4
suo tempo che l’autore ricopre. La partecipazione attiva
ai combattimenti della prima guerra mondiale (Jünger si
arruola volontario), il ruolo nella Wehrmacht durante la
seconda guerra mondiale, fanno di lui uno spettatore-
attore delle vicende storiche più importanti del novecento.
L’ambivalenza dell’autore che osserva gli eventi bellici,
essendovi tuttavia immerso, è forse il segno
inconfondibile delle pagine jüngeriane di guerra.
Strahlungen
4
è il titolo dei diari della seconda guerra
mondiale [ Das erste Pariser Tagebuch, Kaukasische
Aufzeichnungen, das zweite Pariser Tagebuch,
Kirchhoster Blätter] che con i Gärten und Strassen[1939-
1940] – assente nel testo italiano insieme alla parte post-
bellica, Die Hütte in Weiberg. Jahre der
Okkupation[1945-1948]- formano il plesso diaristico
degli anni di guerra.
4
E.Jünger, Strahlungen[1941-1945], Wien 1950; tr. Henry Furst, Irradiazioni, Parma
1995. Esiste un’edizione rimaneggiata dall’autore nelle Sämtliche Werke non ancora
tradotta in italiano su cui verte il mio lavoro: E. Jünger,Strahlungen,in Sämtliche
Werke,Tagebücher I e II,vol I e II, Stuttgart 1979. I volumi sono raccolti in E.Jünger,
Sämtliche Werke, Stuttgart 1979 ss.voll. 22.
[all’occorrenza mi riferirò ad essi con l’abbreviazione SW]
5
Nello stesso torno d’anni l’autore scrive un testo sulla
pace che circola in segreto allorquando il conflitto
mondiale sta volgendo al termine. L’eloquenza del titolo,
La pace
5
, non lascia dubbi sugli intenti del libello: la
guerra non è ancora finita, ma la pace deve essere pensata
in anticipo per aprire nuovi scenari dall’interno di un
dolore ancora in pieno corso. In questo scritto di grande
interesse per ricostruire la posizione profondamente
filosofica dell’autore in merito al concetto di ‘pace’,
l’autore rende intelligibile il conflitto dell’intellettuale tra
adesione partecipata agli eventi e necessità di registrare le
cose attraverso la scrittura. Ancora un indizio sullo
statuto ambiguo del testimone:
«Così in questi anni il dolore dell’intellettuale è stato grande. Più che il
fatto di essere perseguitato, l’offese lo spettacolo dell’ignobiltà che saliva
al potere. A spaventarlo non furono tanto le guerre e i pericoli, quanto la
cieca pulsione che dapprima con selvaggia esultanza e poi con brama
d’odio e di vendetta spronò le masse su piste malsicure che presto
terminarono nel fuoco.»
6
.
5
E.Jünger, La pace[ 1945], tr. A.Apa, con uno scritto di S. Vertone, Parma1993.
6
Id. La pace, cit., pp. 21-22.
6
Un autore deve osservare o agire? La stessa parola
‘autore’ non indica forse un’azione? Il dilemma che
attraversa i diari di guerra jüngeriani senza mai essere
esplicitato e che trova nelle pagine de La pace il suo
coronamento positivo è il seguente: Come agire in mezzo
alla lotta ideologica e al disastro materiale restando
autori?
L’automaton del mondo è il lottatore cieco, il soldato
dell’idea, essa non giustifica bensì crea il conflitto:
« le grandi teorie del secolo passato, volgendosi alla prassi, hanno
fruttificato nella serra delle guerre e delle guerre civili. Ora appare chiaro
che fu il freddo pensiero ad elaborarle, sia che abbiano enunciato
l’uguaglianza o la disuguaglianza degli uomini. Il metro delle teorie
venne applicato agli individui, alle razze, ai popoli. Come sempre in tali
situazioni, una volta cadute le prime vittime, la sete di sangue crebbe a
dismisura.»
7
.
L’autore, da parte sua, è partecipante e osservatore ma al
contempo creatore di un nuovo ordine di cose che passa
7
Ivi, p. 16.
7
per le parole. La scrittura quale mezzo di descrizione e
insieme preludio di un nuovo avvenire è l’essenza del
lavoro letterario dell’autore; la composizione stilistica
aderisce alla forma delle parole in ogni sua parte.
8
INTRODUZIONE
9
« i grandi eventi sono sempre letterari. La storia, come i suoi fatti, è un
magazzino stracolmo in cui ciascuno può prendere ciò che vuole.»
8
Le Strahlungen nascono durante la guerra, eppure
l’immagine che il testo esibisce sorprende per l’atmosfera
di pace che regna nella sovrana bellezza delle sue pagine.
‘Irradiazioni’ è la traduzione italiana del titolo: tali sono
le parole di questi diari costruiti come su atmosfere
parallele, su sfere che irradiano dai diversi piani del reale.
Questo testo racconta le realtà della realtà perché lascia
che le cose esibiscano se stesse. Lo stesso autore,
nell’introduzione all’opera, si sofferma sulla capacità
formativa dello stile, esso forgia e al contempo descrive;
in questi diari il contesto storico funge da schermo, il
proiettore di immagini è invece l’autore che forma realtà
con le parole:
8
Id. I prossimi titani, cit., p. 23.
10
«Irradiazioni: il processo va inteso anche come effetto che l’autore opera
sul lettore. In questo senso, l’autore compie il lavoro preliminare. La
copia delle immagini va prima armonizzata e poi valorizzata, ossia dotata
di una chiave segreta di quella luce che spetta al suo rango. Luce in
questo caso significa suono, significa vita nascosta nelle parole. Una
trama metafisica nel variare delle similitudini: l’ordine degli oggetti
visibili secondo il loro rango invisibile. Secondo questo principio,
dovrebbe essere composta ogni opera ed ogni società. Tentare di
realizzarlo nella parola, nel teorema, nel gioco delle immagini, così come
la vita quotidiana li adduce, significa sottomettersi alla più alta
disciplina.»
9
La cifra stilistica si identifica con i fatti –siano essi
letterari, biografici, storici, tragici- si innesta a spirale
nelle riflessioni e nelle pagine dei libri che Jünger
instancabilmente continua a leggere, passa per la lettura
della Bibbia e per gli incontri con personaggi noti e
ignoti, nello scenario di una Parigi mondana di sapore
proustiano. Una suprema unità tiene insieme queste sfere
e le trasfigura: la scrittura.
9
Id. Irradiazioni, cit., p.6
11
Ogni giorno, o quasi, un racconto, una riflessione, il
ricordo di un sogno, un incontro, ogni giorno Jünger è
autore della vita e perciò scrittore. La redazione del diario
non è mai casuale, non c’è pagina che trasudi
trascuratezza o lasci immaginare un‘immediatezza
espressiva: ogni parola è pesata sul metro del Stil.
A distanza di anni, l’autore è tornato su queste pagine e vi
si è misurato, a riprova dello statuto letterario della forma
diaristica. Un confronto sinottico tra la versione originale
dei diari e quella rivista dallo scrittore per le Sämtliche
Werke ad un trentennio di distanza, offre importanti indizi
per esplorare la complessa figura jüngeriana. Se, pertanto,
il confronto tra le due versioni dei diari di guerra
corrobora la tesi sulla centralità della scrittura nel
pensiero jungeriano, nondimeno fornisce indizi sul ruolo
tipico del testimone
10
, questi sorvola su sostenitori e
detrattori con caustica ironia. L’autore è tornato sulle sue
10
Per la controversia sullo statuto di testimone del nostro, rimando alla lettura tipizzata
che ne ha dato il prof G. Raciti nel testo: Gelo in dio, in G. Raciti, Cinque scritti delfici,
Trento 2004, pp.57- 83.
12
vecchie pagine rimaneggiandole con furia quasi febbrile.
L’impronta del testo è la medesima, se si escludono due
aspetti, uno stilistico, l’altro contenutistico. Sebbene
l’impianto originario del testo non muti, nondimeno il
senso globale dell’opera si trasfigura. La costruzione
delle frasi, la scelta delle parole, persino i nomi propri,
sono setacciati e modificati quasi ad ogni rigo; sorprende
non poco il fatto che l’autore ricordi con tanta dovizia di
particolari eventi così remoti nel tempo, da farne una
correzione retrospettiva così puntuale. Qualche passo è
stato riscritto ex novo, tuttavia le parti espunte dal corpo
del testo sono le più cospicue. I luoghi dell’opera che
hanno subito tagli, anche di vasta portata, sono
innumerevoli. Una ricognizione dei brani volati via,
anche la più distratta, non manca di suscitare sgomento
per l’inesorabilità con si tenta di cancellare le tracce
biografiche dell’autore, Jünger espunge, quasi del tutto,
ogni riferimento alla sua attività censoria svolta
nell’ambito della Wehrmacht. La gran parte dei tagli
13
glissa su ogni richiamo a personaggi o fatti scomodi che
hanno suscitato l’irritazione del diarista; persino le
riflessioni critiche sullo scenario catastrofico del tempo,
che, di sovente, giocherebbero a favore dell’autore, sono
state inesorabilmente falciate. Il rimaneggiamento di
questi diari, tardivo rispetto allo svolgimento dei fatti,
pare alludere ad un ripensamento dello scrittore in merito
alla funzione stessa del diario, e di rimando, al suo ruolo
di autore: come non pensare alla tarda figura
dell’Anarca
11
?
Tale personaggio, quanto mai ambiguo, è il protagonista
di un romanzo jüngeriano, scritto nello stesso torno
d’anni del rimaneggiamento dei diari di cui ci stiamo
occupando. La relazione tra il ‘grande solitario’
12
,
l’immagine che l’autore da di sé ormai vecchio, e
11
Di questa enigmatica figura mi sono occupata in un mio precedente lavoro di tesi,
essa campeggia all’interno di un romanzo jüngeriano degli anni settanta. E. Jünger,
Eumeswil[ 1979], in Sämtliche Werke, vol.7, Stoccarda 1979; tr. It. Maria Teresa
Mandalari, Eumeswil, Parma 2001.
12
«tuttavia, l’importante per me resta il singolo, il grande solitario, capace di resistere
nelle situazioni difficili per lo spirito, come quella che sta sopraggiungendo e che sarà
una nuova età del ferro» id. I prossimi titani, cit., p. 96.
14
l’Anarca, il singolo stirneriano, che rifiuta ogni forma di
compromettente identità e perciò serve il tiranno di
Eumeswil, senza mai cadere in una vuota
contrapposizione ideologica al potere, è illuminante.
Il personaggio di un romanzo, nuovo tipo umano nato sul
conio dell’età del ferro, viene a completare il tipo attivo
del testo del 32’, Der Arbeiter
13
, l’Operaio. Lo stesso
autore rivede la sua posizione alla luce dei personaggi che
ha forgiato: l’uomo attivo che opera la tecnica diviene il
solitario che non se ne cura- la sovranità dell’Anarca è
transtecnica
14
, passa oltre la tecnica e la sua Gestalt
conglobante restandovi tuttavia immersa.
I diari di guerra, riletti dall’Anarca, diventano sottili,
allusivi, più attenti alla riflessione che alla precisione
13
E. Jünger, Der Arbeiter. Herrschaft und Gestalt[ 1932], Stoccarda 1982; tr. It. Q.
Principe: L’operaio. Dominio e forma, Parma 2000.
14
Nella preziosa intervista realizzata da Gnoli e Volpi, già citata a più riprese, alla
domanda degli intervistatori sulla relazione tra Anarca e Lavoratore, Jünger risponde
così: « l’Anarca non si lascia coinvolgere dalla dimensione della tecnica: se ne serve e
la sfrutta se ciò gli torna utile, altrimenti la ignora e si ritira nel suo mondo interiore, nel
mondo delle sue letture. L’Anarca è sovrano anche della tecnica» cit.,p. 56. corsivo
mio.