministrazione vigilante/aggiudicatrice che deve trarre ma anche concedere vantaggi
a soggetti terzi. L’Amministrazione, cioè, operando sul territorio trae beneficio trasformandolo,
ma gravando limitatamente sul proprio bilancio finanziario e concede, allo stesso tempo,
vantaggio sia agli investitori che, dal loro operare, ottengono ovviamente un ritorno economico
sia ai cittadini che, utenti finali dei processi di trasformazione, traggono benefici dal prodotto
finale, qualora il progetto, come dovrebbe essere, apporti una nota di qualità alla città.
L’obiettivo della tesi consiste nel tentativo di simulazione di uno degli strumenti che, a mio
avviso, è in grado di rispondere al meglio alle problematiche e alle necessità precedentemente
esposte: si tratta dello strumento della Società di Trasformazione Urbana (STU), da costituire e
applicare nella realtà torinese per la trasformazione di alcune zone della città.
L’idea parte da un bando che il comune di Torino nel 2009 ha emesso: “La Metamorfosi”, un
Concorso di idee aperto a tutti i professionisti architetti e ingegneri per riflettere su proposte
innovative per tre grandi porzioni di città: gli ambiti Spina 4, Sempione Gottardo ex trincea
ferroviaria e Scalo Vanchiglia.
Tali aree sono interessate dagli interventi previsti dalla Variante 200 al Piano Regolatore, con cui
si prevede un’ampia trasformazione del quadrante nord- est della città.
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Il bando, in linea col documento programmatico della Variante 200, prevede la costituzione di
una STU a maggioranza pubblica, cui affidare la trasformazione nelle sue varie componenti.
È su quest’ultimo punto che la tesi si completa: capire come, all’interno di un ambito territoriale
interessato da una trasformazione urbana a tutti gli effetti, possa verificarsi la formazione e
attivazione di una STU, quali i suoi principi e le forme contrattuali con il Comune, i suoi
vantaggi o svantaggi.
Per raggiungere il mio obiettivo, occorre ovviamente fare delle approfondite analisi sia su ciò
che può essere inteso come Partenariato pubblico- privato e quindi i relativi strumenti
sviluppatisi, sia sulle caratteristiche delle aree interessate dalla trasformazione prevista dalla
V200.
La mia tesi, perciò, si divide in tre capitoli principali con relativi paragrafi e sottoparagrafi.
Il primo capitolo tratta il tema del partenariato pubblico privato e le sue relative forme, a cui
segue un approfondimento di due strumenti, il Project Financing e la Società di Trasformazione
Urbana, di cui verranno analizzati gli elementi focali, gli obiettivi, le modifiche normative, i
soggetti coinvolti, le modalità di attuazione, gli studi di fattibilità, ecc. In definitiva si andranno
a delineare gli elementi che compongono i telai strutturali che sorreggono tali modelli.
In particolare, il primo capitolo tratta i seguenti argomenti:
- paragrafo 1: esplicitazione del Partenariato pubblico- privato attraverso lo studio delle
sue caratteristiche principali e delle sue forme di classificazione. Studiare questa forma
di cooperazione pubblico privato è utile per introdurre le varie forme applicative di
cooperazione tra pubblico e privato e i modelli societari;
- paragrafo 2: studio del Project Financing o Finanza di Progetto (PF). Si tratta di una
tecnica di finanziamento, una modalità applicativa del PPP, grazie alla quale si
concretizza la partecipazione attiva del privato nelle opere di trasformazione;
- paragrafo 3: breve rassegna dei modelli societari;
- paragrafo 4: studio approfondito delle norme e dei relativi contenuti strutturali della
Società di Trasformazione Urbana, il cui esame è ovviamente fondamentale per poter
proseguire nella successiva terza parte con la simulazione della costituzione di tale
strumento nella città di Torino.
Il secondo capitolo si concentra sulle aree interessate dalla trasformazione, da cui si
svilupperanno una serie di studi urbanistici su Torino. I documenti che verranno analizzati
sono: il Piano regolatore vigente, il documento di Variante 200 e il Programma Territoriale
Integrato “Infrastrutture e qualità della vita nel quadrante est-nord–est di Torino - Barriera
mobile”.
Successivamente si eseguono degli studi prettamente economici con delle riflessioni sugli studi
di fattibilità effettuati sulle trasformazioni previste nell’area.
Per meglio comprendere questo mio studio, ho ritenuto opportuno suddividere il secondo
capitolo in due paragrafi, da me denominati “fasi”:
- fase 1: racchiude lo studio del Piano regolatore vigente di Torino e della Variante 200 che
andrà ad interessare l’area di mio interesse, il quadrante nord- est di Torino. È, inoltre,
utile porre attenzione sullo studio del Programma Territoriale Integrato “Infrastrutture e
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qualità della vita nel quadrante est-nord–est di Torino - Barriera mobile” per ciò che
concerne le analisi svolte sulle aree comprese nel quadrante nord- est di Torino;
- fase 2: comprende gli studi di fattibilità, eseguiti per le aree di mio interesse, prendendo
come riferimento sia quelli svolti dalla Finpiemonte sia quelli inclusi all’interno del
citato PTI.
Il tutto vede la conclusione nel terzo capitolo della tesi con una rassegna delle STU realizzate in
Italia e la mia ipotesi di simulazione.
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Capitolo primo: Conformazione dello strumento di partenariato pubblico
privato: le Società di Trasformazione urbana
1 Partenariato pubblico privato (PPP)
Il Partenariato Pubblico Privato non è definito né a livello nazionale, né a livello comunitario.
Con tale termine viene, infatti, indicata una vasta gamma di modelli di cooperazione tra il
settore pubblico e quello privato.
Nel “libro verde” presentato il 30 aprile 2004, la Commissione europea ha affermato che il
termine “partenariato pubblico-privato” (PPP) si riferisce in generale a “forme di cooperazione tra
le autorità pubbliche e il mondo delle imprese che mirano a garantire il finanziamento, la costruzione, il
rinnovamento, la gestione o la manutenzione di un’infrastruttura o la fornitura di un servizio”.
Con il termine Partenariato pubblico privato (PPP), infatti, si definiscono diverse forme di
cooperazione tra settore pubblico e settore privato, attraverso le quali le rispettive competenze e
risorse si integrano per realizzare e gestire opere infrastrutturali in funzione delle diverse
responsabilità ed obiettivi (Tessarolo, 2004).
In un progetto di PPP, la Pubblica Amministrazione affida all’operatore privato, anche sulla
base di uno specifico contratto, l’attuazione di un progetto per la realizzazione di opere
pubbliche o di pubblica utilità e per la gestione del relativo servizio.
Ciò implica la realizzazione di una complessa operazione, nella quale coesistono, in tutto o in
parte, i seguenti elementi chiave:
• la progettazione (Design);
• il finanziamento (Finance);
• la costruzione (Build);
• la gestione (Operate);
• la manutenzione (Maintenance).
Tramite queste forme di cooperazione tra i poteri pubblici e i privati, specie per i progetti
complessi e innovativi, la cooperazione con i privati consente all'amministrazione di accrescere
le risorse a disposizione e acquisire soluzioni innovative (www.ilsole24ore.com).
Le amministrazioni, per tutto l’iter di realizzazione dell’infrastruttura pubblica, per acquisire
chiarimenti, pareri e relazioni di natura tecnica, giuridica ed economico‐ finanziaria, sono
assistite a titolo gratuito e su loro richiesta dall’Unità Tecnica Finanza di Progetto.
L’UTFP è un organismo tecnico istituito dall'art. 7 della L. n.144/1999 presso il Comitato
Interministeriale per la Programmazione Economica (CIPE) (AA.VV., 2009).
L’UTFP ha il compito di:
- promuovere, all'interno delle pubbliche amministrazioni, sia centrali che locali, l'utilizzo
di tecniche di finanziamento di infrastrutture con ricorso a capitali privati;
- assistere le amministrazioni richiedenti, in tutte le fasi dei procedimenti attraverso cui si
realizzano progetti in Partenariato Pubblico Privato;
- fornire supporto alle commissioni costituite nell'ambito del CIPE su materie inerenti il
finanziamento delle opere infrastrutturali del Paese.
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1.1 Le opere pubbliche da realizzare in PPP
I progetti realizzabili attraverso forme di PPP possono essere classificati in base a tre principali
tipologie:
- “progetti dotati di una intrinseca capacità di generare reddito attraverso ricavi da
utenza”: i ricavi commerciali prospettici di tali progetti consentono al settore privato un
integrale recupero dei costi di investimento nell’arco della durata della concessione. In
tale tipologia di progetti, il coinvolgimento del settore pubblico si limita ad identificare
le condizioni necessarie per consentire la realizzazione del progetto, facendosi carico
delle fasi iniziali di pianificazione, autorizzazione, indizione dei bandi di gara per
l’assegnazione delle concessioni e fornendo la relativa assistenza per le procedure
autorizzative. Esempi di tali progetti sono parcheggi, cimiteri, porti;
- “progetti in cui il concessionario privato fornisce direttamente servizi alla pubblica
amministrazione”: è il caso di tutte quelle opere pubbliche - carceri, ospedali, scuole -
per le quali il soggetto privato che le realizza e gestisce trae la propria remunerazione
esclusivamente (o principalmente) da pagamenti effettuati dalla pubblica
amministrazione su base commerciale;
- “progetti che richiedono una componente di contribuzione pubblica”: è il caso di
iniziative i cui ricavi commerciali da utenza sono di per se stessi insufficienti a generare
adeguati ritorni economici, ma la cui realizzazione genera rilevanti esternalità positive in
termini di benefici sociali indotti dalla infrastruttura. Tali esternalità giustificano
l’erogazione di una componente di contribuzione pubblica.
1.2 Le caratteristiche principali di un’operazione di PPP
Le caratteristiche di un’operazione di Partenariato Pubblico Privato sono:
- la durata relativamente lunga della collaborazione tra il partner pubblico ed il partner
privato relativamente ai vari aspetti di un progetto da realizzare;
- la modalità di finanziamento del progetto, garantito da parte del settore privato. Spesso
quote di finanziamento pubblico, a volte ingenti, possono aggiungersi ai finanziamenti
privati;
- il ruolo importante dell’operatore economico, che partecipa a varie fasi del progetto. Il
partner pubblico si concentra principalmente sulla definizione degli obiettivi da
raggiungere in termini di interesse pubblico, di qualità dei servizi offerti, di politica dei
prezzi, e garantisce il controllo del rispetto di questi obiettivi;
- la ripartizione dei rischi tra il partner pubblico ed il partner privato. Tale ripartizione dei
rischi si effettua caso per caso, in funzione della capacità delle parti di identificare,
valutare, controllare e gestire gli stessi.
1.3 Le forme di PPP
La classificazione del PPP a livello europeo
Il “Libro verde relativo ai Partenariati Pubblico‐ Privati ed al diritto comunitario degli appalti pubblici e
delle concessioni”, presentato dalla Commissione Europea il 30 aprile 2004, distingue due
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categorie di partenariati in base agli strumenti giuridici attraverso i quali si realizzano tali
operazioni:
- partenariato contrattuale, basato su legami contrattuali tra i soggetti partecipanti alle
operazioni, in base ai quali uno o più compiti vengono affidati ad un privato. In questo
contesto uno dei modelli più conosciuti è il modello concessorio, caratterizzato dal
legame diretto esistente tra il partner privato e l’utente finale: il privato fornisce un
servizio alla collettività in luogo, ma sotto il controllo, del soggetto pubblico;
- partenariato istituzionalizzato, che implica l’esistenza di una struttura societaria
detenuta congiuntamente dal partner pubblico e dal partner privato, avente la missione
di assicurare la fornitura di un’opera o di un servizio a favore della collettività. Negli
Stati membri le autorità pubbliche ricorrono a questa categoria, in particolare, per la
gestione di servizi pubblici a livello locale (servizi di approvvigionamento idrico o per la
raccolta dei rifiuti). La cooperazione diretta tra pubblico e privato nel quadro di un
organismo dotato di personalità giuridica propria permette al partner pubblico di
conservare un livello di controllo relativamente elevato sullo svolgimento delle
operazioni, che può essere modificato nel tempo in funzione delle circostanze, attraverso
la propria presenza nella partecipazione azionaria e in seno agli organi decisionali
dell’impresa comune. Essa permette, inoltre, al partner pubblico di sviluppare
un’esperienza propria riguardo alla fornitura del servizio in questione, pur ricorrendo al
sostegno di un partner privato. La creazione di un PPP istituzionalizzato può avvenire
sia attraverso la creazione di una società detenuta congiuntamente dal settore pubblico e
dal settore privato, sia tramite il passaggio a controllo privato di una società già esistente
(privatizzazione).
Le forme di PPP individuate a livello nazionale
L’ordinamento giuridico italiano prevede sia forme di PPP contrattuale, sia forme di PPP
istituzionalizzato.
Le principali forme di PPP contrattuale sono:
- la concessione di lavori;
- la concessione di servizi;
- la sponsorizzazione;
- la locazione finanziaria.
Esistono inoltre altri istituti che possono configurare forme di PPP contrattuale e che sono
destinati alla realizzazione di specifiche operazioni:
- il promotore di opere di urbanizzazione;
- il promotore di insediamenti turistici;
- la concessione di beni immobili per la valorizzazione a fini economici.
Le forme di PPP istituzionalizzato sono:
- società per azioni miste a prevalente capitale pubblico;
- società per azioni miste a prevalente capitale privato;
- società per azioni miste costituite ai sensi del Codice Civile;
- società di Trasformazione Urbana.
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Il partenariato pubblico- privato di tipo puramente contrattuale
Il partenariato contrattuale è basato su legami contrattuali tra i soggetti partecipanti alle
operazioni, in base ai quali uno o più compiti vengono affidati ad un privato.
I modelli di partenariato di tipo puramente contrattuale più conosciuti sono l’appalto e la
concessione:
- gli appalti pubblici sono contratti a titolo oneroso stipulati per iscritto tra uno o più
operatori economici e una o più amministrazioni aggiudicatrici aventi per oggetto
l’esecuzione di lavori, la fornitura di prodotti o la prestazione di servizi;
- le concessioni di lavori o di servizi sono, come gli appalti pubblici, contratti a titolo
oneroso stipulati per iscritto tra uno o più operatori economici e una o più
amministrazioni aggiudicatrici aventi per oggetto l’esecuzione di lavori o la prestazione
di servizi, il cui corrispettivo, però, consiste unicamente nel diritto di gestire l’opera o i
servizi o in tale diritto accompagnato da un prezzo.
La differenza tra i due “modelli” suddetti sta, dunque, in questo: nella concessione, l’impresa
concessionaria eroga le proprie prestazioni al pubblico e, pertanto, assume il rischio della
gestione dell’opera o del servizio, in quanto si remunera, almeno per una parte significativa,
presso gli utenti mediante la riscossione di un prezzo; nell’appalto, invece, le prestazioni
vengono erogate non al pubblico, ma all’amministrazione, la quale è tenuta a remunerare
l’attività svolta dall’appaltatore per le prestazioni ad essa rese. L’impresa che fornisce l’opera o
il servizio non subisce, quindi, il rischio connesso alla gestione dell’opera o del servizio, sicché,
venendo a mancare l’elemento rischio, la fattispecie non è configurabile come concessione, bensì
come appalto di lavori o di servizi.
La scelta del partner privato
Si osserva ora come avviene la scelta del socio privato in base alle diverse forme previste dal
partenariato pubblico- privato contrattuale (Tessarolo, 2004).
Appalti
Le amministrazioni aggiudicano gli appalti di lavori, forniture e servizi mediante procedura
aperta o mediante procedura ristretta (art. 28, direttiva 2004/18/CE).
Le amministrazioni aggiudicatrici possono, inoltre, aggiudicare gli appalti mediante il “dialogo
competitivo” ove ricorrono le condizioni previste dall’art. 29 della direttiva citata o anche
mediante una procedura negoziata, con o senza pubblicazione del bando, nei casi e alle
condizioni previste dagli artt. 30 e 31 della direttiva stessa.
Concessione di lavori pubblici.
La direttiva 2004/18/CE non contiene disposizioni specifiche sulle modalità di aggiudicazione
dei contratti di concessione di lavori.
Il diritto interno prevede, invece, che le concessioni di lavori pubblici siano affidate mediante
licitazione privata (art. 20, c. 2, l. 11 febbraio 1994, n. 109 e s.i.m.).
Concessione di servizi
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Nella maggior parte dei casi, le amministrazioni pubbliche affidano servizi a “terzi” e sono
tenute ad “attenersi alle norme e ai principi procedurali che regolano la successiva selezione del
fornitore”. Tali norme e principi, come ha chiarito la Commissione europea, “derivano dal
Trattato e si applicano a tutti i contratti conclusi dagli Stati membri per la prestazione di attività
economiche ai sensi del Trattato, indipendentemente dalla loro classificazione da parte della
legislazione nazionale”.
Il partenariato pubblico- privato di tipo puramente istituzionalizzato
I partenariati pubblico-privato di tipo istituzionalizzato sono, secondo la Commissione europea,
quelli che implicano una cooperazione tra il settore pubblico e il settore privato in seno ad
un’entità distinta, che implicano, cioè, la creazione di un’entità detenuta congiuntamente dal
partner pubblico e dal partner privato, che ha il compito di assicurare la fornitura di un’opera o
di un servizio a favore del pubblico.
Il modello di partenariato di tipo istituzionalizzato più conosciuto è quello della “società mista”.
La scelta del socio privato
La Commissione europea tende ad assimilare il partenariato pubblico-privato di tipo
“istituzionalizzato” a quello di tipo “puramente contrattuale” e perciò a considerare applicabile
anche al primo tipo di partenariato, il “diritto comunitario degli appalti pubblici e delle
concessioni”.
Ciò ha delle ovvie ricadute sulle modalità di scelta del partner privato, essendo chiaro che
anche in tal caso, pur in assenza di norme specifiche, dovranno applicarsi, come avviene per
l’affidamento a “terzi” di servizi mediante concessioni, le norme del Trattato sulla libera
prestazione dei servizi e sulla libertà di stabilimento, nonché i principi della trasparenza, della
parità di trattamento, della proporzionalità e del reciproco riconoscimento.
La necessità di ricorrere a procedure selettive per la scelta del partner privato con il quale
costituire “società miste” è, comunque, una regola ormai acquisita nell’ordinamento interno.
Si prevede che il socio privato deve essere scelto attraverso l’espletamento di gare con
procedure ad evidenza pubblica nel caso in cui si tratti di costituire, ad esempio:
- le società miste per la gestione di servizi pubblici locali;
- le società per la riscossione dei tributi e di tutte le altre entrate degli enti locali;
- le società di trasformazione urbana;
- le società senza il vincolo della proprietà pubblica maggioritaria.
Le società miste secondo il libro verde
Il modello di società mista ipotizzato nel “libro verde” dalla Commissione europea diverge da
quello che si è tradizionalmente affermato nella prassi italiana.
In estrema sintesi può, in proposito, affermarsi che secondo la Commissione:
a) la società mista deve essere costituita per svolgere le prestazioni definite “in modo
sufficientemente chiaro e preciso” nel bando di gara;
b) al socio privato spetta svolgere le prestazioni affidate alla società;
c) il socio pubblico deve, invece, svolgere solamente il ruolo di controllore delle operazioni
“in seno agli organi decisionali dell’impresa comune”;
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d) siccome il socio privato assume, come visto, il ruolo di “esecutore” degli incarichi
affidati alla società, la scelta dello stesso, oltre ad avvenire mediante una procedura
concorrenziale, non può basarsi “esclusivamente sulla qualità del suo contributo in
capitali o della sua esperienza”, dovendosi anche “tenere conto delle caratteristiche della
sua offerta per quanto riguarda le prestazioni specifiche da fornire”;
e) nel caso in cui la società mista intenda, a sua volta, affidare degli incarichi non potrà
avvalersi del socio privato, ma essendo essa stessa un’amministrazione aggiudicatrice,
dovrà bandire un’apposita gara;
f) la durata della società mista dovrà, infine, coincidere “con la durata del contratto o della
concessione”, giacché, altrimenti, le amministrazioni aggiudicatrici potrebbero essere
indotte “a rinnovi dell’incarico affidato a questa impresa senza che sia posta in essere
una reale nuova messa in concorrenza” e, quindi, in definitiva, ad attribuire gli incarichi
“per una durata illimitata”.
Il modello di società mista ipotizzato dalla Commissione nel “libro verde” pare, dunque, essere
quello di una concessione che assume la forma della società nella quale il partner privato
realizza gli incarichi specificati nel bando di gara e il partner pubblico controlla, dall’interno
della società, il modo in cui gli incarichi stessi vengono realizzati.
Gli organismi in house
Gli organismi in house, pur essendo parte del sistema amministrativo facente capo alla pubblica
amministrazione, non devono necessariamente costituire un’articolazione interna
dell’amministrazione stessa priva di soggettività giuridica. E’ pertanto possibile che gli
organismi in house siano dotati di una propria personalità giuridica, distinta, cioè, da quella
dell’amministrazione di appartenenza. Trattasi, tuttavia, di una distinzione che si rileva sul
piano formale, ma non su quello sostanziale. Gli organismi in house, infatti, anche se sono
formalmente distinti dall’amministrazione pubblica, non hanno alcuna autonomia decisionale,
in quanto essi rappresentano solo un modulo organizzativo di cui l’amministrazione stessa si
avvale per soddisfare proprie esigenze.
Il modello italiano di società mista
Il modello di società mista che si è sviluppato tradizionalmente in Italia non coincide né con
quello ipotizzato dalla Commissione europea nel “libro verde” né con quello in house ma, in un
certo senso, li comprende entrambi.
Le società miste previste dall’ordinamento interno condividono con gli organismi in house la
possibilità di essere affidatarie dirette degli incarichi ad esse attribuiti, nonché, almeno di solito,
la prevalenza della loro attività a favore dell’ente o degli enti pubblici che le costituiscono.
Le società miste in questione si differenziano, invece, dagli organismi in house perché i controlli
che su di esse esercitano gli enti pubblici che le costituiscono sono quelli che vengono
normalmente esercitati dai soci di una società di capitali e non hanno, perciò, nulla a che vedere
con i controlli ai quali devono essere sottoposti gli organismi in house.
Le società miste previste dall’ordinamento interno condividono con le società miste ipotizzate
dalla Commissione europea la necessità che il socio privato venga scelto mediante una
procedura concorrenziale. Pertanto, se è vero che alle società miste previste dall’ordinamento
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interno gli incarichi sono ad esse affidati direttamente, è del pari vero che il coinvolgimento dei
privati nello svolgimento di tali incarichi avviene attraverso una procedura concorrenziale e,
quindi, nel rispetto del diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni.
Le società miste previste dall’ordinamento interno si differenziano da quelle ipotizzate dalla
Commissione europea, soprattutto perché le attività loro affidate non sono, almeno di norma,
svolte dai soci, ma direttamente dalla società con la propria organizzazione imprenditoriale, per
cui il ruolo che in esse esercita il socio pubblico non è quello di un semplice controllore, ma
quello di gestore o co-gestore di tali attività. Né, d’altra parte, in dette società è sempre
necessaria la presenza di soci privati imprenditori, essendo possibile che alla stessa partecipino
soci investitori, utenti, dipendenti, ecc. Infine, siccome le società in questione vengono costituite
per svolgere attività che, di solito, non sono limitate nel tempo, la loro durata non è suscettibile
di una determinazione precisa, essendo strettamente collegata a quella dell’affidamento
dell’attività stessa.
La privatizzazione delle imprese pubbliche
L’operazione di cessione dei capitali di un’impresa pubblica non è regolata dal diritto
comunitario delle concessioni e degli appalti pubblici.
A tale operazione sono, tuttavia, applicabili le disposizioni relative alla libertà di stabilimento,
le quali “impongono il rispetto dei principi di trasparenza e di parità di trattamento”, allo scopo
di garantire che ogni potenziale operatore abbia il medesimo accesso alla prestazione delle
attività “fino a quel momento riservate ai pubblici poteri” (Tessarolo, 2004).
1.4 La ripartizione dei rischi
La ripartizione dei rischi è il fondamentale criterio di valutazione delle diverse forme di PPP.
Esistono tre tipi di rischio: di costruzione, di disponibilità e di domanda.
Il rischio di costruzione copre eventi quali:
- ritardo nei tempi di consegna;
- non rispetto degli standard di progetto;
- aumento dei costi;
- inconvenienti di tipo tecnico nell’opera;
- mancato completamento dell’opera.
In tutti questi casi l’assunzione del rischio da parte del privato implica che non sono ammessi
pagamenti pubblici che non siano correlati alle condizioni prestabilite nel contratto di
costruzione dell’opera.
Il rischio di disponibilità è legato alla capacità del concessionario di erogare le prestazioni
contrattuali pattuite, sia per volume che per standard di qualità.
Il rischio di domanda è legato alla variabilità della domanda che non dipende dalla qualità del
servizio, ma da altri fattori: presenza di alternative più convenienti, il ciclo di business, nuove
tendenze del mercato (AA.VV., 2009).
Si riporta di seguito la scheda esplicativa su quando utilizzare il Partenariato pubblico- privato
e relativi vantaggi e svantaggi dell’applicabilità di tale strumento.
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Fig.1: Schema di Partenariato Pubblico- Privato. Elaborazione dell’autrice da Bo G., Cori R., Ercini F., Ferrante G., Marasco P., Martiniello L., Paradisi I,
Pasquini G., Ricchi P., Samoggia M., “UTPF: 100 domande e risposte”, presentato dal Dipartimento per la Programmazione e il Coordinamento della
Politica Economica, Febbraio 2009. (http://www.utfp.it/docs/pubblicazioni/100%20domande%20e%20risposte_%20edizione%202009.pdf)