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INTRODUZIONE
“La Cina supera gli Usa nella top ten del PIL. Sempre più emergenti e l‟Italia ora è fuori“ (La
Repubblica, 14/10/2014).
“NEW YORK – La più grande notizia economica dell‟anno è arrivata quasi senza
accorgercene: la Cina ha superato gli Stati Uniti come la più grande economia del mondo,
secondo i dati del Fondo Monetario Internazionale“ (Il Sole 24 Ore, 29/11/2014).
Sono queste solo due delle tante testate di giornale rese pubbliche di recente, mirate a mettere
in luce un fenomeno ormai noto ed innegabile: l‟ascesa internazionale della Cina. La conferma
di un sorpasso già annunciato da tempo è appurata dalla Banca Mondiale e dal FMI in
occasione dell‟aggiornamento annuo di alcune grandezze economiche. Ne è esempio lampante
il PIL, una variabile macroeconomica che esprime il valore della produzione di un‟economia
in un determinato frangente temporale. In base al FMI ‹‹il PIL della Cina toccherà i 17,6
trilioni di dollari nel 2014, superando l‟output americano di 17,4 trilioni di dollari››.
A fronte del suo crescente potere non solo economico, ma anche geopolitico, la Cina potrebbe
rappresentare un trampolino di lancio per imprese alla ricerca di nuove grandi opportunità
insite nell‟attuale contesto competitivo globale. Lo stesso Federico Rampini, giornalista del
quotidiano La Repubblica, ribadisce che ‹‹molti paesi europei guardano alla Cina come alla
chiave per una crescita domestica più solida››.
Alla luce di quanto esposto, le imprese possono decidere di assumere due atteggiamenti
antitetici: da un lato quello della paura e della difesa con lo scopo di tutelare sia l‟identità sia
l‟economia nazionale, dall‟altro quello di apertura mentale e riconoscimento dell‟esistenza di
grandi chance in campo commerciale e non solo. Questo lavoro nasce dalla lettura personale,
cioè non indotta o forzata da qualsivoglia programma d‟esame, del libro scritto da Riccardo
Illy, imprenditore del gruppo omonimo di uno dei marchi “Made in Italy” di caffè più noti nel
mondo. Ad incuriosirmi è stato il titolo, “La rana cinese”, metafora singolare e -a me- non del
tutto chiara al principio che, forse per questo motivo, ha attirato la mia attenzione.
L‟imprenditore triestino offre il suo punto di vista critico sull‟attuale situazione italiana e sul
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ruolo che il Paese può svolgere nell‟economia globale, in cui ‹‹La storia della rana […] è una
metafora utile per capire l‟effetto positivo che la globalizzazione, e in particolare la
concorrenza cinese, può avere sulle imprese italiane›› (Illy R., 2006, p. 79). Come una rana
che cade in una pentola di acqua bollente si salva perché ne salta fuori con grande velocità,
così l'Italia, secondo llly, si salverà dalla "scottatura" dell'ingresso della Cina nell'economia
internazionale per la semplice ragione che le sue conseguenze sono così immediate e violente
che costringeranno tutti a reagire con rapidità.
Nel primo capitolo ho trattato il tema della globalizzazione, fenomeno reale e recente che
riguarda la progressiva apertura dei mercati nazionali all‟estero. In particolare ho discusso le
fasi e le determinanti della globalizzazione e come esse impattano sul processo di
internazionalizzazione di una qualsiasi impresa che voglia svolgere la propria attività
all‟estero. Il secondo capitolo è dedicato alle principali tappe che hanno segnato la storia e lo
sviluppo economico cinese, senza trascurarne le problematiche interne in ambito istituzionale,
ambientale e sociale. Il terzo capitolo offre una review delle principali teorie di Porter,
considerate il paradigma dominante delle strategie competitive. Attraverso l‟analisi di
leadership di costo, differenziazione e focalizzazione ho valutato l‟impatto sulle performance
aziendali, anche nel caso di una loro implementazione in Cina. Il quarto capitolo si presenta
come un approfondimento sul comportamento e sulle strategie di branding che le aziende
occidentali adottano per inserirsi nel B2B del mercato cinese. Nel quinto capitolo ho
esaminato il caso aziendale Pedon S.p.A. che mi ha permesso di vedere più da vicino le
motivazioni che hanno portato l‟azienda a scegliere la Cina come un‟opportunità che guarda
oltre i confini nazionali.
In conclusione, vorrei dedicare l‟argomento della mia tesi a tutte quelle imprese italiane che
non vedono nella Cina una minaccia, ma un‟occasione per poter sfruttare i propri vantaggi
competitivi, in termini di risorse e know-how, e allo stesso tempo per potersi migliorare
rafforzando le proprie conoscenze e competenze o acquisendone di nuove, operando in un
ambiente così culturalmente diverso da quello occidentale. In particolare, il mio obiettivo è
quello di cercare di capire quale potrebbe essere la strategia competitiva più appropriata che le
imprese italiane possono adottare per competere sul mercato cinese (mercato-obiettivo).
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1. SCENARI IN MOVIMENTO
Non voglio che la mia casa sia murata su tutti i lati e le mie finestre sbarrate.
Voglio che le culture di tutti i paesi soffino attorno alla mia casa con la massima libertà possibile. Ma rifiuto di
essere messo in ginocchio da chiunque.
Mahatma Gandhi
Oggi più che mai è divenuto indispensabile per le imprese creare un network di relazioni e
rapporti industriali adeguato al contesto competitivo dell‟economia globale.
Tra i mutamenti che hanno segnato profondamente non solo il comportamento delle imprese,
in campo economico, ma anche gli aspetti socio-culturali si individuano due grandi forze
propulsive che hanno radicalmente cambiato lo scenario in cui oggi ci troviamo a operare: la
globalizzazione e la transizione dall‟economia industriale all‟economia della conoscenza.
Trattasi di due fenomeni che, pur avendo ciascuno caratteristiche distinte, presentano delle
forti interrelazioni. Basti pensare al fatto che la globalizzazione presuppone un maggiore
sforzo, in termini di investimenti e di cambiamenti organizzativi, da parte degli imprenditori, i
quali si troveranno ad operare su due fronti: quello interno, riguardante lo sviluppo,
l‟incremento e il potenziamento di conoscenza di prodotti e processi, e quello esterno, che
implica l‟esplorazione dei mercati globali.
Benché il termine “globalizzazione”, ampiamente usato dai mass media, rientri ormai nel
lessico comune tanto da non suscitare più clamore, esso genera ancora accesi dibattiti tra
coloro che sostengono sia un fenomeno positivo, capace di apportare benessere e ricchezza e
altri che invece attribuiscono ad esso il motivo del divario fra ricchi e poveri nel mondo. Per
comprendere meglio le ragioni degli uni e degli altri occorre risalire all‟evoluzione storica e
graduale del processo di globalizzazione; ciò che si intende sottolineare è che la
globalizzazione dal punto di vista economico non è affatto un fenomeno nuovo, ma ha radici
lontane.
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La prima fase di globalizzazione fu resa possibile dagli sviluppi tecnologici che, generati nel
tardo Ottocento dalla Rivoluzione Industriale, coinvolsero i trasporti e le comunicazioni. La
comparsa e l‟estensione della rete ferroviaria e della navigazione a vapore consentirono la
rapidità degli scambi di merci a distanze maggiori e a costi progressivamente minori. In modo
analogo, fu agevolato il trasferimento di flussi di capitali e lo spostamento di un numero
crescente di lavoratori su mercati sempre più distanti alla ricerca di migliori opportunità di
impiego. La diffusione del telegrafo elettrico facilitò la trasmissione di informazioni
economiche e finanziarie essenziali per lo sviluppo dell‟attività delle imprese multinazionali.
Furono le due guerre mondiali a porre fine alla prima fase di globalizzazione.
La seconda fase si manifestò tra gli anni ‟50 e ‟60, segnati dal blocco degli investimenti per la
chiusura degli stati nazionali all‟interno dei propri confini e per il rifiuto dell‟integrazione
politica, oltre che economica.
Con la liberalizzazione dei mercati cominciata nei primi anni ‟80, la cui svolta fu il crollo
dell‟Unione Sovietica, i Paesi si aprirono agli scambi internazionali.
Qual è, dunque, il fattore distintivo e peculiare del nuovo scenario? Per rispondere a questo
quesito è necessario evidenziare le principali caratteristiche dell‟era della conoscenza rispetto
a quella dell‟industria.
La differenza risiede nel valore aggiunto, il quale “[…] non ha più alcun riferimento con il
materiale di partenza, ma deriva dallo straordinario contenuto di conoscenza, di ricerca e di
tecnologia accumulato […]” (Illy R., 2006, p. 71). Infatti, se nell‟era dell‟industria la quota
più significativa di valore aggiunto derivava dal processo di trasformazione di un input in
output, nell‟era della conoscenza il valore aggiunto nasce nel momento in cui si accumula e si
accresce la conoscenza nei prodotti e/o nei processi produttivi, traducendola in miglioramenti
apportati dal punto di vista tecnologico o anche estetico, nel caso dei prodotti.
Nel dettaglio, in questo capitolo verrà introdotto il concetto di globalizzazione e verrà discusso
il come le fasi della globalizzazione influenzino il processo di internazionalizzazione di una
qualsiasi impresa che voglia svolgere la propria attività all‟estero.
É dunque opportuno compiere in via preliminare un‟immersione nel presente e nel futuro dei
nuovi scenari e tendenze dell‟economia della conoscenza globale al fine di individuare degli
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accorgimenti che permettano di evitare che il nostro sviluppo economico e sociale, finora
raggiunto in Italia, non imbocchi la via del declino.
Lo scenario della globalizzazione implica che le imprese debbano accettare la sfida della
competitività, altrimenti, nel caso in cui queste non riuscissero a stare al passo con i
concorrenti, sarebbero destinate a chiudere.
1.1. Un mondo globale
Al giorno d‟oggi si sente molto parlare di “Globalizzazione”, ma pochi sono riusciti a cogliere
appieno il significato che si cela dietro questo termine. L‟unica cosa certa è che ognuno lo
interpreta come un processo inarrestabile che interessa l‟intero pianeta, sebbene presenti più
aspetti di quanto comunemente non si pensi. Difatti, da qui deriva il concetto di economia
globale descritta come quell’economia le cui core activities operano in tempo reale come una
singola unità su scala planetaria (Castells M., 1999). Le analisi della globalizzazione si
propongono quindi di mettere in risalto il fatto che con questo concetto vanno compresi non
solo la crescita e l‟accelerazione degli scambi che oltrepassano i confini degli Stati, dallo
sviluppo delle imprese multinazionali all‟internazionalizzazione dei beni e dei servizi fino alle
transazioni finanziarie; bensì tutto il complesso delle conseguenze che nascono
dall‟interdipendenza tra le trasformazioni del quadro economico, il sistema socio-demografico
e le istituzioni della politica.
“[…] La globalizzazione è un fenomeno che si presenta con tre volti fra loro strettamente
connessi.” (Illy R., 2006, p. 53). Esiste una globalizzazione economica, poiché oggigiorno è
irrilevante il luogo dove vengono prodotti i beni che successivamente possono essere venduti
in tutto il mondo, grazie alla riduzione dei costi di trasporto che sono diventati più accessibili e
grazie anche all‟abbattimento delle barriere commerciali. C‟è poi una globalizzazione
finanziaria che ha preceduto quella economica mediante il trasferimento dei capitali. E infine
l‟ultima, ma non meno importante, è la globalizzazione dell‟informazione che, grazie al
progresso tecnologico nel campo della comunicazione e all‟introduzione di nuovi strumenti