genere: «sarebbe vano sforzo cercare di limitare l’essenza del western a una
qualsiasi delle sue componenti visive. Gli stessi elementi si ritrovano altrove ma
non hanno le prerogative e i doni naturali che sembrano congeniali a questo
“genere”. Evidentemente il western deve consistere in qualcosa che sta al di là
della sua forma: le cavalcate, le battaglie, gli uomini forti e coraggiosi che si
muovono in un paesaggio di selvaggia austerità non sarebbero elementi
sufficienti a definire o a circoscrivere il suo fascino»
4
.
Pur nella difficoltà di evidenziare caratteri comuni nella filmografia western,
nell’introduzione al libro di Rieupeyrout, Bazin individua alcuni caratteri
fondamentali quali la presenza dei cavalli, che siano quelli del cowboy o quelli
dei soldati, gli spazi aperti, le battaglie tra americani e indiani, o tra nordisti e
sudisti, la presenza di uomini dalla forte personalità e dalla naturale propensione
all’avventura.
Il western è la sintesi di «quei caratteri di aggressività, di coraggio,
d’avventura, d’individualismo, di lealtà, che costituiscono il mito della società
americana»
5
. Immediato, tra pistole, sceriffi e duelli, si affaccia il tema del mito.
Il western salda le sue basi sulla storia americana, quella della conquista di una
nuova terra e della nascita di una nazione. I suoi eroi sono quei pionieri che
hanno lottato contro le avversità di una terra selvaggia e dominata dagli indiani.
Ma sono anche quei soldati che ne hanno difeso i confini. La vita in un west in
via di civilizzazione nasce in una terra di nessuno e quindi di tutti, dove la legge
non esiste e la giustizia si ottiene con le proprie mani. La storia di una nazione si
trasforma immediatamente in mito, con i suoi eroi e le sue leggende.
1.4 La scelta del regista
John Ford (1895-1973) non è il fondatore del genere western, nato con il
sorgere della storia del cinema, è però colui che gli ha conferito una nuova vita,
cogliendone in profondità i nodi tematici fondamentali.
Iniziata la sua carriera di regista nel 1914, realizzando film a episodi per le
produzioni Bison, gira il suo primo western e il suo primo lungometraggio nel
1915: si tratta di Straight Shooting. Da allora prosegue a dirigere film dalle
ambientazioni tipiche del western. A partire dal 1926, anno in cui lavora a Three
Bad Men, dalla sua produzione scompare questo genere cinematografico:
dovranno trascorrere più di dieci anni e trentatré pellicole prima che faccia ritorno
nella sua filmografia.
Siamo nel 1939 quando Stagecoach esce nelle sale cinematografiche e diventa
una pietra miliare nella cinematografia western e in quella hollywoodiana. «Il
capolavoro di Ford rivela infatti una maturità forse senza precedenti […], nel
deciso rovesciamento della morale manichea e nell’ammirevole consapevolezza
dello stile»
6
Il film segna l’inizio di una nuova era per il western. I personaggi
classici del fuori legge e dello sceriffo divengono ruoli a tutto tondo, l’outlaw,
4
Ivi, pag. 15.
5
Rondolino, Gianni, Storia del cinema, Utet Libreria, Torino, 1997, pag. 71.
6
AA. VV., Storia del Cinema, Vallardi, Milano, 1967, vol. 4, pag. 78.
buono e giusto, è l’eroe, che decide di passare la sua vita a fianco di una
prostituta: i canoni hollywoodiani sono completamente rinnovati.
A partire dal 1939, dunque, Ford gira senza sosta una serie di film che
descrivono l’epopea della nazione americana, dalla Guerra d’Indipendenza alla
Guerra di Secessione, le lotte contro gli indiani, la vita nelle piccole cittadine del
west, la nascita della democrazia.
Nessun altro regista ha dato un simile contributo al western, né ha incluso
nella propria esperienza cinematografica tutti i più importanti temi del genere. Gli
assalti alle diligenze e i duelli finali sono divenuti dei classici nella storia del
cinema.
1.5 La scelta dei film
Biografie, monografie e studi dell’opera di Ford analizzano le sue opere senza
una particolare attenzione alla distinzione tra film western e non. Difficile dunque
comprendere quali dei suoi più di centocinquanta film rientrassero in una
categoria, dai confini non così facilmente definibili.
Una prima scrematura è dunque stata fatta a priori, scartando tutte le pellicole
girate prima dell’arrivo del sonoro. Nonostante questo, la mole delle pellicole e la
difficoltà di stabilire con certezza i limiti del genere hanno fatto cadere
l’attenzione su chi ha reso la distinzione western/non western determinante: Janey
Ann Place, autrice statunitense di due opere: The Western Films of John Ford
7
e
The non-Western Films of John Ford, edite in Italia in un unico volume che le
racchiude entrambe: I film di John Ford
8
.
L’opera, con questa bipartizione, offriva un ottimo punto di partenza per la
ricerca. L’elenco dei film western era comprensivo delle tre più importanti
pellicole del periodo muto: Straight Shooting (1915), The Iron Horse (1924) e
Three Bad Men (1926). I film presi in analisi per il periodo del sonoro erano
quattordici, girati tra il 1939 e il 1964.
Riprendendo la scelta della studiosa americana, quei quattordici film hanno
dato il via allo studio dei loro eroi. Seguendo un andamento cronologico, si parte
del 1939, con Stagecoach e il suo protagonista fuorilegge Ringo Kid, e Drums
Along the Mohawk, con le gesta del pioniere combattente Glibert Martin. Ad
alcuni anni di distanza, nel 1946 Ford gira un altro dei suoi capolavori: My
Darling Clementine, che narra le gesta del leggendario sceriffo Wyatt Earp. Nel
1948 Fort Apache apre il ciclo della cavalleria con la vicenda autodistruttiva del
colonnello Thursady e l’anno seguente The Three Godfathers ci riporta ai duelli
tra sceriffo e fuorilegge (Robert Hightower). Il 1949 vede la ripresa del filone
della cavalleria americana con She Wore a Yellow Ribbon e le guerre antiindiane
del colonnello, ormai prossimo alla pensione, Nathan Brittles. Nel 1950, prima di
concludere la Trilogia della cavalleria, con le imprese del colonnello Yorke e Rio
Grande, Ford gira Wagonmaster, in cui i protagonisti sono i mormoni diretti nello
Utah.
7
Place, Janey Ann, The Western films of John Ford, Citadel Press, Secaucus (New Jersey),
1974.
8
Place, Janey Ann, I film di John Ford, Gremese editore, Roma, 1983.
Passano sei anni prima che il regista diriga The Searchers, opera dominata
dalla figura di Ethan Edwards, un eroe dalla personalità ambigua e diabolica. Il
1959 vede Ford lavorare alle riprese di The Horse Soldiers e alla storia del
colonnello John Marlowe durante la guerra di Secessione. L’anno seguente è la
volta di un western giudiziario, Sergeant Rutledge: è la prima volta che l’eroe è
un uomo di colore.
Nel 1961 gira Two Rode Together, che vede protagonista l’eroe cinico ed
opportunista Guthrie McCabe, mentre il ’62 è l’anno di The Man Who Shot
Liberty Valance. Questa pellicola per la sua ricchezza di temi e personaggi si è
prestata all’analisi dei suoi due protagonisti, Tom Doniphon e Ransom Stoddard,
un fuorilegge e un futuro senatore degli Stati Uniti.
L’ultimo western della sua filmografia è Cheyenne Autumn, del 1964,
protagonista la disperata tribù dei Cheyenne, che fugge dalla riserva indiana per
far ritorno alla sua terra.
1.6 Basi teoriche
Nel percorso di analisi dei quattordici film sono state fondamentali alcune
guide teoriche, che per prima cosa permettono di mettere in chiaro chi sia l’eroe e
quale punto di vista interessa la nostra analisi.
All’inizio del secolo scorso, nel 1928, lo studioso russo Vladimir Propp
pubblicò uno studio sulla struttura delle fiabe di magia
9
. La scoperta
fondamentale di Propp stava nell’aver messo a confronto le fiabe appartenenti
alla tradizione folkloristica russa e aver trovato al loro interno degli elementi
costanti. Mutavano luoghi, situazioni, nomi, ma quello che non cambiava erano le
funzioni che i personaggi operavano all’interno delle fiabe. Propp definisce le
funzioni come «l’operato d’un personaggio determinato dal punto di vista del
suo significato per lo svolgimento della vicenda »
10
. Per capire meglio cosa
intende l’autore, potremmo dire che non è tanto importante chi sia il personaggio
che compie una determinata azione, ma il significato che questa azione assume
all’interno della storia. Ciò che muove l’eroe è la ricerca di un oggetto, che
assume per lui, per un motivo differente da fiaba a fiaba, un valore fondamentale.
L’eroe è quella figura che sta al centro della storia, che è caratterizzata dall’agire
e che è il motore della maggior parte delle 31 funzioni, che fungono da struttura
portante della fiaba.
L’opera di Propp fu un importante punto di partenza per studi in vari campi
del sapere, a partire dalla semantica. Algirdas J. Greimas, nella sua Semantica
Strutturale
11
, si accosta a Propp nel suo discorso sugli attanti. Nello studio dei
testi, Greimas trova uno schema di carattere più universale rispetto a quello
proposto da Propp. Nella struttura del testo egli evidenzia dei ruoli fondamentali,
gli attanti, e li organizza in uno schema, il modello attanziale mitico
12
, in cui
9
Propp, Vladimir, Morfologia della Fiaba, Einaudi, Torino, 1966, pagg. 25-30.
10
Ivi, pag. 27.
11
Greimas, Algirdas Julien., Semantica strutturale: ricerca di metodo, Rizzoli, Milano, 1968.
12
Ivi, pag. 210.
delinea le loro funzioni ed influenze reciproche. Alla base del modello troviamo
due attanti: il soggetto, che è colui che agisce e l’oggetto, che è colui che subisce
l’azione del soggetto. Il loro rapporto si stabilisce sulla linea del desiderio, linea
che porta il soggetto a tendere verso l’oggetto. Una volta descritto il modello,
Greimas lo confronta con quello di Propp, dimostrando come il soggetto
corrisponda all’eroe e l’oggetto al personaggio cercato. A questa coppia
attanziale vengono affiancati il destinatore, colui che possiede il sapere e il
destinatario, colui che è beneficiario di questo sapere, e l’aiutante, colui che
fornisce aiuto al soggetto e l’oppositore, colui che gli crea ostacoli.
1.7 Teoria del Cinema
La teoria del cinema ha fatto proprie le teorie della semiotica e della
semantica, adattandole al linguaggio del racconto cinematografico.
L’opera di Casetti e di Chio, Analisi del Film
13
, prende in esame le
componenti della narrazione, suddivise in eventi, esistenti e trasformazioni. Gli
esistenti sono a loro volta bipartiti in due sotto-categorie: personaggi e ambienti.
È proprio l’analisi del personaggio che permette di aggiungere un nuovo tassello
al nostro percorso d’analisi: Casetti e di Chio considerano il personaggio
attraverso tre prospettive. La prima è il personaggio come persona, il che
significa considerarlo come «un qualcosa di tendenzialmente reale», la seconda è
il personaggio come ruolo, quindi il tipo che egli incarna all’interno della
struttura narrativa, e infine il personaggio come attante. Gli autori riprendono qui
la definizione di Greimas e definiscono il Soggetto come colui che «muove verso
l’Oggetto per conquistarlo (dimensione del desiderio) e insieme come colui che,
muovendo verso l’Oggetto, agisce su di esso e sul mondo che lo circonda
(dimensione della manipolazione)»
14
.
La teoria di Greimas costituisce un’importante base teorica per l’opera di
Dario Tomasi: Cinema e racconto: il personaggio
15
. Partendo dal modello
attanziale mitico, viene posto un particolare accento sul fondamentale rapporto
che vige tra Soggetto e Oggetto, regolato dalla forza del desiderio. «È il desiderio
del personaggio a porre un determinato oggetto valore, che si configurerà come
concreta realizzazione del desiderio. L’oggetto valore va così concepito come
una sorta di luogo esterno del soddisfacimento di un desiderio interiore»
16
.
Dunque interagiscono un mondo interiore del personaggio, in cui nasce il
desiderio, ed un mondo esterno, in cui si trova l’oggetto valore. La coppia base
incontrerà, nel corso di questa ricerca, forze che gli si oppongono (opponenti) e
forze che lo aiutano (gli adiuvanti).
Le potenzialità del modello sono verificate sul ciclo «Antoine Doinel» di
François Truffaut: il rapporto di desiderio tra il protagonista, Doinel, e i suoi
oggetti valore è analizzato a partire da tre «assi semantici: l’educazione
13
Casetti, Francesco e di Chio, Federico, Analisi del Film, Bompiani, Milano, 1990.
14
Ivi., pag. 177.
15
Tomasi, Dario, Cinema e racconto: il personaggio, Loesher, Torino, 1988, pagg. 98-115.
16
Ivi, pag. 101.
sentimentale e l’amore, l’iniziazione alla vita e il rapporto con la società, la lotta
contro il tempo e il “trionfo” dell’infanzia»
17
.
Parallelamente alle teorie del film, l’altra fonte teorica, che costituisce le
fondamenta di questa tesi è l’opera dello story analyst statunitense Christopher
Vogler Il viaggio dell’eroe
18
. Il racconto, in particolare quello cinematografico,
viene preso in analisi a partire dalla sua struttura narrativa. Il presupposto di
questo studio è «una semplice teoria» e cioè che «tutti i racconti sono costituiti
da alcuni elementi strutturali comuni, che si trovano universalmente nel mito,
nelle fiabe, nei sogni e nei film. Nel loro insieme essi sono conosciuti come il
Viaggio dell’Eroe»
19
.
Al centro della storia, o viaggio, troviamo la figura dell’eroe, che è dunque il
motore dell’azione narrativa. Il suo ruolo viene scisso da Vogler in due funzioni,
quella psicologica, basata sulla teoria degli archetipi di Jung
20
, e quella
drammaturgica. Riprendendo le nozioni freudiane, definisce l’eroe come «uno in
grado superare i confini e le illusioni dell’Ego»
21
, per guadagnare un’identità
personale che lo renda diverso dal gruppo. A livello drammaturgico il suo ruolo
consta nell’agire: è lui il personaggio più dinamico nella struttura narrativa. Nel
corso del suo cammino, egli deve affrontare un sacrificio, che consta nella
rinuncia a qualcosa di vitale, e deve confrontarsi con una morte vera o simbolica.
Durante il suo percorso, l’eroe compie un arco di trasformazione, o «arco del
personaggio»
22
, che parte dalla condizione in cui egli si trova all’inizio del
viaggio e si conclude col raggiungimento della meta finale.
É dunque sulla base del viaggio che si delinea il modello di Vogler: esso si
divide in 12 tappe o fasi, il cui ordine può essere diverso da quello previsto dallo
schema.
L’avventura, che ha come protagonista, e attante fondamentale, l’eroe, ha
inizio nel mondo ordinario, luogo fisico o emozionale da cui egli parte e a cui
potrà fare ritorno. All’interno di questo universo quotidiano, il seme del
cambiamento è il richiamo dell’avventura, un evento o una notizia che farà
mutare lo stato delle cose. Le reazioni dell’eroe possono essere le più diverse,
spesso egli attua un rifiuto del richiamo dettato da paure o incertezze. Per
motivarlo a proseguire, o, nel caso di un eccessivo entusiasmo o avventatezza,
per dissuaderlo dal farlo, l’eroe potrà avere un incontro col mentore, il mentore è
quella fonte di saggezza, che gli darà le conoscenze o le motivazioni necessarie
per intraprendere l’avventura.
17
Ivi, pag. 105.
18
Vogler, op. cit.
19
Ivi, pag 11.
20
Vogler definisce il concetto di archetipi sulla base della teoria dello psicologo svizzero Carl
J. Jung: «Personaggi o forze ricorrenti che si riaffacciano nei sogni di tutti e nei miti di tutte le
culture. Jung affermò che questi archetipi riflettono gli aspetti differenti della mente umana e che
la nostra personalità si spartisce tra questi personaggi per mettere in scena la storia della nostra
vita. Notò una forte corrispondenza tra le figure dei sogni dei suoi pazienti e i comuni archetipi
della mitologia e avanzò che entrambi provenissero da una sorgente profonda, l’inconscio
collettivo della razza umana». Ivi, pag. 20.
21
Ivi, pag. 36.
22
Ivi, pag. 39.
Il varco della prima soglia è l’atto, reale o metaforico, attraverso il quale
l’eroe entra nel mondo straordinario. Il nuovo ambiente lo metterà alla prova ed
egli dovrà sopravvive creandosi alleati e combattendo nemici: è la fase prove,
alleati e nemici. Proseguendo il suo viaggio, giungerà in una «regione intermedia
fra il confine e il vero centro del Viaggio dell’eroe»
23
, il percorrere lo spazio che
lo separa da questo centro è l’avvicinamento alla caverna più recondita. A metà
del viaggio dovrà affrontare una prova centrale, in cui sfiderà la morte o qualcosa
di simile ad essa, come il suo più grande nemico o la sua più intima paura.
Il superamento della grande crisi, gli potrà procurare una ricompensa, la
felicità per lo scampato pericolo, la conquista di un potere o di un amore, il
possesso di un oggetto dal grande valore. La via del ritorno segna la decisione
dell’eroe di tornare nel mondo ordinario abbandonando quello straordinario, in
cui pochi eroi decidono di rimanere. Prima di fare ritorno egli dovrà affrontare
l’ultima e più pericolosa prova: la resurrezione. L’eroe rischia la vita e può anche
perderla, è il caso degli eroi tragici, ma se sopravvive potrà fare ritorno al mondo
ordinario con l’elisir: «qualcosa da dividere con gli altri»
24
, qualcosa che gli
permette di iniziare una nuova vita.
Il percorso dell’eroe è diviso in tre atti: il primo che si svolge interamente nel
mondo ordinario, il secondo che ha inizio con il varco della soglia tra mondo
ordinario e straordinario, il terzo che lo vede fare ritorno al suo habitat di
partenza.
1.8 Metodi d’analisi
Le basi teoriche, che abbiamo esaminato per sommi capi, sono confluite in un
unico metodo di analisi. Presi in visone i quattordici film, si è potuta stabilire una
tipologia di eroi. I criteri in base ai quali essi sono stati suddivisi in precise
categorie, sono molteplici: innanzi tutto il ruolo che il personaggio ricopre in
relazione con la società che lo circonda. Egli può vivere e battersi per essa, ma
può anche estraniarsene o esserne messo al bando.
Se le dinamiche tra società e individuo sono centrali nell’universo fordiano, il
rapporto che l’eroe intrattiene con se stesso offre altrettanti spunti di analisi.
Alcuni eroi hanno la capacità di trasformarsi, di cambiare la propria personalità o
il modo in cui rapportarsi con gli altri: spesso questa qualità ha effetti
determinanti sulla realtà circostante.
I tipi d’eroe delineati sono cinque, come cinque sono i capitoli di questa tesi:
23
Ivi, pag. 108.
24
Ivi, pag. 156.
L’eroe dei valori
La difesa della patria e la lotta contro le tribù indiane sono gli oggetti valore
verso cui tendono questi eroi, inossidabili nelle loro convinzioni. La società che li
circonda è quella costituita dalla cavalleria americana e il farne parte rappresenta
un bene basilare.
• L’eroismo portato all’estremo
I valori della guerra e della patria sono portati alle loro estreme conseguenze,
causando un desiderio di gloria che porterà inevitabilmente alla morte.
• L’outlaw
Gli assi semantici su cui si sviluppa il desiderio del fuorilegge corrono in
direzione di un amore contrastato, soprattutto dal carattere dell’eroe, che li
conduce ad una vita al di fuori di una società, che né vuole né può accettarli.
• L’eroe che cambia
Il cambiamento esteriore ed interiore che coinvolge l’eroe comporta una
trasformazione dei suoi oggetti valore e molto spesso un parallelo mutamento
della realtà circostante, condotta verso un processo di civilizzazione.
• L’eroe collettivo
Le dinamiche del gruppo sociale sono qui le protagoniste dell’intreccio
narrativo. la collettività, come un uomo solo, si dirige verso comuni oggetti
valore. La sua coesione procura maggiore forza al suo desiderio, ma non sempre
ciò sarà sufficiente per raggiungere la meta.
La delineazione delle cinque tipologie ha permesso la stesura dei cinque
capitoli. La loro struttura prevede un paragrafo iniziale teso ad evidenziare quali
caratteri accomunano gli eroi che vi sono raggruppati. In linea generale,
rischiando però di cadere in un eccessivo schematismo, i principi presi in
considerazione sono innanzitutto il loro rapporto con la società, analizzando
cause di conflitti o alleanze, la presenza di una famiglia o di un passato alle loro
spalle, la vicinanza di una figura femminile, che serva loro da sostegno o da
indebolimento. All’eroe viene spesso affiancata una figura partner, generalmente
maschile, e i suoi rapporti con essa sono spesso determinanti nel raggiungimento
o meno dei suoi oggetti valore. L’ambiente che lo circonda può influire sulle sue
azioni: agli eroi che vivono e agiscono in città si contrappongono eroi nomadi e
senza meta.
Segue questa prima introduzione dei caratteri generali della tipologia, l’analisi
dei singoli eroi. In un primo momento è analizzato il modo in cui l’eroe compie il
suo viaggio attraverso le dodici tappe del modello di Vogler: il suo ruolo inizia ad
emergere nel muoversi all’interno della struttura narrativa del film.
Conclusa questa analisi schematica, che permette inoltre di farsi un’idea più
precisa e dettagliata di quanto accade nel corso dell’avventura, un paragrafo
introduce brevemente gli assi semantici che l’eroe percorre, individuando gli
oggetti valore che gli persegue. Per ogni oggetto viene brevemente riassunto il
motivo che ha fatto nascere il desiderio e il conseguimento o il fallimento della
ricerca.
Ogni eroe tende, infatti, a diversi oggetti valore, che possono delinearsi come
la conquista di una vendetta, l’amore di una persona, oppure stabilirsi all’interno
di un rapporto, che determina il resto della vita dell’eroe: il rapporto con la legge,
con la società, con se stesso.
Per ogni oggetto valore a cui l’eroe tende è stato steso un paragrafo, teso a
descrivere il percorso in cui è nato e si è sviluppato il desiderio verso questo bene
e quanto questo significhi per il personaggio, infine quali conseguenze il suo
raggiungimento o l’insoddisfazione del desiderio comportano nella vita dell’eroe.
CAPITOLO PRIMO – L’eroe dei valori
«Il reggimento è la mia casa, la vera libertà, il rispetto di me stesso»: queste
le parole del sergente Braxton Rutledge, sintesi dei sentimenti e dei pensieri dei
molti militari che affolleranno le pagine di questo capitolo. Le loro divise blu,
loro orgoglio, non significano unicamente l’essere parte della U.S. Army, ma il
credere profondamente nei valori della patria e della cavalleria americana.
Nella loro vita c’è una guerra da combattere in difesa dei territori americani,
minacciati dagli indiani, dagli inglesi, dai sudisti. Qualunque sia il loro fine, non
si tireranno indietro, non rifiuteranno mai l’avventura: la difesa della patria è per
loro un bene imprescindibile.
Gilbert Martin, protagonista di Drums Along the Mohawk, è l’unico a non far
parte di quella “famiglia allargata” rappresentata, per gli altri eroi, dalla
cavalleria. Egli ha già una sua famiglia, una moglie e un figlio, che rappresentano
un polo affettivo, fulcro di tutte le altre dinamiche, compresa quella bellica. Egli è
un colono, che per difendere la sua terra dovrà combattere contro gli inglesi e gli
indiani, in una guerra condotta da volontari come lui. Gli eroi degli altri quattro
film presi analisi sono militari dell’esercito, tutti ufficiali in un reggimento della
cavalleria. Nathan Brittles è un colonnello cui mancano pochi giorni alla
pensione, il colonnello Yorke è il solitario comandante di un forte in mezzo al
deserto, il colonnello Marlowe conduce la decisiva missione dell’esercito
dell’Unione nel territorio sudista, il sergente Rutledge è comandante di un
reggimento di soldati di colore.
«Ford non vede lo scopo delle forze armate nell’uccidere o nell’essere uccisi.
Lo scopo delle forze armate è quello di dare corpo all’ideale della patria, una
comunità che si pone come estensione dell’individuo, dei suoi sogni, dei suoi
ideali, delle sue azioni»
25
. Raramente gli eroi usano le loro armi per uccidere e se
lo fanno è per salvare la loro vita o quella di qualcun altro, la morte che causano
non è mai fine a sé stessa. La forza che risiede nella cavalleria non dipende da un
uomo solo, ma dall’insieme dei suoi soldati, di qualunque grado essi siano. Il
rapporto che li lega tra loro è quello della camaraderie che Ford ammira nelle
forze militari e che trasforma ogni uomo in un solidale amico, in un compagno di
vita, in un alleato su cui contare. L’ideale della camaraderie è particolarmente
idilliaco in Sergeant Rutledge, in cui la purezza dell’eroe è assoluta, non c’è mai
volontà di gloria nelle su azioni, nemmeno quando salva un intero reggimento da
una morte certa: ciò che lo spinge ad agire è sempre ed altruisticamente il bene
dei suoi uomini. Nelle altre pellicole, la solidarietà e l’amicizia tra soldati subisce
degli attacchi, il regista non avrà mai più quella stessa sicurezza negli ideali
militari e anzi andrà sempre più progredendo un’amarezza costante. Nel corso
della sua cinematografia western egli rappresenterà ancora una volta il corpo
25
Ferrini, Franco, John Ford, Il Castoro, Milano, 1995, pag.40.
della cavalleria: in Cheyenne Autumn troviamo al suo comando un uomo, il
capitano Archer, che appare un’ombra delle personalità forti e determinate che
abbiamo imparato a conoscere nei film precedenti. La dinamica degli ordini,
eseguiti sino alle loro estreme conseguenze, fa sì che la cavalleria appaia come un
contenitore ormai svuotato da tutti i valori e gli ideali che era stata capace di
mantenere fino ad allora.
Nei quattro film sulla cavalleria qui presi in esame, troviamo differenti
sfumature del puro ideale della solidarietà che si instaura tra i compagni, anche se
rimane in ognuno invariata la ferma convinzione nei valori della patria. Il
colonnello Brittles si ritrova solo nella comunità del forte, il suo unico amico è il
sergente Quincannon, «Nathan Brittles è il leader della comunità della
cavalleria, una metafora frequente in Ford per designare la comunità sociale.
Anche ne I cavalieri del Nord-ovest
26
, come in Soldati a cavallo
27
, quel tipo di
comunità però non tiene uniti gli uomini, né dà alle loro vite e ai loro sforzi un
significato valido. Brittles è l'individuo più isolato del film: ha perso moglie e
figli (un segno dell'inadeguatezza della comunità, se non è riuscita a proteggere
la famiglia del suo leader), e non si sente vicino ad alcuno se non al sergente
Quincannon, con cui condivide la sorte imminente del pensionamento che lo
taglierà fuori dalla sua unica "famiglia"»
28
. Il colonnello Yorke, ha invece
preferito seguire la strada del suo reggimento, piuttosto che abbandonare la
carriera militare e rimanere accanto alla moglie sudista. Molto amara la
situazione del colonnello Marlowe, che a differenza di Yorke e Brittles non è un
militare di professione. Egli dovrà condurre una missione e causare la morte di
uomini che non odia unicamente per il bene della patria, non pretendendo né
gloria né onori.
Amata o odiata che sia la cavalleria è per loro una casa, un universo al cui
interno si svolge tutta o parte della loro vita. Essa è una comunità autosufficiente,
che, sebbene intrattenga rapporti con i civili, non necessita spinte o motivazioni
esterne. «E’ una società che basta a se stessa: la lontananza le conferisce una
grandissima autonomia; la presenza di donne e bambini, pur conferendole
qualcosa della varietà di una società civile, dà l’idea che essa possa perpetuarsi
senza contributi esterni: le figlie degli ufficiali sposano giovani tenenti che
faranno a loro volta carriera in Cavalleria. Questi militari hanno una funzione,
quella di mantenere la pace– o l’ordine- in vasti territori che sembrano privi
ogni autorità civile e dove i rari pionieri si sforzano di coabitare con tribù
indiane più o meno bellicose»
29
.
Fulcro di questa comunità è il forte, che rappresenta un punto di riferimento
sia fisico che ideale. Già in Drums Along the Mohawk, il forte di German Flats è
il luogo sicuro in cui i coloni si rifugiano ogni qual volta si presenti un’incursione
degli indiani. Da lì partono gli uomini per combattere, ma lì si ritrova riunita tutta
la società dei pionieri, che trova una forza unica in quest’unione. Ben altro forte
quello di She Wore a Yellow Ribbon, che è qui il vero centro delle forze regolari,
che si disciplinano attraverso gerarchie militari rigide e soprattutto attraverso
26
Titolo della versione italiana di She Wore a Yellow Ribbon.
27
Titolo della versione italiana di The Horse Soldiers.
28
Place, Janey Ann, I film di John Ford, Gremese Editore, Roma, 1983, pagg. 78-79.
29
Bourget, Jean-Loup, John Ford, Le Mani, Genova, 1994, pag. 29.
ordini da eseguire. Ed è questo lo stesso tipo di forte che ritroveremo negli altri
film della cavalleria.
Le cinque opere prese in analisi si sviluppano in epoche storiche ben definite e
tutte di estremo rilievo all’interno delle dinamiche della nascente America. Gli
eroi non sono semplici pedine all’interno di una scacchiera in cui sono altri a
condurre il gioco, ma svolgono un ruolo attivo nella salvezza della loro patria.
L’epoca più remota è quella del film meno recente di questo gruppo: Drums
Along the Mohawk, una pellicola a colori girata nel 1939, si ambienta in preciso
periodo. La didascalia con cui si apre, non lascia adito a dubbi, siamo nel 1776
nella cittadina di Albany, stato di New York. La Guerra d’Indipendenza,
scoppiata proprio in quegli anni, avrà un’influenza decisiva nelle vicende di Gil
Martin e di sua moglie Lana. L’eroe prenderà parte alle diverse battaglie che gli
inglesi metteranno in atto contro i coloni, dopo essere riusciti a convincere gli
indiani indigeni ad allearsi con loro. Esattamente cento anni dopo, nel 1876, la
disfatta del generale George Armstrong Custer provoca gli eventi, che mettono in
allarme il forte in cui Nathan Brittles è di servizio e che lo costringono a rischiare
la vita nell’ultima e pericolosissima missione della sua carriera militare.
Il colonnello Yorke, militare attempato e molto esperto, ha già combattuto la
Guerra di Secessione e la battaglia di Shenandoah, uno degli atti decisivi di
questa lunga guerra. Nel presente diegetico da quegli eventi sono passati quindici
anni, ma la guerra con gli indiani non è ancora terminata e la minaccia che essi
rappresentano si concretizza molto spesso con la morte. Ritorna agli anni della
Guerra di Secessione The Horse Soldiers, girato nel 1959, e ambientato nel 1863
anno in cui l’esercito dell’Unione, i nordisti, tengono d’assedio la cittadina di
Vicksburg, roccaforte sudista. Il colonnello Marlowe condurrà a termine una
missione, che permetterà di vincere l’assedio. Negli stessi anni si svolgono le
vicende del sergente Rutledge, che è a capo di un reggimento di afro americani
negli anni in cui Lincoln abolì la schiavitù. Con i suoi compagni affronterà le
incursioni degli indiani, fuggiti dalle riserve in cui gli americani li hanno costretti.
La grande impressione di unità che scaturisce dalla visione di questi film nasce
anche dalla presenza ricorrente degli stessi interpreti e degli stessi nomi di film in
film. «L'aria di famiglia è accresciuta dal riproporsi dei medesimi attori, e
innanzitutto dalla “coppia” formata dall’ufficiale (il padrone), impersonato da
John Wayne, e dal sergente (il servo), interpretato da Victor McLaglen. Wayne è
di volta in volta il capitano Kirby York, il capitano Nathan Brittles, il tenente-
colonnello Kirby Yorke
30
; McLaglen, il sergente Mulcahy o Quincannon, in ogni
caso irlandese e amante del whisky. Si ritrovano anche, nei tre film, la zazzera e
la dentatura cavallina di Jack Pennick; in due film su tre e in ruoli quasi identici,
John Agar, George O'Brien, Francis Ford, Ben Johnson, Harry Carey Jr»
31
.
John Wayne ritornerà anche in The Horse Soldiers, mentre in Sergeant Rutledge
30
L’autore fa qui riferimento ai tre personaggi che John Wayne interpreta nella cosiddetta
Trilogia della cavalleria fordiana: She Wore a Yellow Ribbon, Fort Apache e Rio Grande. Nello
scegliere i film presenti in questo primo capitolo non è stato seguito questo schema, in quanto il
personaggio protagonista di Fort Apache non condivide valori e ideali dei cinque eroi delle
pellicole qui prese in analisi. Il discorso verrà ulteriormente approfondito nel capitolo seguente,
interamente dedicato al colonnello Owen Thursday.
31
Bourget., op. cit., pag. 30.
non incontreremo alcuno di questi attori, eccezion fatta per l’interprete
femminile, Costance Tower che ritroviamo in entrambe le pellicole, anche se in
due ruoli molto differenti e Jack Pennick, in un ruolo minore.
Il fulcro dell’analisi è in ogni caso l’eroe: i cinque protagonisti sono maschi e
rappresentano quasi tutte le tappe della vita e quasi ogni grado della gerarchia
militare. Nessuno di loro ha una famiglia alle spalle, alcuni riusciranno a crearne
una, altri ne porranno le basi, mentre altri ancora proseguiranno il loro destino in
solitudine. Gil Martin non ha una famiglia e nel corso del film non viene mai
nemmeno suggerito un frammento del suo passato. La sua vera famiglia sarà
quella che costruirà con Lana, la donna che sposa nella prima scena di Drums
Along the Mohawk e che presto gli dà un figlio. Ha moglie e figlio anche il
colonnello Kirby Yorke, ma Kathleen Yorke lo abbandonò, dopo che per ordine
del suo comandante diede fuoco alla sua fattoria. Quindici anni dopo rivedrà suo
figlio e ricostruirà con lui e con la donna un rapporto per troppo tempo trascurato.
Una storia d’amore, quella che nasce tra Marlowe e Hannah Hunter in The
Horse Soldiers, promette di porre fine alla vita solitaria del colonnello, che ha già
perso la sua sposa sotto i ferri di alcuni medici spregiudicati. La pellicola termina
non con un’unione, ma con il distacco della coppia. La solitudine si potrà forse
risolvere, ma non nello spazio e nel tempo diegetici.
L’amore per la moglie, ormai defunta da molti anni, non svanisce dalla mente
e dal cuore del colonnello Brittles, che dialoga con lei sulla sua tomba e si
comporta nei suoi confronti come se nulla fosse cambiato, comunicandole ogni
notizia o avvenimento capiti nella sua vita. La sua solitudine è romantica e
malinconica, mentre quella del sergente Rutledge è una scelta. Nella sua
avventura le donne bianche gli hanno causato dei grossi problemi e non vi è
amore o famiglia nel suo passato. Egli proviene da una piantagione in cui era
schiavo e nient’altro è dato sapere di lui.
Le donne hanno un ruolo secondario, ma non di marginale importanza. La loro
presenza o assenza ha determinato gran parte delle vite degli eroi. L’esistenza del
militare professionista non offre loro un grande spazio, né una bella prospettiva di
vita. Alcune si sono arrese e li hanno abbandonati, altre hanno compreso che
c’era spazio anche per loro, ma le più forti sono state le «donne della frontiera»,
forti e inflessibili, capaci di subire ogni torto e trovare la forza di rialzarsi con
invariato coraggio. Ne è un perfetto esempio Lana Martin, moglie di Gilbert,
capace di creare dal nulla una nuova prospettiva di vita, dopo che gli indiani
hanno bruciato la sua fattoria e il raccolto. Lana diviene una persona forte
provando sulla propria pelle le difficoltà di una vita, condotta in una situazione di
costante pericolo. Lo stesso tipo di esperienza toccherà alla signora Yorke, che
comprenderà la forza del marito solo osservando sul campo cosa significhi
salvare delle vite umane. Kathleen troverà la sua dimensione nella vita del forte e
un suo spazio nell’esistenza del marito. Diventerà una donna della frontiera anche
Olivia Dandrige, che se nella prima parte di She Wore a Yellow Ribbon voleva
abbandonare il west americano, decide in seguito di rimanervi, sposando un
militare della cavalleria.Una grande lottatrice si dimostrerà Hannah Hunter,
donna del Sud d’America, che darà del filo da torcere ad un intero reggimento di
militari e in special modo al colonnello Marlowe, che si innamorerà di lei.
Gli eroi saranno continuamente messi a contatto con la morte. Molte prove li
stremeranno e li ridurranno in fin di vita, ma non si faranno piegare e usciranno
vittoriosi da ogni battaglia. Non mancherà mai loro il coraggio né la
determinazione di affrontare le difficoltà insite nel loro destino, sostenuti da
valori e ideali, la cui difesa vale più di qualunque bene materiale.