8
Nel dettaglio il presente lavoro potrebbe essere suddiviso, così come appare
dal titolo della tesi stessa, in due parti – “Le spese di pubblicità nel capitale di
funzionamento” – sarà soprattutto di carattere normativo-contabile, con un
particolare riguardo alla normativa fiscale; la seconda – “Rilevanza della
pubblicità nelle società in Internet” – prenderà in considerazione i costi ed i
ricavi connessi ad alcuni modelli aziendali di approccio e sviluppo in rete: dalla
semplice azienda che crea il suo sito, agli Internet Service Provider, per giungere
ai Portal Site ed ai Marketplace.
Il caso che andrò a presentare, riguarderà una società che opera in Internet da
diversi anni: Yahoo! Inc. Nata nel 1994 dalla semplice passione di due
dottorandi in Ingegneria Elettronica all’Università di Stanford, in poco più di
quattro anni è divenuta leader a livello mondiale (il secondo sito più visitato al
mondo dopo quello della Microsoft) e sinonimo di New Economy.
Tuttavia, ultimamente il processo di sviluppo dell’azienda si è notevolmente
ridimensionato, registrando forti perdite sui mercati borsistici (le azioni di
Yahoo! sono scivolate nell’ultimo anno dal valore di 250 dollari per azione di
gennaio 2000 a circa 30 dollari all’inizio del 2001).
L’ultimo obiettivo di questa tesi sarà quello di analizzare, alla luce della
strategia aziendale e dall’analisi della struttura del Conto Economico, quali
potrebbero essere state le cause che hanno determinato la sfiducia degli
investitori.
9
CAPIITOLO II
LE RIISORSE IIMMATERIIALII
1 - EVOLUZIONE DELL’IMPORTANZA DELLE RIS ORSE IMMATERIALI
Nell’economia moderna il successo delle imprese nella competizione sui
mercati di riferimento dipende sempre più da risorse e condizioni definibili in
senso lato come immateriali1. Queste risorse sono fonti produttive controllate
dall’impresa che concorrono all’esercizio della gestione economica, sono
difficilmente quantificabili ed esprimibili nello Stato Patrimoniale della società
ma, pur non presentando i requisiti di materialità tipici dei beni tangibili
fisicamente, costituiscono spesso i fattori critici di successo dell’azienda nel
settore di appartenenza, arrivando ad assumere molte volte valenza maggiore
rispetto alle condizioni produttive dotate di materialità.
A tal proposito occorre evidenziare che gli assets tradizionali (impianti,
macchinari, giacenze, crediti) rappresentano soltanto il 20% del valore di Borsa
delle società quotate; questo dato impone di valutare quegli assets che, al
contrario, incidono realmente sull’effettivo valore di un’impresa: le risorse
immateriali che, seppur a volte ignorate nei bilanci contabili, rappresentano ormai
l’80% del valore di borsa delle e-company2.
La progressiva presa di coscienza dell’importanza di queste risorse quali fonti
di vantaggi competitivi sostenibili, cioè delle loro capacità reddituali differenziali
intrinseche nonché dei fenomeni di creazione di valore economico, ha portato ad
una crescente attenzione intorno alle reali capacità del bilancio d’esercizio di
1
A differenza di pochi decenni fa, in cui l’elemento più rilevante del patrimonio era costituito dai mezzi di
produzione materiale, oggi col passaggio dall’impresa industriale a quella post-industriale, il modo di essere e
di operare della conoscenza è notevolmente cresciuto e tale fenomeno non è da annoverare come passaggio
istantaneo, bensì fa parte di un processo evolutivo che si riflette con rilevanza e in tempi diversi sulle imprese
(operanti in differenti settori) e nelle imprese (tra aree funzionali e di business).
2
Franco D’Egidio, Come valutare le società .com, Il Sole 24ORE, venerdì 8 settembre 2000.
10
rappresentare adeguatamente la nascita e la dinamica evolutiva dei valori ad esse
attinenti.
Questo soprattutto a seguito dell’elevato numero di operazioni di mergers and
acquisitions3 verificatisi dagli anni ’80 generalmente concluse a valori discordanti
rispetto ai corrispondenti dati emergenti dai documenti contabili e alla
capitalizzazione di borsa per le imprese quotate4, ma anche a seguito della
crescita degli investimenti nelle nuove società tecnologie della new-economy
(società che gestiscono ma rketplace, portali, siti internet ed e-commerce) che
presentano un’elevata attrattiva d’investimento sin dallo star-up pur presentando
risultati economici tutt’altro che positivi e prospettive di breakeven di medio
termine.
Tale situazione è la risultante di molteplici ragioni prima fra tutte
l’insufficienza dei documenti contabili nazionali, basati su sistemi contabili
fondati sul criterio del costo storico, di esprimere in via prospettica
l’apprezzamento degli operatori per le capacità competitive celate nelle risorse
immateriali stesse.
Le ragioni del discredito dei risultati contabili sono principalmente legate: alle
convenzioni giuridico-contabili (che condizionano i risultati di bilancio), alle
politiche di bilancio (notevoli capitalizzazioni o ammortamenti molto contenuti
nei periodi di risultati economici negativi, mancate capitalizzazioni nei periodi di
risultati già floridi), al fatto d’essere espressione di strategie passate, ma
soprattutto al fatto che per il principio di prudenza non viene considerata la
dinamica del valore dei beni.
3
Tenuto conto che nella letteratura anglosassone l’operazione di “acquisition” in senso ampio può realizzarsi:
“con forme giuridiche varie: acquisizione, permuta, conferimento d’azienda ma anche fusione (consolidation,
merger) e di scissione (splitting off), in cui si verifica sempre l’acquisto da parte di un soggetto o di un
gruppo diverso da quello che lo deteneva, del controllo sul patrimonio e .sulla gestione dell’azienda
considerata” (M. Caratozzolo, Fusione, scissione, e principi di continuità dei bilanci, in Le Società
n.11/2000).
4
Per ciascuna società quotata la capitalizzazione è data dal numero di titoli in circolazione moltiplicati per il
rispettivo prezzo di mercato nel momento di rilevazione. Di conseguenza per una Borsa nel suo complesso la
capitalizzazione è data dal totale dei titoli trattati per il rispettivo controvalore. La dimensione e quindi
l’importanza di una Borsa sono misurate proprio da questo parametro.
11
Così anche i parametri di base tradizionali utilizzati per giudicare la solidità
delle imprese, che si affidano esclusivamente all’analisi di bilancio, si sono
dimostrati del tutto insufficienti e inadeguati; gli indicatori economico-finanziari,
pur restando importanti poiché forniscono una fotografia della solidità degli assets
e una verifica della redditività della gestione, hanno sempre in sé il limite di essere
espressione del passato. Essi sono a consuntivo e la loro elaborazione non
consente di sviluppare valutazioni sul futuro dell’azienda, sulla sua capacità di
affrontare i cambiamenti e di rispondere alle sfide di mercato, non consentono
perciò di comprendere il valore futuro di un’impresa.
Una seconda ragione, della discordanza tra prezzi concordati di mercato e dati
di rilevazione contabile, può essere ricondotta alla complessità che è propria del
patrimonio immateriale che si esprime sia sul piano della eterogeneità dei suoi
elementi, in ogni caso intangibili, sia sul piano delle molteplici modalità della sua
alimentazione (acquisizione dall’esterno ed auto-produzione, come frutto di
processi deliberati e spontanei, individuali e collettivi, aziendali ed ambientali) e
della sua trasformazione.
Un altro aspetto da considerare risiede negli atteggiamenti aziendali stessi che
si sono dimostrati per lungo tempo tendenzialmente poco propensi, contrari o
ostili, alla diffusione all’esterno di informazioni, qualora disponibili, sulle risorse
immateriali. Questo paradigma mentale era il frutto anche di giudizi di relativa
inutilità di tali informazioni ed era riscontrabile nell’assenza interna di sistemi
operativi di controllo interno, di valutazione, di incentivazione del management, e
nell’assenza di un obbligo informativo esterno in materia. Altra ragione è
riscontrabile, come a tuttora, nell’esistenza di riservatezza delle notizie riferite al
profilo strategico-operativo di gestione tendente ad evitare che i concorrenti si
possano avvantaggiare delle informazioni rese pubbliche oppure finalizzata a
celare, per quanto legalmente discutibile, risultati indesiderati e ad evitare o
ritardare eventuali ricadute negative sull’immagine dell’impresa e del suo
management.
In definitiva, il sistema contabile porta alla stesura di un bilancio che costituisce
più uno strumento di rilevazione della consistenza attuale della garanzia dei
creditori che uno strumento che informi sulla performance dell’impresa e sulla
12
probabile evoluzione della gestione nel successivo esercizio. L’informazione che
esso fornisce a tutti i suoi possibili utilizzatori (la cui efficacia è spesso attenuata
dagli inquinamenti prodotti dalle norme fiscali) è attenta più all’esposizione, con
criteri conservativi, della situazione patrimoniale che alla dinamica finanziaria e
reddituale, passata e futura, dell’impresa. Essa, pertanto, è scarsamente utile agli
investitori per adottare le loro decisioni sull’assunzione, il mantenimento o la
liquidazione dell’investimento azionario; investitori che avrebbero bisogno
soprattutto di informazioni sulla dinamica reddituali e finanziaria futura
dell’impresa e sui programmi di investimento.
Inoltre vi è da considerare anche il fenomeno dell’internazionalizzazione, in
atto nei mercati finanziari, in cui si evince la necessità che si definiscano regole
comuni che consentano all’analista di bilancio di porre in essere un confronto non
solo verticale (analisi dei dati di uno stesso soggetto economico in successivi
periodi di riferimento) ma anche orizzontale (analisi dei dati di diversi soggetti
economici, appartenenti anche a realtà nazionali distinte) delle informazioni
disponibili.
In tale contesto infatti l’area delle risorse immateriali, ed in particolare degli
oneri pluriennali trova diversa ed antitetica disciplina contabile sia nell’Unione
Europea che in un raffronto con i sistemi contabili di derivazione anglosassone. E’
in tale ottica che si ravvisa la necessità per gli investitori di essere messi nella
condizione di poter verificare dati e notizie forniti dall’universo sovranazionale
delle imprese. Le scelte d’investimento, infatti, presuppongono un’analisi
comparativa delle diverse opportunità disponibili al fine di disegnare un corretto
profilo di rischio/rendimento correlato a specifiche scelte d’investimento.
2 - LE RISORSE IMMATERIALI NEL MODELLO CONTABILE ITALIANO
In Italia, pur riconoscendosi l’importanza degli intangible assets, si riscontrano
rilevanti dubbi ed incertezze in merito alla modalità della loro rappresentazione
contabile, ed è ancora piuttosto raro riscontrare nei documenti ufficiali divulgati
dalle imprese, rappresentazioni, anche solo parziali, del loro patrimonio
13
immateriale nonostante buona parte degli stessi affermi, nel contempo, la
rilevanza del fenomeno.
Tale ambiguità a volte è stata risolta in modo convenzionale ignorando le
risorse immateriali sviluppate internamente e iscrivendo in bilancio i soli
intangible acquistati da terze economie, limitandosi ad una ricognizione analitica
del valore dei singoli beni aziendali sulla base di criteri arbitrari condizionati dagli
interessi particolari del management. Tale procedura sul piano ideale dei principi
risulta discutibile perché il bilancio doveva e deve offrire ai diversi soggetti i cui
interessi convergono variamente verso l’impresa, cui è destinatario
dell’informativa economica d’impresa, un quadro fedele (true and fair view) della
situazione aziendale cioè una rappresentazione veritiera e corretta.
Le risorse immateriali possono essere viste come componenti del patrimonio
allargato di risorse organizzate dall’impresa, il quale sta all’origine, ma è altresì il
frutto, del funzionamento del sistema aziendale e costituisce l’insieme dinamico
delle capacità potenziali a disposizione dell’impresa per realizzare la sua funzione
distintiva, dall’utilizzo del quale discendono i caratteri che definiscono l’identità, i
livelli di economicità ed i percorsi evolutivi dell’impresa 5. Nel loro ambito
possiamo annoverare: gli intangible assets e gli invisible assets.
2.1 - GLI INTANGIBLE ASSETS
A tale categoria appartengono le risorse immateriali che l’azienda impegna per
lo svolgimento dell’attività di gestione, sono accomunate dal fatto d’essere non
monetarie, prive di consistenza fisica ed avere una utilità che riguarda archi
temporali che generalmente trascendono il singolo periodo amministrativo.
E’ quest’ultimo carattere che ne determina l’appartenenza al capitale di
funzionamento inteso come l’insieme delle condizioni di produzione (attività) e di
vincolo (passività) risultanti dallo svolgimento de lla gestione passata e finalizzate
allo svolgimento della gestione futura a disposizione dell’impresa nel momento di
formazione del bilancio; ciò nella prospettiva della determinazione del risultato
5
Ferrando P.M., Risorse e risorse immateriali. Natura e implicazioni per il valore dell’impresa , Torino,
Giappichelli, 1999.
14
astrattamente riferibile ai singoli esercizi in cui viene artificiosamente frazionata
la vita dell’impresa. Questo avviene sul fondamento di valori storici, risultanti da
operazioni di gestione esterna (scambio monetario) ed integrati mediante la
considerazione, e la loro espressione in valori, dei processi economici a cavallo
degli esercizi in genere contigui rispetto a quello cui si riferisce il calcolo
economico6.
La natura del capitale di funzionamento è quella di essere un aggregato di
valori7, costituente l’espressione monetaria degli impieghi e fonti, dal cui
complesso promana la formazione del reddito di periodo che determina, in base
alla scelta dei criteri della sua quantificazione, il valore del capitale stesso.
2.1.1 – CONDIZIONI PER LA RILEVAZIONE DELLE RISORSE IMMATERIALI
Per poter procedere all’iscrizione di una risorsa nell’ambito del capitale di
funzionamento tra le attività, ed in particolare essere configurata nel bilancio
d’esercizio quale immobilizzazione immateriale, essa deve:
- essere un’attività non monetaria;
- essere priva di consistenza fisica8;
- generarsi da operazioni svolte nel passato, cioè essere il risultato di definite
operazioni avute in momenti anteriori rispetto a quello cui la rappresentazione
contabile fa riferimento;
- avere un’attendibile identificazione e quantificazione nel suo valore affinché il
bilancio possa tendere verso il proprio fine di quadro fedele9;
- produrre per l’impresa benefici economici attesi pluriennali la cui
manifestazione futura, pur se incerta, è giudicata probabile (sulla base delle
informazioni disponibili al momento della predisposizione del bilancio) e
controllabile (in una prospettiva futura).
6
Lorenzo Pozza, Le risorse immateriali, EGEA e Giuffrè editori, Milano, 1999, pag.85.
7
Sorretto comunque da una logica unitaria ed inscindibile, tipica del carattere di unitarietà della gestione
aziendale nel suo complesso, nel cui ambito le singole valutazioni delle specifiche poste vengono a
collocarsi.
8
Anche quelle condizioni di produzione d’impresa che utilizzano supporti dotati di fisicità prodomica rispetto
alla natura della condizione di produzione medesima, come i CdRom di software e la documentazione
cartacea relativa a brevetti, marchi, licenze ecc, appartengono a questa categoria.
9
Per la sua identificazione e quantificazione l’azienda, di norma, necessiterà di u n sistema di contabilità
analitica di rilevazione dei costi.
15
Il controllo della risorsa, cioè dell’effettiva disponibilità della stessa, non deve
intendersi in senso strettamente giuridico come diritto di proprietà o di
sfruttamento legale, ma significa avere la possibilità ragionevole di utilizzare la
risorsa acquistata o creata nella produzione economica dell’impresa10.
Il concetto è dunque più ampio, al punto che possono considerarsi attività
immateriali, a certe condizioni, anche risorse non giuridicamente controllabili (si
pensi alle quote di mercato, alla capacità imprenditoriale o manageriale, alla
favorevole localizzazione produttiva) e per le quali sia stato sostenuto nel passato
un costo misurabile con relativa certezza.
L’attendibile determinabilità della misurazione dei valori di bilancio è una
caratteristica essenziale per l’inscrivibilità delle attività, la sua inesistenza impone
quindi l’esclusione della loro rappresentazione in stato patrimoniale ma nel
contempo l’opportuna evidenza nella nota esplicativa e/o nei modelli
supplementari.
Gli intangible assets incidono variamente nella determinazione del risultato di
periodo quale valore originario e del connesso capitale di funzionamento come
valore derivato11, e rilevano12 se:
- acquistati a titolo oneroso da terze economie o risultato di processi di sviluppo
interno (in presenza di certe condizioni), in quanto se l’acquisizione avvenisse
a titolo gratuito, non ne sarebbe consentita la capitalizzazione;
- esplicitati in conseguenza della realizzazione di operazioni straordinarie;
- impiegati nell’esercizio (ammortamento);
- oggetto del processo di valutazione d’esercizio (svalutazioni e ripristini di
valore);
- oggetto di attività di manutenzione o di incremento delle loro po tenzialità;
- invisibili sul piano patrimoniale ma generate mediante costi di esercizio (non
capitalizzati).
10
A. Bertoni, F. Corno, I. M. D’Alessio, S. Fossati, G. Lombardi Stocchetti, M. Nova, Le valutazioni di
bilancio, LIUC, Milano 1998
11
Il dibattito circa la presunta natura originaria o derivata del reddito o del capitale appartiene ormai al
passato. La produzione di un qualsiasi tipo di ricchezza aziendale dipende dalla costituzione di una base
capitale (anche nella new-economy) destinata a durare e tale valore è funzione poi della ricchezza che lo
stesso è ritenuto in grado di produrre nelle future operazioni di gestione economica dell’impresa.
12
Lorenzo Pozza, Le risorse immateriali, EGEA e Giuffrè editori, Milano, 1999.
16
Generalmente l’origine contabile delle immobilizzazioni immateriali trova il
presupposto sul piano patrimoniale:
- nel corso del periodo amministrativo in conseguenza di definite operazioni di
negoziazione con terze economie che generano quindi un valore di costo
oggettivo (nei limiti delle opportune rettifiche di congruità);
- all’atto della determinazione del risultato d’esercizio, quando per l’osservanza
dei principi di competenza economica, di prudenza e di continuazione
dell’attività aziendale si procede, con opportune stime e congetture, alla
definizione del loro valore.
E’ nella valutazione al termine di ogni periodo amministrativo in cui risiede la
maggiore aleatorietà dei risultati, allorquando i valori originariamente rilevati e
attribuiti devono, per necessità di calcolo, essere ridefiniti, sia per tener conto
dell’utilità ceduta all’esercizio, sia per riflettere le prospettive di ulteriore
partecipazione alla produzione economica d’impresa.
Nel bilancio infatti trovano rilevazione anche quantità stimate (la loro misura è
verificabile solo nel futuro), e quantità congetturate (la cui misura dipende dalle
ipotesi assunte circa la gestione attuale e futura dell’azienda). Per le quantità
stimate e congetturate non si può parlare di verità; sono quindi denominate
quantità soggettive, il loro importo è indeterminato e per esse si parla di congruità,
di ragionevolezza, di attendibilità, di ragionevole discrezionalità13 e di buona fede
soprattutto a riguardo dell’esigenza di corretta applicazione dei principi contabili.
Il ragionamento valutativo volto ad accertare l’utilità prospettica di definiti
costi e la loro competenza nei periodi amministrativi utili infatti appartiene a
13
L’attribuzione del potere degli amministratori non deve superare limiti di ragionevolezza. Sull’argomento
la Cassazione con la sentenza n. 1839 del 18 marzo 1986 ha affermato che “la valutazione delle attività nel
bilancio sociale se, normalmente, non rientra nel campo della falsità dei bilanci prevista dall’art. 2621, dato
che la valutazione importa necessariamente un apprezzamento discrezionale, in tal campo rientra, invece,
allorquando essa oltrepassi il limite di ogni ragionevolezza, non potendo in tal senso parlarsi di
discrezionalità, ma di valutazione artificiosa, mirante a nascondere gli utili realizzati o dimostrare l’esistenza
di utili che, in realtà, non esistono”. Osserva inoltre I. Facchinetti: “La natura discrezionale di molti valori di
bilancio è stata quindi espressamente riconosciuta, ma nei limiti in cui non si trascenda nell’arbitrio. La
discrezionalità implica una ragionevole ed onesta autonomia nell’attribuzione dei valori che non
corrispondono a quantità oggettive (rilevate da valori di scambio)” ( Il bilancio d’esercizio dell’impresa ;
pag.26).
17
processi astratti14 di ripartizione di costi comuni nel tempo e nello spazio che può
compromettere l’attendibilità della valutazione stessa pur in presenza di un
parametro fondamentale, anche se non unico, che risiede nel costo sostenuto per la
loro produzione.
Tuttavia, la dinamicità del divenire aziendale e l’incertezza che da essa
promana non devono indurre il valutatore a tradurre la gravosità dell’analisi dei
futuri effetti della gestione nella rinuncia alla presumibile quantificazione degli
effetti stessi esonerandosi così da chiare responsabilità estimative, ma, di converso
imporsi l’esercizio di prudenziali attitudini revisionali facendosi quindi carico
della paternità di quel reddito, dalla cui determinazione si dipartiranno poi le
complesse politiche di prelievo o di autofinanziamento.
Ciò imporrà, da un lato, che il capitale di bilancio non risulti sopravvalutato
rispetto ai valori di futura manifestazione prudenzialmente presunti; dall’altro, che
il capitale, nei suoi elementi, venga sottoposto ad eventuali rivalutazioni atte a
mantenere il preesistente legame funzionale tra il capitale stesso e la redditività
che da esso origina.
Se infatti costituisce circostanza palesemente pregiudizievole l’adozione di
comportamenti non prudenziali, parimenti dannosa si manifesterebbe qualsiasi
politica tendente a svincolare la remunerazione dei fattori, ivi incluso il capitale di
rischio, penalizzandola rispetto alla effettiva capacità dell’impresa di produrre
ricchezza nel lungo periodo.
La considerazione delle risorse immateriali da parte di chi redige il bilancio
deve quindi essere perciò valutata con estremo equilibrio ed attenzione cercando
di coniugare congiuntamente i principi di prudenza con quelli di rappresentazione
veritiera e corretta al fine di ridurre il rischio di artificiosa determinazione di un
capitale di funzionamento gonfiato.
14
La periodicità di rilevazione del reddito aziendale, tramite la scissione dell’ideale arco di tempo individuato
dalla vita dell’azienda, in periodi amministrativi (rispettosi del principio dell’unitarietà della gestione e quindi
della continuità della gestione stessa) n asce prevalentemente da ragioni di pratica opportunità.
18
2.1.2 - CARATTERI DISTINTIVI RISPETTO ALLE IMMOBILIZZAZIONI MATERIALI
La comprensione dei caratteri distintivi delle immobilizzazioni immateriali
viene agevolata se si focalizza l’attenzione sulla tradizionale dicotomia esistente
tra le immobilizzazioni materiali e quelle immateriali. Entrambe le categorie
suscitano invero analoghe problematiche di ordine valutativo, seppur
caratterizzate da differenti livelli di complessità.
Per le immobilizzazioni immateriali esistono aspetti di inquadramento
particolari distintivi e tra loro strettamente correlati che incidono sui profili di
rappresentazione connessi alla costruzione del bilancio d’esercizio; in particolare
si possono analizzare:
- la loro molteplicità d’uso;
- l’ambiguità causale;
- l’instabilità del valore;
- la specificità aziendale.
Esse costituiscono tipicamente risorse strumentali per lo svolgimento
dell’attività d’impresa che partecipano, contemporaneamente od in tempi diversi,
a un numero svariato di processi e di combinazioni produttive parziali con
caratteri dissimili e possono essere usate in contesti concorrenziali diversi tali da
produrre effetti diffusi sull’economia dell’impresa e del mercato nel quale la
stessa opera.
Questo carattere di molteplicità d’utilizzo e di sovrapposizione inestricabile ad
altre condizioni produttive è sinonimo di un notevole grado di elasticità e
d’impiego delle stesse in contesti anche diversi da quelli in cui si sono formate,
ma è allo stesso tempo l’elemento di maggiore incertezza nella determinazione dei
valori e nella classificazione alle stesse attribuibili. Inoltre col passare del tempo,
ricoprono un ruolo ed una funzione fortemente integrata con l’azienda di cui sono
parte.
Quest’ultimo carattere di specificità che si ricollega agli aspetti della difficile
riproducibilità e trasferibilità, appartiene particolarmente ai costi pluriennali ed
all’avviamento (attività il cui trasferimento è subordinato a quello dell’intera
19
azienda o di un ramo della stessa), ma è presente anche se in misura inferiore nei
beni immateriali.
Per ambiguità causale si intende sottolineare la difficoltà nell’identificare in
modo preciso le relazioni causa-effetto sottese alle immobilizzazioni immateriali,
cioè al non agevole collegamento diretto e monitorizzazione che un investimento
generale o specifico di gestione possa alimentare un certo intangible, nonché
all’esistenza di un nesso logico tra il costo sostenuto e la sua capacità di produrre
benefici economici nei futuri esercizi.
Tale carattere assume rilevanza fondamentale in sede di rappresentazione di un
costo nell’attivo dello Stato patrimoniale perché l’eventuale non condivisibilità
della dimostrazione di questo nesso, e quindi la non condivisibilità della
procedura contabile adottata, da parte dell’organo di controllo e dell’autorità
tributaria comporta un’irregolarità nella stesura del bilancio.
Connesso a questo carattere dell’ambiguità causale vi è anche quello
dell’instabilità di valore delle immobilizzazioni immateriali; il loro valore infatti è
soggetto a sensibili variazioni che intervengono dalle variabili ambientali di
contesto e da fenomeni di incremento e di deperimento endogeno difficile da
monitorare.
Le immobilizzazioni immateriali sono tipicamente oggetto di una serie di
attività, più o meno mirate e consapevoli (ambiguità causale), volte al loro utilizzo
ed al loro rafforzamento. Tali attività portano a fenomeni di rapido accrescimento
o deterioramento del valore degli intangibles, a seconda che esse siano o meno il
frutto di scelte coerenti con il disegno strategico dell’impresa e siano percepite
come tali dall’ambiente con cui l’impresa medesima interagisce.
L’instabilità di valore porta con sé, tra l’altro e nel confronto con le
immobilizzazioni materiali, una elevata aleatorietà della vita utile 15 delle attività
15
La vita utile, così come specificato nel Principio Contabile n. 24, è definita in termini temporali o
economici come: 1) il periodo di tempo durante il quale l’impresa prevede di poter utilizzare
l’immobilizzazione; ovvero 2) le quantità di unità di prodotto (o misura similare) che l’impresa si attende di
poter ottenere tramite l’uso della immobilizzazione.
20
in questione e la non scontata soggiacenza delle medesime a fenomeni di
deperimento economico.
2.1.3 – DIFFERENTI CATEGORIE LOGICHE DI RISORSE IMMATERIALI
Gli intangibles riconducibili alle aree strategiche della conoscenza, della
credibilità e della dedizione del personale dell’impresa, sono caratterizzati dal
requisito dell’eterogeneità. Infatti essi possono concretizzarsi dal lato pratico in
strumenti diversi, si pensi alle differenze che sussistono tra un marchio e definite
spese di pubblicità finalizzate all’introduzione di un nuovo prodotto in un dato
mercato target.
L’esistenza di risorse immateriali radicalmente eterogenee ma aventi natura
affine, ha indotto nella necessità di scomporre l’immaterialità d’impresa in
categorie logiche dotate di una propria significatività.
Il principale carattere che consente una differenziazione sostanziale nell’ambito
delle risorse immateriali appartenenti al capitale di funzionamento è quello della
trasferibilità intesa come l’attitudine di una certa risorsa ad essere ceduta, anche
idealmente, in via autonoma, in modo cioè indipendente rispetto alle altre risorse
che compongono l’azienda, od eventualmente in modo congiunto con una o poche
altre definite risorse materiali ed immateriali.
Applicando tale carattere le risorse possono essere identificate in:
- beni immateriali trasferibili, almeno idealmente, in quanto suscettibili di
fruibilità separata;
- costi pluriennali privi del carattere della trasferibilità.
Anche la prospettiva più propriamente giuridica opera la distinzione tra costi
pluriennali e beni immateriali, pertanto utilizzando talora espressioni diverse
(diritti immateriali, costi capitalizzati ecc.); tale distinzione fa però leva sul
carattere della rilevanza giuridica connessa all’esistenza di un diritto, in luogo del
carattere della trasferibilità summenzionato.
Tra le risorse ricollegabili alla credibilità dell’impresa ad esempio, il marchio
appartiene ai beni immateriali in quanto dotato del carattere della trasferibilità,
essendo cedibile autonomamente o fruibile separatamente conservando la
21
proprietà pur cedendolo in licenza; al contrario l’utilità prospettica collegata alle
spese pubblicitarie appartiene ai costi pluriennali in quanto può essere trasferita
unicamente con l’azienda o un ramo di essa avente una specifica combinazione
prodotto, mercato e tecnologia.
Tra le due categorie di risorse può esistere anche un’interrelazione data dal fatto
che è possibile che costi pluriennali, sostenuti dall’impresa mediante processi di
sviluppo interno, si trasformino in beni immateriali. Sul piano contabile in tal
caso, in una prima fase si sostengono costi diretti alla produzione di un bene
immateriale che però richiede tempo per il suo perfezionamento ed il cui processo
produttivo ha un esito che non può essere dato per scontato. Fin tanto che il bene
immateriale non giunge ad essere configurato nella sua veste definitiva, cioè
finché non gode del carattere della trasferibilità, i costi sostenuti (accertata la loro
utilità pluriennale), vengono sospesi dalla determinazione dei risultati di esercizio
mediante la capitalizzazione. In una fase successiva, con la perfezione del bene
immateriale, i costi pluriennali emergenti dalle sintesi contabili possono essere
imputati al bene immateriale che hanno concorso a costruire. Discorso analogo
può essere fatto anche considerando la produzione in economia di un bene avente
natura materiale.
Il percorso inverso invece appare privo di logica, nel momento in cui le risorse
immateriali caratterizzate anche dalla trasferibilità perdessero tale carattere,
verrebbe meno la risorsa stessa che si troverebbe a perdere inoltre l’attributo della
probabile manifestazione futura di benefici economici la cui fruizione è
controllabile dall’impresa, quindi dovrebbe essere considerata un elemento di
sintesi dell’esercizio.