2
caso di necessità, le opportune correzioni. Si è inserito nel discernimento, per
chiarezza esplicativa, la formulazione delle strategie, dove queste sono sviluppate
in piano attraverso l’idea di Mintzberg, che ben si adatta anche al nostro campo
d’analisi. Quest’elaborazione, ha permesso di mostrare la rilevanza del
management, che al fine di costituire una risorsa strategica per l’impresa, deve
essere ben aderente e connesso al tessuto organizzativo della banca, in modo da
comprendere ed indirizzare i cambiamenti dell’organizzazione stessa.
Il terzo capitolo è stato incentrato sul contesto competitivo del wealth
management, tramite l’individuazione del mercato di riferimento e la
segmentazione di questo, la struttura del settore e della concorrenza, al fine di
delineare con maggiore approssimazione l’ambito oggetto di studio di questa tesi.
L’analisi svolta ha un ruolo di particolare rilevanza poiché, comprendendo il
mercato target delle banche che si occupano di gestioni patrimoniali, si possono
concepire i diversi modi, le differenti strategie con cui gli intermediari cercano di
raggiungere la propria clientela. Le evidenze empiriche riportate in questo
capitolo hanno evidenziato l’importanza strategica soprattutto del front office,
fonte primaria attraverso la quale la banca s’interfaccia con il cliente e tramite il
quale quest’ultimo formula le proprie aspettative sul servizio/prodotto richiesto
1
.
Le problematiche legate al wealth management in termini di strategie e di contesto
competitivo sono discusse ampiamente nel quarto capitolo. In particolare,
attraverso l’utilizzo di strumenti, come per esempio le matrici, sono determinate le
tipologie di business, che a loro volta individuano le possibili strategie applicabili.
Si arriva quindi ad auspicare e guidare, le imprese lungo percorsi di sviluppo
ottimali. Le matrici, largamente utilizzate in campo aziendalistico, soprattutto
nelle imprese multi business, per la loro semplicità di costruzione ed
immediatezza di visualizzazione dell’intero portafoglio d’affari, si dimostrano
altresì fortemente adatte allo studio del wealth management, per la descrizione
delle diverse situazioni concorrenziali.
1
Nel discorso in questione si è introdotto, nel concetto di front office, anche l’immagine e il
marchio, che l’impresa detiene sul mercato, secondo l’idea che anche questi costituiscono parte
integrante di tutte quelle condizioni, di cui il cliente è a conoscenza, mediante le quali la clientela è
invogliata a sottoscrivere e può acquistare i prodotti bancari.
3
Le gestioni patrimoniali, infatti, fanno spesso parte del portafoglio più ampio di
un gruppo bancario e, in ogni caso, il wealth management è di per sé un paniere di
business.
Infine nel quinto capitolo, si sono descritti gli effetti delle differenti strategie
sulle strutture organizzative. Le conseguenze delle strategie applicate sulla
struttura organizzativa possono essere individuate sia a livello macro sia micro, si
è esaminata la necessità da parte della banca di strutturare la distribuzione in
funzione alle esigenze della clientela optando per il canale ovvero i canali più
idonei a seconda dei bisogni e dei servizi offerti. In questo senso l’analisi svolta è
sfociata nell’individuazione di un personaggio chiave del wealth management: il
private banker. Questa figura professionale risponde qualitativamente alle diverse
problematiche del front office. Nella veste di agente cerca di soddisfare i desideri
ed i bisogni del proprio cliente, rappresentando l’evoluzione ultima della struttura
di relazione con la clientela per la banca. Egli in conclusione è il fulcro della
distribuzione nell’attività di private banking, poiché tramite costui la banca si
propone al cliente ed offre i propri servizi.
4
1. L’evoluzione del concetto di strategia e le
dinamiche della concorrenza
1.1 L’evoluzione del concetto di strategia, i differenti
approcci
Il concetto di strategia è andato evolvendosi nel tempo, senza mai perdere i
suoi caratteri originali; ma adattandosi, mediante elaborazioni successive, ai nuovi
ambiti che il progresso sociale promuoveva. Ogni organizzazione, come entità
formata da individui razionali, persegue la sopravvivenza attraverso l’attuazione
di una strategia, questo principio si riflette anche nel settore economico, dove le
imprese concorrono per il medesimo obiettivo.
Dare una definizione oggettiva di strategia, indifferente alle diverse realtà
sociali del proprio tempo, non è possibile, di conseguenza possiamo raccogliere
numerose e variegate spiegazioni dello stesso concetto, delle quali, per il suddetto
motivo, la più appropriata è la più recente, oppure quella più calzante con
l’oggetto del nostro studio. Per questa ragione, è possibile citare solamente alcune
delle più adeguate definizioni di strategia:
Maurizio Rispoli scrive nel dizionario economico della Garzanti (2001):
“Insieme delle scelte di fondo adottate dall’azienda per conseguire obiettivi di
lungo periodo. Tali scelte si traducono in specifici percorsi strategici. Il tema
della strategia ha rilievo analitico-descrittivo, incentrandosi sulla validità e sulle
caratteristiche intrinseche delle alternative, a differenza del tema della
pianificazione dell’impresa che, riferendosi alle condizioni organizzative e ai
supporti metodologici più opportuni per formulare correttamente le scelte
strategiche, ha rilievo normativo.” Maurizio Rispoli evidenzia la dicotomia tra
strategia e pianificazione strategica, che alcuni autori più o meno largamente
accettano come Robert M. Grant (1999) “La strategia non è un programma
5
dettagliato o un programma di istruzioni; è piuttosto un tema unificatore che
conferisce coerenza e unicità di direzione alle azioni e alle decisioni di un
individuo o di un’organizzazione”; ma non è presente in altri autori. Infatti,
Kenneth Andrews (1971) “La strategia è il fondamento di obiettivi, finalità o
scopi, comprende le politiche ed i programmi atti al raggiungimento di tali
obiettivi ed è espressa in modo tale da definire il settore all’interno del quale
l’impresa agisce o dovrà agire ed il tipo di impresa che è o dovrà essere” ed
anche James Brian Quinn (1980) “Una strategia è il modello o lo schema che
coordina gli obiettivi, le politiche e le linee di condotta principali di
un’organizzazione in una sintesi unitaria e coerente. Una strategia ben formulata
consente di ordinare e distribuire le risorse di un’organizzazione secondo una
disposizione unica ed attuabile, fondata sulle sue competenze e i suoi limiti
interni, sulla capacità di prevedere le mutazioni dell’ambiente e le relative mosse
di avversari intelligenti”.
Al fine di una maggiore completezza d’analisi si preferisce adottare una
definizione di strategia dai contorni più sfumati, che individui la strategia e la
pianificazione, secondo le loro accezioni comuni e le consideri un continuum
indivisibile ed inscindibile, attraverso cui il vertice dell’organizzazione guida la
stessa. In altre parole s’intende la strategia come il modo di schierare le proprie
risorse al fine di vincere una competizione e la pianificazione come l’insieme di
azioni atte all’esecuzione della strategia stessa; nella nostra analisi questa
distinzione sostanziale resterà comunque delineata, ma non sarà possibile scindere
l’una dall’altra. Strategia e pianificazione saranno due concetti distinti, ma
interdipendenti.
L’assunto implicito, al fine di sviluppare un’analisi per le decisioni
strategiche, è che i vertici di un’organizzazione siano in grado di valutare
obiettivamente l’impresa e l’ambiente nel quale essa opera, di formulare una
strategia, che massimizzi le opportunità di successo in un futuro incerto, e di
implementarla. Una strategia, perché sia ben formulata, deve includere un esame
6
accurato del percorso attraverso il quale sarà attuata, poiché attraverso
l’implementazione, le strategie sono formulate e riformulate
2
.
I primi studi sulla strategia, con notevole rilevanza economica, furono condotti
dal secondo dopoguerra, attraverso un approccio razionalista. L’approccio
razionalista considera la formulazione delle decisioni strategiche come un
processo logico, nel quale la strategia è formulata attraverso un’analisi razionale
dell’impresa, dei suoi risultati e del suo ambiente esterno. La strategia è
comunicata all’organizzazione ed attuata nei vari livelli attraverso i successivi
passaggi nelle gerarchie organizzative.
Tuttavia, nella maggior parte dei casi, com’è lecito attendersi, lo schema sopra
descritto, così rigido e deterministico, rimane pura teoria, nella realtà tale processo
è meno strutturato, le decisioni sono separate e la distinzione, tra le fasi di
formulazione e d’implementazione, è meno evidente.
La scuola razionalista è caratterizzata, da un approccio normativo, poiché
assume implicitamente che sia possibile analizzare sistematicamente le ragioni del
successo o dell’insuccesso di un’impresa e utilizzare queste informazioni per
formulare strategie di business; in altre parole l’obiettivo è quello d’individuare i
fattori che determinano il successo per permettere ai managers di sviluppare
strategie che migliorino le performance aziendali. L’approccio razionalista,
discernendo l’elaborazione strategica in passaggi strutturati e ben individuati,
riproduce un’approssimazione della realtà utile per lo studio dell’intero processo,
ma in ogni modo limitata o puramente teorica. Il problema di un approccio
razionalista, infatti, risiede nel metodo d’analisi, che è limitato, incline ad
un’eccessiva formalizzazione e basato prevalentemente su dati quantitativi
piuttosto che qualitativi
3
.
Un approccio differente, sicuramente meno deterministico, è possibile
discernere dalla seguente concezione: è la percezione della realtà che costituisce la
scelta strategica, poiché nessun individuo è in grado di scindere l’intera realtà
2
Grant R. M., Contemporary Strategy Analysis – Concepts, techniques, applications, ed. III,
Oxford, Blackwell, 1998 (trad. it., Analisi Strategica per le Decisioni Aziendali, Bologna, Il
Mulino, 1999).
3
Cfr. Grant R. M., 1998, op. cit.
7
complessa
4
. Questo significa un primo sostanziale rifiuto dell’uomo perfettamente
razionale ed in conseguenza di ciò apre le porte ad un filone di studi differente.
Siamo negli anni Sessanta, si cerca di superare la rigida, ma concettualmente
valida e solidamente strutturata, impostazione razionalista; sono introdotti nuovi
aspetti nelle decisioni strategiche, soprattutto in conseguenza del nuovo assetto
industriale che si va delineando: l’impresa non è più in mano ad un soggetto
unico, ma il ruolo dell’imprenditore è svolto da una pluralità di soggetti. Questa è
la condizione da cui si sviluppa l’approccio processuale-decisionale.
Successivamente, Henry Mintzberg (1994), raccogliendo l’eredità dei
precedenti studi, si spinge oltre l’approccio processuale-decisionale e si
contrappone all’approccio razionalista. Mintzberg ritiene impossibile scomporre il
procedimento di elaborazione strategica in una serie di atti specifici, in quanto la
pianificazione può costituire uno strumento utile solo per rappresentare una realtà
semplificata, questo significa un sostanziale rifiuto della netta separazione
razionalista tra strategia e pianificazione. A differenza dei razionalisti, Mintzberg,
non individua una serie di passaggi strutturati e di azioni susseguenti ben
individuabili che portino dall’inizio della strategia alla conclusione della
pianificazione; bensì, nei suoi studi evidenzia unicamente i diversi stadi del
processo di formulazione strategica. La differenza, quindi, è nel considerare gli
stadi quali situazioni successive, in cui si trova il soggetto strategico, per
evoluzione o meglio in conseguenza dell’insieme delle decisioni fin qui prese e
non attraverso le serie di azioni che finora ha svolto. Quest’ottica d’insieme, dal
singolo passaggio allo stadio, permette di sfumare i confini della sola operazione,
mantenendo, in ogni modo, la connotazione logica e sequenziale dell’intero
processo.
In riscontro alle tre differenti interpretazioni fin qui citate, esistono differenti
orientamenti teorici negli studi di strategia, in particolare si possono individuare
tre importanti filoni di ricerche, ordinabili cronologicamente: l’approccio
4
Simon H. A., The New Science of Management Decision, Englewood Cliffs (NJ), Prentice Hall,
1960.
8
normativo-progettuale (o contestuale), l’approccio processuale-decisionale e
l’approccio evolutivo (o storico-descrittivo)
5
.
1.1.1 L’approccio normativo-progettuale (o contestuale)
Sviluppatosi nel secondo dopoguerra, l’approccio normativo-progettuale cerca
di fornire all’imprenditore una metodologia per la formulazione delle strategie
nelle diverse situazioni competitive. Il risultato di tale approccio, è la
strutturazione, in una serie ordinata di operazioni ben individuate, dell’intero
processo che conduce dalla strategia alla pianificazione e si contraddistingue, in
particolare, per la rigidità e inalterabilità dell’intero sistema. In quest’approccio
ogni singola operazione è interdipendente dalle altre, questo significa che ogni
azione segue le altre ordinatamente ed imprescindibilmente.
Questo filone di studi si caratterizza, inoltre, sia per la marginale influenza
esercitata dal sistema organizzativo aziendale sulla formulazione della strategia,
sia per la distinzione tra il momento della formulazione della strategia e quello
dell’implementazione di quest’ultima (paradigma formulazione -
implementazione). Questo significa che in primis non è considerato il sistema
organizzativo, il tessuto sociale su cui sono formulate ed implementate le
strategie, non sono rilevanti i rapporti commerciali e sociali d’interdipendenza
interni ed esterni all’impresa ed, inoltre, è evidenziata la dicotomia tra la
formulazione (strategia in senso stretto) e l’implementazione (pianificazione)
della strategia.
A questa corrente di studi sono riconducibili: la scuola della pianificazione
strategica (strategic planning school) e la scuola della formula imprenditoriale. La
scissione in queste due differenti scuole è dovuta unicamente al punto di partenza
di analisi, la prima studiando l’ambiente esterno interpreta l’impresa come
un’entità che deve fornire a questo una risposta adeguata; la seconda prende le
basi dell’analisi dall’idea che l’imprenditore ha della propria impresa, che viene
adattandosi, per apprendimento, alle necessità del mercato.
5
Caroli M., Fontana F., Economia e Gestione delle Imprese, Milano, McGraw-Hill, 2003.
Fontana F., Il Sistema Organizzativo Aziendale, Milano, FrancoAngeli, 1997.
9
La scuola della pianificazione strategica (strategic planning school) è inserita
nello schema concettuale struttura-condotta-performance e si caratterizza per un
approccio, alla formulazione della strategia, fortemente deterministico e razionale.
L’ambiente esterno è considerato sufficientemente prevedibile ed è adottato come
principale unità d’analisi; in questo modo la struttura del settore determina la
condotta dell’azienda, in termini di scelte strategico-organizzative, da cui a loro
volta derivano le performance, che l’impresa può realizzare in termini di
efficienza ed efficacia
6
. Quindi il processo logico è articolato in queste tre
sequenze: il soggetto strategico, attraverso un’analisi della struttura del mercato
individua una condotta adeguata di risposta dell’impresa, che a sua volta
determinerà un risultato o performance per l’impresa stessa
7
.
In quest’ottica, la formulazione della strategia è definita come un processo
decisionale, in cui la definizione degli obiettivi è progressivamente e
analiticamente sviluppata in alternative di scelta tra le diverse opzioni strategiche,
valutate a loro volta in base alle diverse probabilità di successo
8
.
In tale prospettiva, la strategia e la struttura sono considerate com’entità
monolitiche, attraverso una concezione di causalità lineare, in cui la prima
individua univocamente la seconda
9
.
Il processo di formulazione della strategia può essere articolato nelle seguenti fasi:
ξ analisi dello scenario di riferimento, a livello di settore (offerta) e di
segmento di mercato (domanda);
ξ determinazione degli obiettivi strategici dell’impresa;
ξ formalizzazione di piani strategici di lungo periodo e programmi di azione
a breve termine.
Notevoli sono i contributi di tale scuola nella costruzione di modelli
concettuali per la formulazione strategica. Gli svantaggi di tali strumenti d’analisi,
nonostante la riconosciuta validità concettuale, sono ricondotti all’eccessiva
6
Per struttura del settore di mercato, s’intende ad esempio il numero d’imprese, la presenza di
barriere all’entrata e/o all’uscita…
7
Per soggetto strategico dell’organizzazione è considerato un singolo individuo oppure un gruppo
di alti dirigenti molto coeso, che condivide i medesimi obiettivi di fondo e valori ed utilizza
uniformi modelli interpretativi della situazione strategica dell’impresa.
8
Cfr. Caroli M., Fontana F., op. cit.
9
Cfr. Fontana F., 1997, op. cit.
10
progettualità nella formulazione delle strategie e alla non sempre puntuale
considerazione del tessuto organizzativo d’implementazione delle stesse,
specialmente per quanto concerne gli aspetti emergenti dei percorsi strategici
10
.
La scuola della formula imprenditoriale adotta anch’essa un’impostazione
normativo-progettuale, ma utilizza un diverso punto di partenza per lo studio
strategico. In questa scuola la formulazione delle strategie non parte da un’analisi
puntuale delle tendenze ambientali e da una razionale definizione delle possibili
opzioni strategiche, bensì dalla vision dell’imprenditore (o del leader del gruppo
imprenditoriale), che si concreta nella capacità di sfruttare pienamente le
opportunità strategiche offerte nell’ambiente di riferimento
11
. Il focus dell’analisi
si sposta dallo studio minuzioso e puntuale dell’ambiente esterno e dell’impatto
sulle diverse opzioni strategiche alla business idea, ossia alla formula che traduce
in concreto la più generale vision imprenditoriale
12
. La formula imprenditoriale
può essere pertanto sintetizzata come la ricerca della coerenza tra quattro
elementi: concorrenza, mercato, sistema di prodotto e struttura aziendale. In tale
approccio, sono rivenibili gli elementi di progettualità e pianificazione, nella
considerazione che la strategia realizzata viene concettualizzata come una
proiezione, più o meno preordinabile, della visione imprenditoriale. Le differenti
business ideas selezionate dall’imprenditore, possono determinare nell’ipotesi più
favorevole, un vantaggio competitivo, che può essere riscontrato solamente ex-
post e; in conseguenza di ciò sarà possibile valutare il successo della strategia.
Questo significa che una strategia è d’interesse unicamente quando produce un
vantaggio per l’impresa, ma ciò è valutabile solamente dopo averla implementata,
in altre parole, dopo aver investito delle risorse.
10
Cfr. Caroli M., Fontana F., op. cit.
11
La vision o visione dell’imprenditore, comprende tutti quegli obiettivi dell’azienda che si
estendono al di là delle variabili fondamentali che essa persegue: profitto, crescita o l’equilibrio fra
i molteplici portatori d’interessi. Nonostante il profitto sia il target dominante per l’impresa, gli
obiettivi aziendali incarnano uno scopo più ampio che plasma la strategia e unisce gli sforzi dei
molti membri dell’organizzazione. La visione, pertanto, fornisce il fondamento per la strategia di
un’organizzazione; questa considerazione ha portato molte aziende a formulare un manifesto sulla
missione dell’impresa (mission statement) per comunicare la direzione complessiva di marcia e
articolare la connessione tra la visione e i valori dell’impresa con la sua strategia.
12
Normann R., Management for Growth, New York, Wiley and Sons, 1977 (trad. it., Le
Condizioni di Sviluppo dell’Impresa, Milano, ETAS Libri, 1983) e Normann R., Reframing the
Business – When the map changes the landscape, New York, Wileyand Sons, 2001.
11
In realtà l’impresa mette in atto, mediante i programmi strategici, un processo
sperimentale per tentativi ed errori che tende ad attuare un adattamento in
coevoluzione con l’ambiente di riferimento.
Quest’approccio, dotato ad ogni modo di validi aspetti progettuali, non
considera la formulazione della strategia un processo decisionale, ma un processo
di apprendimento, volto alla costante ricerca dell’equilibrio, tra la pianificazione
dello sviluppo aziendale e le evoluzioni dell’ambiente circostante.
L’apprendimento permette alla business idea di favorire i vantaggi competitivi,
grazie alla consonanza tra l’ambiente esterno e la configurazione interna
dell’impresa, in termini di struttura strategica, di strategie e struttura
organizzativa
13
. L’apprendimento è costantemente stimolato dalla vision, che
sintetizza dinamicamente le capacità intuitive dell’imprenditore, il quale
sensibilizza l’organizzazione verso la riflessione e la concettualizzazione delle
azioni che compie, consentendo all’impresa di sviluppare sempre nuove
soluzioni
14
. L’idea della formula imprenditoriale può facilmente trovare aderenza
nelle piccole imprese, in particolare modo in quelle in cui fondamentale e
d’elevato valore è il capitale umano, in cui l’imprenditore deve trasmettere al suo
team la sua visione. Nelle grandi imprese, a causa della disomogeneità
professionale del personale, risulta più difficile trasmettere la vision e si preferisce
pertanto infondere una cultura aziendale, intesa come insieme di valori e modi di
operare che l’organizzazione persegue, sulla base della quale verranno poi
applicate le strategie.
13
Cfr. Caroli M., Fontana F., op. cit.
14
Cfr. Normann R., 2001, op. cit.
12
1.1.2 L’approccio processuale-decisionale
Sviluppatosi intorno agli anni Sessanta, l’approccio processuale-decisionale
concettualizza la strategia come un processo decisionale complesso, articolato e
frammentato, sia nella dimensione spaziale sia in quell’organizzativa, in altre
parole la vita aziendale è una serie non preordinata di scelte, che sono attuate
come risultato di una mediazione. Il soggetto decisore è considerato un attore
decisionale composito, non più un singolo individuo o un gruppo d’alti dirigenti
molto coeso, il soggetto strategico è una coalizione di persone ed istituzioni
interne ed esterne all’organizzazione, il cui consenso è ricercato mediante processi
negoziali di risoluzione di conflitti, attraverso i meccanismi motivazionali e con la
diffusione della cultura aziendale.
In particolare modo nelle organizzazioni complesse, l’attore decisionale
(soggetto strategico) è composito e mutante
15
. Il focus è pertanto orientato non su
cosa si decide ma sul come si decide, ponendo l’enfasi non sulla decisione bensì
sull’azione. L’apparente irrazionalità dei processi decisionali è spiegata come una
forma di razionalità nella prospettiva dell’azione
16
. L’alternarsi delle posizioni di
potere non genera, secondo questa scuola, instabilità nell’organizzazione, poiché
non si bada tanto a quanto si decide, piuttosto a quanto è effettivamente
implementato; nell’ipotesi dovrebbe generarsi una situazione di stabilità tra tutti
gli stakeholders dell’impresa
17
.
All’interno delle grandi aziende, dove il soggetto decisionale è composito e
mutante, sia nelle preferenze sia nella partecipazione ai processi di decisione, le
priorità strategiche difficilmente sono coerenti, stabili ed esogene. Questa
variabilità è dovuta, oltre che alle influenze esterne, anche all’effetto dei risultati
delle azioni precedentemente poste in essere, poiché l’attore decisionale collettivo
(coalizione) non è un insieme chiuso ed isolato. La variabilità del soggetto
strategico è dovuta alla partecipazione dei diversi stakeholders nelle decisioni, che
può essere discontinua, oltre che più o meno intensa e, risentire di un rapporto di
15
AAVV, Scritti in onore di Luigi Guatrì, Milano, Bocconi Comunicazioni, 1988.
16
Cfr. Fontana F., 1997, op. cit.
17
Gli stakeholders sono i portatori d’interessi nell’impresa. Alcuni esempi di stakeholders sono gli
azionisti, le banche che concedono fidi, i fornitori, le imprese partners, i lavoratori, …
13
agent con gli attori che devono rappresentarli nel processo decisionale
18
. Altri
attori possono collocarsi all’esterno dell’organizzazione costituendo una
coalizione esterna: esprimendo vincoli, preferenze e influenzando direttamente o
indirettamente la formazione e la selezione delle opzioni strategiche; è facile
immaginare come una coalizione di fornitori o clienti od anche altre istituzioni
possano influenzare l’impresa
19
.
Le coalizioni interne all’organizzazione, costituite da soggetti quali alti
dirigenti e amministratori, possono assumere diverse forme:
ξ personalizzate, quando prevalgono gli indirizzi e i controlli di una
leadership dominante;
ξ burocratiche, quando prevalgono gli standard formali per l’assunzione e
l’implementazione delle decisioni strategiche;
ξ ideologiche, se assumono rilevanza i valori o i principi di fondo che
esprimono una forte ideologia interna;
ξ professionali, se prevalgono gli orientamenti professionali e le competenze
degli esperti.
L’articolazione delle coalizioni pone al soggetto strategico (coalizione
progettuale) il problema della gestione di una struttura di obiettivi
multidimensionali, che viene formandosi progressivamente tramite processi di
negoziazione, che tendono a risolvere parzialmente il conflitto sugli obiettivi da
perseguire
20
. Il soggetto strategico deve pertanto utilizzare la capacità d’influenza,
di cui dispone, sulle differenti coalizioni per la gestione del bilanciamento dei
diversi interessi nelle decisioni che sono assunte. Tale capacità è sviluppata
attraverso la massimizzazione del surplus strategico, che consente il
18
Il rapporto d’agent è una tipica situazione giuridico-economica in cui un attore (agent) è
portatore d’interessi per un altro individuo o per un intero gruppo omogeneo di soggetti. Questo
determina un sostanziale squilibrio nel potere a carico dell’agent, poiché può effettuare azioni in
nome di altri ma a vantaggio proprio; può quindi fare moral hazard.
19
A titolo d’esempio, propongo l’immagine di un’impresa attaccata da un’istituzione ambientalista
molto popolare e quindi con riflessi sulla clientela molto ampi; come possiamo pensare che le
decisioni strategiche future dell’azienda non saranno influenzate da questa situazione?
20
Gli obiettivi multidimensionali sono quell’insieme di obiettivi, in capo ai diversi stakeholders,
che devono essere convogliati, dal soggetto decisionale, all’interno del processo strategico.
14
mantenimento selettivo di un adeguato slack
21
organizzativo, teso a recuperare e
conservare l’interesse alla partecipazione attiva delle diverse coalizioni al progetto
strategico dell’impresa. In questo modo le decisioni strategiche vengono ad
assumere una dimensione politica; infatti, si ricerca un adeguato livello di potere,
per avere una sufficiente capacità di influenzare a proprio vantaggio, mediante
processi negoziali, il comportamento degli attori, che condizionano l’agire
strategico della coalizione progettuale. Quest’approccio può facilmente aderire
alla realtà delle grandi imprese, in particolare modo in quelle costituite in strutture
a holding, dove la possibilità del formarsi di coalizioni è maggiore; poiché i
portatori d’interessi sono svariati. Nelle piccole imprese al contrario, simili
riflessioni trovano difficilmente riscontro, poiché i portatori d’interesse
generalmente sono pochi e facilmente sostituibili.
1.1.3 L’approccio evolutivo (o storico-descrittivo)
Sviluppatosi nell’ultimo ventennio, l’approccio evolutivo (o storico-
descrittivo) si propone di individuare quali sequenze di azioni sono state
effettivamente intraprese, in relazione agli obiettivi dell’organizzazione e alle
intenzioni (implicite o esplicite) del soggetto strategico. Questo implica,
sostanzialmente, il superamento della dicotomia formulazione-implementazione
introdotta dalla dottrina razionalista. In questo filone di ricerche, emerge la
distinzione tra disegno (intenzione strategica) e condotta strategica (strategia
realizzata), in altre parole, tra formulazione e formazione della strategia. Inoltre è
posta l’enfasi sulle implicazioni dell’ambiente interno, soprattutto rispetto ai
problemi della formazione delle strategie e all’analisi dei processi organizzativi,
dai quali emergono le linee d’azione. In quest’approccio, il processo di
cambiamento strategico è interpretato in termini di neo orientamento cognitivo,
recuperando e valorizzando il potenziale di apprendimento delle organizzazioni
22
.
21
Al fine di disporre di uno slack organizzativo, si cerca di avere un numero piuttosto elevato di
amministratori destinati all’elaborazione strategica, in altre parole i diversi interessi sono
convogliati ed analizzati da differenti persone, al fine di ottenere una deliberazione dal risvolto
politico-strategico, che indirizzi l’azienda ed in ogni modo consideri l’insieme degli stakeholders.
22
Cfr. Caroli M., Fontana F., op. cit.
Cfr. Fontana F., 1997, op. cit.
15
A questa corrente di studi sono riconducibili due differenti orientamenti:
l’approccio emergente, l’approccio basato sulle risorse e competenze e
l’approccio knowledge-based.
L’approccio emergente è stato sviluppato, principalmente da Henry Mintzberg
(1994), accogliendo con maggiore enfasi il ruolo dell’apprendimento, già insito
nella scuola della formula imprenditoriale e nell’orientamento evolutivo. L’analisi
di Henry Mintzberg critica il concetto di pianificazione strategica, intesa come
l’esame delle condizioni esterne e interne e le conseguenti linee di azione
23
. Henry
Mintzberg (1987) si oppone alla progettazione razionale: questa oltre a fornire un
resoconto non esatto di come le strategie sono in realtà formulate, poiché
rappresenta una realtà troppo rigida e strutturata, non riscontrabile in
nessun’impresa, determina un modo scadente per formulare una strategia; infatti,
separando la formulazione dalla realizzazione è negata ogni possibilità di
apprendimento e quindi di esperienza. Henry Mintzberg propone che la strategia
sia costantemente adattata e modificata in base all’esperienza attraverso un’azione
di modellamento o crafting.
Henry Mintzberg (1987) parla dell’immagine collettiva riguardo all’idea di
pianificazione strategica, affermando che ognuno probabilmente penserà ad un
senior manager, oppure ad un gruppo di alti dirigenti, che attraverso la ragione e
l’ordine formulano piani d’azione che successivamente altri eseguiranno; quindi,
in quest’immagine collettiva la base del processo è il controllo razionale e
l’analisi sistematica della concorrenza e del mercato, come propone l’approccio
razionalista. In contrapposizione a questo pensiero generalizzato Mintzberg
propone una strategia formulata e implementata differentemente, partendo
dall’immagine del lavoro artigianale. Nel lavoro artigianale non è la ragione a
dominare, bensì l’abilità, la creatività, l’esperienza e la dedizione; nell’idea di
Mintzberg la formulazione e l’attuazione, della strategia, si fondano su un
23
La pianificazione strategica era stata in precedenza considerata, dai razionalisti un’analisi della
struttura di mercato da cui evincere una condotta ed ottenere una performance, in seguito
dall’approccio processuale-decisionale, un esame delle differenti coalizioni portatrici d’interesse
nell’impresa, da cui far convogliare nella strategia i differenti obiettivi.
Mintzberg H., The Rise and Fall of Strategic Planning, Herthfordshire, Prentice Hall, 1994 (trad.
it., Ascesa e Declino della Pianificazione Strategica, Torino, ISEDI, 1996).