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razionalizzazione della spesa che costituisce il fondamento della
riforma sanitaria degli anni ’90 e del “federalismo fiscale”.
Nel presente capitolo verranno analizzati i trend di crescita della
spesa sanitaria nei principali Paesi OCSE, soffermandosi
chiaramente sul caso italiano che presenta delle peculiarità
rispetto alle altre realtà studiate, ponendo in evidenza come tutto
sommato nell’opinione pubblica sia instillata una convinzione
erronea, che considera la spesa sanitaria un “buco nero”, mentre
in realtà quest’ultima, per quanto rilevante in rapporto al PIL,
non può essere di certo definita fuori controllo e comunque
risulta in linea con quella dei principali Paesi industrializzati.
1.1 La dinamica della spesa pubblica e privata nei principali
paesi dell’OCSE nel periodo 1960 - 2000
Considerando i dati OCSE per i dieci paesi più rappresentativi e
considerando il quarantennale arco di tempo che va dal 1960 al
2000, si osservano le seguenti dinamiche1:
In primo luogo, come si evidenzia dalla tabella 1, esiste per tutti i
paesi una tendenza di lungo periodo alla crescita della
percentuale di PIL dedicata alla spesa sanitaria: la maggioranza
1 G. Muraro “Federalismo fiscale e sanità (2002)
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dei paesi aveva nel 2000 una percentuale più che doppia di quella
registrata quarant’anni prima. Sembra quindi venire confermata
la tradizionale ipotesi di sanità come “bene di lusso”, avendo
elasticità al reddito superiore ad 1. Ma, al contempo, si nota
nell’ultimo periodo degli anni ’90 una stasi o, addirittura, una
inversione di tendenza con una ripresa tra il 1998 e il 1999.
Andamento analogo si trova nella componente pubblica (tabella
2), mentre la spesa privata si è mossa con accelerazioni o
decelerazioni opposte a quelle della componente pubblica, senza
però riuscire ad essere pienamente compensativa.
Consegue da tali andamenti che la percentuale di spesa pubblica
sulla spesa sanitaria complessiva è diminuita. E lo si verifica in
tabella 3 dove si osserva che nella maggioranza dei casi la
massima incidenza della quota pubblica si realizza nel 1980 (nel
1970 in Italia, nel 1990 in Svizzera, nel 1995 in Olanda, nel 1996
negli Usa).
La diminuzione va da un minimo, quasi impercettibile, di circa
un punto percentuale per gli Usa ai 10,8 punti per la Svizzera.
E’ immediatamente visibile in tale periodo un processo di
convergenza dei sistemi sanitari dal punto di vista della
composizione della spesa sanitaria: il rapporto tra percentuale
massima e percentuale minima della quota pubblica nel 1980 era
pari a 2,23 (92,5% della Svezia contro 41,5% degli Usa); tale
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rapporto è sceso a 1,88 nel 1998 (83,8% di nuovo della Svezia
contro il 44,5% degli Usa).
Ma non appare lecito estrapolare tale andamento per il futuro,
poiché la percentuale della sanità pubblica non è cresciuta di
molto negli ultimi due anni del periodo considerato nei paesi
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orientati al privato, Svizzera e USA, ed ha ripreso a crescere nei
sistemi di tipo pubblico.
La sostanziale stabilità della spesa nel corso degli anni ’90 ha
indotto vari autori a prevedere una domanda stabile anche in
futuro. Ma tale tesi non appare convincente perché in realtà
continuano ad operare due fattori di crescita: aumento dell’uso
medio di servizi sanitari pro capite e variazioni dei costi unitari
causati da una dinamica positiva dei prezzi relativi della spesa
sanitaria rispetto al PIL. Questi fattori di crescita dovrebbero
comportare una dilatazione della spesa pur in presenza delle
politiche restrittive dal lato della domanda e dal lato dell’offerta
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che tutti i paesi hanno avviato sin dagli anni ’80 e di cui è
prevedibile il mantenimento anche in futuro. A supporto di
questa previsione, va notato innanzitutto che l’aumento della
domanda di prestazioni è legata a elementi demografici e
tecnologici, essenzialmente l’invecchiamento della popolazione e
la dilatazione delle possibilità di intervento curativo e
riabilitativo indotta dal progresso scientifico2, ma è legata anche
all’aumento del reddito pro capite, che porta a dilatare più che
proporzionalmente le cure per la propria persona.
Rispetto alla tradizionale visione della medicina, che
contemplava cure essenziali ed esclusive rispetto alle quali la
domanda si presentava rigida al prezzo fino a che non incontrava
un limite di reddito (limite che ovviamente va rimosso per
elementari considerazioni di solidarietà), da tempo si è
enormemente allargato il comparto delle prestazioni con elasticità
positiva rispetto al prezzo, associata spesso ad un’alta elasticità
incrociata tra metodi terapeutici. Si pone quindi un elevato
rischio di dilatazione della domanda in mancanza di prezzo; e ciò
si aggiunge al tradizionale connotato del mercato sanitario che è
rappresentato dalla forte asimmetria informativa tra medico e
2 A. Donia Sofio “Microeconomia sanitaria e politiche di intervento”
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paziente e dalla conseguente capacità dell’offerta di generare
domanda3.
I sistemi sanitari, dagli anni ’80, alcuni già dalla metà degli anni
’70, hanno cercato di controllare la spesa generata dai due fattori
anzidetti – “sprechi” da parte del paziente e induzione di
domanda da parte delle strutture e degli operatori sanitari -
attuando vari interventi, sia dal lato della domanda, sia dal lato
dell’offerta.
I controlli dal lato della domanda consistono fondamentalmente
in compartecipazioni al costo dei servizi, dal lato dell’offerta,
mentre le singole forme di controllo della spesa sanitaria
appaiono mutevoli nel tempo e probabilmente continueranno ad
esserlo perché errori di previsione ed effetti di apprendimento da
parte dei controllati rendono l’efficacia inferiore a quella
promessa da parte di nuovi strumenti. Al massimo si può
prevedere uno sforzo dei sistemi sanitari ad allargare lo spazio
degli incentivi ai fornitori (remunerazioni in base a tariffe
prospettiche; responsabilità di budget per i fornitori pubblici)
riducendo quello dei vincoli (limiti di spesa, prezzi e salari
controllati, ecc.). Sotto tale profilo è ravvisabile una larga
3 A. Donia Sofio “Microeconomia sanitaria e politiche di intervento”
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tendenza nei sistemi sanitari pubblici a incorporare regole che
introducano il mercato in quella che prima si presentava come
una struttura assolutamente monopolistica nei rapporti con i
pazienti e rigidamente ispirata al modello pubblicistico dei ruoli
al suo interno. Le innovazioni in tal senso hanno assunto
denominazioni varie: quasi-mercati, mercati amministrati,
mercati interni, concorrenza amministrata, concorrenza guidata,
concorrenza regolata4.
Il fattore comune è l’obiettivo di introdurre nella sfera
decisionale degli operatori pubblici uno spazio per le forze di
mercato che spinga a perseguire una maggiore efficienza, ad
adottare le innovazioni, a fornire servizi più in linea con le
preferenze dei consumatori.
Sempre dal lato dell’offerta, è da prevedere che acquisterà peso
crescente in campo pubblico lo strumento dei limiti alla gamma
delle prestazioni erogabili, a fronte di una domanda di prestazioni
sanitarie che tende a crescere ben oltre i confini antichi del
settore e ben oltre i confini attuali e prospettici della “medicina di
provata efficacia” (evidence based medicine). A questo riguardo,
si osserva già ora una sinergia perversa tra una domanda sempre
più influenzata dai paradigmi di efficienza fisica e bellezza della
società del benessere e un’offerta che trova fertili spazi di
4 G. Muraro “Federalismo fiscale e sanità (2002)
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espansione oltre i suddetti confini, ad esempio nel campo delle
medicine alternative. Laddove opera un’assicurazione privata, la
reazione a tali fenomeni si manifesterà sotto forma di
segmentazione delle coperture offerte, con significative
variazioni di premio.
1.2 La dinamica della spesa sanitaria pubblica e privata nei
principali paesi dell’OCSE nel periodo 2000 – 2004
Per quanto attiene all’evoluzione della spesa successiva al 2000,
l’ultimo anno di cui si hanno dati disponibili per un confronto
significativo a livello internazionale è il 2004.5
Nel 2004 la spesa sanitaria ha raggiunto un valore pari a 9,5%
(media OCSE) del PIL (Tabella 4). Dai dati raccolti risulta
confermato l’Italia continua a mantenersi al di sotto della media
OCSE e in linea con la media dei paesi UE considerati, con un
valore pari all’8,4% del PIL (7,9% nel 2000). Gli USA
confermano il valore più elevato con una spesa sanitaria pari al
15,3% del PIL (13,3% nel 2000).
Il continuo sviluppo delle tecnologie in campo sanitario,
l’invecchiamento della popolazione e la crescita delle aspettative
5 Francia, Mennini (2006) Rapporto CEIS Sanità 2006
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Tabella 4 – Spesa sanitaria in percentuale sul PIL
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da parte della popolazione sono tra i principali fattori che
determinano la continua crescita della spesa sanitaria. La spesa
sanitaria ha continuato a “correre” più velocemente della crescita
economica durante gli ultimi dieci anni6. La maggiore crescita
della spesa sanitaria rispetto alla crescita economica si è
manifestata ancora prima della decelerazione che il sistema
economico nel suo complesso ha subito recentemente.
Durante gli anni Novanta, la differenza tra la crescita della spesa
sanitaria e la crescita economica è stata di oltre un punto
percentuale per la media dei Paesi OCSE. Confermando la
tendenza emersa dai dati successivi al 2000, anche nel 2004 la
spesa sanitaria in Italia ha continuato a crescere anche se in
misura leggermente inferiore rispetto ai principali Paesi OCSE.
Queste continue accelerazioni hanno accresciuto le
preoccupazioni dei policy makers, non solo nel nostro Paese,
circa la sostenibilità finanziaria dei sistemi sanitari. La gran parte,
infatti, della spesa sanitaria è finanziata da risorse pubbliche e
genera, conseguentemente, grande pressione sui già ristretti
budget pubblici di ogni singolo Paese.
I sistemi sanitari, prendendo in considerazione 22 Paesi OCSE
(per i quali è stato possibile effettuare una comparazione su serie
storiche), registrano in media una spesa sanitaria pari al 9,5% del
6 (OECD 2005;Colombo e Mennini 2004)