Nota metodologica
tale, non possiamo ignorarlo, ma dobbiamo imparare a convivere con
esso, traendone gli insegnamenti necessari per migliorarci.
Tale affermazione, che può sembrare prima facie banale e scontata, è
in realtà spesso disattesa perché la natura umana, tipicamente
conservatrice ed avversa al rischio, ci porta ad essere diffidenti nei
confronti di ogni novità che alteri in qualche modo le nostre normali
abitudini di vita. Il concetto sopra espresso è valido sia per le singole
persone che per le organizzazioni, le quali rappresentano il principale
oggetto di studio in questa trattazione.
Le ricerche sul cambiamento organizzativo si caratterizzano
generalmente per il fatto che non esistono precisi confini tra il campo
economico aziendale e quello socio/culturale. Ciò è dovuto alla natura
multidisciplinare del fenomeno che rende impossibile delimitarne
l’applicazione ad una specifica materia di studio. Per questo motivo le
ricerche condotte sull’argomento si muovono e si sviluppano verso
direzioni sempre nuove, evolvendosi continuamente, ed i ricercatori
spesso utilizzano approcci metodologici molto differenti tra loro e sono
soliti condurre le proprie indagini sotto vari profili e da diverse
angolazioni.
Il presente lavoro si articola in quattro capitoli. Nel primo, l’obiettivo
sarà quello di fornire un quadro quanto più completo possibile dei
processi di cambiamento strategico/organizzativo delle imprese attraverso
una dettagliata analisi delle loro principali cause e caratteristiche. Nel
secondo capitolo, l’attenzione si focalizzerà soprattutto sull’evoluzione
del cambiamento nelle organizzazioni attraverso una breve rassegna degli
strumenti e delle tecnologie informatiche utilizzate per la sua
realizzazione. Il terzo capitolo, invece, prenderà in esame un tipico
-6-
Nota metodologica
processo di cambiamento strategico/organizzativo, cercando di spiegare
quali sono i fattori chiave che garantiscono il successo del progetto e quali
sono invece le variabili che influenzano la rapidità e l’efficacia
dell’azione di trasformazione. Nel quarto capitolo, infine, si prenderà in
considerazione un caso aziendale allo scopo di testare la veridicità dei
concetti espressi. L’azienda presa in esame sarà l’Olivetti, capace di
realizzare nel giro di pochi anni un cambiamento strategico/organizzativo
che ha pochi precedenti nella realtà industriale italiana. La società di Ivrea
è, infatti, riuscita a riconfigurare radicalmente il suo “paradigma
operativo” ed il suo “orientamento strategico”, trasformandosi da gruppo
industriale operante in numerosi settori ampiamente diversificati tra loro
in holding finanziaria operante, attraverso le sue controllate, in tre settori
ben definiti: telecomunicazioni, prodotti informatici, soluzioni e servizi
informatici. Nel portare a termine con successo questa rivoluzione,
l’Olivetti ha dimostrato di possedere un’innata capacità di gestire i
cambiamenti tecnologici generazionali, la stessa capacità che più volte, in
passato, le ha dato il coraggio di prendere l’importante decisione di
rimettere in discussione il proprio modo di operare ed il proprio core
business.
A novant’anni circa di distanza dalla sua fondazione, l’Olivetti si
presenta oggi come un’impresa viva più che mai e pronta ad affrontare,
senza timori riverenziali, le sfide che si presentano con il nuovo millennio.
E’ storia di questi giorni l’Offerta Pubblica di Acquisto (OPA) che la
stessa società di Ivrea ha lanciato su Telecom Italia. Non volendo in
questa sede avanzare pronostici circa la riuscita di questa onerosa
operazione, occorre tuttavia sottolineare che essa rappresenta sicuramente
il dato più evidente dello stato di salute in cui versa attualmente l’Olivetti.
-7-
Nota metodologica
Il tentativo di scalata a Telecom, che si configura come una vera e propria
operazione di leverage by out, conferma ad ogni modo l’intenzione di
Olivetti di costruire il suo futuro intorno al business delle
telecomunicazioni, riconoscendo pienamente le potenzialità di sviluppo
proprie di questo business.
Nel realizzare il presente lavoro, l’autore ha usufruito di una borsa di
studio Telecom Italia S.p.A., che gli ha permesso di utilizzare le strutture
didattiche esistenti presso la “Scuola Superiore Guglielmo Reiss Romoli”
de L’Aquila. L’autore ringrazia Telecom Italia S.p.A. per la fiducia
concessagli e la Scuola per avergli messo a disposizione il proprio corpo
docente e le proprie risorse materiali.
Un ringraziamento particolare va al dr. Alessandro Fiocco della
SSGRR, il quale ha seguito direttamente la stesura dell’opera ed ha
fornito preziose osservazioni ed utili consigli in merito alla trattazione dei
processi di cambiamento strategico/organizzativo delle imprese.
Un sentito grazie va al dr. Antonello Fantauzzi della SSGRR per aver
rappresentato un importante punto di riferimento nel superamento di vari
ostacoli, ed alla dr.ssa Chiara Scimemi dell’Olivetti S.p.A. per aver fornito
i bilanci del Gruppo Olivetti dal 1983 al 1997.
Illuminante è stato inoltre un pur breve colloquio telefonico
intercorso con il dr. Alberto de Macchi degli Studi Economici dell’Olivetti
S.p.A., dal quale sono stati tratti interessanti spunti per l’impostazione del
caso aziendale.
-8-
Capitolo 1 – Cause, caratteristiche e finalità dei processi di cambiamento strategico/organizzativo
Capitolo 1
Cause, caratteristiche e finalità dei processi di cambiamento
strategico/organizzativo
1.1 Le cause e le determinanti del cambiamento
E’ soltanto nel corso degli ultimi due decenni che si è iniziato a
parlare di cambiamenti strategico/organizzativi e, non senza fatiche ed
incertezze, tale concetto si è affermato nel mondo delle imprese.
1
In realtà, sebbene le imprese si dichiarino frequentemente disposte a
modificare i propri comportamenti e le proprie strutture, esse solo in rari
casi decidono di avviare lunghi e complessi progetti di trasformazione. Di
sicuro, la causa principale di tale diffidenza e paura verso il nuovo è da
ricercare nell’inerzia organizzativa, che sovente interviene quando dalla
fase di analisi si deve passare a quella dell’azione. Un altro non meno
importante motivo è la mancanza di una radicata cultura del cambiamento,
a sua volta dovuta alla carenza di esperienza storica e di memoria
collettiva riguardo a tale fenomeno. In passato, le imprese non si
trovavano quasi mai nella impellente necessità di rivedere seriamente e
profondamente il proprio modo di pensare e di agire sul mercato. Al
1
A sostegno di tale affermazione si può evidenziare la grande diffusione di recenti
ricerche dedicate al tema in questione. In tal senso, l’indicatore maggiormente
rappresentativo è la presenza di ben 1200 testi reperibili sul cambiamento
organizzativo su internet (sito http://www.amazon.com). In Italia i libri in circolazione
sulla materia sono ancora pochi, ma il loro numero è aumentato negli anni ad un ritmo
sostenuto.
-9-
Capitolo 1 – Cause, caratteristiche e finalità dei processi di cambiamento strategico/organizzativo
contrario, oggi, l’acuirsi della turbolenza e della instabilità ambientale ha
messo in discussione anche le più solide organizzazioni mondiali che
basano il proprio funzionamento su schemi vecchi più di duecento anni
(Hammer e Champy, 1990).
Da quando, nel 1973, lo shock petrolifero ha messo in ginocchio, per
la prima volta dal dopoguerra, il sistema economico mondiale,
l’imprevedibilità e la complessità sono diventate le variabili che
influenzano in maniera crescente il comportamento delle imprese. Da un
lato, infatti, esse rendono impossibile riuscire a prevedere l’evoluzione
delle principali variabili ambientali; dall’altro, costringono le imprese a
adattarsi rapidamente alle variazioni degli eventi esterni per non rimanere
fuori gioco. Dinanzi a questo scenario ricco di instabilità e di incertezze,
le organizzazioni comprendono l’importanza di attrezzarsi al meglio per
facilitare il cambiamento. Tale pratica non deve, però, rappresentare per le
imprese solo un obiettivo primario, ma deve entrare a far parte del loro
stesso patrimonio genetico, diventando un’esigenza irrinunciabile.
Le forze esterne, che la letteratura organizzativa identifica come
principali cause della dinamicità ed imprevedibilità ambientale, sono
riconducibili essenzialmente alle seguenti (Fig.1.1):
ξ l’Information Communication Technology (ICT), che ha causato la
frammentazione dei settori tradizionali perché, mentre da un lato ha
permesso alle imprese di ottenere le risorse e le conoscenze
necessarie per operare in settori diversi da quelli di appartenenza,
dall’altro ha reso sempre più labili i confini esistenti tra i settori
stessi;
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Capitolo 1 – Cause, caratteristiche e finalità dei processi di cambiamento strategico/organizzativo
ξ lo sviluppo di tecnologie sofisticate e differenziate, che ha consentito
la realizzazione di veri e propri “salti quantici” (quantum leaps) nelle
prestazioni delle imprese. La discontinuità col passato, se da un lato
favorisce la realizzazione di breakthrough sempre più rapidi,
dall’altro provoca, però, la distruzione delle competenze esistenti
nelle organizzazioni, inducendo le stesse organizzazioni a compiere
incredibili trasformazioni;
2
ξ i cambiamenti intervenuti nel quadro normativo con la
deregolamentazione e la liberalizzazione di numerosi settori e la
privatizzazione di imprese che operavano precedentemente in regime
di monopolio e di protezione statale;
ξ l’ingresso, sulla scena mondiale, di nuove imprese appartenenti a
paesi emergenti o di nuova industrializzazione. La presenza di tali
aziende costituisce una grande preoccupazione poiché, sebbene esse
siano tecnologicamente ancora molto arretrate, possono far leva sui
costi di produzione (specialmente di manodopera) notevolmente
2
Per enfatizzare il ruolo distruttivo delle tecnologie moderne ed in modo particolare di
quelle informatiche, c’è chi recentemente (L. Downes, C. Mui, 1998) non ha esitato a
definirle applicazioni assassine (the killer applications). Il fenomeno in questione,
identificato anche da T. Tushman e Ph. Anderson (1986) nel concetto di competence
destroying innovation, trova continui riscontri nella realtà, tanto che se ne può trarre
una ben precisa relazione empirica (L. Downes, C. Mui, 1998). Tale relazione
afferma che, dove i sistemi sociali migliorano incrementalmente e la tecnologia
migliora esponenzialmente, all’aumentare del gap tra i due, allo stesso modo aumenta
la probabilità che il sistema realizzi cambiamenti discontinui, distruttivi e
rivoluzionari.
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Capitolo 1 – Cause, caratteristiche e finalità dei processi di cambiamento strategico/organizzativo
inferiori rispetto a quelli che devono sopportare le imprese dei paesi
occidentali.
Fig.1.1 - Forze sociali ed economiche che creano l’esigenza di fondamentali
cambiamenti nelle organizzazioni
CAMBIAMENTO
TECNOLOGICO
(comunicazioni e
trasporti più efficienti e
rapidi, più reti
informatiche di
collegamento globale)
INTEGRAZIONE
ECONOMICA
INTERNAZIONALE
(meno dazi, maggiori
flussi globali di capitale,
monete collegate dai
cambi fluttuanti)
MATURAZIONE DEI
MERCATI NEI
PAESI SVILUPPATI
(crescita interna più
lenta, esportatori più
aggressivi, più
deregolamentazione)
CADUTA DEI
REGIMI COMUNISTI
E SOCIALISTI
(Più paesi legati al
sistema capitalista, più
privatizzazioni)
La globalizzazione dei mercati e della concorrenza
Più rischi dovuti alla maggiore concorrenza
Più opportunità dovute alla maggiore
estensione dei mercati ed all'abbassamento
delle barriere
Più cambiamento su vasta scala nelle organizzazioni
Fonte: J. P. Kotter, Guidare il cambiamento: rinnovamento e leadership, EtasLibri, 1998, pag.16.
Il risultato dell’interazione di tutte queste forze è l’aumento della
globalizzazione mondiale. I confini dei settori diventano sempre più labili
e questo cambia il modo in cui le imprese devono rapportarsi con il
mercato e con la concorrenza. La maggiore pressione competitiva provoca
inevitabilmente una diminuzione dei margini di profitto ed una riduzione
dei cicli di vita dei prodotti. Ciò impone alle imprese di effettuare
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Capitolo 1 – Cause, caratteristiche e finalità dei processi di cambiamento strategico/organizzativo
investimenti sempre più rilevanti e rischiosi perché decisi molto tempo
prima dell’immissione del prodotto sul mercato (time based competition).
D’altra parte il nuovo atteggiamento dei consumatori, che sono diventati
più sensibili, esigenti e meno fidelizzati, porta le imprese ad avvicinarsi al
cliente, nel tentativo di anticipare i suoi bisogni. L’affermarsi del mercato
del “consumatore”, dove chi compra è in una posizione di forza rispetto a
chi vende, impone, infatti, alle imprese di spostare la propria offerta dai
prodotti ai servizi ed alle “soluzioni di problemi”, cercando di soddisfare
le esigenze dei clienti in maniera quanto più personalizzata.
La globalizzazione, intesa come il principale driver del cambiamento
organizzativo (R. M. Kanter, 1989; J. P. Kotter, 1996), non costituisce
solo una minaccia, ma può, in generale, rivelare numerose aree di
opportunità per le aziende. Occorre, tuttavia, che esse comprendano la
necessità di fronteggiare con rapidità il nuovo scenario competitivo,
cercando di creare il proprio futuro invece di considerarlo una semplice
estrapolazione del passato. Tutto questo passa attraverso il cambiamento
strategico ed organizzativo e richiede alle imprese un nuovo modo di
pensare che sostituisca i vecchi concetti di produzione di massa, stabilità
ambientale e crescita continua con quelli di flessibilità, risposta immediata
e adattamento continuo (M. Hammer e J. Champy, 1990).
Soffermarsi sulle cause esterne del cambiamento può rappresentare
un approccio alquanto riduttivo. I motivi che spingono le imprese verso il
cambiamento possono, infatti, derivare anche da fattori interni alla stessa
impresa, che molti autori riconducono allo stato di declino o di crisi
-13-
Capitolo 1 – Cause, caratteristiche e finalità dei processi di cambiamento strategico/organizzativo
economico/finanziaria in cui essa versa.
3
Tuttavia, come è stato
attentamente osservato, il declino o la crisi aziendale non possono essere
considerate di per sé come cause del cambiamento
strategico/organizzativo dal momento che esse rappresentano solo il
sintomo più evidente di uno stato di malessere generale dell’impresa che
affonda le sue radici in ben altri fattori (L. Guatri, 1995). La crisi
economico/finanziaria potrebbe anche non manifestarsi, ma ciò non toglie
che l’impresa necessiti comunque di importanti trasformazioni interne atte
a fermare il lento ed il graduale deterioramento della propria capacità
strategico/competitiva ed a ristabilire l’equilibrio preesistente.
4
Le considerazioni di cui sopra fanno, quindi, comprendere che le
reali cause interne che spingono un’impresa ad avviare un processo di
cambiamento, possono normalmente essere ricondotte alle seguenti:
5
ξ eccessiva burocrazia interna;
ξ fallimento di grandi progetti;
ξ inadeguati controlli finanziari;
ξ crescita ingiustificata ed incontrollata;
ξ inadeguate politiche di marketing e vendita;
ξ scarsa qualità dei servizi prodotti.
3
Cfr. D. B. Bibeault (1982), E. I. Altman (1983), D. C. Hambrick e S. Schecter
(1983), F. M. Zimmerman (1991), J. Winn (1993).
4
Cfr. S. Slatter (1984).
5
Cfr. P. Grinyer, D. Mayes e P. McKiernan (1988).
-14-
Capitolo 1 – Cause, caratteristiche e finalità dei processi di cambiamento strategico/organizzativo
Nel tentativo di identificare un fattore responsabile di tutte queste
cause, c’è chi osserva che esse rappresentano sempre la conseguenza di
una cattiva conduzione dell’impresa.
6
A sostegno di questa tesi si addita
l’impossibilità di legare in modo esclusivo e determinante ad eventi
esterni particolarmente sfavorevoli lo stato di crisi aziendale, mentre lo
stesso può invece dipendere dall’incapacità del management di prevedere
il loro presentarsi e di reagire adeguatamente pur intuendo la pericolosità
degli effetti del loro presentarsi sull’equilibrio economico/finanziario
dell’impresa (S. Sciarelli, 1995).
Occorre però sottolineare che gli errori gestionali causati dal
management sono, nella maggior parte dei casi, da considerarsi inevitabili
per le già citate condizioni di incertezza e di turbolenza ambientale. Il
rapido succedersi degli eventi esterni, infatti, comporta la necessità di
dover prendere decisioni di rilevanza strategica fondamentale in tempi
molto ristretti. La fretta, derivante dalla necessità di stare al passo con le
evoluzioni del mercato, aumenta il rischio di incorrere in scelte sbagliate,
non fondate, e che possono risolversi in un totale fallimento, con un
notevole spreco di risorse e di competitività per l’impresa.
Si può, allora, affermare che i processi di cambiamento
organizzativo, ancorché dipendenti da fattori interni all’impresa, trovano
la propria ragione d’essere sempre nelle caratteristiche del contesto
competitivo esterno. In particolare, le basse qualità del management
aziendale non incidono sulla necessità del cambiamento (che è sempre
6
Secondo M. Hedge (1983), infatti, alle radici di una crisi vi è sempre l’inefficienza
imprenditoriale. In particolare, i tipi di imprenditorialità pericolose per
l’organizzazione sono quattro: la autocratica, la conservatrice, la megalomane e la
remissiva.
-15-
Capitolo 1 – Cause, caratteristiche e finalità dei processi di cambiamento strategico/organizzativo
presente), quanto sulle modalità della sua realizzazione. Infatti, quando
un’impresa entra in crisi occorre avviare violenti ed improvvisi processi di
trasformazione (turnaround) laddove sarebbe bastato, in presenza di un
management più sensibile ai segnali esterni, operare un processo di
cambiamento continuo e graduale, evitando innumerevoli sacrifici per
tutti gli stakeholders.
7
1.2 Le modalità e le caratteristiche dei processi di cambiamento
Le imprese non affrontano l’evoluzione delle variabili ambientali
seguendo sempre le stesse modalità. Il tipo di risposta che esse danno agli
stimoli esterni dipende da molti fattori che rispecchiano il grado di rigidità
dell’impresa, la capacità di adattamento dei suoi membri, le risorse
tecnologiche in possesso, il tempo a disposizione e la gravità della
situazione aziendale.
Queste considerazioni fanno comprendere che i processi di
cambiamento non vengono realizzati in maniera sempre univoca dalle
imprese, anzi esistono differenze notevoli sia considerando diverse realtà
aziendali, sia facendo riferimento a diversi intervalli temporali.
7
“A determinare una ristrutturazione, allora, potrebbero non essere le difficoltà dovute
ad una gestione inadeguata dell’impresa, ma altri eventi scatenanti, quali:
l’innovazione tecnologica, la complessità dei mercati, la globalizzazione della
concorrenza. Le trasformazioni dell’azienda, ancorché non dettate da scelte
strategiche, sono da considerare come situazioni non straordinarie; da avvertire non
come motivo di allarme, quanto piuttosto come normali condizioni di operatività” (cfr.
F. Tatò e R. Ruggieri, Essere competitivi: l’esperienza di due protagonisti, Baldini &
Castoldi, Milano, 1995).
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Capitolo 1 – Cause, caratteristiche e finalità dei processi di cambiamento strategico/organizzativo
La letteratura organizzativa, ed in particolare la scuola contestualista,
è solita effettuare una prima grande classificazione, distinguendo tra
cambiamenti lenti di tipo incrementale e cambiamenti rapidi di grande
portata (A. Pettigrew, 1985).
8
I primi, detti anche “adattivi”, sono
generalmente rivolti solo ad alcune parti dell’organizzazione e
s’inseriscono su una struttura esistente modificandola in maniera continua
e graduale. Essi non stravolgono il funzionamento dell’impresa poiché il
ritmo con cui si sviluppano lascia al sistema il tempo di adattarsi.
Tuttavia, proprio per questo motivo, rischiano di mancare di incisività. I
secondi, detti anche “di rottura”, sono, al contrario, radicali e discontinui,
creano spostamenti rapidi e simultanei nelle strategie, nelle strutture, nei
rapporti di potere, negli stili manageriali e nei sistemi di controllo e
possono spingersi fino alla revisione dei valori di base e della mission
aziendale.
9
Spesso, però, vengono ostacolati perché provocano riflessi
fortemente negativi sulle risorse umane.
8
La scuola contestualista considera il cambiamento organizzativo non come un
processo puramente razionale, lineare e pianificabile, ma analitico ed, allo stesso
tempo, educativo e di apprendimento politico. Fondamentale è l’analisi del processo di
cambiamento perché permette di ottenere informazioni di grandissima utilità quali:
l’identificazione dei responsabili del cambiamento e di coloro che l’hanno
determinato, le esigenze che si intendono soddisfare con la sua realizzazione, le
modalità della sua attuazione ed il modello finale verso cui tende la strategia del
cambiamento. Per tale scuola di pensiero il cambiamento organizzativo è un fenomeno
complesso e multidisciplinare che nessuna teoria è in grado di spiegare
esaurientemente da sola, nonostante tale analisi trovi fondamento in studi molto
approfonditi.
9
Cfr. M. Tushman, W. Newman, E. Romanelli (1991).
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