7
Introduzione
Alla base del presente elaborato vi è la volontà di analizzare in modo accurato e puntuale
un fenomeno che affonda le proprie radici negli Stati Uniti a partire dagli anni Ottanta del
secolo scorso e che, recentemente, ha attirato anche l’interesse degli investitori e degli
esperti di finanza europei: stiamo parlando delle Special Purpose Acquisition Company (o
SPAC). Si tratta di società veicolo fondate da alcuni promoter che svolgono il compito di
raccogliere risorse finanziarie presso il pubblico degli investitori mediante un’offerta
pubblica iniziale (IPO), la quale, contestualmente, attribuisce loro lo status di società
quotate. Il fine ultimo dei promoter è quello di individuare una società target, la cui scelta
verrà messa al vaglio degli investitori in sede assembleare e, nel caso in cui la maggioranza
esprima il proprio voto a favore, l’operazione di fusione tra le due entità (o business
combination) potrà dirsi completata. Pertanto, la società target acquisirà gli asset
(prevalentemente cassa) di proprietà della SPAC e si troverà ad essere quotata direttamente
sul mercato dei capitali, senza dover incorrere nelle procedure lunghe, farraginose ed
economicamente onerose legate al classico metodo di quotazione dell’IPO.
Le principali motivazioni che mi hanno orientato a scegliere questo tema si ricollegano al
forte interesse che nutro, fin dall’avvio del mio percorso universitario, verso strumenti
finanziari alternativi che possano, da un lato, garantire interessanti rendimenti agli
investitori e, dall’altro lato, andare incontro alle esigenze finanziarie delle imprese di ridotte
dimensioni (quali PMI o start-up) durante il loro percorso di crescita. In più, l’ampia
esposizione mediatica a cui sono state sottoposte le SPAC (a maggior ragione nell’ultimo
biennio di grande boom del fenomeno), mi ha stimolato, dapprima, a documentarmi in
maniera sommaria, e, successivamente, il crescente interesse verso tale strumento ha
fortemente influenzato la mia decisione di condurre uno studio approfondito
sull’argomento.
L’obiettivo di questo lavoro è, innanzitutto, quello di offrire ai lettori una trattazione quanto
mai completa sull’intero universo delle SPAC (italiane e statunitensi), illustrandone la
struttura e il funzionamento economico, giuridico e finanziario. La componente teorica
viene articolata mediante l’applicazione di un metodo di ricerca con il quale vengono
selezionati vari contributi tratti dalla sconfinata letteratura accademica e integrata con i dati
8
numerici a nostra disposizione, la cui interpretazione sarà utile a verificare empiricamente
quanto ipotizzato.
Detto ciò, il proposito ultimo della ricerca sarà quello di dimostrare di poter applicare
efficacemente il concetto di SPAC all’attuale crisi economica causata dalla pandemia di
Covid-19, la quale ha impattato gravemente le PMI italiane, già precedentemente in
difficoltà e più che mai bisognose di uno strumento utile a reperire ingenti capitali per
superare gli ostacoli che si presentano nel percorso di uscita dall’attuale situazione di
emergenza.
Alla luce di queste premesse, viene delineata la struttura generale dell’elaborato, la quale
viene fondamentalmente suddivisa in due parti da due capitoli ciascuna, insieme ad una
sintesi di tutti quei temi che verranno trattati nelle pagine a venire.
Nel primo capitolo viene presentato un ampio excursus riguardante le origini dell’istituto
giuridico, dalla Blank Check Company fino alla SPAC moderna, così come la conosciamo
oggi.
Si ripercorrerà l’intero percorso evolutivo della SPAC, tenendo in considerazione i diversi
cambiamenti del quadro normativo avvenuti nel corso del tempo che ne hanno modellato
la forma e segnato l’utilizzo, incentivandone la diffusione in Europa e sancendone la
definitiva affermazione negli ultimi anni.
Affinché il lettore possa comprendere l’effettiva portata del fenomeno, si prenderà spunto
da alcune ricerche accademiche per mostrare le performance complessive conseguite dalle
SPAC americane, tenuto conto di molteplici parametri analitici.
Nel secondo capitolo verranno approfonditi tutti gli aspetti teorici concernenti le peculiarità
e il funzionamento tipico della SPAC, dal processo di IPO alla business combination,
passando per le figure coinvolte nell’operazione.
Enumerati i vantaggi e gli svantaggi degli attori in gioco, derivanti dall’utilizzo della SPAC,
si opererà un confronto analitico atto a stabilire quale sia il metodo di reperimento dei
capitali maggiormente efficace tra la SPAC, l’IPO tradizionale, attraverso la quale le
società vengono quotate sul mercato, e il Private Equity, il cui modello di raccolta
rappresenta la base su cui si sono originate le moderne SPAC.
Nella seconda parte, invece, la nostra attenzione si rivolgerà alle dinamiche attinenti al
mercato italiano delle SPAC.
9
Nel terzo capitolo, dopo aver affrontato alcuni aspetti critici del sistema imprenditoriale,
ponendo particolare riguardo a quelle che sono le caratteristiche delle PMI e del quadro
macroeconomico nazionali, verranno indagati gli schemi normativi generali che
consentono l’applicazione del modello di SPAC statunitense al nostro ordinamento,
tentando di evidenziarne le principali differenze.
Si descriveranno poi i due principali mercati su cui le SPAC italiane vengono quotate e
alcuni aspetti contabili relativi all’operazione di aggregazione aziendale, la cui applicazione
potrà sembrare particolarmente controversa.
A conclusione del capitolo, verranno presentati due casi studio, ALP.I e Spactiv, le cui
business combination hanno avuto esiti completamente diversi.
Nel quarto e ultimo capitolo si porrà l’accento sulle conseguenze economiche che i
lockdown dovuti alla pandemia di Covid-19 hanno portato con sé, impattando
negativamente le già fragili PMI del bel paese e inducendo il Governo ad introdurre misure
provvisorie che potessero mettere una pezza alla complessa situazione di emergenza.
Tuttavia, provvedimenti del genere non si sono dimostrati sufficienti a soddisfare l’elevato
fabbisogno di liquidità delle PMI e a scongiurare la forte emorragia di imprese dal mercato,
incapaci di sopravvivere allo scenario di crisi in atto.
A tal proposito, si passeranno in rassegna diversi strumenti finanziari innovativi,
potenzialmente utili a fronteggiare condizioni economiche sfavorevoli e a gettare altresì le
fondamenta di un nuovo e più solido sistema imprenditoriale: in particolare, si avrà un
occhio di riguardo alla protagonista dell’elaborato, la SPAC.
Intorno all’istituto della SPAC verrà sviluppata una trattazione puntuale e pragmatica di
tutti i possibili usi (reali o ipotetici) che le PMI italiane potrebbero farne, affinché ogni
opportunità che ne deriva garantisca il raggiungimento di importanti risultati economico-
finanziari e societari, coerentemente con quelle che sono le specifiche esigenze delle
singole imprese.
11
Capitolo 1: Origini e Storia delle SPAC
1.1 Dalle Blank Check Companies alla SPAC
Le SPAC (acronimo di Special Purpose Acquisition Company) sono veicoli di investimento
costituite nella forma di società e quotate sul mercato con l’obiettivo di raccogliere,
mediante un’IPO, i capitali necessari al perfezionamento del processo acquisitivo di una
società società target privata (o business combination) entro un termine prestabilito
(solitamente 18-24 mesi), al fine di perfezionare la quotazione sul mercato di quest’ultima:
se la SPAC non riesce a completare la business combination in quell’arco di tempo, la
società si scioglie e il capitale raccolto viene restituito agli investitori.
La SPAC prende avvio dall’iniziativa dei promoter (o sponsor), i quali delineano la
strategia di investimento e conferiscono i capitali necessari per far fronte alle spese inerenti
la quotazione e la gestione operativa della società prima che avvenga la business
combination: si tratta di un’operazione straordinaria che non fa riferimento ad uno schema
predefinito ma il cui risultato comune è un’integrazione delle parti.
Prima di entrare nel dettaglio della nostra disamina economico-giuridica del fenomeno
della SPAC, ci riserviamo di passare in rassegna gli eventi che ne hanno contraddistinto il
cammino, dalla nascita fino al periodo attuale.
Il concetto moderno di SPAC può essere fatto risalire addirittura al XVIII secolo, quando
in Inghilterra i blank check (o assegni in bianco) sono stati menzionati per la prima volta
nell’ambito della South Sea Bubble: come documentato anche da Benjamin Graham e
David Dodd, tale modello di “blind pool” fu successivamente importato nei mercati dei
capitali statunitensi e assimilato ai "trust di investimento" all'inizio degli anni Venti.
Tuttavia, la loro attività subì quasi subito una brusca frenata a causa dalla Grande
Depressione che contraddistinse quegli anni.
All’inizio degli anni Ottanta, complice anche l’enorme crescita dei mercati azionari degli
Stati Uniti, tali strumenti ritornarono prepotentemente in auge, assumendo la forma di
Blank Check Company, letteralmente società “di assegni in bianco”: l’origine di tale nome
deriva dalla prassi, in quanto gli investitori affidavano il proprio patrimonio ai gestori, che
avevano la possibilità di investirlo a loro insindacabile giudizio, analogamente a quanto
avviene a coloro che ricevono un assegno in bianco, i quali hanno la possibilità di
compilarne i campi a proprio piacimento.
12
La SEC
1
definisce la Blank Check Company quale “a development stage company that has
no specific business plan, or purpose, or has indicated its business plan is to engage in a
merger or acquisition with an unidentified company, other entity, or person”
2
: si tratta, in
altre parole, di cash-shell company, ovverosia di società non operative.
In quegli anni, per quanto potesse essere considerata innovativa questa tipologia di veicolo
societario, le Blank Check Company sono state utilizzate sovente come mezzo per attuare
attività fraudolente, di manipolazione del mercato e di abuso.
Il teatro in cui si svolgevano simili illeciti era il Penny Stock Market (il quale si ramificava
a sua volta in diversi mercati Over The Counter, come l’OTC bulletin board), un luogo nel
quale venivano negoziate azioni di società di limitate dimensioni con una scarsa
capitalizzazione e il cui prezzo di negoziazione sul mercato era basso e soggetto ad elevata
volatilità: la legislazione americana, in questo senso, qualifica le società che possiedono
net tangible assets non superiori a 5 milioni di dollari come emittenti di penny stocks.
Ad ogni modo, è di fondamentale importanza sottolineare l’alta rischiosità di tali strumenti
finanziari, dovuta principalmente al fatto che non fosse richiesta alle società emittenti la
registrazione e lo scambio in mercati regolamentati: oltre a ciò, le penny stock erano
caratterizzate da bassa liquidità, da un elevato bid–ask spread, nonché dalla scarsità di
documenti e prospetti finanziari messi a disposizione presso il pubblico
3
.
Al fine di fornire un’idea concreta della dimensione del fenomeno, si osservi che il numero
di frodi nel mercato statunitense è cresciuto del 260% nel decennio 1980-1990, con una
sproporzione enorme all’interno del mercato delle penny stock: nonostante i broker che
negoziavano le penny stock rappresentassero solo il 5% del totale degli intermediari, le
segnalazioni di frode ammontavano al 25% del totale delle denunce ricevute dalla SEC in
quel periodo.
Le truffe perpetrate assumevano forme molteplici, anche se la stragrande maggioranza di
manipolazioni era basata fondamentalmente sullo schema del pump and dump
4
.
Nella pratica succedeva che, dopo aver costituito e registrato la società veicolo presso la
1
La Securities and Exchange Commission è l’organo federale, fondato nel 1934, che si occupa di vigilare e
regolamentare gli scambi all’interno dei mercati borsistici statunitensi.
2
https://www.investor.gov/introduction-investing/investing-basics/glossary/blank-check-company
3
Tale ultimo aspetto, che approfondiremo nelle prossime pagine, costituisce la fonte principale di asimmetria
informativa degli investitori.
4
Il termine pump and dump (letteralmente "pompa e sgonfia") delinea una tipologia di frode che consiste nel
far lievitare artificialmente il prezzo di un’azione a bassa capitalizzazione con l’obiettivo finale di vendere i
titoli azionari, acquistati a buon mercato, ad un prezzo superiore.
13
SEC, i promoter dell’operazione collocavano le azioni quotate presso underwriter, broker
e altri investitori istituzionali; dopodichè, si dedicavano alla ricerca della società privata
oggetto dell’acquisizione, il cosiddetto processo di business combination.
Qualora l’operazione avesse avuto successo e, a seguito dell’annuncio di acquisizione, il
mercato avesse risposto in modo favorevole a questa notizia, i prezzi delle azioni sarebbero
schizzati in alto rapidamente: a questo punto, i promoter avrebbero esercitato i warrant in
loro possesso dopo aver “pompato” ulteriormente il prezzo del titolo mediante strategie
molto aggressive (come ad esempio campagne di marketing o rumours manipolatori
riguardanti la società target), le quali contribuivano a diffondere informazioni chiaramente
fuorvianti e distorte, al fine di generare altissime aspettative e un’euforia ingiustificata nei
confronti degli investitori retail. Questi ultimi, avendo un bagaglio di conoscenze limitato
ed essendo completamente ignari di ciò a cui andavano incontro, acquistavano in massa
gli strumenti quotati emessi dalle Blank Check Company: naturalmente, si trattava di titoli
illiquidi (resi fittiziamente liquidi grazie ai grossi volumi di scambi effettuati tra
intermediari i quali, consapevoli di questo schema fraudolento, nascondevano importanti
informazioni di prezzo ai propri clienti) e privi di valore che venivano letteralmente
scaricati a prezzo gonfiato da parte dei dealer-broker (il cui guadagno proveniva dal
differenziale tra i prezzi maggiori praticati, superiori rispetto al fair value di mercato, dalle
commissioni di compravendita e dallo spread applicato), con la falsa prospettiva di una
potenziale crescita futura delle società sottostanti.
In sintesi, diversi attori traevano grandi vantaggi dalla truffa a danno dei piccoli investitori,
in particolare: i broker, i quali erano in grado di addebitare ricarichi eccessivi; gli insider,
che avevano la possibilità di vendere le proprie azioni a prezzi gonfiati; i promoter delle
Blank Check Company, che potevano indirizzare i ricchi proventi dell'IPO su sè stessi.
L’esempio più significativo del modus operandi adottato è rinvenibile nell’enorme frode
messa in atto da Onnix Financial Group, un evento paradigmatico nella storia delle SPAC
che ha coinvolto un grande numero di investitori sparsi in diversi paesi del mondo.
Tra il 1984 e il 1987, gli imprenditori Arnold Charlie Kimmes e Michael Wright hanno
costituito oltre settanta Blank Check Company, i cui titoli sono stati scambiati sul Penny
Stock Market.
Una di queste iniziative è stata appunto Onnix Financial, la cui offerta pubblica iniziale era
costituita da 1,25 milioni di unit (composte da 10 azioni ordinarie e 40 warrant) con un
prezzo di 0,20 dollari ciascuna: dato che tutte le quote sono state prontamente vendute ad
investitori residenti negli Stati Uniti e in sei altri paesi esteri, l'IPO di Onnix sembrava
14
essere stata un completo successo.
Tuttavia, un'ondata di attività sospette che coinvolse Onnix, la quale non aveva ancora fatto
nessun annuncio riguardo l’acquisizione di una target nell’immediato futuro, attirò presto
l'attenzione delle autorità di regolamentazione federali. In particolare, nell’estate del 1986,
Onnix dichiarò un frazionamento azionario due a uno, il cui risultato fu di 25 milioni di
azioni e 100 milioni di warrant in circolazione.
A gennaio del 1987, senza alcuna spiegazione apparente, i detentori di unit esercitarono
tutti i loro warrant e vendettero le loro azioni ad un unico investitore istituzionale, Blinder,
Robinson & Company, uno dei più importanti broker-dealer specializzati in penny stock
dell’epoca, il quale, a sua volta, cedette le azioni ai propri clienti retail.
A seguito di due anni e mezzo di indagini volte a far luce su questi strani eventi, la SEC
scoprì che i direttori e gli azionisti di Onnix erano stati nominati da Kimmes e Wright.
Inoltre, la maggior parte degli acquirenti dell'IPO erano agenti di Kimmes e Wright che
acquistavano unit con i fondi degli stessi e, successivamente, depositavano le unit su conti
da loro controllati: dunque Kimmes e Wright possedevano Onnix prima dell'IPO e, a tutti
gli effetti, continuarono a possederla anche dopo.
I due, inoltre, stipularono un accordo con Blinder, Robinson & Company, in base al quale
accettavano di fornire al broker-dealer i titoli in circolazione delle Blank Check Company
e, in cambio, Blinder rimborsava loro le spese sostenute e cedeva il 50% dei guadagni
dell’operazione.
Nel caso specifico di Onnix, i broker al dettaglio di Blinder, Robinson & Company
vendettero le azioni della società ad un prezzo che oscillava tra gli 0,32 e gli 0,47 dollari
per azione, con un ricarico che oscillava tra 30 e il 112,5%, attraverso l’attuazione di
strategie "high pressure”, ovvero persuadendo investitori sprovveduti ad acquistare i titoli
in oggetto.
In pochi giorni, Blinder, Robinson & Company era riuscita a vendere tutte le azioni Onnix
in circolazione ad investitori retail, realizzando un profitto lordo di 3,1 milioni di dollari,
ovvero un ritorno del 120% sull'investimento iniziale.
La SEC ha presentato denuncia contro diversi soggetti coinvolti nel caso Onnix, rei di "sale
of unregistered securities, failure to maintain proper books and records, engaging in a
scheme to defraud, unreasonable markups, churning, unauthorized trading, and failure to
15
supervise employees”
5
: Meyer Blinder, CEO di Blinder, Robinson & Company, fu
condannato a quarantasei mesi di reclusione, oltre ad essere stato sospeso a vita
dall'industria della finanza; Kimmes e Wright, invece, si dichiararono colpevoli delle
accuse di racket e frode sui titoli e scontarono due anni di prigione.
Uno scandalo finanziario di tale portata impose indubbiamente delle riflessioni in merito
alle caratteristiche e al funzionamento del mercato in cui si trovavano ad operare le Blank
Check Company.
La questione fu rimarcata anche dall’allora commissario della SEC, Mary L. Schapiro, la
quale dichiarava nella relazione tenuta al decimo anniversario del Northwest Securities
Institute a Vancouver (British Columbia) il 9 marzo 1990 che “However, experience has
shown that many other penny stocks are used in fraudulent schemes which involve “shell”
companies with no operating history, few employees, few assets, no legitimate prospects
for business success, and markets that are manipulated to the benefit of the promoters of
the companies and/or the market professionals involved”.
6
Le suddette parole costituirono un segnale importante nel merito e indussero il Congresso
degli Stati Uniti d’America ad introdurre nel 1990 il Securities Enforcement Remedies and
Penny Stock Reform Act, una legge che, in poche parole, prevedeva la regolamentazione
del Penny Stock Market
7
e assegnava alla SEC ampi poteri che le permettessero di emanare
direttive idonee a disciplinare le Blank Check Company, regole ritenute necessarie per la
protezione degli investitori e per l’interesse pubblico.
Tuttavia, il vero punto di svolta avvenne nel 1992 con la promulgazione da parte della SEC
della Rule 419 all’interno del Securities Act del 1939, la cui disciplina pose le basi per lo
strumento della SPAC così come lo conosciamo oggi e dispose ulteriori misure di tutela
degli investitori. Il regolamento in questione ha come oggetto la disciplina delle Blank
Check Company che si quotano sul Penny Stock Market: in particolare, esse vengono
definite in modo puntuale quali società che lavorano per stabilire una nuova attività in cui
non sono state pianificate le operazioni principali e il cui business plan si basa sull’impegno
5
United States Congress House, Committe on Energy and Commerce, “Penny Stock Reform Act of 1990
(to Accompany H.R. 4497)”, p.16.
6
Shapiro, M., L. 1990. “Seeking New Sanctions: Comments on Developments in the Commission’s
Enforcement Program.”, p. 5.
https://www.sec.gov/news/speech/1990/030990schapiro.pdf
7
In particolare, veniva fissata un limite inferiore di utili che la società avrebbe dovuto conseguire per
negoziare i propri strumenti finanziari sul Penny Stock Market (750 mila dollari nel bilancio approvato
l’ultimo esercizio prima della richiesta di quotazione), nonché una soglia massima di capitale sociale (5
milioni di dollari). Inoltre, venivano imposti alcuni obblighi attinenti ad un’adeguata disclosure da parte dei
broker e dei dealer che raccomandavano le penny stock ai propri clienti.
16
di portare a termine una fusione o un’acquisizione con un'azienda non ancora identificata.
Come prima disposizione della Rule 419, veniva reso obbligatorio che gli strumenti
finanziari emessi durante il processo di IPO
8
(Initial Public Offering) e i fondi raccolti a
seguito del collocamento presso il pubblico fossero depositati in un escrow account
9
(o
conto corrente vincolato): le somme raccolte e i relativi interessi maturati nel conto di
garanzia non potevano essere distribuiti fino a compimento dell’acquisizione della target.
Inoltre, venivano regolati i tempi della business combination, la quale doveva avvenire
entro un arco temporale relativamente ristretto (18 mesi
10
); nel caso in cui fosse stata
finalizzata l’acquisizione, i fondi depositati sul conto corrente vincolato potevano venire
distribuiti a favore degli investitori (in misura inferiore all’80% del totale della somma
quale vincolo).
Infine, era concessa agli azionisti la possibilità di esprimere il loro consenso riguardo
l’acquisizione proposta dal Consiglio di Amministrazione del veicolo societario: qualora
fossero in disaccordo con le decisioni della maggioranza degli azionisti, si riconosceva loro
il diritto di recedere (way out) e di vedersi rimborsato il corrispettivo versato inizialmente
per l’acquisto delle azioni quotate, anche se non necessariamente l’intero importo.
1.2 Il quadro normativo negli Stati Uniti
La Rule 419 ha avuto un effetto positivo immediato sugli abusi fino ad allora perpetrati nel
Penny Stock Market, in quanto la sua promulgazione ha condotto all’eliminazione quasi
completa delle Blank Check Company dall'industria dei titoli degli Stati Uniti: infatti, i
requisiti stringenti della norma hanno reso loro quasi impossibile completare l’integrazione
con una target, dal momento che gli investitori riluttanti avevano il diritto di “uscire”
dall’investimento una volta annunciata la business combination. Di conseguenza, il
management non aveva la benchè minima consapevolezza di quanto capitale fosse a
disposizione della società “di assegni in bianco” fino alla scadenza del periodo di rimborso.
Tuttavia, come accennato nel paragrafo precedente, alcune condizioni contenute nella Rule
8
Si tratta del processo mediante il quale una società privata ha la possibilità di ottenere l’ammissione alla
quotazione dei propri titoli su di un mercato regolamentato.
9
L’escrow account è un contratto tra due soggetti in base al quale le parti contraenti affidano ad un soggetto
terzo il mandato per regolare la compravendita di beni mobili e immobili, partecipazioni societarie o rami
d’azienda. A seguito della stipula del contratto, le parti depositano presso un terzo i beni o il documento
oggetto della transazione e il suo controvalore in denaro. I beni o la somma depositata vengono amministrati
per conto del depositante fino a quando non si verificherà una specifica condizione che ne sancirà il passaggio
al compratore.
10
Termine che verrà successivamente esteso a 24 mesi.
17
419 vennero adottate volontariamente da veicoli di investimento che non operavano nel
mercato delle penny stock
11
, le cosiddette SPAC di prima generazione.
Il rispetto di queste norme serviva a garantire da un lato maggiore tutela e riacquistare la
fiducia parzialmente persa dagli investitori retail (maggiormente cauti nei confronti di tali
strumenti), dall’altro lato per “tenere a bada” le autorità di regolamentazione dei titoli.
Dunque, le prime SPAC sono state progettate al fine di emulare le caratteristiche delle
società disciplinate dalla Rule 419 pur non essendone soggetti e, di conseguenza, è stato
possibile introdurre fin da subito ragionevoli modifiche alla struttura delle SPAC senza
doversi preoccupare delle potenziali implicazioni legali che ne sarebbero scaturite.
Il pioniere di questo nuovo modello di Blank Check Company, la SPAC
12
, è indubbiamente
David Nussbaum
13
, fondatore di EarlyBirdCapital, una boutique investment bank
statunitense.
La sua iniziativa si collocò in un quadro generale di enorme crescita delle piccole imprese
(dovuta alla ripresa economica avvenuta negli Stati Uniti come risposta della violenta
recessione caratterizzante gli anni Ottanta), che, sfruttando altresì il nuovo quadro
normativo della Rule 419, condusse al lancio di 13 SPAC a cavallo tra il 1993 e il 1994, di
cui 12 completarono la business combination: queste società di nuova costituzione
assumevano, di fatto, la forma di Blank Check Company “ibride”, disciplinate dalle norme
in materia di IPO stabilite dalla SEC
14
, e i cui strumenti venivano quotati su mercati
regolamentati per non intaccare eccessivamente le loro caratteristiche di società veicolo,
11
Queste società, al fine di sfruttare l'eccezione normativa sul patrimonio netto stabilita dalla Rule 3a51-1,
dovevano presentare un rapporto corrente (Form 8-K) subito dopo l'IPO, dichiarando che il patrimonio netto
avesse un valore superiore ai 5 milioni di dollari.
In precedenza, la Rule 3a51-1 escludeva dalla definizione di penny stock i titoli negoziati ad un prezzo
superiore ai 5 dollari. Pertanto, gli emittenti con un patrimonio netto inferiore alla soglia legale avrebbero
potuto aggirare la Rule 419 semplicemente valutando le quote dell’IPO ad un prezzo superiore a 5 dollari.
Tuttavia, la SEC ha modificato nel 1993 la Rule 3a51-1 eliminando questa eccezione, in virtù del fatto che
tale soglia del prezzo presentasse un semplice espediente atto ad evitare lo schema normativo contemplato
dal Congresso.
12
Si noti come una delle ragioni alla base del cambio di nome in “SPAC” stesse proprio nella volontà di
trasmettere al mercato un’immagine nuova che non avesse nulla a che fare con il modus operandi fraudolento
delle Blank Check Company.
13
David Nussbaum utilizzò per la prima volta l’appellativo “SPAC” e la società di cui era il CEO, la GKN
Securities Corporation (ora EarlyBirdCapital), registrò il marchio “SPAC” presso lo United States Patent and
Trademark Office nel 1992. Il marchio, però, è stato oggetto di annullamento nel 2000 per mancata
presentazione di una dichiarazione di utilizzo continuato alla fine del sesto anno successivo alla registrazione.
14
Regole comuni per la quotazione in un qualsiasi mercato di capitali americano riguardano la conformità
dell’emittente ad alcuni parametri imposti dalla SEC, che devono essere documentati attraverso l’invio di
appositi formulari, tra i quali, al momento dell’IPO, il Registration Statement (Form S-1), riguardante le
informazioni sociali dell’emittente, oltre che il prospetto informativo (Form B423); successivamente, al
termine dell’IPO, veniva allegata la dichiarazione riguardante l’ammontare dei capitali raccolti (Form 10-Q)
e, infine, una specifica dichiarazione che attestasse l’avvenuta acquisizione (Form 8-K e Form 425).
18
come ad esempio l’AMEX (American Stock Exchange), oggi noto come NYSE MKT LLC.
Il ricorso alle cosiddette “self-imposed SPAC restrictions” stimolò la diffusione di società
aventi caratteristiche peculiari a quelle che ritroviamo tutt’oggi all’interno della SPAC
moderna, di cui in seguito forniremo una brevissima trattazione.
Secondo Daniele D’Alvia (2017), la presenza di restrizioni autoimposte è un chiaro
esempio di “un’espressione indiretta di soft law”
15
, la quale viene addotta come uno dei
criteri che distingue la SPAC di prima generazione da quella di seconda generazione, e che
si espleta nel “comportamento di spontaneo adempimento a regole non scritte e/o a regole
non imposte ma che furono ugualmente rispettate dalle SPACs da un punto di vista
empirico”
16
Analizzando in modo pragmatico il contesto, si assiste ad una variazione netta della natura
dei membri facenti parte del Consiglio di Amministrazione, dal momento che viene
richiesto loro di essere personalità note con un’ottima reputazione, una lunga esperienza
come manager e spiccate competenze nel settore in cui avrebbe operato la società target:
tale elemento delle SPAC di prima generazione costituisce un radicale cambio di pagina
rispetto a quanto avveniva nelle Blank Check Company e contribuisce a trasmettere un
discreto grado di fiducia agli investitori e al mercato nel suo complesso.
Un’altra importante novità riguarda gli strumenti finanziari emessi dalla SPAC a seguito
della quotazione, i quali ottengono l’autorizzazione ad essere scambiati sul mercato
secondario anche prima del completamento della business combination, con l’obiettivo di
garantire una maggiore liquidità dello strumento, nonché una “via d’uscita”
dall’investimento più rapida ai possessori delle unit.
Per quanto riguarda il processo di acquisizione, assistiamo in questo periodo ad una
“specializzazione” delle SPAC, le quali si concentrano maggiormente sull’individuazione
di società operanti in specifiche industrie o regioni geografiche (blind pool
17
), una
15
L’espressione soft law definisce, nell’ambito del diritto, “atti che sebbene non abbiano forza giuridica
vincolante e contengano prescrizioni che non danno luogo a sanzioni in caso di inosservanza, non possono
comunque essere considerati privi di rilevanza giuridica”.
In particolare, nel caso dei mercati finanziari, questo regime “viene implementato dalle autorità di regolazione
attraverso un insieme di atti riconducibili al concetto di “persuasione morale”, che, sebbene non siano
coercitivi o accompagnati da sanzione in caso di mancata osservanza, orientano e influenzano il
comportamento dei destinatari. Concorrendo alla creazione di un modello standardizzato di comportamento
che gli agenti tendono a seguire, gli stessi contribuiscono, in questo modo, alla riduzione delle asimmetrie
informative”.
16
D'Alvia, D. (2017). “SPAC: Limiti e Prospettive Tra Hard Law e Soft Law [SPACs: Limits and
Perspectives between Hard Law and Soft Law]”. Rivista Del Diritto Societario, 4/2017, pp. 1173-1174.
17
Il termine “blind pool” è spesso usato erroneamente come sinonimo di “blank check”. Tuttavia, si tratta di