7
dell’impresa a determinarne in larga parte strategie e performance), si possono
compiere significativi passi in avanti nella comprensione delle strategie adottate e
delle performance conseguite dalle imprese nei loro processi di
internazionalizzazione, soprattutto nei Mercati Emergenti. Infatti, questi ultimi
sono caratterizzati da un quadro istituzionale che, in molti casi, è profondamente
diverso da quello tipico dei Paesi Sviluppati e ciò può richiedere alle imprese
strategie d’entrata e politiche di marketing appositamente pensate.
Nel secondo capitolo verranno analizzati, sia le diverse strategie che le
imprese di Paesi Sviluppati possono adottare quando decidono di entrare in questo
tipo di mercati, sia l’effetto che il livello di sviluppo istituzionale di questi
esercitano sulla scelta della strategia più indicata. A seconda infatti delle
caratteristiche del quadro istituzionale si modificano i presupposti delle diverse
strategie di ingresso che le aziende possono adottare.
Nel terzo capitolo verrà affrontata la questione, da sempre al centro di un
acceso dibattito, relativa alla scelta strategica fondamentale tra adattamento e
standardizzazione del marketing mix da parte delle imprese di Paesi Sviluppati
che decidono di internazionalizzarsi nei Mercati Emergenti. Questa è una
decisione fondamentale che può portare l’impresa o ad adattare il proprio
marketing mix alle peculiarità del contesto locale o, eventualità piuttosto rara, a
mantenerlo inalterato. Ma può anche accadere che l’impresa, di solito una grande
multinazionale, abbia un impatto tale sul contesto estero da modificarlo secondo
8
le proprie esigenze o che decida di non entrare in un mercato perché gli
adattamenti al proprio modello di business risulterebbero impraticabili o non
fattibili dal punto di vista economico.
Dal quarto capitolo in poi il focus del lavoro sarà circoscritto ad un settore
industriale specifico: quello dell’abbigliamento. La scelta di tale settore è stata
motivata dall’importanza dello stesso per la bilancia commerciale italiana: si tratta
infatti di uno dei settori trainanti del “Made in Italy”, nel quale molte aziende
italiane sono leader a livello internazionale. Anche per questo settore i nuovi Paesi
Emergenti rappresentano ormai un mercato di sbocco fondamentale e fra questi un
ruolo di primo piano è svolto da quelli dell’Europa centro-orientale e in
particolare dalla Russia.
Nel quarto capitolo verrà inquadrata l’industria dell’abbigliamento in
queste regioni, mettendo in evidenza l’evoluzione subita in seguito al processo di
liberalizzazione politica ed economica, avvenuto dopo il 1989. Sarà inoltre
inserita un’analisi qualitativa e quantitativa del mercato dell’abbigliamento russo,
preceduta da una serie di informazioni macro-economiche sul Paese.
Nel quinto e nel sesto capitolo verranno presentati due casi aziendali
(rispettivamente l’azienda Lardini – produttrice di abbigliamento “formale”
maschile – e la multinazionale dello sportswear Sixty. Delle due imprese verranno
analizzate la strategia d’entrata ed il modo di operare nei mercati dell’Europa
9
centro-orientale, prestando particolare attenzione alla Russia, che, per entrambe,
costituisce un mercato strategico.
Nel settimo capitolo, infine, sarà effettuato un confronto e un’analisi
critica delle strategie adottate dalle due aziende mettendone in evidenza vantaggi
e svantaggi, oltre che motivazioni che le hanno determinate. Inoltre, verrà
analizzato il marketing mix adottato nel mercato russo ed il suo grado di
standardizzazione/adattamento, cercando di individuare le motivazioni che hanno
portato le due aziende a prendere determinate decisioni ed i punti di forza e di
debolezza che le caratterizzano. Tutto ciò alla luce del contesto teorico delineato
nel primo capitolo.
10
CAPITOLO 1
L’EVOLUZIONE DEGLI STUDI DI INTERNATIONAL BUSINESS
VERSO LA PROSPETTIVA ISTITUZIONALE
1.1 I limiti delle teorie tradizionali e l’emergere di un nuovo framework
teorico
Negli ultimi anni, da numerose ricerche svolte sulle imprese operanti nei
Mercati Emergenti, è nato un nuovo filone di studi nel campo dell’International
Business: quello istituzionale. Lo studio delle Istituzioni di un Paese, se affiancato
alle due teorie basate sulle caratteristiche del settore e sulla dotazione di risorse
della singola impresa, va a costituire il cosiddetto “strategy tripod” (“treppiedi”
strategico) e contribuisce a gettare luce sulle principali domande relative al modo
di operare delle imprese sui mercati internazionali e ai fattori che determinano la
loro performance (Peng, Wang, Jiang, 2007, 2).
Le due prospettive teoriche tradizionali, relative alle strategie adottate e
alle performance ottenute dalle imprese nel loro processo di
internazionalizzazione, sono: 1) quella basata sulle caratteristiche del settore a cui
l’impresa appartiene, sostenuta da Porter (1980), il quale afferma che sono le
caratteristiche del settore di riferimento dell’impresa a determinarne in larga parte
strategie e performance; 2) quella basata sulle risorse proprie dell’impresa
(Barney 1991), che indica nelle specificità dell’impresa stessa dal punto di vista
11
della dotazione di risorse e di competenze gli elementi fondanti delle strategie e
della performance.
Entrambe queste teorie, però, non tengono in considerazione il ruolo di
condizionamento che le Istituzioni (formali ed informali) svolgono all’interno del
contesto nel quale le imprese si trovano a competere. In breve, la visione basata
sulle caratteristiche del settore non presta sufficiente attenzione al contesto,
mentre la visione basata sulle risorse specifiche dell’impresa è stata criticata
perché non definisce con precisione i confini del vantaggio competitivo. Infatti,
risorse e competenze preziose, rare e difficili da imitare in uno specifico contesto,
possono divenire di scarso valore, abbondanti e facili da imitare in un contesto
diverso. Lo stesso Barney riconosce la fondatezza di questa critica, notando che il
valore delle risorse distintive di un’impresa va contestualizzato nello specifico
mercato in cui essa compete. Molti studiosi hanno evitato di analizzare questo
punto e, in questo modo, non sono riusciti a sviluppare una teoria più completa del
vantaggio competitivo dell’impresa (Peng, Sun, Pinkham, Chen, 2009, 5-6).
In altre parole, sia la Teoria fondata sulle risorse, sia la Teoria di Porter
considerano le Istituzioni semplicemente come sfondo del processo competitivo,
prive di un qualsiasi ruolo attivo. Se anche tra le Economie dei Paesi Sviluppati ci
sono differenze significative nell’organizzazione e nella regolamentazione del
processo competitivo (Wright, Filatochev, Hoskisson, Peng, 2005, 2), queste
differenze assumono dimensioni notevoli mettendo a confronto Economie
12
Emergenti e Sviluppate (Peng, Sun, Pinkham, Chen, 2009, 6-7; Meyer, Estrin,
Bhaumik, Peng, 2008, 3). E’ emersa una prospettiva teorica che colma questa
lacuna interpretativa: la cosiddetta visione istituzionale. Secondo quest’ultima le
Istituzioni (formali ed informali) influenzano in modo significativo le strategie e
le performance delle imprese (sia locali che straniere) che operano nei Paesi
Emergenti, poiché dettano le “regole del gioco” competitivo (Wright, Filatochev,
Hoskisson, Peng, 2005, 3).
1.2 Le Istituzioni come “terza gamba” del “treppiedi” strategico
Ma che cosa si intende esattamente quando si parla di Istituzioni?
Costruendo la definizione sulla metafora delle “regole del gioco” competitivo, le
Istituzioni possono essere definite come “le costrizioni progettate dall’uomo per
ingabbiare le interazioni tra gli uomini” (North, 1990, 3). In modo simile, si
possono definire “strutture regolative, normative e cognitive ed attività che
generano stabilità e danno significato al comportamento sociale” (Scott, 1995,
33). In questo senso le Istituzioni possono essere genericamente classificate in
formali (leggi e regolamenti) ed informali (cultura e norme sociali di
comportamento).
13
Tabella 1 – Dimensioni delle istituzioni
Grado di
formalità
Esempi Pilastri di supporto
Istituzioni
formali
-Leggi
-Regolamenti
-Precetti
-Regolativo (coercitivo)
Istituzioni
informali
-Norme
sociali
-Cultura
-Etica
-Normativo
-Cognitivo
Fonte: W.Peng, Li Sun, Pinkham, Chen, 2009, 34
Le due tipologie di Istituzioni, distinte per grado di formalità ed indicate
nella tabella 1, governano le transazioni all’interno della società nelle aree della
politica (corruzione, trasparenza), della legge (liberalizzazione economica, regime
regolatorio) e della vita sociale (norme etiche, atteggiamento verso le nuove
attività imprenditoriali). Quelle formali sono costituite da disposizioni scritte che
limitano la libertà di individui ed imprese all’interno di precisi confini di legge e,
se violate, portano a delle sanzioni civili o penali predeterminate. Sono dunque
supportate da una sistema coercitivo che punisce le violazioni. Quelle informali
appaiono più astratte e complesse da definire. Sono sostanzialmente disposizioni
non scritte che influenzano chiunque, individuo o impresa, operi in un
determinato contesto. Il loro mancato rispetto non porta a sanzioni civili o penali,
bensì ad una mancata approvazione sociale. Questa può rappresentare un ostacolo
insormontabile ed un grosso limite per qualsiasi individuo o soggetto economico.
14
E’ quindi necessario capire bene quali siano le norme di comportamento imposte
dall’etica, dalla cultura o dal contesto sociale di un determinato Paese per potervi
operare senza contrasti eccessivi da parte dell’ambiente esterno che potrebbero
rendere vani gli sforzi anche di chi eventualmente rispettasse tutte le norme
scritte.
Il contesto politico di un Paese è stato preso in considerazione dalla
letteratura riguardo al “rischio politico” (Butler e Joaquin, 1998; Kobrin, 1982;
Nigh, 1985). Le nazioni differiscono tra loro per il diverso livello di rischio
politico, il quale va ad incidere direttamente sulla stabilità dei mercati-paese
(Peng, Wang, Jiang, 2007, 6). Relativamente alla cultura ed al suo legame con le
Istituzioni, essa può essere definita come quella parte delle Istituzioni informali
che costruisce dal basso le Istituzioni formali (si veda in proposito la tabella 1).
Fino a tempi molto recenti gli studiosi avevano raramente considerato le
interazioni tra Istituzioni, organizzazioni e scelte strategiche. Era stato dato per
scontato un quadro istituzionale di economia di mercato e le cosiddette Istituzioni
informali (come norme sociali e cognizioni) erano state accantonate e messe in
secondo piano come sfondo passivo del processo competitivo tra imprese. Se da
una parte alcuni mettono in luce che, trattare le Istituzioni come semplice sfondo,
è insufficiente a comprendere bene i comportamenti strategici e le performance
delle imprese anche all’interno delle Economie Sviluppate, dall’altro questo modo
15
di fare diviene ancor più sbagliato quando si va ad indagare sulle Economie
Emergenti (Peng, Wang, Jiang, 2007, 7).
In altre parole, quando il mercato funziona pienamente all’interno delle
Economie Sviluppate, le Istituzioni che lo supportano sono pressoché invisibili,
secondo quanto afferma McMillan (2007). Quando invece il mercato funziona
male, come accade nelle Economie Emergenti, l’assenza di Istituzioni formali
forti è manifesta (Peng, Sun, Pinkham, Chen, 2009, 7; Meyer, Estrin, Bhaumik,
Peng, 2008, 7).
Una visione della strategia basata sulle Istituzioni le considera variabili
indipendenti e si concentra sull’interazione dinamica tra queste e le
organizzazioni, indicando le scelte strategiche delle imprese come risultato di
quella interazione. Più precisamente, le scelte strategiche e la performance non
sono esclusivamente determinate dalle caratteristiche del settore di appartenenza
dell’impresa e dalle sue competenze specifiche, ma sono anche la risposta ed il
riflesso delle costrizioni formali ed informali del quadro istituzionale che i
manager si trovano davanti (si veda in proposito la tabella 1). Quindi la visione
istituzionale, insieme alle due teorie tradizionali, completa l’insieme degli
strumenti teorici necessari per studiare le strategie ed interpretare le performance
delle imprese sui mercati internazionali. In questo senso essa è stata definita dai
suoi sostenitori “A third leg for a strategy tripod”. Infatti completa un “treppiedi”
16
strategico che permette un interpretazione della realtà molto più accurata e
realistica.
Le Istituzioni forniscono anche informazioni sui potenziali partner in affari
tra cui l’impresa può scegliere quando decide di entrare in un mercato. A questo
proposito va detto che, in molte Economie Emergenti, la scarsità di informazioni
disponibili può aumentare il rischio di scegliere il partner sbagliato da parte
dell’impresa entrante (Meyer, Estrin, Bhaumik, Peng, 2008, 7). Un eventuale
miglioramento del quadro istituzionale, dunque, può diminuire i rischi connessi
all’attività intrapresa ed i costi delle differenti modalità d’entrata sono a loro volta
direttamente influenzati dalle Istituzioni (Meyer, Estrin, Bhaumik, Peng, 2008, 7-
8). Per esempio, Hoskisson ed altri autori (2000) sostengono che i costi
transazionali sono maggiori nelle Economie Emergenti rispetto a quelle
Sviluppate, affermazione che pochi contestano (Wright, Filatochev, Hoskisson,
Peng, 2005, 4)
1
. E’ evidente da quanto detto sopra che le Istituzioni sono molto
più che elementi di sfondo alla competizione tra imprese, poiché determinano
1
La crescita della visione istituzionale come prospettiva dominante nello studio delle
strategie di business internazionale, soprattutto relative alle Economie Emergenti, è testimoniata
dal numero ingente di articoli pubblicati su due importanti riviste internazionali.
Nel 2000, sette dei tredici articoli (54%) della speciale indagine del “Academy of
Management Journal”, relativa alle strategie di approccio dei Mercati Emergenti e pubblicata da
Hoskisson ed altri autori, si basavano in maniera preminente sulla Teoria Istituzionale.
Cinque anni più tardi, nel 2005, sette degli otto articoli (88%) all’interno dell’indagine
sulle scelte strategiche nei Mercati Emergenti, inserita all’interno del “Journal of Management
Studies” e pubblicata da Wright ed altri autori, erano articoli basati sulla visione istituzionale
(Peng, Wang, Jiang, 2007, 9).
17
quali armi l’impresa ha in mano per definire una strategia che sia efficace e che
possa produrre una qualche forma di vantaggio competitivo (Peng, Wang, Jiang,
2007, 8; Meyer, Estrin, Bhaumik, Peng, 2008, 3; Wright, Filatochev, Hoskisson,
Peng, 2005, 6).
Le rilevanti e profonde differenze nel quadro istituzionale di molte
Economie Emergenti, rispetto a quello tipico delle Economie Sviluppate,
spingono gli studiosi a prestare una particolare attenzione alle prime per sostenere
la prospettiva istituzionale. Per esempio, recenti ricerche avvalorano quanto detto
finora poiché evidenziano che:
1) le risorse specifiche della corporate situata in un Paese Sviluppato
spiegano bene le variazioni nelle performance delle sue controllate
estere che operano all’interno di Economie Sviluppate (in accordo con
quanto sostenuto dalla Teoria fondata sulle risorse specifiche
dell’impresa). Infatti le stesse risorse, che determinano performance e
strategie della multinazionale nel mercato domestico, sono decisive per
il successo nel mercato estero quando i quadri istituzionali sono simili;
2) i condizionamenti, determinati dalle differenze istituzionali tra Paesi
Emergenti e Paesi Sviluppati, sono l’elemento chiave per spiegare
strategie e performance delle controllate che operano nei primi (in
accordo con quanto sostenuto dalla visione istituzionale). Questo
significa che, quando il contesto istituzionale del mercato domestico,
18
che è sviluppato, e quelli esteri, che sono emergenti e in cui la
multinazionale è presente con proprie controllate, sono diversi, la
visione istituzionale acquisisce rilievo e diviene indispensabile per
capire le strategie ed interpretare le performance delle controllate
estere.
Fig. 1 - La Teoria Istituzionale: la terza gamba per un “treppiedi” strategico
- Teoria di Porter
- Teoria fondata sulle risorse Strategia Performance
- Teoria Istituzionale
Molte Economie Emergenti con importanti prospettive di sviluppo stanno
oggi attraversando un processo di “transizione istituzionale” da regimi comunisti a
sistemi capitalistici. Ad esempio si possono ricordare i Paesi del blocco ex
sovietico, come la Russia ed altri, ma anche la stessa Cina. Queste economie,
divenute oggi così importanti, sono definite nel complesso “Economie in
Transizione”. Di conseguenza, la domanda chiave sia per le imprese locali, sia per
quelle straniere che operano o si accingono a farlo in questi Paesi è: come
comportarsi quando le “regole del gioco” competitivo, dettate dalle Istituzioni,
19
sono in fase di mutamento e non integralmente conoscibili? (Peng, Wang, Jiang,
2007, 11). Qualora il management riesca a dare una risposta appropriata a questo
difficile interrogativo, le possibilità dell’impresa di compiere con successo queste
difficili operazioni di internazionalizzazione aumenteranno di molto.
1.3 La diversa rilevanza tra Istituzioni formali ed informali
Le Istituzioni, come già sostenuto in precedenza, riducono il livello di
incertezza fronteggiato dai diversi attori, condizionando le norme di
comportamento adottate e definendo i limiti di ciò che è legittimo fare. Quindi, gli
attori coinvolti nell’arena competitiva perseguono razionalmente i loro interessi e
prendono decisioni all’interno di un quadro istituzionale dato e da loro
indipendente.
Se le Istituzioni (formali ed informali) determinano le scelte dell’impresa,
in situazioni nelle quali i vincoli formali sono poco chiari o non efficaci, sono i
condizionamenti informali ad essere decisivi nel ridurre l’incertezza, dirigendo e
legittimando le azioni delle imprese e fornendo risposte al management (Peng,
Sun, Pinkham, Chen, 2009, 9-10).
Inoltre, numerose ricerche empiriche condotte recentemente e relative ad
attività informali, come la corruzione, mettono in luce la loro importanza nel
consentire agli operatori economici l’individuazione e lo sfruttamento di
opportunità d’affari. La condizione comune riscontrata è la convergenza verso
20
Istituzioni informali quando c’è scarsa presenza o mancanza totale di Istituzioni
formali. Ci si affida a strategie che sfruttano il network di relazioni informali. In
altre parole, si trova il modo di alterare le condizioni previste nei contratti
evitando così l’azione di Istituzioni contrattuali formali deboli. Questo è
particolarmente evidente nel caso di imprese che vogliono esportare i propri
prodotti nel mercato russo. Infatti l’esportatore verso la Russia è costretto di
regola ad affrontare una lunga serie di controlli e costose procedure per la
registrazione, l’ottenimento ed il rinnovo di licenze e permessi, con conseguenti
frequenti ritardi. Su un piano generale va sottolineato che uno dei principali
problemi è rappresentato dalla scarsa collaborazione della burocrazia
nell’applicare le semplificazioni previste dalle leggi di riforma del sistema
amministrativo (Ramella e Lucic, 2008, 20-21). Tutte queste complicazioni fanno
sì che molte imprese esportatrici verso la Russia sfruttino conoscenze all’interno
delle autorità doganali per velocizzare lo svolgimento delle pratiche ed evitare
intoppi come il blocco della merce. Questo è un chiaro esempio di sfruttamento
del network di relazioni informali in un contesto dove le Istituzioni formali sono
deboli e non operano come dovrebbero.
Molti osservatori esterni ritengono che, contare su relazioni informali, sia
una strategia percorribile solo da quelle imprese che operano nei Mercati
Emergenti e che quelle, invece, che agiscono nei Paesi Sviluppati seguano
strategie basate sulle regole del mercato. Questo è molto lontano dalla realtà dei