7
La specificazione di cui sopra, dipende dal fatto che nessuno dei due termini
presi singolarmente, è sufficientemente indicativo dell’insieme dei servizi finanziari
nel mercato delle imprese.
Le stesse strutture organizzative delle banche, in gran parte dell’Europa, seguono
modelli non uniformi in cui corporate e investment si combinano con pesi e modalità
differenti.
I temi oggetto del lavoro potrebbero per lo natura essere analizzati in una duplice
prospettiva. Da un lato, vi è quella del corporate finance, cioè dei soggetti
utilizzatori dei servizi, che porta a modellizzare e applicare le varie operazioni nel
quadro delle decisioni strategiche dell’impresa. Dall’altro, vi è quella della
produzione e dell’offerta dei servizi finanziari, prospettiva che mette l’enfasi sulle
attività di corporate e investment banking come area di business all’interno
dell’economia degli intermediari.
Le operazioni e i servizi oggetto d’analisi sono sempre gli stessi (intendendo con
ciò che i due lati non sono indipendenti), anche se è diverso condurre un’analisi dal
lato del produttore piuttosto che del fruitore dei servizi; noi porteremo avanti la
nostra analisi esclusivamente dal lato dell’offerta.
In Italia in particolar modo, si è in presenza di una trasformazione del modello
della banca tradizionale di fronte all’evoluzione dai circuiti creditizi a quelli
mobiliari, sia per il ritardo con cui il processo è iniziato sia per le peculiarità dal lato
della domanda.
In Europa, negli ultimi anni, le grandi banche universali (caratterizzate per lo più
dalle attività corporate non di mercato) hanno scelto di indirizzare i propri sforzi alla
conquista di una posizione forte nella stessa area dell’investment banking.
Da ciò emerge che è in atto una trasformazione della struttura dell’offerta, dove i
confini delle diverse attività si attenuano, e si disperde progressivamente il modello
originario delle investment bank: sulla base di questo, risulta interessante mettere a
confronto lo scenario che va maturando nei principali sistemi finanziari europei.
La rilevanza di quest’analisi sta nel fatto che l’Italia ha un sistema finanziario
bank-based, così come molti paesi europei (ad esempio Francia e Germania), e la
capacità di adattarsi ai cambiamenti in atto è di vitale importanza, non solo per il
sistema finanziario stesso, ma per l’intera economia nazionale.
Nel secondo capitolo, affronteremo la discussione di come i numerosi fattori di
cambiamento economico e istituzionale abbiano modificato, nel corso degli anni
8
Novanta, l’arena competitiva per gli intermediari finanziari, determinandone la
ricerca e l’implementazione di strategie di diversificazione; l’innovazione finanziaria
su tutti i fattori oggetto della discussione - nelle sue diverse manifestazioni di nascita
di nuovi strumenti, di nuovi mercati e di nuovi intermediari - ha giocato (e gioca) un
ruolo importante nell’indirizzare tale cambiamento.
Le aree di offerta dei “nuovi” servizi possono essere individuate partendo dalla
considerazione di quelle che sono le tendenze di fondo che caratterizzano i
cambiamenti nell’ambiente economico e istituzionale:
¾ l’innovazione tecnologica, che, attraverso le applicazioni dell’automazione,
dell’informatica e della telematica all’attività bancaria, interessa in modo
pervasivo l’offerta di servizi bancari;
¾ l’integrazione a livello internazionale dei mercati, che apre nuove opportunità
ed espone altresì a nuovi rischi gli operatori;
¾ la despecializzazione degli intermediari conseguente alla rimozione di
artificiali segmentazioni istituzionali degli ambiti di operatività, che allarga in
linea di principio la scheda di offerta degli operatori bancari e mette in
diretto confronto competitivo un numero più elevato di operatori;
¾ la globalizzazione dei mercati che congiuntamente a una maggior
concorrenzialità comporta un aumento dei rischi tipici dell’attività finanziaria
e anche della generale attività di impresa, in quanto l’instabilità ambientale
risulta essere correlata a più numerosi e diversificati contesti;
¾ la securitisation dell’economia, con una crescente preferenza per
l’investimento in valori mobiliari e una più elevata propensione degli
operatori bancari a intervenire nell’offerta di servizi di supporto al
finanziamento mobiliare;
¾ il riassetto proprietario e organizzativo degli operatori economici alla ricerca
di dimensioni e di strutture operative più consone a quelle di mercati
internazionalmente integrati;
¾ la finanziarizzazione dell’economia, e delle strutture di gruppo in particolare
che orienta sovente la gestione finanziaria verso modelli unitari e integrati
con l’adozione di soluzioni che possono disintermediare le banche.
9
Fondamentale è la questione di come le banche italiane ed europee, si stanno
attrezzando per far fronte alla pressione competitiva derivante dagli operatori esteri,
e se stiano trovando o meno nuovi ed apprezzati modi per incontrare la domanda dei
loro clienti attraverso il disegno di nuove strategie e/o strutture organizzative. A tal
proposito nel terzo capitolo, si osservano le strutture organizzative delle maggiori
banche europee, consci del fatto che la struttura e la strategia di gestione vincenti
necessitano di un’implementazione tale che ne risulti una certa sinergia,
coerentemente con quanto viene affermato dalla dottrina dominante, secondo la quale
è necessario che “la struttura segue la strategia”.
Il disegno strategico e organizzativo sono elementi complementari del business
system, e qualunque grande istituzione economica, necessita di creare e mantenere
una certa consistenza (coerenza) tra questi due elementi allo scopo di creare valore;
questo è dire che strategia e organizzazione debbano auto-implementarsi, rinforzando
i rispettivi effetti positivi e mitigando quelli negativi.
Le maggiori banche europee risultano d’accordo che la divisionalizzazione è il
giusto approccio per favorire il corporate banking meglio che in passato, ma sono in
disaccordo sulla specifica forma da adottare, e ne risulta una grande varietà di
strategie, di fatto non indagabili nel merito.
Le necessità di meglio orientarsi al cliente e di distinguere le attività retail
banking da quelle corporate banking erano già chiare ai direttori bancari negli anni
Ottanta, ma è solo a partire dalla metà degli anni Novanta che diventa evidente, da
una parte che nell’industria bancaria la reale orientazione al cliente possa essere
raggiunta esclusivamente tramite cambiamenti nei profili organizzativi macro e
micro, hard e soft, e dall’altra che il corporate banking non dovrebbe essere
“confinato” nei confronti di un piccolo numero di large corporations ma, di contro,
esteso ai clienti di media dimensione.
Un’osservazione che emerge con forza durante il terzo capitolo, è legata al fatto
che il comportamento degli intermediari in tema di scelta del modello organizzativo
non consente di individuare un modello predominante, essendo le diverse scelte
correlate alle diversi situazioni contingenti che dipendono, a loro volta, da un
insieme di variabili esogene ed endogene all’intermediario finanziario. Inoltre, si
verifica come i modelli “puri” individuati nella teoria sono difficilmente rinvenibili
nella realtà, lasciando il posto a soluzioni ibride venutesi a creare, nel tentativo di
recepire al meglio i fattori di cambiamento che hanno coinvolto i sistemi finanziari di
10
tutto il mondo, e di gestire con maggiore efficacia aree di business sempre più
complesse e sofisticate.
Infine, avendo rilevato che non esista un modello ottimale attraverso cui
implementare le diverse strategie di diversificazione – e che quindi tale compito è
affidato all’esperienza e alle competenze del top management chiamato a scegliere
strategie e strutture di volta in volta più idonee alle circostanze – si andrà a valutare,
nel quarto e ultimo capitolo, l’impatto che le diverse scelte di diversificazione hanno
avuto su alcuni indicatori di performance.
Dopo aver mostrato i vari trend e le statistiche lungo il periodo considerato
(1998-2004) sia per l’intero campione di grandi banche europee selezionate che per i
principali paesi europei, il cuore dell’analisi sarà quello di suddividere il nostro
campione di banche europee secondo il grado di diversificazione - che sarà tanto
maggiore quanto maggiore risulterà la componente dei ricavi da servizi sul margine
di intermediazione - che ci permetterà di cogliere al meglio la correlazione tra le
performance bancarie e le strategie di diversificazione; si valuterà infatti, se e come,
le banche che hanno attuato strategie di diversificazione più marcate, abbiano
ottenuto o meno la maggiore redditività ricercata: si determinerà quindi, se l’aumento
dei ricavi da servizi, degli ultimi anni, abbia portato effettivamente ad una maggiore
redditività e stabilità bancaria, così come annunciato dalla letteratura bancaria sul
tema.
11
CAPITOLO 1
Corporate banking: aspetti e definizioni
1.1 Introduzione
Il presente capitolo, si propone innanzitutto di definire il concetto di corporate
banking, da un lato richiamando i principali contributi in materia, che ci derivano
dalla letteratura di riferimento, e dall’altro lato, cercando di far emergere una propria
definizione, coerente con il lavoro che sarà di seguito sviluppato. Si cercherà, quindi,
di far chiarezza sulle aree di intervento della banca nel corporate banking,
evidenziandone prodotti, servizi e attività svolte; in secondo luogo, si esaminerà la
gamma di competenze richieste agli intermediari finanziari che operano nell’area dei
servizi finanziari alle imprese, sviluppando alcune considerazioni in merito al profilo
di appropriabilità e internalizzazione di ciascuna di esse.
Questo tentativo di “rifarsi” ad una definizione per così dire unica di corporate
banking, risulta, per quanto non agevole, sia utile al fine di una migliore visione
complessiva dell’oggetto di analisi che si andrà a svolgere, sia necessaria ad uno
sviluppo lineare dell’indagine stessa.
Non si vuole avere la presunzione, quindi, di dare in questo lavoro una risposta
definitiva, quanto piuttosto proporre una chiave di lettura che, a prescindere dal
percorso di sviluppo osservato per molte grandi banche e investment bank
internazionali e nazionali – la cui operatività è stata in misura significativa
influenzata dall’evoluzione del contesto economico e normativo proprio di ciascuna
di esse – faccia riferimento soprattutto alla coerenza tra il tipo di prodotto-servizio
offerto, il tipo di bisogno soddisfatto e le caratteristiche della struttura operativa
dell’intermediario.
12
1.2 Definizione di corporate banking
Definire i prodotti e i servizi offerti dagli intermediari finanziari nell’area del
corporate banking è compito arduo e in merito al quale non si registra una chiara
convergenza di opinioni da parte della più autorevole e accreditata letteratura di
riferimento.
A rendere, peraltro, ancora più problematico il processo di identificazione dei
“confini” da assegnare all’attività di corporate banking, è l’evidente constatazione
dell’elevato livello di “personalizzazione” che caratterizza la maggior parte delle
operazioni riconducibili a tale area di attività, come apparirà più chiaro nel seguito.
Infatti vi è chi come Capizzi
1
, ha scelto di “fondere” l’espressione di corporate
banking – comunemente utilizzata per far riferimento al mercato dei servizi
finanziari esplicitamente rivolti alla clientela imprese – con quello dell’investment
banking, che richiama invece lo specifico campo di attività delle grandi investment
bank di stampo anglosassone, per lo più incentrato sulla cosiddetta securities
industry e, dunque, chiaramente riconducibile al funzionamento del mercato
mobiliare; questa scelta nasce dalla convinzione dell’autore che nessuno dei due
termini, singolarmente presi, sia sufficientemente indicativo dell’insieme dei servizi
finanziari messi a disposizione delle imprese dalle banche, investment bank e altre
tipologie di intermediari finanziari.
Lo stesso autore precisa come sia per lui da considerare il C&IB
2
come uno
specifico segmento di attività, nell’ambito del più generale comparto dei servizi
finanziari per le imprese, in cui l’elemento peculiare rispetto all’attività più
tradizionale è rappresentato dal differente peso assunto dalla componente di tipo
creditizio. Con ciò non si vuole escludere che i prodotti e i servizi di seguito
analizzati possano comunque prevedere un’attività di lending da parte
dell’intermediario, ma si vuole mettere in luce il fatto che la concessione di credito
non rappresenta il fine ultimo che giustifica lo sforzo sostenuto dalla banca in termini
di ideazione, progettazione e implementazione di operazioni finanziarie complesse,
quali, tipicamente, quelle oggetto d’analisi. Il credito, semmai, rappresenta uno degli
1
Sul punto si faccia riferimento a V. Capizzi (2003), “Operazioni di corporate e investment banking”, in Costo del capitale e
operazioni di investment banking, Milano, Egea.
2
D’ora in poi ci si riferirà al termine “corporate e investment banking” con l’acronimo C&IB.
13
elementi che, in vario modo, possono rientrare nell’ambito dell’architettura
complessiva disegnata dall’intermediario che offre un determinato servizio di C&IB,
servizio che non necessariamente sarà erogato direttamente da quest’ultimo.
In altri termini, il C&IB rappresenta un’attività attraverso cui la banca si
propone di mettere a punto soluzioni sofisticate e integrate che consentano di
soddisfare esigenze finanziarie “complesse” della clientela impresa. La complessità
delle esigenze finanziarie è un concetto che può essere declinato in una molteplicità
di modi e può essere riferito, per esempio, all’entità e alla durata del finanziamento,
ai covenants e alle modalità tecnico-contrattuali di ottenimento dello stesso, al
numero e alla tipologia degli intermediari coinvolti, all’impatto dell’operazione
sull’assetto societario e sui piani di crescita futuri dell’impresa coinvolta. A partire
da ciò, senza voler comunque approfondire argomenti relativi ai successivi capitoli,
ben si comprende quanto sia importante, per un intermediario desideroso di operare
credibilmente nel settore di attività in questione, dotarsi di una struttura adeguata,
caratterizzata dalla presenza di competenze tecniche e relazionali di elevato profilo e,
soprattutto, da un notevole dinamismo unitamente a una continua capacità di
innovazione.
Volendo a questo punto cercare di arrivare ad una definizione più circostanziata
dell’attività di C&IB – così come intesa dall’autore – è possibile identificare sei aree
d’affari (come si vede in Fig. 1.1), le quali, a loro volta, presentano una serie di
prodotti-servizi specifici per caratteristiche tecnico-contrattuali adottate, per natura
dei rischi assunti dall’intermediario, per competenze e professionalità impiegate, per
forma di remunerazioni originate e per tipologie di bisogni finanziari della clientela
corporate soddisfatti.
14
Figura 1.1. Le aree d’affari del corporate e investment banking
Fonte: V. Capizzi (2003), “Operazioni di corporate e investment banking”, in Costo del capitale e operazioni di
investment banking.
Per evitare di essere ripetitivi e di appesantire troppo questo capitolo, le
indicazioni relative ai vari prodotti e servizi offerti, alle caratteristiche principali del
processo produttivo e al profilo delle competenze per la prestazione dei servizi stessi,
saranno fornite in riferimento alla definizione con cui si deciderà di riferirsi durante
lo sviluppo dell’analisi, credendo comunque che, pur nelle diverse rappresentazioni
del concetto di corporate banking (o per chi lo preferisce di C&IB) a disposizione, vi
sia il comune denominatore di intenderne la totalità dei servizi finanziari rivolti alle
imprese, indipendentemente dal far ricadere certi servizi e/o prodotti all’interno di
una classe di attività piuttosto che di una diversa un’area d’affari.
Lo stesso Forestieri
3
nel corso dei suoi lavori esplicita la possibilità di riferirsi
alternativamente, sia al termine di C&IB, sia a quello di corporate banking,
“allegando”, allo “schema” di volta in volta configurato, una spiegazione di fondo
3
Si veda al riguardo Corporate e investment banking, a cura di G. Forestieri, Egea, (2005), e “Lo sviluppo del Corporate
Banking: mito o realtà”, di G. Forestieri, in Le strategie competitive nel Corporate Banking, a cura di M. Baravelli (1997).
Corporate e investment banking
Finanza
mobiliare
Corporate
finance
Merchant
banking
Finanza
strutturata
Asset
management
Risk
management
15
che ne legittimi la scelta. È così che all’interno del suo ultimo volume di cui è stato
supervisore, si analizzano le principali aree di attività che caratterizzano gli
intermediari finanziari nel C&IB. Il termine corporate banking è usato per fare
riferimento al mercato dei servizi per le imprese, secondo un’accezione comune nelle
banche europee e che comincia a consolidarsi anche nel nostro paese; mentre con il
termine investment banking, si vuole richiamare lo specifico campo di attività delle
grandi investment bank americane e incentrato, almeno in origine, nei servizi di
advisory e underwriting. Il duplice riferimento, riflette l’idea che – così come per
Capizzi – nessuno dei due termini, individualmente, è sufficientemente indicativo dei
servizi finanziari nel mercato delle imprese. A supporto di ciò, le stesse strutture
delle banche, non solo in Italia, seguono modelli non uniformi in cui corporate e
investment si combinano con pesi e modalità differenti.
Con riferimento ai servizi finanziari offerti, la scheda dei prodotti del C&IB, può
essere articolata in rapporto a differenti raggruppamenti rilevanti. Nel suddetto
volume viene utilizzata una definizione ampia dei servizi di C&IB, il cui tratto
comune è rappresentato dall’essere offerti in funzione della ricerca di assetti ottimali
nelle scelte finanziarie delle imprese clienti
4
. Le aree di affari che fanno parte
dell’attività di C&IB sono le seguenti:
ξ investment banking in senso stretto;
ξ servizi di corporate finance;
ξ finanza strutturata;
ξ merchant banking (o private equity);
ξ risk management.
Non meno convincente era stata la definizione estensiva di corporate banking,
adottata in suo contributo
5
passato, una definizione cioè che comprende l’intera
gamma dei servizi bancari rivolti alle imprese. Per molti aspetti, la definizione
ricalca quella di C&IB, come sopra esposta; per altro verso, risulta più ampia per
l’opportunità di fare riferimento anche ai servizi di credito tradizionale.
4
Questa scelta viene giustificata alla luce del fatto che anche i pochi studi che si occupano di investment banking in Italia – si
tratta nello specifico di “Il settore dell’investment banking in Italia”, a cura di G. Nardozzi e A. Verna, IRS, (1996) e “Indagine
conoscitiva sui servizi di finanza aziendale”, supplemento n. 1 al Bollettino n. 39/1997, anno VII, dell’Autorità Garante della
Concorrenza e del Mercato e Banca d’Italia – sono concordi nel ricomprendere in quest’area i servizi discussi nel corso
dell’intero volume.
5
Il contributo fa riferimento ad un capitolo sviluppato all’interno del volume di M. Baravelli (1997); vedi nota n. 3.
16
In altre parole il corporate banking è visto come insieme di attività ordinabili in
due aree tecnicamente e storicamente distinte: da un lato vi è quella che si potrebbe
definire come “attività di finanziamento”, quindi corrispondente ad una visione
tradizionale di banca tesa a coglierne soprattutto gli aspetti innovativi sul piano
tecnico ed evolutivi sul piano delle relazioni di clientela; dall’altro lato vi è quella
che corrisponde al concetto comune di investment banking e si concentra sulla parte
di questa attività costituita dai servizi rivolti alle imprese.
La qualificazione che dovrebbe sorreggere questa visione è che si tratti di servizi
offerti in un rapporto banca-impresa caratterizzato da: innovazione, ampiezza della
gamma di offerta, alto valore aggiunto (informazione; consulenza), specificità
rispetto ai fabbisogni. In quest’ottica anche il credito diventa componente a pieno
titolo di una moderna impostazione di corporate banking, posto naturalmente che
abbia quelle connotazioni evolutive che lo distinguono dalla vecchia visione di
rapporto di fornitura impersonale e indifferenziato.
Sulla base del suddetto concetto, si adotta nel volume in questione la seguente
classificazione riguardante le principali classi di attività finanziarie:
ξ credito;
ξ capitale di rischio;
ξ intermediazione mobiliare;
ξ finanza internazionale;
ξ gestione e controllo dei rischi;
ξ finanza straordinaria.
Espresse le diverse definizioni enunciate da Forestieri, va detto che si tende a
riferirsi all’autore – anche per cronologia – in riferimento alla prima definizione,
ovvero quella di C&IB.
Anche Caselli
6
è stato solito rifarsi a diverse definizioni nel corso dei suoi lavori,
ma sembra che sia più consono riferirsi allo stesso come “portavoce” della
definizione di corporate banking che ricomprenda la totalità dei servizi erogati alle
6
Si veda al riguardo S. Caselli (2005), “La struttura del mercato italiano dei servizi di corporate e investment banking”, in
Corporate e investment banking, a cura di G. Forestieri, Egea, e S. Caselli (2005) “Corporate Banking Strategies: Products,
Markets and Channel”, in Strategy and organization of Corporate Banking, a cura di G. De Laurentis.
17
imprese, con la precisazione che fra questi, con il termine investment banking si
intendono i servizi più innovativi erogati specificatamente dalle investment bank.
L’autore, sulla base di tale definizione, fa una classificazione abbastanza
dettagliata e segmentata, dato lo scopo del suo lavoro, per poter meglio comprendere
se il corporate banking rappresenti ad oggi una semplice evoluzione dell’area del
lending verso la divisionalizzazione delle strutture, o piuttosto una radicale ri-
definizione del sistema di offerta nell’ottica di processi orientati alla creazione di
valore e che contemplino la copertura di diverse aree prodotti. Vediamo qui di
seguito la classificazione di tali aree d’affari:
ξ sistema dei pagamenti e gestione della liquidità;
ξ credito;
ξ financial risk management;
ξ business risk management services;
ξ asset management;
ξ corporate finance;
ξ market place services;
ξ internationalization services.
Fornita questa doverosa carrellata di definizioni e rispettive classificazioni di aree
d’affari non ci rimane che fare una scelta a riguardo, a cui poterci poi rifare nel corso
della trattazione, e sulla base della quale si forniranno le indicazioni relativamente ai
vari prodotti e servizi offerti, alle caratteristiche principali del processo produttivo e
al profilo delle competenze per la prestazione dei servizi stessi.
Se più immediata appare la scelta di “affidarsi” ad una definizione di corporate
banking che includa l’intera gamma dei servizi erogabili alle imprese (considerando,
quindi, come suo sottinsieme i servizi che si fanno ricadere nel settore del C&IB), ivi
compresi quelli propri dell’area lending, meno facile risulta la classificazione in
classi di attività data l’incertezza nel tracciare dei confini precisi tra talune aree.
A ogni modo, quello che ne risulta è la classificazione in sette aree d’affari:
1. Finanza ordinaria;
2. Finanza mobiliare;
18
3. Corporate finance;
4. Finanza strutturata;
5. Merchant banking;
6. Asset management;
7. Risk management.
Prima di proseguire nella trattazione, vale la pena di ribadire ancora una volta
come la definizione di corporate banking accolta in questa sede, non è detto debba
necessariamente trovare una rispondenza negli assetti strategici e organizzativi
caratterizzanti i principali operatori presenti nel mercato. Questi ultimi, infatti, sono
il frutto di una serie di fattori sia endogeni (obiettivi strategici, storia e focalizzazione
operativa del particolare istituto considerato, possesso di una reputazione forte su
uno specifico segmento di attività, investimenti in competenze specifiche, network di
relazioni sviluppato) sia esogeni (contesto normativo di riferimento, caratteristiche
socioeconomiche dell’ambiente circostante, grado di sviluppo dei mercati mobiliari)
ad un dato intermediario e dunque rappresentano la manifestazione delle specifiche
scelte di specializzazione produttiva operate e, più in generale, della formula
imprenditoriale dell’intermediario medesimo.
1.3 Tassonomia delle aree di attività del corporate banking
La finanza ordinaria si identifica essenzialmente nell’area del credito, ma al suo
interno sono ricompresi tutti quei servizi di pagamento e di gestione della tesoreria
che configurano il payment system (vedi Fig. 1.2), e che sono ad oggi servizi basilari
la cui offerta non può di certo essere carente, soprattutto da parte degli intermediari
di maggiori dimensioni.
Nel caso italiano, si tratta della componente del rapporto banca-impresa di gran
lunga più importante: per questa ragione, oltre che per quanto già citato
7
circa le
connotazioni evolutive/innovative, è importante considerare il credito nel quadro
dello sviluppo di un modello di corporate banking.
7
Si vuole fare riferimento alla definizione precedentemente esposta da G. Forestieri (1997), op. cit., in cui l’attività di
finanziamento rientra a pieno titolo all’interno dei servizi di corporate e investment banking, soprattutto laddove ne coglie gli
elementi evolutivi e innovativi.
19
Figura 1.2. Servizi/prodotti dell’area d’affari della finanza ordinaria
Fonte: S. Caselli (2005), “Corporate Banking Strategies: Products, Markets and Channels”, in Strategy and Organization
of Corporate Banking.
La prima considerazione da farsi è che lo stato dell’arte in Italia si caratterizza –
nonostante un adeguamento notevole da parte soprattutto delle banche di maggiori
dimensioni – per uno strumentario troppo limitato e che spesso non prevede
operazioni di finanziamento ”su misura” e finalizzate a specifici fabbisogni.
Da qui nasce una seconda osservazione, per cui le banche dovrebbero arricchire
l’offerta, ma non tanto nel senso di moltiplicare le forme tecniche, quanto nella
direzione di un’ampia flessibilità delle forme base e di combinazione fra queste. Se è
vero che la normativa oggi in vigore dà la possibilità di “fare tutto in casa”, è
altrettanto comprensibile che gli sviluppi nel senso della flessibilità abbiano come
presupposti capacità di innovazione, strumenti informativi e valutativi e meccanismi
organizzativi idonei.
La capacità di innovazione è l’essenza di una politica di offerta orientata a
disegnare, per ogni rapporto, una soluzione ad hoc: si tratta di costruire schemi
contrattuali che nelle clausole tecniche (durata, procedure di rimborso, sistemi di
garanzie, etc…) rientrino nei parametri rischio/rendimento della politica dei prestiti
della banca e, al tempo stesso, sia coerente con i criteri di ottimizzazione che guidano
la finanza aziendale.
Finanza ordinaria
Payment System Lending
ξ Trasferimento di fondi elettronici
(Riba, Rid, Mav);
ξ Carte di credito e di debito societarie;
ξ CBI standard;
ξ CBI avanzato;
ξ Cash Management;
ξ Overseas.
ξ Programmi di prestiti per i
dipendenti;
ξ Prestiti a breve termine;
ξ Prestiti a medio e lungo termine;
ξ Prestiti sussidiati;
ξ Prestiti personalizzati.
20
Gli strumenti informativi e valutativi sono alla base della capacità di disegnare
soluzioni ad hoc, ma sono anche il presupposto indispensabile delle analisi di
finanziabilità e quantificazione del rischio.
Verosimilmente, se è fondata l’ipotesi che modelli ad alto indebitamento come
quello tradizionale dell’impresa italiana non siano da tempo più sostenibili, allora si
riconosce che la gestione del rapporto banca-impresa, nella visione moderna di
corporate banking, deve far registrare un progressivo spostamento di peso verso i
circuiti di mercato e del capitale di rischio in particolare.
Per quel che riguarda il payment system, questo riguarda quei servizi che
possono essere offerti grazie all’implementazione tecnologica che si leghi
all’evoluzione; con ciò s’intende la necessità di approcciarsi alla tecnologia in
maniera pro-attiva cercando di anticipare le mosse degli altri intermediari (per trarne
un vantaggio competitivo), o quanto meno cercando di non essere in perenne ritardo
qualora ci si approcci alla tecnologia in maniera reattiva, o anche imitativa.
Questi servizi vanno dal trasferimento di fondi elettronici (Riba, Rid e Mav)
all’offerta di carte di credito e di debito societarie; dall’offerta del CBI
8
standard a
quello avanzato, dal cash management all’overseas.
La finanza mobiliare rappresenta quell’area di affari nell’ambito della quale si
possono ricondurre tutti i servizi offerti dagli intermediari finanziari a supporto delle
imprese per il reperimento di risorse finanziarie attraverso l’emissione di valori
mobiliari: in questa categoria vengono inclusi i servizi che, anche in prospettiva
storica, si associano da sempre al termine investment banking.
Più in dettaglio, è possibile individuare due distinti segmenti di operatività, cui,
nella maggior parte dei casi, fanno capo due distinte unità organizzative all’interno
degli intermediari finanziari operanti nell’area in questione, vale a dire:
¾ mercato primario (primary capital market), cui fanno capo l’origination,
l’organizzazione, la sottoscrizione e il collocamento dei valori mobiliari di
nuova emissione;
8
Si intende qui riferirsi al corporate banking interbancario, che offre ad un cliente di più banche la possibilità di scambiare,
tramite colloquio telematico ed utilizzando regole operative e tecniche standard, con la “banca proponente” il servizio, i flussi
elettronici che riguardano altri clienti e/o altre “banche passive”, e che consentono l’utilizzazione di diverse funzioni. Per
maggiori approfondimenti si veda, Il nuovo Corporate Banking Interbancario – CBI – Internazionalizzazione e metascenario
sui trend nel rapporto banca-impresa, a cura di ABI, (2003); L. Fratini Passi (2003), “I fattori di successo del Corporate
Banking interbancario e i servizi per le imprese”, in Bancaria n. 6.