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Globalizzare una strategia marketing richiede, tuttavia, di adattarsi alle
differenze strutturali, come ad esempio i canali di distribuzione tra l’Europa, gli
Stati Uniti e il Giappone.
Anche se una buona strategia marketing riposa su delle politiche marketing
uniche (prodotto, prezzo, distribuzione, comunicazione), ognuno degli elementi
sarà adattato se necessario, di fronte ai cambiamenti della domanda, alle nuove
sensibilità dei consumatori, all’ambiente culturale, e dovrà tenere conto di un
accorciamento e di una deformazione della curva di vita dei prodotti.
Strategia prodotto o strategia marca, concetto unico, internazionale o
adattabile, prodotto in temporale, ma sottomesso sempre più alle realtà dei mercati
e alle regole dell’evoluzione delle curve di vita dei prodotti di consumo, i prodotti
di lusso vedono il loro campo d’azione restringersi.
Solo i prodotti distintivi, storici o contemporanei, appartenenti ad un territorio
ben identificabile, di una marca tradizionale o più recente, si distingueranno dai
beni più accessibili sottomessi alle leggi del mercato e risponderanno innanzitutto
a delle “curve di stile”.
Creatività, perfezione e distinzione sembrano costituire la sola trilogia delle
qualità in grado di escludere i prodotti di lusso dal settore dei beni di largo
consumo. Queste tre esigenze attese ridaranno ai prodotti di lusso un’identità forte
che permetterà alle politiche strategiche messe in opera di trovare le migliori
soluzioni alla logica economica contemporanea (uniformazione, banalizzazione).
Questa nuova ricerca per i diversi settori del lusso soggiace allo sviluppo
accelerato del consumo, avvenuto a partire dalla seconda metà del ventesimo
secolo e, particolarmente, al miglioramento progressivo dei modi e degli stili di
vita. Declinazioni sempre più minuziose dei prodotti più inaccessibili, copie degli
oggetti più prestigiosi e l’apparizione sul mercato di nuove categorie prodotti
differenti e molto attrattive hanno preceduto e risposto a questa nuova tendenza.
La moltiplicazione dei mezzi di comunicazione, la realizzazione di vendite
promozionali e l’apparizione dei “discount” hanno contribuito a trovare e a
fidelizzare degli acquirenti sempre più numerosi e dalle attese più eterogenee.
9
I principali attori del settore sono grandi gruppi che hanno la particolarità
d’operare in un ambiente riservato alle “Case del lusso”, creatrici di prodotti
artigianali destinati ad una clientela ristretta, appartenente all’élite della società.
Oggi la maggior parte del lusso appartiene a questi gruppi internazionali, di cui
numerosi quotati in borsa e sottomessi a forti costrizioni di redditività. Una nuova
industria è nata. Una polemica già presente nel diciannovesimo secolo risorge: il
paradosso industria/lusso o il paradosso abbondanza/rarità che porta a rimettere in
discussione i criteri propri del settore del lusso, quali la rarità e il prestigio.
Per alcuni evocare il termine industria per parlare di un prodotto di lusso
significa privare questo ultimo di tutte le proprie caratteristiche specifiche, per
creare un prodotto differenziato dagli altri, certo, ma lontano dall’essere dotato di
un valore unico e prestigioso. Dal momento in cui la produzione su grande scala
genera un numero sempre più grande di oggetti e di servizi di lusso disponibili sul
mercato, questo porta a credere che questi ultimi siano distanti da essere
unicamente riservati ad una élite della società.
Di conseguenza questa polemica porta a domandarci quale è oggi il vero
concetto di lusso. Con la democratizzazione del settore e l’emergere di un lusso
più accessibile, destinato ad una clientela più giovane, più iconoclasta, si ha
sempre più difficoltà nell’individuare ciò che il lusso oggi realmente rappresenta.
Se certamente il lusso inaccessibile esiste ancora, l’apparire di un lusso accessibile
permette ad una più larga clientela di gioire dei sentimenti, dei piaceri e dei sogni,
legati all’acquisto di un oggetto appartenente a questa categoria di prodotti. Anche
se più abbordabile, il lusso rimane sempre all’altezza dell’immagine che
rappresenta: la bellezza, la creatività, la qualità dell’alta gamma e soprattutto la
parte di sogno che comprende.
Questo elaborato intende quindi dimostrare i cambiamenti avvenuti negli
ultimi anni nel settore, partendo da un’introduzione storica del concetto di lusso e
attraverso l’analisi di una rappresentazione di mercato attuale, si ricercano le
prospettive che vanno delineandosi per quel che concerne uno studio delle
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strategie adottabili nel futuro, tenendo in considerazione l’esistenza di diverse
categorie di lusso e una loro suddivisione oltre che di carattere temporale anche di
carattere strutturale, ossia l’esistenza di un lusso inaccessibile, un lusso intermedio
e un lusso accessibile, che dimostra la democratizzazione che il settore sta avendo
negli ultimi anni.
Il materiale di ricerca utilizzato e analizzato è prettamente francese (Paris, La
Sorbonne), selezionato dopo un periodo di lavoro svolto nella capitale dove hanno
sede le più importanti società mondiali appartenenti al settore. La redazione e la
stesura sono state concepite ed applicate in parte a Parigi, in parte in Italia e infine
a Londra, città in perenne divenire, con la capacità di attirare tutto quello che è
nuovo e che fa tendenza. L’analisi e la concezione della redazione è data da studi
accademici svolti in Italia.
Nel primo capitolo si da una definizione di lusso e si evidenzia l’etimologia
del termine, cercando di individuare i cambiamenti che questo ha subito nel
tempo, si espongono le caratteristiche che differenziano questi prodotti da quelli
appartenenti ad altri settori e si stabiliscono i diversi gradi di cui questo universo
è costituito.
Nel secondo capitolo si definisce la domanda in generale, le motivazioni di
ricerca da parte del consumatore, l’evoluzione del consumo nel tempo e la
distinzione dei differenti gusti dei consumatori appartenenti ai diversi paesi. Si
analizzano poi i paradossi che rendono più complessa l’analisi strategica di
mercato e che portano questa categoria di beni a distinguersi da quelli
appartenenti ad altri settori.
Nel terzo capitolo si descrive l’offerta, valutando il settore e considerando
particolarmente quella che è la sua organizzazione in Francia, considerando in
particolar modo il sistema d’associazionismo dell’industria della cosmesi,
l’industria tessile e la Confederazione dei mestieri dell’arte.
11
Nel quarto capitolo viene analizzato il sistema di funzionamento del brand,
attraverso un nuovo strumento: “la metodologia dell’impronta” che permette di
individuare quelle che sono le variabili da prendere in considerazione per
individuare una buona coerenza tra le caratteristiche distintive di questa tipologia
di prodotti. Si analizzano poi le tendenze future e ci si sofferma sulla scala dei
valori che queste marche devono prendere in considerazione per riuscire in una
buona politica di sviluppo.
Nel quinto capitolo vengono analizzate le componenti strategiche del brand, le
loro evoluzioni, il sistema di organizzazione del mercato e l’analisi tecnologica.
Viene esposta l’analisi concorrenziale, i legami e le relazioni con i fornitori e le
formule strategiche utilizzate dalle aziende del settore, le loro problematiche e le
loro evoluzioni future.
Nel sesto capitolo viene analizzata l’evoluzione del sistema marketing, le sue
origini, il suo sviluppo nel tempo e il suo utilizzo nell’attuale contesto
competitivo.
Nel settimo capitolo vengono spiegate le metodologie marketing che si
differenziano a seconda della tipologia di lusso preso in considerazione.
Nell’ottavo capitolo si analizza il marketing mix, le leve utilizzate sono
discusse in quattro differenti parti.
Nella prima parte s’identifica il ruolo e l’importanza della politica di prodotto, le
sue specificità, le sue problematiche e la ponderazione che deve avere la politica
di segmentazione e posizionamento in un contesto di democratizzazione del lusso.
Nella seconda parte viene analizzato il ruolo e l’importanza della variabile prezzo
rispetto alle altre leve del marketing-mix, e la sua applicazione all’interno dei
diversi contesti del lusso.
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Nella terza parte si commenta la politica di distribuzione applicata ai diversi
contesti del lusso, le strategie logistiche utilizzate e quelli che sono i nuovi
modelli di distribuzione delle case del lusso.
Nella quarta parte si analizza la politica di comunicazione, la sua essenzialità nel
funzionamento dell’efficienza del marketing-mix, l’evoluzione che ha avuto
all’interno del mutamento del settore e s’introduce la problematica riguardo alla
relazione personalizzata con la clientela.
Questo operato non ha la pretesa di essere un lavoro completo ed esauriente
sul tema sviluppato, si è in ogni modo cercato di mantenere una certa coerenza tra
la parte teorica e la parte di ricerca, strutturandole il più armoniosamente possibile
e documentandole attraverso degli esempi pratici; l’impostazione dei capitoli è
avvenuta nel tentativo di rendere la comprensione semplice e veloce e di
mantenere una linea logica continua.
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«Qu’est-ce que le luxe? C’est un mot sans idée précise,
à peu près comme lorsque nous disons “les climats d’orient
et d’occident ”: il n’y a en effet ni orient ni
occident, il n’y a pas de point où la terre se lève et se
couche ; ou, si vous voulez, chaque point est orient
et occident, il en est de même du luxe : ou il est
partout, ou il n’y a point.»
Voltaire
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« Ce qui m’intéresse, ce n’est plus le bonheur
de tous les hommes, c’est le bonheur de chacun. »
Boris Vian
L’écume des Jours
Capitolo 1
Definizione di Lusso
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1.1 Definizione ed etimologia del lusso
«Le luxe est de tout temps et tout pays» Louis le Gendre, Chanoine de Paris, 1743.
«Le luxe est un besoin des grands Etats et des grandes Civilisation» Victor Hugo, 1847.
«Luxe: besoin qui commence où finit la nécessité» Paul Iribe, Défense du luxe, 1932.
Nulla è più soggettivo della definizione di lusso. Per alcuni è sinonimo di
bellezza, di sogno, di fasto, di prestigio e per altri il lusso è sinonimo di superfluo
e ostentazione. Questo dibattito che confronta divergenze d’opinioni trae le sue
radici dal passato. Per darne un esempio, possiamo evocare il diciottesimo secolo,
che in Francia, fu caratterizzato da diverse polemiche riguardo al lusso,
opponendo, da un lato, i ferventi favorevoli al lusso come Voltaire, per il quale il
superficiale era “cosa molto necessaria”,
1
e d’altra parte, quelli che lo
condannavano, di cui si ricorda Jean-Jacques Rousseau.
Sogno? Bellezza ? Prestigio ? Ostentazione ? Come si può chiarire la nozione
di lusso che sembra, a priori, dotata di una definizione tanto soggettiva? Se ci si
riferisce al dizionario “Le Petit Robert”, il lusso è « un modo di vita caratterizzato
da grandi dispendi consacrati all’acquisizione di beni superflui, per il gusto
dell’ostentazione e del più gran benessere».
2
È vero che è difficile attenersi a
questa definizione, tanto il lusso è interpretato in maniera differente, attraverso il
tempo, la cultura, i paesi e le civiltà. È dunque interessante vedere ciò che
etimologicamente il termine lusso vuol dire.
Lusso non deriva da lux, luce, ma da un vecchia radice indo-europea, lug-,
che ha reso in latino luxatio, antenato del francese luxation, traducibile in italiano
col termine lussazione. Non è quindi dal termine luce, ma dalla nozione di lutto
(deuil) che il termine deve essere ricollegato. Si suppone, in effetti, che la radice
1
Superflu chose très nécessaire. J’aime le luxe et même la mollesse, Voltaire, 1694-1778.
2
Petit Robert 1, Dizionario Le Robert, 1998.
16
indo-europea lug-, che significa spezzare o slogare ha innanzi tutto dato in latino
il termine lucere «lamentarsi, essere in lutto» da dove deriva l’aggettivo lugubre.
Dal significato di quest’ultimo verbo è nata una biforcazione verso il sostantivo
luxatio, «lussazione, spostamento» e l’aggettivo luxus, «messo di traverso». È
quest’aggettivo che in seguito ha preso il significato di «eccesso nella maniera di
vivere, fasto, dissolutezza».
Il lusso è dunque una deviazione, uno scostamento, uno scarto.
3
In tutto il mondo, le persone s’interessano da secoli al lusso, cercando di
arricchire la loro vita e di tenere vivi i sensi e le emozioni tramite i beni che più
amano, inoltre il lusso è sempre stato argomento d’intensi dibattiti e discussioni.
Si considerava nell’antica grecia, con Platone e Aristotele, che il lusso doveva
essere proibito nelle città perché malsano, e in particolare perché indeboliva gli
uomini e li infemminava, ciò li rendeva meno propensi al combattimento,
corrompendo l’individuo e la propria patria, come afferma Christopher Berry, uno
dei principali esperti sul tema. Il coraggio, all’epoca, era una virtù maschile
(come più tardi presso i Romani, così lo dimostra la prossimità di vir e di virus), e
una classe di coraggiosi e valorosi guerrieri era indispensabile alla difesa della
città. Gli stoici incitavano a vivere “la vita naturale” invece di quella fatta di lusso
e desideri, e le autorità greche cercavano sempre nuovi modi per controllare e
vigilare sull’uso dei beni di lusso.
A Roma, il lusso è anche una questione di morale politica, nella misura dove
favorisce l’incitamento ai desideri individuali, potenzialmente minacciosi per
l’ordine pubblico. Gli antichi Romani, man mano che estendevano la loro
influenza in tutto il mondo, trovavano all’estero ogni tipo di nuovi piaceri e
delizie e li portavano a casa per goderseli: oro, olio d’oliva e miele dalla Spagna,
fichi freschi e legno di cedro profumato dall’Africa, vini a base d’infusi d’erbe e
tuniche di lana dalla Gallia del Nord, cani e vasche da bagno dalla Britannia. Il
lusso divenne strettamente associato alle donne e ai piaceri del corpo, soprattutto
3
Sicard.M.C. ; Luxe,mensongess & marketiong. Le diable boiteux, p. 55, Village Mondial, 2003.
17
il mangiare e il bere. I Romani erano così preoccupati per gli effetti del
godimento eccessivo nella loro società che approvarono leggi suntuarie, con
l’obiettivo di regolare il consumo di certi beni, ma essi continuarono ad indulgere
nel lusso: bighe, armature, spade, bagni privati, ville, cibi e vini esotici e altro
ancora.
Catone il vecchio, Seneca, Cicerone, Giovenale, Orazio, si elevarono contro
la corruzione dei costumi che accompagnava il lusso e sostenevano inversamente
i favori di una vita frugale, semplice, naturale. L’abbandono ai piaceri sensuali
era visto come una regressione debilitante che portava ad un indebolimento
generale e privava i soldati romani della loro leggendaria bravura.
L’amore del lusso è quello per il denaro, che porta la virtuosa e sobria Repubblica
degli inizi a trasformarsi in una Città di dissolutezza che sprofonda a poco a poco
nella guerra civile, il vizio, la tirannia.
Nel diciottesimo e diciannovesimo secolo, man mano che il commercio tra i
vari paesi s’intensificava e le tensioni tra le classi aumentavano, molti grandi
filosofi, economisti e sociologi entrarono nel dibattito sul significato del lusso.
John Locke (1632-1704) scrisse che il desiderio è un “disagio della mente, dovuto
al desiderio di un bene assente”. Questo presagì l’ascesa della “fabbrica dei
desideri”che sfrutta il desiderio dei beni (tangibili o intangibili) che il
consumatore non ha, e che forse nemmeno gli servono. David Hume (1711-1776)
asserì che: “Il lusso è pernicioso solo, quando cessa di dare beneficio alla
società”. Questo è un punto fondamentale sul dibattito del lusso. I critici
affermano che il neo-lusso (o lusso accessibile) è solo la manifestazione più
recente del consumismo e dell’abitudine a consumare beni non necessari. Ma
spesso i produttori del neo-lusso vedono nei loro prodotti una funzione sociale e i
consumatori li considerano strumenti sociali, piuttosto che vizi. Hume fece anche
l’interessante commento che nelle epoche più lussuose “l’industria, la cultura e
l’umanità sono legate insieme da una catena indissolubile”. Ciò richiama la nostra
convinzione che questa epoca del neo-lusso sia il risultato di un insolito
18
allineamento tra capacità di business (industria), consumatori istruiti (cultura) e
bisogni emotivi (umanità).
Adam Smith (1723-1790), autore de “La ricchezza delle nazioni” e uno dei
“padri del capitalismo” può essere interpretato come gran promotore del lusso.
Egli asseriva che l’opulenza e la libertà fossero “due dei doni più grandi che un
uomo possa possedere” e che la vera felicità avesse a che vedere con “la comodità
del corpo e la pace della mente”. Era convinto che il desiderio di “crescita e
miglioramento” sperimentato da ogni individuo portasse ad un buono stato
economico collettivo, creando occupazione per molti e ricchezza per lo Stato.
Karl Marx (1818-1883) scrisse le sue opere in parte come reazione al pensiero
di Smith “secondo cui i lavoratori non potevano guadagnare più di quanto fosse
necessario per la sopravvivenza della razza” e in parte per portare avanti le idee di
David Ricardo (1772-1823) che scrisse sull’inevitabile impoverimento delle
masse, l’inevitabile arricchimento di chi possiede le strutture produttive e il
conflitto fondamentale tra i salari e la produzione. Marx era convinto che ogni
società avesse in sé delle “forze immanenti” che dessero vita a delle forze
contraddittorie, o degli squilibri che potevano essere risolti solo sostituendo un
nuovo sistema a quello vecchio; egli asseriva che il capitalismo sarebbe finito, e
sarebbe stato rimpiazzato da una società senza classi. Esso indica un
cambiamento del sistema che dà ai consumatori (anche se non a tutti) più potere e
influenza sui prodotti di quanto non abbiano mai avuto prima.
Verso la fine dell’Ottocento, cominciammo a renderci conto che la
produzione poteva anche non servire la società, ma piuttosto dominarla. Max
Weber (1864-1920), ne “L’etica protestante e lo spirito del capitalismo”,
descrisse questa relazione non facile tra la produzione e il consumo nella società
americana e argomentò che la “diaspora calvinista è il vivaio dell’economia
capitalista”. Si riferiva naturalmente a Giovanni Calvino (1509-1564), che
credeva nella “elezione per grazia”, cioè era convinto che Dio decretasse la vita
19
eterna per alcuni e la morte eterna per altri. Non c’è modo per una persona di
cambiare il decreto divino tramite i suoi successi o fallimenti, durante il periodo
che passa sulla terra. Inoltre, è impossibile riconoscere gli eletti dal
comportamento delle persone. Nonostante ciò, i Calvinisti attribuiscono molto
valore al lavoro e allo stesso tempo si sentono in colpa al momento di consumare.
Molti consumatori lottano ancora contro il senso di colpa associato al
consumo. Siamo tutti convinti che il lavoro e la produzione siano un bene per la
società. Sentiamo da una parte che il consumo, specie quello dei beni di lusso che
vanno al di là dei nostri bisogni essenziali, è un segno di status sociale e di potere,
dall’altra che esso è un segno di indulgenza e di debolezza.
Thorstein Veblen (studioso americano delle scienze socio-economiche, 1857-
1929) in “La teoria della classe agiata” (1899) vide che il dibattito si era fatto
ancora più complicato e che i beni non erano più semplicemente un fatto di
produzione e consumo, ma erano diventati un linguaggio utilizzato nel dialogo
sociale. Veblen scrive che il “potere pecuniario” è “ciò su cui si basa la nuova
reputazione di una persona in qualsiasi organizzazione comunitaria
industrializzata” e che i “mezzi per mostrare il potere pecuniario sono l’agio e il
consumo ostentatori dei beni”. Nessuna classe si negherà questo bisogno
“spirituale”, dice Veblen; in verità: “Molto squallore e molto disagio verranno
sopportati prima che l’ultimo gingillo e l’ultima pretesa di potere pecuniario
vengano messi da parte”. Veblen coniò l’espressione “consumo ostentatorio”, che
si è dimostrata valida nel tempo e viene spesso applicata nel fenomeno del neo
lusso. I consumatori del neo-lusso, però, non vogliono soltanto ostentare il loro
“potere pecuniario”; essi pretendono che i loro beni abbiano dei benefici tecnici e
funzionali, aspetti di cui i consumatori di Veblen si preoccupavano ben poco, o
addirittura per nulla.
In “La società opulenta” (1958), John Kenneeth Galbraith (economista-
educatore-scrittore americano, nato nel 1908) asserisce che il dibattito sul
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consumo e la produzione, sui desideri e sui bisogni sia fondamentalmente diverso
nelle società ricche da com’era nelle culture antiche. Storicamente, afferma, gran
parte delle società, erano povere e, come asseriva Ricardo, la maggior parte delle
persone non era in grado di fare altro che sopravvivere. Nelle “società opulente”,
invece, anche le persone qualunque possono cavarsela a livello materiale.
Galbraith afferma che la società americana è basata sull’idea che la produzione
dei beni e dei servizi sia di somma importanza, soprattutto perché crea
occupazione, tuttavia questa società è diventata in breve tempo così esperta nel
campo della produzione da creare un’offerta eccessiva di beni. Di conseguenza, i
suoi cittadini sono diventati esperti nella “creazione dei desideri”- soprattutto
attraverso il marketing e la pubblicità - in modo che i consumatori continuino ad
acquistare i beni anche dopo aver soddisfatto di gran lunga i loro bisogni
fondamentali. In seguito, essi sono diventati così esperti nella creazione dei
desideri per vendere i beni che sono così bravi a produrre, che hanno dovuto
mettere a disposizione una maggiore quantità di liquidi al fine di espandere
l’economia in modo che una fetta più ampia della popolazione se li potesse
permettere.
4
Attraverso tutte queste interpretazioni, tutte queste divergenze d’idee,
sembrerebbe più interessante collegare il lusso ad un’idea più vicina alla realtà,
dunque più vicina alla storia dell’umanità: il lusso è allora considerato come un
superamento, un più, un meglio avere per un meglio essere, al di là del
quotidiano, una ricerca di estetica e una ricerca di assoluto. Perché in effetti,
come qualificare il lusso del superfluo, delle « cose » che non seguono il buon
cammino, visto che questo ultimo fa parte del sogno e dell’evasione di cui ogni
uomo ha bisogno per colmare il vuoto, lasciato dalla soddisfazione dei suoi
bisogni vitali.
4
M.J.Silverstein, F.Neil; Trading Up La rivoluzione del lusso accessibile, Etas Libri, 2004, p.4.
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Il lusso non è altro che il bisogno creato dall’essere umano stesso per sentire
un equilibrio, un benessere, un conforto, una soddisfazione personale nella sua
vita. Perché accontentarsi di soddisfare i bisogni primari (mangiare, vestirsi) e
non ricercare dell’altro? Cosa sarebbe divenuto il nostro mondo attuale se non
avesse conosciuto le evoluzioni dell’uomo e delle società? Cosa sarebbe divenuto
senza questa foga d’eccellenza e d’esigenza di cui l’uomo ha dato prova per
andare al di là del necessario, al di là del minimo? L’uomo ha bisogno di sognare,
di evadere e di aspirare a sempre più ambizioni, più eccellenza e più creatività. È
questo bisogno di superamento di se stesso che ha contribuito all’evoluzione
dell’uomo. Tutti i progressi, effettuati in ogni campo, sono generati da questa sete
d’ambizione, di curiosità, che caratterizza l’essenza dell’essere umano. Il lusso
esiste perchè l’uomo esiste. Il lusso mette della bellezza, della magia e del sogno
nella vita quotidiana dell’uomo, e senza la sua presenza questa qui sarebbe ben
scialba, triste, monotona.
Il lusso permette agli uomini di oltrepassarsi e di spiegare tutti i propri
sforzi per appropriarsi, ad esempio, di questo o quel oggetto al quale ambire, è il
motore di tutti i progressi raggiunti e che possono essere ancora raggiungibili. È il
riflesso di questa ricerca di perfezione che anima le intimità dell’uomo. Allora,
perché bandirlo? Perché definirlo come superficiale e scioccante quando è la
sorgente stessa di tutti gli sforzi ostentati?
5
Il lusso è nato con l’uomo. Finché ci saranno degli uomini e delle donne sulla
terra, ci sarà del lusso, e nessuno si potrà opporre a quello che appare come una
semplice constatazione…
5
Rachael Wazen; L’industrie du luxe et ses strategies marketing, 2002, Gestion Europeenne et
Internationale, p.6