6
insediamento”3. Elementi caratteristici della banca locale sono rappresentati dal
forte radicamento territoriale, dalla stabile relazione con il territorio di vocazione
e dal supporto offerto agli operatori economici locali.
La banca locale ha un ruolo predominante nel nostro sistema imprenditoriale,
in quanto è chiamata ad istaurare delle relazioni di lungo periodo con la piccola e
media impresa e a far fluire una gamma di offerta, appositamente studiata, per le
esigenze e per i profili socio - economici delle realtà locali.
La vicinanza tra banca locale e piccola e media impresa (PMI) porta a molteplici
vantaggi sia per la banca che per l’impresa. Per la banca, il beneficio sta nel
valutare con maggior precisione i rischi degli affidamenti (sia in fase di screening
che di monitoring), per la PMI, è ricondotto alla risoluzione delle difficoltà legate
all’approvvigionamento delle risorse finanziarie.
Quest’ultimo è un aspetto rilevante; in assenza di banche locali tali imprese
potrebbero rimanere escluse dal circuito creditizio, pena il mancato sviluppo
economico dell’area in cui esse insistono.
La vocazione locale della banca, pertanto, conduce ad una convergenza di
interessi con le imprese operanti nel territorio. Accade, infatti, che le banche locali
siano percepite, dagli operatori economici dell’area di riferimento, come dei centri
per la crescita economica di tali aree.
In questo modo è accentuato il ruolo delle banche locali, intese come “banche di
riferimento” che possono fungere da volano per la crescita del territorio.
Ciò implica un ridisegno dell’organizzazione funzionale, secondo approcci diversi
rispetto a quelli del recente passato. In altre parole, si richiede alla banca locale di
regolare la sua operatività in funzione del territorio di riferimento.
La banca locale dovrà dimostrare di saper rispondere agli stimoli esterni,
rivisitando i modelli strategici originari, senza perdere mai di vista i vantaggi
legati alle proprie caratteristiche.
Il presente lavoro si propone di delineare le opzioni strategiche, che la banca
locale è chiamate ad attuare in un contesto che le impone rilevanti sfide.
3
R. Cerrone, op. cit p. 64., 2000
7
I repentini mutamenti nelle esigenze dei clienti, l’impatto della
regolamentazione prudenziale, l’aumentata concorrenza nel mercato di
tradizionale operatività, il modello di banca multicanale, sembrano rendere più
difficile la sopravvivenza della banca locale.
Dopo un inquadramento del concetto di banca locale, il primo capitolo espone
le peculiarità del localismo bancario evidenziando i principali punti di forza
(radicamento territoriale, vantaggio informativo, la relazione con le PMI) e punti
di debolezza (limitata diversificazione, scarse economie di scala, la dimensione).
Nel secondo capitolo si è cercato di individuare le strategie implementabili
finalizzate a valorizzare la formula imprenditoriale di banca locale. In particolare,
emerge la necessità di impegnarsi su diversi fronti strategici.
In primo luogo, le banche locali possono sfruttare la profonda conoscenza della
clientela per giungere ad un approccio di CRM (Customer Relationship
Management). Il CRM rappresenta la risposta all’esigenza di migliorare e
accrescere la relazione con i clienti, incrementando il loro valore prospettico
In secondo luogo, al fine di rispondere all’accresciuta concorrenza delle banche a
vocazione nazionale, si è proposto un nuovo modello di operatività, nei confronti
della clientela retail. Il modello prevede l’offerta di prodotti ad alto contenuto di
servizio, finalizzati ad accompagnare il cliente con un’attività di assistenza e
consulenza.
Inoltre, si è evidenziata una strategia distributiva a cui le banche locali possano far
riferimento, al fine di compensare lo svantaggio della limitata diversificazione.
Nello specifico, sembra sia il network la soluzione organizzativa ideale che,
seppur riduca le banche a meri distributori, permette di associare globalizzazione
e localismo.
Le banche locali non possono tralasciare, poi, i benefici conseguibili dalle
tecnologie basate sul web. Seppur il canale virtuale renda spersonalizzato il
rapporto banca - cliente, l’integrazione al canale tradizionale è una via attuabile
per i servizi a basso valore aggiunto.
Altra sfida per le banche locali consiste nell’accumulare esperienze nel settore
delle cartolarizzazioni. Tale strumento è utile per il founding e per la
riqualificazione degli attivi. L’operazione comporta sforzi di carattere economico
8
e organizzativo, però indispensabile per conseguire un importante vantaggio
competitivo.
Cruciale è anche il ruolo assolto dalla comunicazione. Assunta l’identità di banca
locale è fondamentale favorirne la visibilità attraverso il fattore comunicazionale.
Il terzo capitolo pone l’accento sugli effetti indotti dalla nuova
regolamentazione sul capitale. Le banche locali, al pari di ogni altra banca,
devono adeguarsi a livello culturale, organizzativo e strategico alle direttive
imposte dal Nuovo Accordo sul Capitale.
Basilea 2 si pone quale opportunità per il sistema delle banche locali perchè le
avvicina ulteriormente alle PMI, orientando il rapporto a maggior trasparenza e
consulenza. D’altra parte, il Nuovo Accordo sul Capitale richiede di affrontare
importanti cambiamenti, al fine di comprendere il ruolo del rischio nell’attività
bancaria.
Il lavoro è corredato da un’analisi empirica volta a descrivere le strategie di
crescita di una banca locale che è riuscita a mantenere l’indipendenza e a
preservare la sua identità.
BancApulia spa è una banca locale pugliese, che negli ultimi anni ha conseguito
importanti risultati. E’ riuscita a correlarsi ai mutamenti di contesto e, nel
contempo, a mantenere vivo l’interesse per il suo territorio di vocazione. La
Banca, partita nel 1924 con una dimensione monocellulare, è oggi presente in
nove regioni e diciotto province, nonché, a capo di un gruppo di società tra cui
una, Apulia prontoprestito, quotata al Mercato Expandi di Borsa Italiana.
Negli ultimi mesi, la banca si è sviluppata anche nel comparto assicurativo, con
l’acquisizione di due società del Gruppo Swiss Life.
Lo sviluppo nei settori delle cessioni del quinto, dei prestiti personali e dei
prodotti assicurativi non hanno alterato l’identità di bancApulia che resta locale e
orientata al suo territorio, del quale continua a condividerne le sorti e i rischi.
9
Capitolo I
Il localismo bancario.
1.1 La banca locale nel nuovo contesto.
Il mercato bancario italiano è stato a lungo caratterizzato da bassa
concorrenzialità e dalla presenza di banche poco efficienti. Tali caratteristiche
rappresentano il risultato della legge bancaria del 19364 che, rimasta un vigore per
un sessantennio, pose le basi per un moderno sistema bancario.
Dalla seconda metà degli anni ’70 fattori quali: l’apertura dell’economia reale
ai mercati internazionali, la regolamentazione del T.U.B. e del T.U.F. 5, la nascita
4
Principi fondanti della legge bancaria del 1936 sono stati i seguenti:
- l’attività bancaria è di interesse pubblico, per questo esercitata nella piena tutela dei
depositanti;
- fondamentale è assicurare la liquidità delle banche, ossia la capacità di far fronte
prontamente e integralmente agli impegni assunti nei confronti dei clienti - depositanti;
- è sancita la specializzazione funzionale e temporale, quindi, la distinzione tra aziende di
credito ordinario, abilitate a fare operazioni di raccolta del risparmio ed esercizio del
credito con scadenza entro i 18 mesi (breve termine) e i c.d. istituti di credito speciale,
chiamati a svolgere attività di intermediazione creditizia oltre i 18 mesi (medio - lungo
termine).
5
L’entrata in vigore del Testo Unico Bancario, contenuto nel D. Lgs n. 385 del 1993, ha abrogato
definitivamente la legge bancaria del 1936 e tutti i principi che essa regolava. L’art. 1 del T.U.B.
definisce banca l’impresa autorizzata all’esercizio dell’attività bancaria, coerentemente con la
prima direttiva comunitaria (77/780/CEE). L’attività bancaria, ex art. 10 del T.U.B, consiste
nell’esercizio congiunto del credito e della raccolta del risparmio tra il pubblico. Lo svolgimento
della stessa, è subordinata ad autorizzazione della Banca d’Italia e regolata da una normativa
specifica. L’art. 10 del T.U.B. aggiunge che le banche esercitano, oltre all’attività bancaria, ogni
altra di natura finanziaria, connessa e strumentale. Le attività finanziarie (quelle ammesse al mutuo
riconoscimento) sono esercitabili direttamente o indirettamente (tramite società controllate nella
forma del gruppo bancario) e in qualsiasi paese comunitario, in forza all’autorizzazione ricevuta
nel paese d’origine (principio dell’home country control). Il T.U.B. ammette, quindi, un campo di
operatività molto ampio: dall’intermediazione creditizia a quella mobiliare, dalla negoziazione in
conto proprio alla negoziazione delegata, dai servizi di pagamento all’attività di servizio, fino
all’assunzione diretta di partecipazioni nel capitale di rischio delle imprese industriali, seppur con
opportune limitazioni (diversamente dalla legge bancaria, la quale, per ragioni di prudenza, aveva
affermato la separatezza banca-impresa). Il T.U.B. segna il passaggio verso una banca
despecializzata/multibusiness dal punto di vista funzionale e temporale, riconducendo le aziende di
credito e gli istituti di credito speciale all’unica categoria delle banche, che possono organizzare
l’attività secondo la struttura giuridica di società per azioni o di società cooperativa a
responsabilità limitata, nella forma di banche popolari e di banche di credito cooperativo (B.C.C.).
E’ fondamentale ricordare che l’estensione operativa dela banca costituisce una scelta
discrezionale, mentre, l’esercizio congiunto del credito e della raccolta del risparmio è necessario
nonchè sufficiente per ottenere la qualifica di banca.
Il Testo Unico sulla Finanza è stato introdotto dal D.Lgs. n. 58 del 1998 e ha come scopo il
completamento della cornice legislativa entro cui si svolgono le attività di intermediazione
finanziaria che rientrano nell’alveo dei c.d. servizi di investimento. Secondo l’ art. 1 del T.U.F.,
10
del Mercato Unico Europeo e lo sviluppo di nuove tecnologie d’informazione,
portarono il sistema bancario ad operare in un rinnovato quadro istituzionale.
Tali fattori driver indussero, da un lato, il sistema bancario ad evolversi per
rispondere meglio alle diverse esigenze della clientela e agli stimoli
concorrenziali, dall’altro, l’autorità monetaria e di vigilanza ad assumere un
atteggiamento più liberale ed elastico.
La liberalizzazione del sistema creditizio prese avvio con il D.P.R. n. 350 del
1985 6, con il quale si recepì la prima direttiva comunitaria che sancì la libertà di
accesso ai mercati, realizzandosi pienamente con il Testo Unico delle leggi in
materia bancaria e creditizia, che consentì alla banca di erogare ogni tipo di
servizio e prodotto bancario7.
Da qui ebbe inizio il processo di deregolamentazione, sul piano strutturale, e di
riregolamentazione, sul piano funzionale, dell’attività bancaria.
La nuova regolamentazione intendeva sì riconoscere la facoltà di decidere
autonomamente il campo di attività in cui operare, però adeguandola con la
capacità delle banche di sopportare i rischi delle scelte effettuate.
A tali cambiamenti il sistema bancario divenne più concorrenziale, efficiente
e, nello stesso tempo, stabile8.
per servizi di investimento si intendono le seguenti attività, quando hanno per oggetto strumenti
finanziari: negoziazione per conto proprio; negoziazione per conto terzi; collocamento, con o
senza preventiva sottoscrizione o acquisto a fermo, ovvero assunzione di garanzia nei confronti
dell’emittente; gestione su base individuale di portafogli di investimento per conto terzi; ricezione
e trasmissione di ordini, nonché mediazione. L’esercizio professionale dei servizi d’investimento è
riservato alle imprese di investimento e previa autorizzazione della Banca d’Italia, alle banche. Per
approfondimenti si vedano, tra gli altri: G.Forestieri, P.Mottura, Il sistema finanziario, istituzioni-
mercati e modelli di intermediazione, Egea, Milano 2002, pp. 74-119; Banca d’Italia, Istruzioni di
Vigilanza per le banche, Circolare n. 229 del 21 aprile 2007, AA.VV., Diritto della banca e del
mercato finanziario, Bologna 2000; G. Molle, L. Desideri, Manuale di diritto bancario
dell’intermediazione finanziaria, Milano, 2003, P. Novello, F. Novello, Sintesi ragionata di un
decennio di evoluzione del sistema bancario Italiano, in Liuc Papers n. 187, Serie Impresa e
mercati finanziari,del 5 marzo 2006.
6
Il D.P.R. n. 350/1985 recepì la prima direttiva europea, n. 77/780/CEE, che introdusse il carattere
d’impresa dell’attività bancaria e la libertà di stabilimento in Europa delle banche. Da citare è
anche la direttiva 89/646/CEE che ha sancito il principio del mutuo riconoscimento delle
autorizzazioni e delle competenze di vigilanza dello stato d’origine, recepita con il D.Lgs.n
481/92.
7
C. Migliardo, D.Marino, Banche locali, razionamento del credito e sviluppo economico, Edas,
Messina, pp. 7 -10, 2001, R. Ruozi, Economia e gestione della banca, Egea, Milano, pp.1-8, 2003.
8
La stabilità rimase un obiettivo irrinunciabile e a tal proposito furono predisposti nuovi strumenti
di vigilanza che consentirono di raggiungere efficienza e, nel frattempo, stabilità.
11
La banca cambiò natura. Da soggetto di diritto pubblico, istituzionalmente
protetto, passò ad uno di diritto privato, guidato da una logica di tipo
imprenditoriale9, libero nell’adottare modelli organizzativi10 e strategici, con
l’unico vincolo rappresentato dalla sana e prudente gestione11.
Nell’attuale contesto, dominato da mercati finanziari competitivi e globalizzati,
la banca è chiamata a riorganizzarsi. E’ chiamata a presentarsi come full service
istitutions, vale a dire, come un’organizzazione che affianchi, alla tradizionale
attività d’intermediazione creditizia, le tecniche di finanziamento ed i servizi
richiesti dall’evoluzione dei mercati monetari e finanziari12.
Le aziende di credito assumono una funzione più marcata, presentandosi come
vere e proprie operatrici di riferimento verso cui indirizzare le risorse finanziarie
derivanti dal circuito economico e produttivo del paese13.
9
Le banche di natura pubblica destavano preoccupazione per l’Autorità in quanto la forma
pubblica mal si adattava ad un mercato concorrenziale ed, inoltre, si presentava poco sensibile
all’obiettivo dell’efficienza e quindi della redditività. Per questo alla fine degli anni ‘80 il
legislatore emanò la c.d. Legge Amato, Legge n.218/1990, che prevedeva la trasformazione delle
banche pubbliche in s.p.a. C. Migliardo, D.Marino, op.cit, pp. 7 e ss, 2001; R. Ruozi, Economia e
gestione della banca, p. 5, 2003.
10
La scelta organizzativa assume un’importanza cruciale per la banca, in quanto è lo strumento
che le consente di operare in funzione del contesto ambientale e di dare attuazione a quanto
pianificato a livello strategico. La problematica organizzativa è recente in campo bancario e
investe sia scelte a livello di macro-organizzazione (scelta tra gruppo bancario e banca universale)
che a livello di micro (scelta tra modello funzionale, divisionale, misto). Per maggiori
approfondimenti e in particolare sul paradigma di Chandler: M.Baravelli, Strategia e
organizzazione della banca, Egea, Milano, pp. 88-89, 2003.
11
Indicatori necessari ma non sufficienti per una sana e prudente gestione sono caratterizzati dalle
condizioni previste dall’art. 14 D.Lgs 385/1993 (T.U.B.): la forma di società per azioni o di società
cooperativa a responsabilità limitata, il versamento del capitale minimo richiesto, la presentazione
del programma concernente l’attività iniziale, con l’atto costitutivo e lo statuto; i requisiti di
onorabilità previsti per i soci; la struttura proprietaria rispondente ai vincoli di cui all’art.19
D.Lgs.385 del 1993; requisiti di onorabilità previsti per i soggetti che svolgono funzioni di
amministrazione, direzione e controllo. La presenza di dette condizioni permette alla Banca
d’Italia di concedere l’autorizzazione formale all’esercizio dell’attività bancaria, anche se, acquista
rilievo la questione della discrezionalità, non sempre minima, che costituisce il metro di giudizio
su cui si fonda la concessione di tale autorizzazione. Artt. 14, 19 del D.Lgs. n. 385/1993,
G.Forestieri, P.Mottura, op. cit, pp. 86 e ss., 2002.
12
Uno dei campi di attività in cui la banca ha possibilità di entrare è quello dell’investment
banking. Con tale locuzione si indicano i diversi tipi di attività finanziarie che sono rivolte ad
offrire strumenti e servizi destinati alla gestione finanziaria dell’impresa, famiglia e clientela
istituzionale. Si contrappone al commercial banking inteso come l’insieme delle attività di
intermediazione creditizia (svolte secondo un modello di negoziazione in conto proprio) da un
intermediario dotato di una estesa e capillare rete operativa territoriale, che implica rilevanti
volumi di attività al dettaglio. G.Forestieri, P.Mottura, op. cit, p.300, 2002.
13R. Cerrone, Il localismo bancario: Attività bancaria e sviluppo economico, Giappichelli, Torino,
p. 7, 2000.
12
Il processo di cambiamento, normativo e regolamentare, ha indotto le unità
bancarie a mutare approccio verso la c.d. dimensione market oriented.
In tal modo si è inteso porre attenzione nel rispondere alle diverse esigenze del
consumatore14 che necessita di informazioni puntuali, trasparenti ed affidabili.
La tendenza alla globalizzazione15 trascina il nostro sistema bancario verso un
processo diretto alla formazione di pochi e grandi gruppi bancari che puntano alla
crescita dimensionale per cogliere condizioni di efficienza16.
Fino ad ora le banche locali, elemento distintivo della nostra economia, hanno
avuto un ruolo quasi esclusivamente passivo nel processo di ristrutturazione del
sistema bancario italiano. Ciò ha comportato, in molti casi, alla scomparsa di un
consistente numero di banche locali, assorbite da banche di media e grande
dimensione17, in altri, ad una sostanziale perdita della loro autonomia attraverso
l’ingresso all’interno di gruppi bancari18.
14
Negli anni ’70 sono state introdotte le prime tecniche di segmentazione della clientela. E’ nata la
consapevolezza che il mondo è fatto di individui singoli, ciascuno dei quali presenta bisogni,
esigenze, atteggiamenti, preferenze, comportamenti d’acquisto specifici, anche se influenzati e
condizionati dall’ambiente circostante. Il raggruppamento di questi individui in segmenti è un
modo con cui le aziende tendono a ridurre la complessità del mercato per avere un orientamento
quanto più stabile possibile al fine di organizzare la propria attività e raggiungere i propri obiettivi.
L. Munari, “La segmentazione della domanda di servizi bancari: considerazioni sullo stato
dell’arte”, in Marketing & Finanza, giugno 2006.
15
Nel decennio compreso tra il 1993 ed il 2002, sono state realizzate in Italia ben 500 operazioni
di concentrazione; esse hanno interessato quasi la metà del settore bancario, adottando come
misura i fondi intermediati dagli istituti coinvolti. Le più recenti hanno visto coinvolte Intesa -
S.Paolo e Unicredit - Capitalia Si tratta di processi funzionali alle esigenze delle imprese medio-
grandi, lasciando in secondo piano, il tessuto diffuso delle piccole e piccolissime imprese,
tradizionali interlocutori delle banche locali. A. Baglioni e G. Putrella, “L'evoluzione del sistema
bancario italiano nel decennio 1993-2002”, in Osservatorio monetario ASSB n.3; G. Mandano,
Globalizzazione e banche locali, Atti del Convegno ABI del 16/11/2001; F.Panetta (a cura di), Il
sistema bancario italiano negli anni novanta, Il Mulino, Bologna, 2004.
16
Le banche più grandi hanno cercato di acquisire economie di scala e quote di mercato
fondendosi o incorporandosi, spesso, acquisendo gli istituti più piccoli e paradossalmente a quanto
ritenuto da abbondante letteratura che escludeva che le banche potessero trarre vantaggio dalla
maggiore dimensione. P.L. Scandizzo, Banche locali: progettazione, strategie e tecniche di
analisi, Giuffrè, Milano, p. 4, 2000.
17
L’acquisizione delle banche locali si è mostrata conveniente sia da un punto di vista
commerciale, in quanto si tratta di unità radicata sul territorio, sia da un punto di vista economico
per i bassi costi derivanti dalla presenza di carenze strutturali ed organizzative modificabili tramite
un incremento di know how gestionale, spesso, non localmente disponibile. R. Cerrone, op.cit.,
p.30, 2000.
18
Il fenomeno ha riguardato massicciamente il mondo del credito popolare e cooperativo il 1990 e
il 2000 il numero delle banche popolari si è ridotto di 59 unità (-55%) e quello delle banche di
credito cooperativo di 216 unità (-30%). Gianni Mandano, op. cit., p.2, 2001
13
L’importanza della banca locale per lo sviluppo della nostra economia,
incentrata sulla piccola - media impresa, affonda le radici nella storia della politica
creditizia italiana19.
Per la convinzione che le banche locali fossero in grado di realizzare una migliore
funzione allocativa, grazie ad una migliore conoscenza dell’imprenditoria, si è
sviluppato il c.d. “localismo”. Si ritiene, difatti, che il vantaggio competitivo delle
banche locali si fondi sul binomio informazione - reputazione, per usare
l’intuizione di Menichella.
Nell’attuale contesto, un peso rilevante è da attribuirsi allo sviluppo
tecnologico che ha inciso profondamente nel modo di fare banca e ampliato la
possibilità di offerta di prodotti, non di mera intermediazione20. Si tratta di servizi
a cui si accompagna una forma di spersonalizzazione21 della banca tradizionale
che diventa virtuale, erogando servizi in modo remoto e facendo perdere quel
contatto diretto che ha contraddistinto, da sempre, il rapporto bancario.
La fidelizzazione della clientela non è più legata alla conoscenza diretta, al
rapporto personale, ma al marchio e alla reputazione della banca22.
In una dimensione in cui è in atto una vera rivoluzione, che consente un rapporto
banca - impresa privo di contatto fisico23, appare difficile collocare la funzione
della banca locale.
E’ da rilevare che l’impegno ad un potenziamento delle applicazioni tecnologiche
prescinde dalla dimensione in quanto condizione necessaria per un costante e
coerente sviluppo.
19G.Ferri, D.Masciandaro, M.Messori, “Governo societario ed efficienza delle banche locali di
fronte all’unificazione dei mercati finanziari”, in P.Alessandrini (a cura di), Il sistema Italiano tra
globalizzazione e localismo, p. 163, 2001.
20
Prodotti che rappresentano forme innovative di altri già esistenti (carte di credito considerabili
come estensione del libretto degli assegni di conto corrente), o completamente nuovi (Internet
Banking, A.T.M./servizi bancomat, servizi di trading on-line, shopping cards ecc. )
21
La cartolarizzazione, rappresenta un esempio di de-personalizzazione, in quanto crea un oggetto
scambiabile, la security, che una volta trasferita a terzi elimina o attenua la necessità per la banca
di mantenere un rapporto continuo con il soggetto prenditore. Rinvio al paragrafo 2.7.
22
La perdita del rapporto personale non è completa e definitiva. Dal lato della raccolta l’assistenza
all’investimento e al finanziamento è sempre più importante. Per fidelizzare il risparmiatore, è
necessario mettergli a disposizione strutture flessibili e capaci di interagire con la banca.
23
Un paradosso a cui si assiste di fronte alla perdita di materialità dell’attività bancaria è che,
seppure in modo remoto e mediato da tecnologie di telecomunicazione, il risparmiatore è
potenzialmente più informato di prima e può riferirsi ad un account conselor (consigliere di
investimento) per la scelta dei prodotti finanziari più opportuni per la gestione dei suoi risparmi.
P.L. Scandizzo, op. cit, p.9, 2000.
14
I cambiamenti di approccio e relazione, di cui si è discusso, non sono transitori.
E’, quindi, compito del management trasformare i problemi attuali in opportunità
e realizzare, innanzitutto, un mutamento di tipo culturale, necessario per far fronte
alla crescente complessità e adeguare l’attività ai mutamenti dei bisogni della
clientela24.
1.1.1 Globalizzazione e localismo: prospettive di compatibilità.
In un contesto dominato dalla ricerca di maggiore potere di mercato e crescita
dimensionale, sembra lecito chiedersi che ruolo debba esser svolto dalle unità
bancarie locali. “Porsi tale quesito, equivale a chiedersi se, ed in che misura, le
piccole banche presentino elementi di specificità, tali da consentirne la
sopravvivenza nell’attuale ambiente di mercato”25.
Localismo e globalizzazione orientano le banche a percorrere sentieri
apparentemente divergenti. In particolare, la globalizzazione porta ad un modello
di banca grande che opera in uno spazio sovranazionale, in cui gli scambi sono
liberalizzati e le informazioni standardizzate. Una banca globale reagisce alla
pressione competitiva, predisponendo un’offerta ampiamente diversificata poco
personalizzata, agendo come una one stop banking26.
All’opposto, il localismo27 tende ad esaltare l’attività del piccolo intermediario
che, radicato sul territorio, è chiamato ad istaurare relazioni di lungo periodo e a
programmare una gamma di offerta ad hoc, appositamente studiata per le esigenze
delle diverse realtà locali28.
24
R. Cerrone, op. cit, p. 34, 2000.
25
T. Gozzetti, Il sistema delle banche locali in Puglia. Mutamenti dopo il nuovo testo unico del
1993, quaderni economico-giuridici n. 4, bancApulia, p.6, 2005,
26
Benchè si parlasse di supermarket bancari o di one stop banking gia negli anni ’70 è stato lo
sviluppo delle moderne tecnologie dell’informazione e della telecomunicazione ad allargare la
possibilità di offrire prodotti, di non mera intermediazione, su scala sempre più vasta. P.L.
Scandizzo, op.cit, p. 9, 2000.
27
Il localismo è inteso come delimitazione naturale del territorio in cui vive una comunità
integrata e fortemente basata su relazioni personali “autentiche”. P.L. Scandizzo, op. cit., p.11 e ss.
28
P. Alessandrini (a cura di), Il sistema finanziario italiano tra globalizzazione e localismo, Il
mulino, 2001, Bologna p. 8 e ss; G. Nardozzi, ”Il localismo come opportunità per la banca italiana
nella globalizzazione”, in ibidem, p. 42; T. Gozzetti, op. cit., p. 7, 2005.
15
La sfida da cogliere è quella di sommare, anziché contrapporre, i vantaggi
derivanti da globalizzazione e localismo29.
L’integrazione tra globalizzazione e localismo è un’opportunità che le banche del
sistema italiano possono cogliere, per affermarsi e rispondere all’aumentata
concorrenza.
L’effetto congiunto dei fenomeni in questione dipende, da un lato, dalla
capacità dei competitors globali di approcciare adeguatamente i mercati locali,
dall’altro, dalle capacità delle banche locali di rinnovarsi, senza consolidare
l’operatività rispetto all’evoluzione dell’ambiente circostante.
E’ una strada difficile, visto il divario che caratterizza il nostro sistema
finanziario ma promettente per l’affermazione nella competizione europea ed
internazionale.
Se si valorizzasse la specificità del nostro tessuto italiano, fatta di piccole e medie
imprese, operanti in distretti industriali a forte connotazione locale, la grande
banca potrebbe rafforzarsi nella competizione europea30. In questo modo, il
difficile rapporto tra banca - PMI può finalmente risolversi.
Al proposito, un’articolazione di successo può essere quella di numerose
istituzioni finanziarie specializzate, tra cui molte radicate a particolari territori31.
In questo modo, può realizzarsi un passaggio dalla citata de-personalizzazione alla
ri-personalizzazione.
1.2 Il concetto di banca locale.
L’attuale interesse per il rapporto banca - piccole imprese, induce a riesaminare
l’attualità della classica distinzione tra banca a vocazione localistica e a vocazione
nazionale.
Tradizionalmente, la distinzione era colta in base ad un requisito dimensionale. La
banca locale era associata a quella caratterizzata da limitate dimensioni o da
circoscritta estensione territoriale32.
29
In tal senso: G. Nardozzi, op. cit., in P.Alessandrini (a cura di), Il sistema Italiano tra
globalizzazione e localismo., pp. 43 e ss., 2001.
30
Ibidem, p. 44, 2001.
31
P.L.Scandizzo, op. cit., p.12, 2000.
32
Nella Relazione della Banca d’Italia per il 2005 (p. 348), la classificazione delle banche per
livello dimensionale evidenzia 11 banche maggiori, 11 banche grandi, 33 banche medie, 124
16
Le dinamiche del mercato bancario aggiungono nuovi spunti di riflessione fino a
spingere a rivedere criticamente termini che sembravano ormai noti.
E’ superato quel sistema dualistico che tendeva ad assegnare una vocazione
localistica esclusivamente alla banca di medie - piccole dimensioni e considerava
incapaci le banche a larga diffusione geografica di intrattenere stretti rapporti con
le aree locali e con le piccole e medie imprese33.
La qualifica di banca locale viene a dipendere da un insieme di variabili di tipo
soft 34o qualitative dell’operatività bancaria.
Il radicamento territoriale, la stabile relazione con il territorio di vocazione, il
supporto offerto agli operatori economici locali, le modalità di erogazione e
distribuzione di prodotti e servizi rappresentano alcuni aspetti che portano ad
attribuire la connotazione di locale.
E’il particolare approccio che la banca istaura con il territorio di riferimento e le
scelte assunte in tema organizzativo, operativo e gestionale, a differenziare la
banca locale da quella a vocazione nazionale.
Si sottolinea, inoltre, che l’area di insediamento, verso cui l’operatività della
banca locale è diretta, non deve essere intesa in termini meramente geografici. Ciò
che rileva è l’area socio - economica i cui confini, non necessariamente
coincidenti con quelli naturali, possono coinvolgere aree distanti e diverse35.
Secondo altri autori36: “si può definire locale quella banca che è radicata in uno
specifico territorio e che opera in una comunità di cui condivide la storia e le
tradizioni”.
banche piccole e 605 banche minori. I criteri di attribuzione seguiti dalla Banca d’Italia sono i
seguenti:
- Banche maggiori: fondi intermediati medi superiori a 45 miliardi di euro;
- Banche grandi: fondi intermediati medi compresi fra 20 e 45 miliardi di euro;
- Banche medie: fondi intermediati medi compresi fra 7 e 20 miliardi;
- Banche piccole: fondi intermediati medi compresi fra 1 e 7 miliardi;
- Banche minori: fondi intermediati medi inferiori a 1 miliardo.
33
In tal senso: S.De Angelis, “Da banca locale a banca del territorio: alcune considerazioni”, in
Rivista Bancaria n. 1, p. 10, 2007.
34
T. Gozzetti, op. cit.,p. 3, 2005.
35
R. Cerrone, op.cit, p. 105, 2000.
36
D. Masciandaro, G. Bracchi (a cura di), Banche e geografia, nuove mappe produttive e
metamorfosi del credito, XI Rapporto sul sistema finanziario italiano, Fondazione Rosselli,
Edibank, p.274, 2006.
17
Non esiste, pertanto, una corrispondenza biunivoca tra raggio territoriale
d’azione e dimensioni dell’intermediario bancario37. La principale caratteristica
della banca locale s’individua, invece, nell’intreccio di solidi legami economici tra
banca, territorio ed operatori presenti nel mercato locale.
Da ciò, essere banca di piccole dimensioni non è una condizione sufficiente ad
entrare nel novero delle banche locali38; conseguentemente, nulla vieta ad una
grande banca di adottare un approccio di prossimità39.
A tal proposito, è possibile differenziare tra banche locali e quelle orientate ad
essere locali. La differenza è individuabile nel carattere assunto dal radicamento
sul territorio, che nel primo caso finisce per assumere una connotazione
prevalente40. Si realizzano, dunque, le condizioni per una configurazione forte di
banca locale che diventa una vera e propria formula imprenditoriale,
contraddistinta da peculiarità operative ed organizzative in continuo divenire, in
funzione ai mutamenti dell’ambiente esterno.
In quest’ottica è possibile parlare di nuovo localismo bancario, compatibile con
i processi di globalizzazione dei mercati finanziari.
Infine, per quanto concerne la possibilità di emulare le strategie delle grandi
banche avviando un ampliamento dimensionale, si evidenzia che questa via
sembra vincente soltanto se la banca è già divenuto il principale punto di
riferimento per la collettività operante nell’area di vocazione. Altrimenti si
alimenterebbe un effetto boomerang in cui la concorrenza, anziché agire come
forza esterna al sistema, finirebbe per operare all’interno della stessa banca41.
37
Non si può negare che la piccola dimensione è il tratto distintivo di molte banche locali,
segnalando a questo, l’impossibilità del conseguimento di economie di scala e la scarsa
competitività sul mercato.
38
A tal proposito si sottolinea che se la dimensione locale non si accompagna ad un orientamento
strategico di tipo localistico, la banca in questione non può definirsi, tout court, locale. A. Trotta,
Il localismo bancario e la credit view. Prospettive di sopravvivenza e strategie competitive per le
banche locali in un contesto di globalizzazione finanziaria, Cedam, p. 39, 1998.
39
“Il nostro sistema economico è strutturalmente composto, per la quasi totalità, da imprese di
piccola-media dimensione, per cui, non tener conto delle economie territoriali significherebbe,
anche per una grande banca, rallentare il suo cammino di crescita”.
S.De Angelis, op. cit. p. 10 2007.
40
In particolare, le marcate differenze che riguardano tali orientamenti sono così sintetizzabili. Le
banche locali hanno un radicamento nel territorio di riferimento di tipo storico, naturale o
regolamentare. Tale radicamento, inoltre, coinvolge, rendendo pienamente dipendente la banca al
territorio. Il multilocalismo ha semplicemente una natura progettuale e/o selettiva A. Trotta, op.
cit., p.38, 1998;
41
R.Cerrone, op. cit., p.61, 2000.
18
1.3 Caratteristiche distintive.
1.3.1 Operatività e progettazione dell’offerta.
Il nostro sistema produttivo è caratterizzato dalla presenza di imprese di
piccole e media dimensione che presentano esigenze finanziarie circoscritte
all’autofinanziamento e al credito bancario.
La nostra realtà imprenditoriale si orienta all’attività d’intermediazione classica,
caratterizzata dalla raccolta del risparmio ed esercizio del credito. Le banche
locali assumono, pertanto, un ruolo centrale.
Tali banche svolgono prevalentemente un’attività tradizionale caratterizzata da
un’elevata capacità di raccolta del risparmio, poco bilanciata dal tasso di
penetrazione del mercato del credito. Il risparmio affluisce attraverso strumenti
tradizionali e in misura trascurabile con le forme di raccolta in titoli.
Per tradizione, le piccole banche locali hanno sviluppato un orientamento
predominante di tipo retail42, impegnandosi in relazioni con le famiglie, il settore
agricolo, quello artigiano e commerciale. Con tale target, la banca allaccia intense
relazioni, orientate ad un’approfondita conoscenza e al lungo termine43.
Il bilancio di una banca locale evidenzia una netta prevalenza dei ricavi tipici
dell’attività di intermediazione creditizia (margine di interesse), rispetto a quelli
derivanti da attività di servizio (margine di intermediazione) 44.
42
La nozione di retail banking si riferisce ad un modello di attività bancaria che fa riferimento
soprattutto alla distribuzione al dettaglio di prodotti/servizi, poco personalizzati, offerti a piccoli
operatori (famiglie, piccole medie imprese, microimprese) fondato su larghi volumi e transizioni
dal valore relativamente contenuto. Talvolta, la contrapposizione avviene con il wholesale
banking; questo s’indirizza esclusivamente verso operatori di grande dimensione e si caratterizza
per volumi elevati. Per maggiori dettagli si veda, tra gli altri: G. Forestieri, P.Mottura, op.cit., pp.
264, 265, 2002; M.Baravelli, “Evoluzione delle strategie e degli asset organizzativi nel retail
banking” in M. Baravelli, A. Omarini (a cura di), Le strategie competitive nel retail banking.
Segmentazione della clientela, modelli organizzativi e politiche commerciali, Bancaria Editrice,
Roma, pp.17-72, 2005.
43
T. Gozzetti, op. cit., p. 5, 2005.
44
Il margine di interesse è costituito dal differenziale tra i ricavi (per interessi attivi che la banca
applica ai clienti all’atto della concessione dei finanziamenti) e costi (per interessi passivi che la
banca applica ai clienti per il deposito dei risparmi). E’ tipico dell’attività tradizionale di
intermediazione creditizia. Il margine di intermediazione fa capo, invece, ad un’attività di servizio
che genera commissioni per la banca. E’ costituito dalla differenza tra ricavi (per provvigioni e
commissioni su servizi) e costi operativi. I servizi finanziari che generano un flusso da
commissioni possono essere rappresentate dall’attività di servizio di incasso/pagamento, servizi di
intermediazione mobiliare (negoziazione, custodia, amministrazione, sottoscrizione di valori
mobiliari), servizi di consulenza. G.Forestieri, P.Mottura, op. cit. pp. 362,363, 369, 370, 2002.
19
Un peso assolutamente marginale è svolto dai servizi collegati all’attività
d’intermediazione mobiliare, alla consulenza finanziaria, difficilmente accessibili
per costi e complessità. Fa eccezione la sola gestione dei servizi di pagamento che
non mostra sostanziali differenze, rispetto a quanto si riscontra nelle banche
maggiori45.
L’attività d’intermediazione, seppure semplice e standardizzabile, richiede, in
ambito locale, di essere adeguatamente progettata, al fine di rispondere
prontamente alle richieste della clientela.
Negli ultimi tempi, il retail banking e il localismo sono divenuti di forte interesse
anche per le grandi banche nazionali che hanno cominciato ad erodere quote di
mercato detenute dalle banche locali46. Le banche locali indipendenti, per
rispondere alla concorrenza, sono chiamate ad organizzare un’offerta
diversificata, qualitativa e adeguata al fine di perseguire la customer satisfaction.
La banca locale dovrà impegnarsi, maggiormente delle banche nazionali, al
perseguimento di un rapporto di personalizzazione, che non dovrà essere più
inteso secondo i canoni tradizionali.
Suddividere il territorio in bacini d’utenza, per individuare l’offerta di pacchetti da
destinare ai clienti, aiuterà la banca a perseguire la soddisfazione della clientela di
riferimento47.
La segmentazione può essere utilmente applicata al retail banking, non inteso
come singolo business, ma come un insieme eterogeneo di business che dovranno
essere accuratamente analizzati per riuscire a definire approcci e posizionamenti
di mercato48.
45
R.Ruozi, Le strategie degli intermediari finanziari tra localismo e globalizzazione, in Banche &
Banchieri, n.2, pp. 89-93, 2003.
46
M.Baravelli, op. cit, in M.Baravelli, A.Omarini (a cura di) Le strategie competitive nel retail
banking, op. cit, p. 32, 2005.
47Un esempio di segmentazione della clientela è rappresentato dall’offerta di conti personalizzati.
Ne sono un esempio: quello destinato agli studenti, ai pensionati o dipendenti. Si tratta di depositi
in conto corrente i cui destinatari sono individuati per fasce d’età, titolo di studio o sesso.
48
Si sono succedute nel tempo varie tipologie di segmentazione: quella demografica,
geodemografica, psicologica, per gruppi di comportamento. Nell’area del retail banking non si
sono molto diffuse per il fatto che esiste una presunzione circa la possibità di innovazione del
servizio per la clientela. I.Luperto, D.Porrini, “Differenziare nel mercato bancario: dalla teoria
economica tradizionale al geomarketing” in D. Masciandaro, G. Bracchi (a cura di), Banche e
geografia, nuove mappe produttive e metamorfosi del credito, p. 498, 2006.