Capitolo 1__________________
RECESSIONE E MARKETING.
1.1 Le Recessioni passate: le strategie di marketing con le quali rispondevano le
aziende alla crisi.
Ancor prima di iniziare a parlare di recessione e della sua relazione con il
marketing diamo una definizione al termine “recessione”. Questo richiama il
concetto di ciclo economico. Lo sviluppo di un‟economia non ha un andamento
lineare, presto o tardi si alternano fasi di crescita a fasi di contrazione.
La Recessione è un fenomeno che caratterizza una riduzione per due o tre
1
semestri consecutivi del Pil.
A livello tecnico l‟inizio e la fine della recessione vengono stabilite tramite
specifici indicatori e strumenti di misurazione utilizzati da grandi ricercatori e dai
governi nazionali.
Ad esempio negli Stati Uniti si definisce un periodo di crisi dopo che il PIL
nazionale è sceso senza interruzione per due trimestri consecutivi o quando il
2
LEI (Index of Leading Economic Indicators) scende per tre mesi successivi.
Sorgono però due tipi di problemi attraverso questo tipo di misurazione:
1. La contabilità nazionale rivela la recessione dopo mesi dal suo inizio.
Negli ultimi giorni del febbraio 2009 è stato reso noto il crollo del PIL
1
Shama A., Marketing strategies during recession: a comparison of small and large firms, in Journal of
Small Business Management, Luglio 1993, pp.62
2
Shama A., Marketing strategies during recession: a comparison of small and large firms, in Journal of
Small Business Management, Luglio 1993, pp.62
7
3
USA del quarto trimestre 2008 (-6,2%). Si trattava della peggiore
flessione economica degli ultimi 27 anni, a sorpresa anche degli analisti
che si aspettavano invece un calo del 5,4%. Capire l‟andamento del ciclo
economico è di importanza vitale per il successo di un‟impresa. Le
imprese vorrebbero essere informate in anticipo dell‟arrivo di una
recessione perché essa agisce sulla domanda dei loro prodotti, ma la
contabilità nazionale non è in grado di dare queste informazioni.
2. Molti economisti pensano al Pil come un “miraggio” che ignora il valore
sociale di un‟attività. Una commissione guidata da due premi Nobel,
Joseph Stiglitz ed Amartya Sen, ha fatto proposte che mirino a rendere i
dati più chiari ed utili per le autorità economiche e tengano conto di
variabili come la qualità della vita ed il degrado ambientale. Tuttavia non
esistono ancora indici che possano sostituire il Pil.
Ciò che preme sottolineare è che in ogni caso la recessione richiede
necessariamente ai marketing manager di modificare le proprie strategie per
renderle il più profittevoli possibili ed allo stesso tempo per soddisfare le
esigenze dei clienti.
In periodi di recessione economica o fase critica di mercato non è facile per le
imprese adottare strategie corrette per far fronte alla crisi e garantire all‟azienda
non solo la sopravvivenza sul mercato ma anche di non riportare perdite
eccessive. La semplice motivazione è che ogni fase di crisi è diversa dalle altre,
ogni situazione si presenta con peculiarità specifiche e non ammette la ripetizione
di semplici regole preconfezionate.
La recessione colpisce in modo differente le imprese ed i mercati all‟interno di
una stessa nazione, per un manager è quindi importante prendere in
3
Pellicelli G., “Management ritorno al futuro, strategie aziendali per agganciare la ripresa”, Egea,
Settembre 2009, pp. 3.
8
considerazione alcuni fattori chiave che lo guideranno nella definizione di una
strategia adeguata:
Natura della crisi: la crisi può esser provocata da differenti motivazioni, la
crisi petrolifera ad esempio comportò impatti differenti a livello
4
economico rispetto ad una crisi causata da inefficaci strutture finanziarie.
Peculiarità nazionali: ogni Paese risponderà in modo differente alla crisi e
l‟intensità con cui verrà colpito dipende dalle peculiarità della sua struttura
economica, dal suo livello di dipendenza dall‟estero, dal livello di scambi
internazionali e così via.
Dimensione dell‟impresa: la dimensione aziendale riflette la differente
capacità di reazione rispetto al contesto economico di riferimento.
Imprese di dimensioni superiori solitamente hanno maggior potere di
mercato e quindi maggiori capitali a disposizione e ciò potrebbe facilitarli
nell‟affrontare il periodo di turbolenza. Dall‟altro canto un‟impresa di
piccole dimensioni potrebbe dominare una nicchia di mercato e quindi
non risentire particolarmente del calo di domanda, o ancora le piccole
imprese potrebbero riscontare difficoltà nel reperire fonti di finanziamento
sul mercato e quindi esser costrette ad un certo punto ad uscire dal
5
mercato.
In recessione diventa fondamentale ancor di più investire solo quando e dove
veramente l‟azienda ritiene sia necessario.
Non è infatti una novità che in periodi di crisi le imprese inizino a risparmiare e
ad effettuare tagli sulle spese meno indispensabili.
La capacità di un buon manager è quella di comprendere quali siano gli
investimenti di cui l‟azienda non può fare a meno, quelli che la aiuteranno ad
4
Swee Hoo Ang, Crisis marketing: a comparison across economic scenarios, in International Business
Review, 2001, pp. 264
5
Shama A., Marketing strategies during recession: a comparison of small and large firms, in Journal of
Small Business Management, Luglio 1993
9
uscire dalla crisi, che non si riveleranno uno spreco di denaro e garantiranno un
ritorno economico.
Potremmo affermare che ogni impresa si trovi di fronte ad un bivio: mantenere la
propria quota di mercato e la fedeltà dei clienti abbassando i prezzi e modellando
la propria offerta in base alle aspettative dei consumatori, oppure mantenere alta
l‟immagine di marca e non abbassare i prezzi, quindi rischiando di perdere clienti
e potere competitivo (questo vale soprattutto nel settore del lusso).
Non esiste una “ricetta” applicabile per uscire dalla crisi, non esistono regole
scritte da cui i manager possano attingere e trovare risposta a tutti i loro dubbi.
Tuttavia studiando i casi di successo ed insuccesso a livello mondiale di dozzine
di aziende che hanno affrontato fasi cicliche di recessione sin dal 1970, sono stati
identificati schemi comuni in riferimento sia al comportamento dei consumatori,
6
sia alle strategie adottate dalle imprese per affrontare la crisi.
Il primo obiettivo dell‟impresa è comprendere in che modo si stiano evolvendo le
preferenze dei consumatori ed in relazione a questi modificare le proprie
strategie.
In periodo di recessione i consumatori tendono a selezionare gli acquisti, a
valutare con cura ogni decisione di spesa a causa della scarsità di disponibilità di
denaro.
La conseguenza di tutto ciò e ovviamente una diminuzione delle vendite, una
riduzione dei prezzi e la posticipazione di nuovi investimenti..
I primi costi ad esser tagliati solitamente sono proprio quelli riferiti all‟area
marketing ed all‟area ricerca e sviluppo. Ciò che preme sottolineare e che verrà
dimostrato durante tutta la trattazione è che il taglio di tali investimenti è uno
degli errori più comuni che il management dovrebbe evitare.
6
Quelch J., Jocz K., How to market in a downturn, in Harvard Business Review, Aprile 2009,
10
E‟ proprio in questa fase, anzi, che le aziende dovrebbero investire in pubblicità e
promozione per spazzare via dal mercato i concorrenti più deboli e cogliere le
opportunità che la recessione porta con sé.
Prima di addentrarci però nello specifico della Recessione 2008-2010 e delle
strategie di marketing adottate dalle aziende ci accingiamo ad analizzare alcune
delle più significative recessioni che hanno colpito il mondo nel corso degli
ultimi anni del XX secolo, le loro eventuali similitudini e divergenze con
l‟attuale crisi nonché le risposte che le aziende hanno dato nelle varie fasi
storiche.
La Grande Depressione (1929-1932)
La crisi odierna è stata associata, per la portata delle ripercussioni negative che
hanno coinvolto l‟intero pianeta, con il fenomeno che fu forse più devastante a
livello economico sullo scenario globale nel XX secolo: La Grande Depressione
del 1929-1932.
La Grande Depressione si scatenò a metà degli anni ‟20 del XX secolo negli Stati
Uniti e si propagò come un vortice su scala mondiale, portando con sé gravi
conseguenze anche per le più grandi potenze mondiali.
Negli anni ‟20 si era registrato un forte sviluppo su scala mondiale dell‟industria
automobilistica, dell‟industria della gomma, dell‟industria petrolifera e così via,
scatenando anche un boom di esportazioni di capitali statunitensi principalmente
7
in direzione della Germania.
Durante questo periodo si era diffusa una straordinaria euforia tra gli uomini
d‟affari, proprio come successe nel 2007 prima del crollo dei mutui subprime, i
quali prevedevano una durata indefinita del boom economico.
In realtà guardando con attenzione la realtà, il quadro economico non risultava
poi così roseo, potevano infatti delinearsi seri elementi di squilibrio- politici o più
strettamente economici- come ad esempio i problemi creati dal ritorno al gold
7
Maitan L., “La Grande Depressione(1929-1932) e la recessione degli anni „70”, Savelli editore, 1976,
pp.12
11
standard, con l‟allineamento delle monete all‟oro sulla base di rapporti rivelatisi
poi erronei (il che comportò ovvie conseguenze negative per la bilancia
commerciale e per quella dei pagamenti), nonché alla tormentosa questione delle
riparazioni e dei debiti di guerra.
Il vero boom economico avvenne tra il 1925 ed il 1929 quando la produzione
mondiale delle materie prime registrò un incremento dell‟11%, la produzione
industriale un aumento tra il 23 ed il 27% ed il commercio mondiale un ulteriore
8
incremento di circa il 20%.
Per dare un‟idea più precisa riportiamo i dati dell‟aumento della produzione
industriale nel 1929 rispetto al 1913:
Stati Uniti: + 75%
Belgio: +52%
Francia: + 39,05%
Germania: + 10%
Gran Bretagna: + 9%
Il quadro non sarebbe però completo senza dare un accenno al mercato borsistico
che nel suddetto periodo fu colpito da un incredibile boom senza precedenti,
caratterizzato da forti tendenze speculative da parte degli stessi operatori. Già nel
1925 si era toccato il tetto di tre milioni di azioni negoziate in un solo giorno e lo
9
stesso livello era stato raggiunto tre volte l‟anno successivo.
Finanzieri, speculatori ed agenti di borsa costruivano un fantastico castello di
sempre nuove società finanziarie ed investment trusts escogitando i metodi più
ingegnosi e meno scrupolosi per consentire la partecipazione al mercato di borsa
anche di coloro che disponevano di limitate risorse finanziarie.
Fu proprio l‟euforia della borsa a contribuire a creare quella psicologia di
incondizionato ottimismo che portò poi al tracollo definitivo nel 1929.
8
American Statistical Association, Rewiew of world production, Ginevra 1932
9
Maitan L., “La Grande Depressione(1929-1932) e la recessione degli anni „70”, Savelli editore, 1976,
pp. 15
12
Tutti gli elementi sopra elencati sono indiscutibilmente riscontrabili anche nella
recessione che sta oggi mettendo in ginocchio l‟economia delle più grandi
nazioni a livello mondiale. Si parla infatti di speculazione di borsa, di un
eccessivo ottimismo diffuso dagli operatori finanziari che ha portato anche chi
aveva ristrette disponibilità economiche ad indebitarsi ed entrare nel mercato dei
mutui o in quello borsistico. Si parla di un boom economico che pareva
apparentemente non dover mai terminare.
Lo scoppio della Grande Crisi avvenne nel 1929 negli USA, con il famigerato
crollo della borsa di New York tra il 24 (il cosiddetto giovedì nero) ed il 30
ottobre con il succedersi di vicende drammatiche negli Stati Uniti in primis e poi
nel resto del mondo. Tutti improvvisamente presi dal panico vendevano, gli
acquirenti venivano meno e le quotazioni si abbassavano vertiginosamente.
La crisi durò per circa 3 anni, si dovette aspettare il 1933 per sentir parlare
nuovamente di “rilancio”, sottolineando che permasero tuttavia differenze
sensibili tra le condizioni dei diversi paesi, come ad esempio la Francia che
raggiunse il suo punto più basso nel 1935.
Ciò che contraddistinse la Grande Depressione dai cicli recessivi passati furono
l‟ampiezza della sua caduta per un periodo prolungato e la dimensione mondiale.
Le cause furono:
- l‟utilizzo errato del gold standard,
- sviluppo della produttività sproporzionata rispetto all‟aumento dei salari:
cresciuti questi solo dell‟8%, facendo affidamento quindi sul consumo di
una ristretta parte di popolazione.
- Investimenti speculativi al di là delle esigenze economiche reali
- Reddito stagnate della popolazione contadina (che al tempo rappresentava
la parte consistente della popolazione complessiva).
La ripresa definitiva avvenne tra il 1936 ed il 1937 in America e di conseguenza
nel resto del mondo, attraverso una politica di accostamento delle scorte e quindi
ad una diminuzione dell‟indice di produttività (non ad un rilancio di
13
investimenti), il tasso di disoccupazione iniziò a diminuire, così anche il potere di
acquisto dei cittadini grazie ad un‟iniezione di circa 1700 milioni di dollari ai
veterani della prima guerra mondiale, che costituirono una forte iniezione al
10
consumo.
In realtà ciò che a livello mondiale diede la spinta per la ripresa fu sicuramente il
riarmo e la preparazione alla Seconda Guerra Mondiale, evento che mise in
primo piano lo stimolo delle spese militari per riequilibrare la bilancia economica
di numerose nazioni, quali Germania e Giappone.
E‟ proprio questo che differenzia profondamente la crisi del 2008-2010 con la
Grande Depressione: se intensità e vastità del fenomeno furono simili, non
saranno sicuramente allineabili i metodi di rilancio che i governi porteranno a
termine per riequilibrare le sorti economico-politiche dei propri paesi.
In Italia il riflesso del disastro di Wall Street sull‟economia non fu immediato dal
momento che l‟Italia non si trovava in una posizione chiave nella struttura dei
mercati finanziari e valutari internazionali.
Tuttavia la crisi si fece sentire anche qui e fu il fascismo a permettere al paese di
uscire dalla recessione.
I sacrifici maggiori toccarono i lavoratori dipendenti, assoggettati a successive e
drastiche decurtazioni dei salari, gli operai delle fabbriche si videro applicare nel
11
1930 un taglio di stipendio dell‟8%.
Gli imprenditori tuttavia non avevano vita più semplice, tra il 1929 ed il 1930, i
fallimenti erano aumentati del 17%, soprattutto in difficoltà furono i piccoli
imprenditori in quanto i grandi poterono contare sull‟aiuto dello Stato.
Fu quindi l‟intervento pubblico a risollevare le sorti del paese, attraverso la
creazione di istituzioni preposte al salvataggio delle strutture industriali e
finanziarie ormai in declino: l‟IMI (Istituto Mobiliare Italiano), al quale era
affidato il compito di accordare prestiti contro garanzie reali di natura mobiliare
10
Maitan L., “La Grande Depressione(1929-1932) e la recessione degli anni „70”, Savelli editore, 1976,
pp. 42
11
Montanelli I., “Storia d‟Italia”, ediz. Special per il Corriere della Sera, vol.VII, 1999, pp.275
14
ad imprese private italiane, e l‟IRI con obiettivi “riparatori” per imprese in
collasso o malate. Fu dunque l‟interventismo statale a risollevare le sorti
economiche italiane, il quale era in grado di controllare i tre quarti del
meccanismo produttivo industriale ed agricolo, almeno per le grandi imprese.
Le esperienze del passato.
Come accennato all‟inizio del paragrafo una ricerca di Bain & Company,
effettuata da Darrell Rigby, ha messo in evidenza come 377 imprese tra le
Fortune 500 siano sopravvissute attraverso fasi di recessione nei due decenni
12
passati.
L‟autore asserisce che ogni fase di recessiva attraversi 3 fasi, che si riflettono
anche nella crisi odierna:
L‟impresa si trova nel pieno della crisi.
L‟impresa reagisce alla crisi con azioni di marketing.
Inizio della ripresa.
Ad ogni fase vengono associati dei suggerimenti, non tutti condivisibili essendo
le cause e gli effetti delle recessioni ben diversi.
Ognuna di esse va affrontata in modo diverso dai manager delle aziende e
soprattutto il buon manager non si fa intimorire ma riesce a gestire la crisi in
modo razionale ed anche a trarne benefici in alcuni casi. La tabella 1.1 (vedi
pagina seguente) riassume la visione dell‟autore e gli approcci che secondo
quest‟ultimo sono da evitare nell‟epoca moderna. Inoltre per ogni fase individua
un esempio di azienda che è riuscita a reagire in modo opportuno al periodo di
recessione.
12
Rigby D., Harvard Business Review on Managing Through a Downturn, Harvard Business Press, 2009,
pp. 19
15
Tabella 1.1: Come reagire in casi di turbolenza di mercato.
Approccio tradizionale Approccio moderno Casi di successo
- Tentare di diffondere l‟idea -Creare piani di -Caso Emerson:
che la propria industria non contingenza per esser ristima i più
sia colpita dalla crisi. pronti ad ogni importanti indicatori
-Tentare una strategia di situazione. finanziari ogni mese
Fase di crisi
diversificazione, i settori in -rinforzare il core
crescita copriranno quelli in business invece di
cui l‟azienda sta perdendo. diversificare.
-Tagliare i costi in un‟ottica -Trattare gli -Caso Solectron:
solo di breve periodo. stakeholders come aumenta l‟attenzione
Non preventivare alcuna alleati in una visione sulla qualità del
spesa extra o destinata ad di ripresa collettiva prodotto, ciò che fu il
Azioni di
marketing operazioni di acquisizione -Eliminare gli ostacoli suo punto di forza
che non permettono di durante la recessione
sviluppare al massimo degli anni „90
il core-business
-Puntare nuovamente sul Non sovraccaricare la -Caso Emerson:
consenso di clienti e risorse macchina produttiva: durante la crisi degli
umane slittare lentamente anni ‟90 continuò
verso livelli di costantemente ad
Ripresa
crescita superiori assumere personale,
investire in R&S,
mantenendo la propria
capacità di crescita
Fonte: Rigby D., Harvard Business Review on Managing Through a Downturn, Harvard Business Press,
2009.
16
1.1.1 La Recessione odierna: cos’è cambiato rispetto al passato
Due settimane dopo il fallimento di Lehman Brothers del settembre del 2008, le
Borse mondiali hanno subito perdite paragonabili a quelle dell‟ottobre del 1929.
Le Borse di New York, Londra, Milano e Tokyo hanno bruciato in tre settimane
13
più del 20%. Negli ultimi 12 mesi l‟imperativo a livello internazionale di
banchieri e Ministri delle Finanze è stato di evitare la Grande Depressione.
Pare che la crisi profonda sia terminata, che il 2010 possa definirsi l‟anno della
ripresa, ma è difficile immaginare che presto tutto tornerà come prima.
La crisi globale è nata infatti da problemi profondi, come l‟eccesso di debiti di
banche, imprese, famiglie, governi, squilibri nel commercio internazionale e
nella distribuzione dei redditi.
I primi sintomi della crisi si ebbero nell‟estate del 2007 con lo scoppio della bolla
immobiliare americana, la cosiddetta crisi dei mutui subprime, seguita nel
Settembre 2008 dal prima citato fallimento di Lehman and Brothers.
Da quel momento i mercati finanziari sono andati fuori controllo e l‟indice Dow
Jones, “termometro” del capitalismo contemporaneo, iniziò una discesa che nel
giro di cinque mesi lo fece crollare da quota 14 mila a quota 6500, portò i
governi più liberisti a possedere banche ed industrie, vide il crollo di numerose
14
banche ed istituti finanziarie.
Ciò che la rende una crisi mondiale è che il fallimento di Lehman and Brothers,
con ciò che rappresenta, si è insinuato direttamente nelle case, nei portafogli e nei
modi di pensare dei cittadini di tutto il mondo. Nel grafico 1.1 (pagina
successiva) osserviamo la variazione annuale reale del PIL su scala globale. Il
grafico mostra che il trend dell‟indice è cresciuto dal 1970 sino al 2008. Nel 2008
si rileva invece una variazione netta in negativo che porta il Pil a toccare valori
pari a -1,7% circa.
13
Garibaldi P., Una Buona notizia: eviteremo la Grande Depressione, in La Stampa, lunedì 14 Settembre
2009, pp.34
14
Deaglio M., Lehman ha terremotato anche le nostre vite, in La Stampa, lunedì 14 Settembre 2009, pp.
11
17
Grafico 1.1: Variazione annuale reale del Pil in % (scala globale).
Fonte: Molinari M., La cena che uccise Lehman, da La Stampa, lunedì 14 Settembre 2009.
La recessione ha messo in ginocchio le economie di quelle erano considerate le
nazioni più potenti al mondo, America e Giappone in particolare. Confrontiamo
qui di seguito il tasso di disoccupazione di alcune tra le più importanti nazioni
15
europee e non, dal 2000 sino ad oggi ( Grafico 1.2).
Grafico 1.2: Variazione percentuale 2008-2009 tassi di disoccupazione nel mondo.
Fonte: Moda e lusso nell‟attuale contesto macroeconomico, Milano 3 Novembre 2009
La figura mette in luce un aumento della disoccupazione a livello globale, con un
distacco particolare della Spagna, che vede un incremento notevole rispetto alle
15
Chamberlin Graeme, Yueh Linda, Recession and recovery in the OECD, Economic & Labour Market
Review, vol. 3, Ottobre 2009, pp.5
18
altre nazioni (vediamo il livello di disoccupazione toccare quasi il 20% nel
2010).
In America il tasso di disoccupazione tra il Settembre 2007 e 2009 vede un
aumento clamoroso dal 4.8% sino al 9.8%, con una perdita di lavoro soprattutto
16
nei settori dell‟edilizia e della manifattura. ( vedi Grafico 1.3).
Grafico 1.3: Tasso di disoccupazione (%) in America: Settembre 2007-2009.
Fonte: Department of Labour-United States of America, 2 Ottobre 2009.
Anche in Italia, dove le banche locali possedevano pochi titoli Lehman, il crac
americano ha dato avvio ad un mutamento rapido ed inaspettato del sistema di
valori. Parliamo in tal senso di:
Aumento della disoccupazione
Cambiamento del comportamento dei consumatori: su quest‟ultimo punto
avremo modo di soffermarci nei paragrafi successivi perché questo aspetto
sta proprio alla base del processo che spinge le imprese a modificare le
proprie strategie ed i propri obiettivi per tornare a soddisfare le nuove
esigenze dei consumatori.
Mettiamo comunque in evidenza, con la tabella sotto riportata, che anche la
nostra penisola ha attraversato un periodo di instabilità economica, tra il 2008
16
Department of Labour-United States of America,The employment situation – september 2009, 2
Ottobre 2009, pp. 1
19
ed il 2009, ma come possiamo notare il 2010 pare possa essere un anno di
lenta ripresa. Le previsioni macroeconomiche fanno sperare che le cose si
stiano dirigendo nella giusta direzione, il Pil tornerà in positivo, i consumi
tendono a salire ed anche il clima di fiducia dei consumatori. Anche import
ed export fanno registrare dati promettenti. L‟unico punto nero pare essere la
disoccupazione, in diminuzione ma sempre molto elevata.
Tabella 1.2: Previsioni macroeconomiche in Italia 2009-2010.
2008 2009 2010
PIL (prezzi 2000, a/a) -1 -4.7 0.7
Consumi delle famiglie -0.9 -1.8 0.4
Consumi collettivi -0.9 1.8 1.6
Investimenti fissi -2.9 -12.2 0.9
Importazioni -4.5 -16.3 0.6
Esportazioni -3.7 -21.2 1
Contributo % PIL
Commercio estero 0.2 -1.3 0.1
Domanda finale interna -1 -3.2 0.7
Attività produttiva
Produzione industriale -3.4 -16.6 3.2
Prezzi, salari e redditi
Prezzi al consumo (a/a) 3.3 0.8 1.5
Disoccupazione (%) 6.8 7.7 8.7
Occupati totali 0.8 -1.2 -1.1
Salari contrattuali 3.5 3 1.8
Reddito disponibile reale -0.5 -0.6 0
Tasso di risparmio 12.80% 13.50% 13.20%
Fonte: Moda e lusso nell‟attuale contesto macroeconomico, Milano 3 Novembre 2009.
20
1.1.2 Caratteristiche dell‟attuale recessione e del nuovo contesto economico.
Il mondo è entrato in una nuova fase economica.
Le economie nazionali sono strettamente legate ed interconnesse tra loro ed i
benefici di tale nuova situazione sono tangibili da parte di ogni cittadino:
riduzione dei costi, accelerazione della produzione e distribuzione di beni e
servizi, capacità di comunicazione in tempo reale da una parte all‟altra del
mondo e così via.
Sono ovviamente da sottolineare anche i risvolti negativi conseguenza di quel
fenomeno che oggi noi chiamiamo “globalizzazione”: il livello di rischio e di
insicurezza sia per i produttori che per i consumatori è diventato ormai
elevatissimo.
Un evento negativo della situazione di un Paese, come ad esempio il fallimento
di una banca, possono influenzare il resto del mondo e favorire situazioni di
instabilità su vasta scala.
Questo è ciò che è successo con l‟attuale crisi scoppiata in America già nel 2007
con la crisi dei mutui subprime e che si è allargata a macchia d‟olio su tutto il
resto del mondo, portando con sé conseguenze imprevedibili.
A nessuno è data la capacità di prevedere quando il mondo si risolleverà da
questa difficile situazione e se l‟economia ed i mercati torneranno ad essere
esattamente quelli di prima, ma molto probabilmente no.
I gusti dei consumatori stanno cambiando, a livello socio-politico il mondo sta
assumendo caratteristiche mai osservate prima e questo sicuramente spaventa chi
si troverà a competere in un contesto totalmente mutato ed imprevedibile.
Riportiamo qui di seguito in rilievo alcune peculiarità proprie dell‟attuale
recessione 2008-2010 e che hanno determinato il cambiamento del contesto
economico internazionale:
- Durata della recessione.
- Intensità della recessione.
21