2
La Figura 1 [Determinanti ambientali dell’internazionalizzazione]
individua alcuni fattori che possono essere visti come determinanti
dell’internazionalizzazione.
• All’esterno sono posizionati i fattori determinanti, mentre
all’interno sono elencati i soggetti su cui tali fattori agiscono.
• L’ambiente è distinto tra interno all’impresa, settoriale,
“macro”.
• In ogni sistema ambientale sono indicati alcuni dei soggetti più
interessati all’internazionalizzazione 1
1
Il rapporto è inteso nel senso “quale fenomeno induce quale soggetto”
all’internazionalizzazione. Potrebbe essere visto anche in senso inverso. Ad esempio: i
governi determinano la diminuzione del protezionismo; il complesso di imprese con strategie
globali contribuisce alla omogeneizzazione degli ambienti nazionali, ecc..
3
Figura 1 [Determinanti ambientali dell’internazionalizzazione]
IMPRESA
Evoluzione di
information
technology e
telecomunicazioni
Aumento del
potere d’acquisto
dei consumatori
Maggiori possibilità
di accesso alle
informazioni
Diminuzioni
delle barriere
nazionali a
commerci e
investimenti
Contatti tra
“mondi
diversi”
(turismo)
Diffusione e
pervasività
della
tecnologia
Distributori
Clienti -
consumatori
Imprese
partner
Imprese
concorrenti
Fornitori
Trasportatori
Istituzioni
Governi
nazionali
Associazioni
socio-
culturali
Individui
Authorities
Scuola,
università
,formazio
ne
professio
nale
Infrastrutture
di
comunicazione
e trasporto
Organizzazioni
sovranazionali
Internet e
tv satellitari
Omogene
izzazione
culturale
e degli
stili di
vita
4
Per “internazionalizzazione” si intende un “processo di apertura verso
l’estero da parte di unità economiche nazionali 2”. Al riguardo una
distinzione immediata da fare è quella tra:
• internazionalizzazione dell’economia;
• internazionalizzazione del settore;
• internazionalizzazione delle imprese.
L’internazionalizzazione dell’economia riguarda l’interazione tra
sistemi economici nazionali, da “chiusi” ad “aperti” e collegati tra di
loro. L’aspetto più noto attiene ai mercati finanziari e alla possibilità
di muovere i capitali tra Paesi diversi 3.
L’internazionalizzazione del settore avviene quando tutte le imprese
di un settore sono internazionalizzate, quando cioè il fenomeno da
individuale diviene collettivo. Un settore è “internazionalizzato”
anche se l’impresa non ha interessi all’estero, ma vi sono concorrenti
esteri sullo specifico mercato nazionale. La singola impresa può
dunque “spingere” il processo oppure “essere spinta” dalla tendenza
collettiva e dalla conseguente riconfigurazione della dinamica
2
Enciclopedia dell’economia Garzanti, Garzanti, Milano 1992
3
I movimenti finanziari globali ammontano a cifre dell’ordine dei 1.500 miliardi di dollari al
giorno, di cui il 90% attiene a speculazioni e non è collegato ad alcun commercio reale. H.
Henderson, La vera ricchezza delle nazioni, Cross Roads, Maggio 1998, a cura di Aiesec.
5
competitiva. Ad oggi un numero sempre più elevato di settori è
interessato da intensi processi di internazionalizzazione.
Dal punto di vista della singola impresa, si parla di
internazionalizzazione quando alcune operazioni di gestione sono
svolte all’estero. Un tipico approccio distingue
l’internazionalizzazione in tre forme:
1) mercantile - esportazione di beni e servizi 4;
2) produttiva – unità produttive costituite per investimento diretto
estero;
3)“nuove forme” – forme che si sono diffuse solo in tempi recenti,
come franchising, licensing, joint venture, ecc.
Per “globalizzazione” si intende il completamento del processo di
internazionalizzazione, a comprendere tutte le nazioni esistenti 5. Il
termine ha origine anglosassone ed stato utilizzato per la prima volta,
nel 1969, contemporaneamente, da due “futuristi” americani6. Un
4
Anche se crescente, il commercio internazionale di servizi è di dimensioni inferiori rispetto
al commercio di beni.
5
Nelle suggestive parole di Rullani, la globalizzazione è il “colpo di grazia per il paradigma
fordista, ormai in declino”, l’”anello di congiunzione tra fordismo e postfordismo”, la
“preparazione del terreno per il capitalismo del futuro”. E. Rullani, in K. Ohmae (a cura di)
Oltre la globalizzazione, Etas Libri, Milano, 1998
6
Cfr. M. McLuhan, War and peace in the global village e Z. Brzezinski, Between two ages.
America’s role in the technotronic era.
6
termine analogo, tratto dalla lingua francese, è “mondializzazione”:
anche se inizialmente utilizzato da Autori economico-aziendali 7, nel
tempo ha assunto una accezione molto più politica, spesso di
contestazione 8. “Globalizzazione” sembra avere un più ampio spettro
di utilizzo rispetto alla sola accezione economica (globalizzazione
della cultura, della società, della comunicazione televisiva, ...).
L’impresa può dirsi internazionale in quanto opera su di un numero
limitato di nazioni. L’impresa globale 9, invece, opera su scala globale
e cioè si muove su tutti i paesi-mercato del mondo. Per l’impresa,
essere “global” significa un modo diverso di organizzare la
produzione e la gestione complessiva. In concreto, il riferimento è
verso i paesi più importanti, la c.d. “triade” (Nord America, Europa
Occidentale, Giappone) 10.
A. Matterlat, commento ad un gruppo di articoli sulla globalizzazione, apparsi su Sviluppo &
Organizzazione, sett.-ott. 1996 pag. 7.
7
Ad esempio: Processi di mondializzazione e trasformazioni dell’economia, a cura di Onida,
III rapporto Cespri, Milano 1989.
8
Secondo la dottrina marxista, la mondializzazione è il processo storico naturale di diffusione
del capitalismo nel mondo, processo iniziato con la rivoluzione industriale, ancora in corso. I
suoi effetti sono la distruzione e la ricreazione di strutture economiche e di potere. Marx e il
nuovo millennio, a cura del Circolo di Lotta Comunista di Firenze, 1998.
9
Questo termine ha però una accezione diversa, che attiene alla modalità organizzativa.
Specialmente, è utilizzato da Ohmae.
10
Il termine “triade” è stato lanciato da K. Ohmae in La triade del potere, Sperling & Kupfer,
Milano, 1986. Le tre aree dove si concentra lo sviluppo industriale più avanzato sono
(soltanto) il 15% dei Paesi del pianeta. Per contrasto, la produzione industriale è il 55% della
produzione totale e il potere d’acquisto di consumatori è 8-15 volte superiore rispetto ai PVS.
Da notare che questa definizione risale al 1986. Ad oggi si potrebbero aggiungere altri paesi o
“Stati-regione” (ad esempio, la Cina continua ad essere un paese poco sviluppato, ma sul suo
7
Come per il termine “internazionalizzazione”, anche il termine
“globalizzazione” può essere applicato all’economia, al settore 11,
all’impresa. L’unico appunto è riguardo alle dimensioni: per impresa
“globale” si intende di solito una grande impresa 12.
Il duplice senso (economico e socio-culturale) di “globalizzazione”
suggerisce che gli effetti economici possono essere in qualche misura
causati da eventi socio-culturali. Ad esempio: la generale tendenza
alla democrazia, i canali televisivi satellitari, i viaggi internazionali
per turismo, la progressiva conformazione dei livelli di istruzione e
dei valori culturali. Questi sono tutti fattori che predispongono gli
individui a stili di vita omogenei (spesso proposti-imposti dalla cultura
occidentale) e quindi all’acquisto di prodotti globali 13 da parte di
“fruitore universale”.
territorio vi sono delle zone economiche speciali, come Shenzen e Hong Kong, molto
differenti dal resto del paese).
11
Come definizione, un settore è globale quando un mutamento ambientale in un qualunque
paese, ha immediate ripercussioni in tutti gli altri.
12
Questa accezione deriva dal fatto che le prime imprese a globalizzarsi sono state quelle di
grandi dimensioni. In generale, in passato le piccole imprese non avevano abbastanza
considerazione a livello di studio.
13
Un “prodotto globale” è venduto senza necessità di adattamento in tutto il mondo. In realtà,
è normale che un certo grado di adattamento avvenga sempre. Tipici prodotti globali sono i
software della Microsoft (tuttavia, spesso vengono realizzate versioni in lingua nazionale).
Forse il miglior tipo, interessante anche per le implicazioni sulla predisposizione dei ragazzi
rispetto alla globalizzazione, è il Play Station Sony.
8
In effetti, “globalizzazione” non significa tanto unificazione
mondiale dell’economia, bensì circolazione delle
informazioni e interdipendenza
Le origini del fenomeno dell’internazionalizzazione risalgono
all’antichità, tuttavia, l’internazionalizzazione è un tema ancora molto
attuale e negli ultimi anni ha assunto una rilevanza ancora maggiore,
connessa alle forme attraverso cui è attuata.
Possiamo schematizzare il processo di sviluppo
dell’internazionalizzazione nella storia così:
ORIGINI Fin dall’antichità si hanno notizie di scambi e
commerci internazionali delle civiltà del
Mediterraneo. A partire dal 2800 a.C. con i
Fenici e gli Egizi,fino ad arrivare ai Greci e
poi,soprattutto, ai Romani.
MEDIOEVO Durante il Medioevo, l’Italia, con i suoi
mercanti, rappresentava il centro geografico e
strategico del commercio tra il Nord Europa e
il Vicino Oriente, fino alla Cina. In particolare,
tra il 1100 e il 1500 fu proprio Firenze
9
(assieme a Milano, Venezia, Genova ed altre
città) una delle capitali del mondo economico.
La principale attività cittadina consisteva nella
lavorazione della lana e i “mercanti -
imprenditori” fiorentini esercitavano più
attività in più luoghi. L’internazionalizzazione
medievale portò a Firenze e all’intera Toscana
una ricchezza che permise lo sviluppo artistico
e culturale del Rinascimento. Ad oggi, proprio
questa straordinaria risorsa di immagine può
conferire un vantaggio competitivo in campo
internazionale.
LE COMPAGNIE
OLANDESI E
INGLESI
Nel XVI secolo le prime navigazioni di lungo
corso definiscono nuove rotte commerciali
verso le Indie. Per sfruttare le opportunità
nascenti dall’ampliarsi degli orizzonti
geografici, furono fondati enti economici
nazionali di grandi dimensioni, come le
compagnie coloniali inglesi e olandesi del
10
XVII e XVIII secolo. Nella seconda metà del
XIX secolo si diffonde il fenomeno
dell’impresa multinazionale. Degli studiosi di
storia vedono nelle compagnie coloniali la
prima forma delle moderne multinazionali.
IL
COLONIALISMO
Con la rivoluzione industriale, il Regno Unito
acquisisce la leadership economica mondiale. Il
commercio estero, specialmente nei confronti
del vasto impero coloniale, segue un flusso di
materie prime dalle colonie, contro
l’esportazione di prodotti manifatturieri verso
le stesse colonie. Nel periodo fra le due guerre
le si affiancano gli Stati Uniti. Peraltro, questo
è il periodo della depressione, del
protezionismo, dell’autarchia.
IL PERIODO
DELLE
MULTINAZIONALI
(ANNI ’50-’60)
L’internazionalizzazione, nella sua versione
moderna, inizia con la fine della seconda
guerra mondiale.
Il passato era stato caratterizzato da due fattori:
11
• il colonialismo (ovvero il ruolo dello
Stato per garantire i traffici
internazionali);
• il commercio tra imprese indipendenti,
appartenenti a nazioni diverse (piuttosto
che l’internalizzazione delle operazioni).
Negli anni ’50 e ’60, anche in campo
internazionale prevale il paradigma della
grande impresa e della produzione di massa. Le
multinazionali hanno queste caratteristiche e si
espandono in un modo tale da infondere timore
nell’opinione pubblica e suscitare indagini
governative. In questo periodo le piccole e
medie imprese operano all’estero solo per
esportazione della produzione interna.
I CAMBIAMENTI PIU’ RECENTI: Gli anni ’70 vedono intervenire
dei grandi cambiamenti:
12
• entrano in scena multinazionali di nuove nazionalità
(giapponesi, tedesche, inglesi, olandesi, di paesi arabi);
• le multinazionali già affermate risentono delle generale crisi
economica (svalutazione del dollaro del 1971, crisi petrolifere,
inflazione e stagnazione, debolezza della leadership americana
nel mondo);
• inizia l’”era della turbolenza”;
• i problemi non dipendono solo dall’aumento dei costi e
dall’instabilità ambientale: è il paradigma stesso della grande
impresa, che viene messo in discussione.
Negli anni ‘70 insorgono esigenze di flessibilità produttiva e
organizzativa, specialmente per il rapporto tra costi fissi e variabili.
D’altra parte, l’aumento del Pil pro capite conduce ad una domanda di
beni differenziati, a fianco dei prodotti standardizzati a basso costo.
Nei rapporti internazionali entrano in scena nuove figure e nuovi
sviluppi. Le nuove figure sono le imprese di dimensioni piccole e
medie. I nuovi sviluppi riguardano:
13
• lo sviluppo internazionale (ad es., investimenti diretti all’estero
anche da parte di pmi, forme di collaborazione e cooperazione
tra imprese di diversa nazionalità, ecc.);
• il modo di organizzare e gestire le attività operative.
Tra i nuovi sviluppi possiamo considerare anche il cambiamento di
mentalità per cui agire sull’estero è una delle strategie possibili,
paritaria e alternativa rispetto a strategie di tipo domestico.
Ad oggi, le multinazionali avvertono la necessità di cambiare
organizzazione per far fronte al cambiamento dell’ambiente. In
particolare, questi processi di cambiamento portano a cambiare la loro
definizione: da multinazionale a sovranazionale, transnazionale,
globale.
Al loro fianco, seppure su piani diversi, sono i “nuovi agenti”, le
piccole e medie imprese. Per questa categoria di imprese, l’export
ormai è uno sbocco comune (talvolta prevalente) della produzione.
Certe imprese vanno oltre la vendita ad intermediari, attuando forme
di esportazione diretta. Altre, addirittura, decentrano la produzione
all’estero, così avvalendosi di una forma che una volta era propria
della grande impresa. Oggi, non è raro trovare imprese manifatturiere
14
che, pur consistendo di alcune decine di dipendenti e una ristretta base
di management, intrattengono relazioni con l’estero a livello
produttivo.
Un ulteriore aspetto innovativo, riguarda l’internazionalizzazione dei
servizi. I servizi hanno una natura intangibile (devono essere
consumati laddove sono prodotti) e necessitano della componente
“contatto umano”. Ciò nonostante, sono diverse le categorie di servizi
interessate all’internazionalizzazione: trasporti, servizi bancari,
finanziari e assicurativi, comunicazioni, servizi professionali. Anche il
franchising, i trasferimenti di conoscenza, il licensing, sono definibili
come servizi. A causa dell’intangibilità del servizio, solitamente la
fruizione internazionale si accompagna all’investimento diretto, più
che all’esportazione 14.
INTERNAZIONALIZZAZIONE OGGI: SCELTA O NECESSITA’?:
Si usa enfatizzare questi risultati, dicendo che “internazionalizzare
non è più una scelta, bensì una necessità”. Questa affermazione non è
valida in assoluto e verrà corretta più avanti. In ogni caso, tale
espressione segnala il cambiamento: l’impresa deve fare riferimento
14
S. Mariotti, L’internazionalizzazione dei servizi in Italia: analisi degli investimenti diretti
esteri, in AA.VV., Il commercio internazionale dei servizi e la posizione dell’Italia, Ice, Roma
1989
15
ad un ambito competitivo che ha allargato i propri confini geografici.
Si riduce progressivamente il numero delle imprese e dei settori che
possono fare a meno di interessarsi all’internazionalizzazione.
Laddove l’internazionalizzazione è già una realtà, solo un
ragionamento strategico limitato può prescindere dalle opportunità e
dai rischi che ne conseguono.
La mia intenzione è cercare di analizzare tutti i possibili atteggiamenti
delle piccole e medie imprese di fronte alla possibilità di avviarsi
verso l’internazionalizzazione, attraverso lo studio delle loro scelte
strategiche ed organizzative.