ordini di fattori: la rilevanza dimensionale del comparto
calcistico e il maggior profilo regolamentare e contrattuale.
Tanto che le altre federazioni individuano nel calcio stesso un
benchmark di riferimento e un modello organizzativo cui
tendere.
È ormai da tutti riconosciuto che la notorietà del calcio e i
relativi interessi economici sono decisamente aumentati negli
ultimi anni, fino a trasformare in misura sostanziale la struttura
del settore e probabilmente ad alterare anche la natura
dell’attività sportiva. I club professionistici di calcio sono
diventati imprese a tutti gli effetti e il loro obiettivo non è più
circoscrivibile al mero conseguimento del successo sportivo.
Secondo un’indagine condotta da Deloitte nel 2007 e relativa
alla stagione 2005/2006, infatti, il settore del calcio
professionistico in Europa rappresenta un mercato di circa 12
miliardi di euro
1
. Nell’ambito del variegato mondo degli sport,
poi, il calcio è il primo sport al mondo con circa 270 milioni di
praticanti
2
. Il numero di squadre a livello globale, in continua
evoluzione, è di circa 1.7 milioni, mentre le società sono circa
300.000
3
.
1
Deloitte, Annual Review of Football Finance, maggio 2007.
2
“With 265 million male and female players and a further five million referees, coaches
and other officials, a grand total of 270 million people, or four per cent of the world's
population, are involved in football”. Cfr. F.I.F.A., BIG COUNT Survey, 2006.
3
“The number of clubs (301,000) is similar to the figure recorded in 2000. That said, the
total number of teams (1.7 million) has increased by approximately 200.000”. Cfr.
F.I.F.A., BIG COUNT Survey, op. cit..
9
Numeri da far girar la testa, che evidenziano le dimensione del
fenomeno e le sue potenzialità, catalizzando giorno dopo
giorno l’attenzione di un numero crescente di soggetti, addetti
ai lavori e non, che vedono il mondo del calcio come
un’opportunità di business. Dal marchandising alle
sponsorizzazioni, dai diritti televisivi alla gestione diretta dello
stadio, le fonti di ricavo delle società calcistiche hanno subito
un’impennata negli ultimi anni tanto da rendere sempre più
appetibile un ingresso nel settore.
Appare quindi chiaro come il calcio possa essere
tranquillamente analizzato alla stregua di qualsiasi altro settore
dell’economia e con gli strumenti propri dell’analisi
economica, statistica e finanziaria. L’analisi economico-
gestionale del settore del calcio è utile sia per predire il
successo sportivo di ciascuna società, sia per capirne gli
sviluppi. Come qualsiasi altro settore economico, quindi,
anche il calcio è un settore in cui la quantità e la qualità delle
risorse disponibili per ciascuna squadra e l’efficacia del modo
in cui esse vengono utilizzate influenzano significativamente
le performance.
Gli studi sullo sport e sul calcio in particolare sono poco
numerosi rispetto alla rilevanza di queste attività, tanto in
ambito economico quanto in ambito sociale. Pertanto il calcio
professionistico si presta a una serie di considerazioni e di
approfondimenti sulle sue caratteristiche strutturali, sui
10
comportamenti dei suoi attori organizzativi e sulle sue
performance economiche. Per queste ragioni e per la passione
che mi lega a questo mondo, ho deciso di dedicare la mia tesi
specialistica all’analisi del controverso settore del calcio,
secondo alcuni “malato”, ma pur sempre affascinante.
Nell’ambito di questo lavoro mi propongo di analizzare il
settore del calcio professionistico in Italia e nel resto d’Europa,
in un’ottica comparativa. L’obiettivo è quello di indagare le
caratteristiche e il ruolo che le società di calcio rivestono
all’interno dei sistemi di governance tipici in Europa. Verrà
effettuato un confronto internazionale tra la realtà italiana,
appartenente al c.d. modello latino (e più in generale al
network-oriented corporate system) e caratterizzata da aziende
controllate da grandi famiglie detentrici di pacchetti azionari
rilevanti e la realtà angloamericana (appartenente al market-
oriented corporate model) caratterizzata dalle public company,
ovvero da aziende ad azionariato diffuso con mercati finanziari
molto sviluppati. Si analizzeranno due club di livello
internazionale, la Juventus F.C. e il Manchester United F.C.,
inserite nei rispettivi contesti di gruppo e le differenze esistenti
tra essi derivanti dall’appartenenza all’uno o all’altro sistema
di governance, nonché le implicazioni che tale appartenenza
comporta in un ottica di relazioni infragruppo e di autonomia
economico/decisionale delle singole unità del gruppo (e quindi
del club calcistico esaminato). Parte del lavoro, propedeutica
11
alla comprensione dei casi empirici, verrà dedicata alla
presentazione dell’industria calcio in generale e all’analisi
delle peculiarità dei bilanci dei club calcistici.
L’elaborato si compone di 5 capitoli.
Il primo capitolo, volutamente teorico, affronta la questione
della corporate governance in generale. Dopo una breve
introduzione dedicata alla definizione di gruppo aziendale
secondo varie accezioni, parleremo dei sistemi di corporate
governance e quindi delle differenze tra il network-oriented
corporate system e il market-oriented corporate model,
distinguendo il modello angloamericano da quelli latino e
renano.
Obiettivo del secondo capitolo è fornire una presentazione del
settore del calcio, attraverso l’analisi delle principale riforme
(dalla sentenza Bosman alla riforma del 1996, dal Decreto
salva calcio al Lodo Petrucci) che hanno interessato il settore,
dalla nascita del gioco ai giorni nostri.
Nel terzo capitolo sarà affrontato il tema dei bilanci delle
società di calcio. Dopo una breve introduzione dedicata agli
aspetti giuridici che lo disciplinano e ai suoi destinatari, si
analizzeranno le voci tipiche dei bilanci dei club calcistici. Tra
le componenti patrimoniali, particolare attenzione sarà
dedicata ai “diritti pluriennali alle prestazioni dei calciatori”e
alle “compartecipazioni ai sensi dell’art. 102 bis N.O.I.F.”,
anche alla luce delle novità introdotte dall’applicazione dei
12
principi contabili internazionali IAS e IFRS, mentre tra le
componenti economiche l’analisi si focalizzerà principalmente
sulle “retribuzioni dei calciatori”, piaga del calcio moderno, e
sulle “minusvalenze e plusvalenze da alienazione dei diritti
alle prestazioni sportive”.
Gli ultimi due capitoli, il quarto e il quinto, hanno ad oggetto
l’analisi di due casi pratici: la Juventus F.C. e il Manchester
United F.C.. Sarà condotto uno studio empirico volto a
sottolineare i tratti tipici delle due società, conseguenze
dell’appartenenza all’uno o all’altro sistema di governance,
con il fine ultimo di evidenziare le differenze tra i due modelli
di gestione societaria.
13
CAPITOLO 1: I SISTEMI DI GOVERNANCE NEI
GRUPPI AZIENDALI: ELEMENTI DI
CONFRONTO INTERNAZIONALE
1.1. I gruppi aziendali: definizione e caratteri distintivi
Indagini approfondite sulle varie forme di “aggregazione” tra
imprese, ed in particolare sui gruppi aziendali e sui problemi
relativi alla costituzione, organizzazione e gestione dei gruppi,
sono state compiute dalla dottrina aziendalistica italiana fin
dagli anni trenta, con una serie di monografie e di studi
specifici; nella dottrina giuridica del nostro Paese, invece, gli
studi sui problemi dei gruppi sono molto più recenti
4
.
4
Si indicano di seguito alcune opere dedicate all’analisi dei problemi economico-
aziendali delle aggregazioni fra imprese e dei gruppi, a partire dalle fondamentali
monografie di Pietro Onida e di Paolo Emilio Cassandro (la prima delle quali risale agli
anni trenta): P. Onida, Le dimensioni del capitale d’impresa, ristampa della 2°ed.,
Milano, 1951. P.E. Cassandro, I gruppi aziendali, 5° ed., Bari, 1965. L. Azzini, I gruppi
aziendali, Milano, 1975. A. Mosconi-E. Rullani, Il gruppo nello sviluppo dell’impresa
industriale, Milano, 1978. A. Vivarelli, Aspetti e forme della concentrazione aziendale,
Magiari 1967. L. Petix, Aspetti della gestione finanziaria dei gruppi, Padova, 1979. B.
Passaponti, Politiche di aggregazione aziendale. Attinenze e diversificazioni, Pisa,
1975. E. Corvi, Il gruppo nell’economia dell’impresa industriale, Milano, 1989. S.
Beretta, Il controllo dei gruppi aziendali, Milano, 1990. G. Galassi, Concentrazione e
cooperazione interaziendale, Milano 1969. M. Pizzo, L’area di consolidamento nei
bilanci di gruppo, Padova, 1989.
Per l’analisi dei problemi giuridici dei gruppi in generale cfr., nella dottrina italiana,
AA.VV., I gruppi di società (a cura di A. Pavone La Rosa), Bologna, 1992 (ed in
particolare lo studio di Pietro Abbadessa su “I gruppi di società nel diritto italiano”).
AA.VV., Disciplina giuridica del gruppo d’imprese, Milano, 1982. AA.VV., Il gruppo
d’imprese nella realtà giuridica italiana, Padova, 1990. A. Pavone La Rosa, Le società
controllate-I gruppi, in Trattato delle società per azioni, diretto da G.E. Colombo e G.B.
Portale, vol. 2°, tomo 2°, Torino, 1991, p. 581 e segg.. P.G. Jaeger, I “gruppi” tra diritto
interno e prospettive comunitarie, in Giur, Comm., 1980, I, p. 923 segg.. A. Pavone La
Rosa, “Controllo” e “Gruppo”, nella fenomenologia dei collegamenti societari, in Dir,
fall., 1985, I, p. 18 segg.. M. Ammendola, Unitarietà direzionale e organizzazione nel
rapporto di gruppo, in Riv. Soc., 1986, p. 1262 segg.. F. Di Sabato, Concentrazioni e
14
Un problema frequentemente discusso tra aziendalisti e giuristi
è se, per parlarsi di gruppo sia sufficiente una semplice
relazione di controllo fra imprese, e la sola presenza di una
influenza dominante della controllante di tipo “potenziale”,
anche se non effettiva, o se invece sia necessaria una vera e
propria direzione unitaria, attuata dalla controllante con
un’ingerenza penetrante sulla gestione delle imprese del
gruppo. A tal proposito, esistono diverse visioni e scuole di
pensiero.
Per un’autorevole dottrina aziendalistica, le condizioni perché
in una “aggregazione di imprese” possa ravvisarsi un “gruppo”
sono le seguenti
5
:
• esistenza di più imprese aventi ciascuna un’autonomia
giuridica propria;
• struttura societaria azionaria o, più raramente, a
responsabilità limitata, delle singole imprese;
• legame finanziario stabilito per attuare l’aggregazione e
rappresentato dal possesso, da parte di una società del gruppo,
della maggioranza o, comunque, di una congrua parte delle
azioni o delle quote rappresentative del capitale delle altre
società, in guisa che tale società possa praticamente attuare il
controllo e la direzione di tutte le imprese del “gruppo”.
gruppi nel diritto interno, in Giur. Comm., 1988, I, p. 528 segg.. G. Schiano Di Pepe, Il
gruppo di imprese, Milano, 1990.
5
P.E. Cassandro, I gruppi aziendali, op. cit., pag. 96. Sul punto cfr. anche L. Rinaldi, Il
Bilancio consolidato. Teorie di gruppo e assestamento delle partecipazioni, Milano,
1990, pag. 15 seg.
15
Tali gruppi costituiscono un’entità in cui vi è una strategia ed
una politica di gestione unitaria, determinata in vista di un
interesse di gruppo superiore e diverso rispetto a quello delle
singole imprese. In essi si può parlare di un unico soggetto
economico, pur nell’autonomia giuridica delle singole
imprese, e di una gestione unitaria del complesso di aziende
che costituiscono il gruppo.
Si ritiene che lo stesso concetto di gruppo implichi in ogni
caso un esercizio effettivo del controllo da parte della
capogruppo, che crei un indirizzo unitario ed una
complementarità economica nelle gestioni delle aziende del
gruppo
6
. Connaturale allo stesso concetto di gruppo è il
fondamentale elemento della direzione unitaria impresso dalla
società controllante capogruppo (la quale costituisce il
soggetto economico del gruppo medesimo). Direzione unitaria
che implica un esercizio effettivo e non meramente potenziale
del potere di controllo attribuito dal possesso di partecipazioni
azionarie maggioritarie; esercizio che deve essere continuo,
non meramente episodico, e deve protrarsi per un periodo di
tempo non breve.
Una visione di questo tipo configura una definizione di gruppo
intesa come pluralità di aziende con distinta soggettività
giuridica ed unicità del soggetto economico controllante.
6
In questo senso cfr. O. Paganelli, Il bilancio di gruppo, Bologna, 1968, pag. 4. P.
Mella, il bilancio consolidato, Torino, 1985, pag. 3. B. Passaponti, Politiche di
aggregazione aziendale. Attinenze e diversificazioni, op. cit., pag. 115. P. Pisoni, gruppi
aziendali e bilanci di gruppo, Milano, 1983, pag. 35.
16
La definizione di “gruppo di aziende” deve essere coerente con
quella di “azienda”, intesa come un’ “organizzazione
produttiva che svolge con sistematicità, autonomia decisionale
ed economicità
7
un’attività orientata alla creazione di valore”
8
.
Un’altra parte della dottrina
9
ritiene che le società del gruppo,
pur mantenendo la loro autonomia giuridica, perdano la loro
autonomia economico/decisionale e diventino parti
complementari di un’unica entità economica, l’azienda gruppo
appunto, essa sola dotata di autonomia economica.
Secondo l’Azzini, infatti, “le aziende costituite da unità
economiche relative…. che hanno persona giuridica diversa
sono denominate gruppi aziendali. Il gruppo aziendale non è
quindi un gruppo di aziende ma è una sola azienda le cui unità
economiche relative hanno forma giuridica indipendente…. Il
potere di comando di cui dispone il soggetto economico…deve
essere effettivamente esercitato in modo che l’unità economica
che ne è oggetto sia realmente gestita unitariamente con le
altre unità del gruppo. Se ciò non fosse l’unità sarebbe gestita
7
In particolare, sul concetto di economicità aziendale, si veda F. Ranalli, Schemi per
l’analisi dell’economicità aziendale, Aracne, Roma, 1994 e, dello stesso autore,
L’economicità aziendale, in Appunti di economia dell’imprese, a cura di E. Cavalieri,
Kappa, Roma, 1993.
8
E. Di Carlo, F. Ranalli, Economia dei gruppi aziendali (schemi), Aracne, Roma, 2006,
pag. 13 e segg.. Per approfondimenti sui caratteri dell’azienda, cfr U. Bestini, Il sistema
d’azienda. Schema di analisi, Giappichelli, Torino, 1990. C. Caramiello, L’azienda.
Alcuni brevi riflessioni introduttive, Giuffrè, Milano, 1993. P. E. Cassandro, Le
aziende. Principi di ragioneria, Cacucci, Bari, 1979. R. Ferrarsi Franceschi, Appunti di
economia aziendale. L’azienda: forme, aspetti, carattere e criteri discriminanti, Kappa,
Roma, 1995. E. Riannessi, Le aziende di produzione originaria, Cursi, Pisa, 1960. S.
Sarcone, L’azienda. Caratteri d’Istituto-Soggetti-Economicità, Giuffrè, Milano, 1997.
9
L. Azzini, I gruppi aziendali, op. cit., pag. 27-28. Su questa concezione cfr. anche L.
Rinaldi, Il Bilancio consolidato. Teorie di gruppo e assestamento delle partecipazioni,
op. cit., pagg. 22 e segg.
17
disgiuntamente dalle unità del gruppo, per il conseguimento di
scopi ad essa propri: non sarebbe una unità del gruppo ma un’
impresa autonoma
10
”.
Occorre considerare che, anche nei casi in cui l’integrazione
economica fra le unità del gruppo è molto intensa, esse sono
sempre dotate di un certo grado di autonomia economico-
decisionale; anche perché, trattandosi di solito di società per
azioni, le quali sono tenute in base alle disposizioni del Codice
Civile (nonché a quelle della legge fallimentare) a perseguire il
proprio interesse sociale e non un interesse di gruppo o un
interesse della società controllante, gli amministratori delle
controllate possono sempre effettuare scelte economiche
autonome rispetto a quelle della controllante, anche se nel
rispetto di generali direttive di indirizzo da questa emanate.
Una visione più generale ed omnicomprensiva dei gruppi è
fornita da un’altra parte della dottrina aziendalistica, in base
alla quale il gruppo aziendale è costituito da una “pluralità di
unità produttive, con soggettività giuridica distinta (società) o
condivisa (divisioni di una società), sottoposte al controllo di
uno stesso soggetto economico (persona fisica o gruppo di
10
Di parere opposto è E. Di Carlo, il quale ritiene che “anche le aziende controllate (ad
esempio, attraverso partecipazioni di maggioranza), ma non soggette alla direzione
unitaria del soggetto economico (nel senso che quest’ultimo, pur avendo il potere di
controllare, delega ad altri l’esercizio del suo potere), e con finalità diverse da quelle
delle unità aggruppate (ad esempio, partecipazioni detenute per diversificare il rischio),
nonché con autonomia economica propria (nel senso che la loro durabilità prescinde
dall’appartenenza al gruppo), rientrino nel perimetro di gruppo, pur essendo sistemi a se
stanti”, in E. Di Carlo, Governance e trasparenza del conflitto di interessi nei gruppi
aziendali. Il rating sull’entità del rischio di conflitto di interessi dei gruppi quotati,
Aracne, Roma, 2006, pagg. 8-9.
18
persone fisiche)”
11
. Secondo questa definizione, con controllo
si intende il potere di dominare le unità aggruppate da parte del
soggetto economico: potere che può essere totalmente da
questi esercitato (si parlerà, in questo caso, di azienda gruppo),
ovvero delegato alle singole unità produttive (è il caso del
gruppo di aziende). In base al grado di autonomia decisionale
ed economica delle unità produttive
12
, quindi, perveniamo alla
realizzazione della “matrice autonomia
decisionale/economica”, rappresentativa di tutte le possibili
configurazioni di gruppo in relazione al grado più o meno
elevato di autonomia delle singole unità produttive al suo
interno.
11
E. Di Carlo, Governance e trasparenza del conflitto di interessi nei gruppi aziendali,
op.cit., pag. 10. Dello stesso autore, cfr. I gruppi aziendali tra economia e diritto,
Aracne, Roma, 2007.
12
Per una disamina completa delle degli aspetti relativi all’autonomia decisionale ed
economica delle unità del gruppo, cfr. E. Di Carlo, Governance e trasparenza del
conflitto di interessi nei gruppi aziendali, op.cit., pagg. 65-75 e 89-94.
19
Tabella 1: La matrice autonomia decisionale/economica.
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V
Unità produttiva
strategicamente
dipendente, ma
economicamente
autonoma.
VI
Unità produttiva
strategicamente
dipendente, autonoma
economicamente se
inserita in altre
economie.
IX
Unità produttiva
strategicamente
dipendente, durevole solo
se supportata da altre
economie
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II
Unità produttiva con
piena autonomia
economica e autonomia
decisionale competitiva.
III
Unità produttiva con
autonomia strategica
competitiva, autonoma
economicamente se
inserita se inserita in altre
economie.
VII
Unità produttiva con
autonomia strategica
competitiva, durevole
solo se supportata da
altre economie.
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I
Unità produttiva con
autonomia economica e
strategica (parte delle
strategie corporate
possono anche essere
delegate).
IV
Unità produttiva con
piena autonomia
strategica, autonoma
economicamente se
inserita in altre economie
VIII
Unità produttiva con
piena autonomia
strategica, durevole solo
se supportata da altre
economie.
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Max
Autonomia economica
(sistema compiuto
oggettivamente
durevole)
Assenza di vitalità
economica
(soggettivamente
durevole)
Vitalità economica
riflessa
(durabilità indotta)
Grado di Autonomia Economica
Min
Fonte: E. Di Carlo, I gruppi aziendali tra economia e diritto, op.cit., pag. 180.
20
Tabella 2: La matrice autonomia decisionale/economica: esempio di gruppo con
“basso grado di integrazione economica”.
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V VI IX
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II III VII
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I IV VIII
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Max
Autonomia economica
(sistema compiuto
oggettivamente
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Assenza di vitalità
economica
(soggettivamente
durevole)
Vitalità economica
riflessa
(durabilità indotta)
Grado di Autonomia Economica
Min
H
Basso grado di integrazione
economica
Fonte: E. Di Carlo, I gruppi aziendali tra economia e diritto, op.cit., pag. 184.
21