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INTRODUZIONE
Nella trattazione che seguirà si affronterà il concetto di internazionalizzazione
focalizzando l’attenzione sugli aspetti sociali del fenomeno. Il principio ispiratore del
lavoro è diretto ad individuare gli ostacoli da affrontare in fase di predisposizione e
implementazione di un percorso di internazionalizzazione, nella capacità di gestione
delle differenze e delle somiglianze sociali che si presentano varcate le frontiere
nazionali. In un contesto in perpetuo cambiamento le indagini aventi per oggetto
dimensioni misurabili tramite indicatori di capacità economica appaiono non più
sufficienti, tanto da rendere necessaria la predisposizione di strumenti analitici capaci di
integrare ed adeguare i tradizionali strumenti gestionali alle questioni sociali.
Per un’impresa diretta ad intraprendere un percorso di internazionalizzazione è in primo
luogo necessario analizzare il contesto nel quale andrà a collocarsi. In questo senso
appare evidente che la progressiva apertura dei mercati rende l’ambiente competitivo
globale il naturale contesto di riferimento per un’impresa che si rivolga ai mercati
oltrefrontiera. Tuttavia quello della globalizzazione è un concetto ambiguo che
richiede ai fini conoscitivi un’adeguata riflessione. Come si vedrà nell’analisi
che segue considerarlo un processo inarrestabile e inevitabile appare inopportuno.
La globalizzazione è senz’altro uno dei cambiamenti più rilevanti dell’epoca attuale,
le imprese si trovano oggi a competere su un’arena potenzialmente priva di confini
capace di offrire nuove opportunità. Tuttavia i mercati sono contraddistinti da
significative differenze che rendono tale arena competitiva decisamente differenziata.
Ciascun mercato rimane infatti caratterizzato da specificità che lo contraddistinguono
nettamente dagli altri, così che la volontà di operarvi deve essere confortata da
un’adeguata consapevolezza delle sfide che essi comportano, sfide che saranno diverse
al variare del mercato di destinazione. Il contesto globale appare dunque ambiguo e
un’accurata analisi dello stesso è condizione indispensabile al successo di ogni strategia
di internazionalizzazione. La globalizzazione sarà oggetto del primo capitolo, nel quale
si procederà con l’obiettivo di dare un’adeguata enfasi al fenomeno, individuandone la
reale portata. Si procederà dapprima dall’analisi fornita da Friedman T.L. (2006) diretta
ad individuare le forze appiattitrici che stanno progressivamente livellando il mondo e i
mercati di cui esso si costituisce. Successivamente, attraverso l’analisi fornita da
Ghemawat P. (2009), si indagherà il fenomeno della globalizzazione non come un
fenomeno pervasivo ma evidenziando quelle differenze locali che di fatto costituiscono
un ostacolo e un freno al processo di abbattimento delle distanze. Ne deriverà un
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contesto globale per le imprese controverso, costrette a navigare su un mare agitato da
contrapposte correnti localizzatrici e internazionalizzatrici. La globalizzazione è infatti
da considerare come un processo di apertura frenato dalle differenze nel quale operano
forze sociali che si muovono su direzioni contrastanti. Queste saranno oggetto del
secondo capitolo che come si vedrà si muovono su un duplice binario avente un’unica
destinazione. Da un lato questioni che appiattiscono il mondo e dall’altro questioni che
lo differenziano, rimanendo comunque profondamente legate tra loro. In questo senso
nel secondo capitolo si costruirà un ponte di collegamento tra le due antitetiche teorie
sulla globalizzazione trattate nel primo. Per un’impresa diretta ad intraprendere un
percorso di internazionalizzazione infatti si presentano delle sfide sociali da affrontare
decisamente diverse tra loro, tali da rendere tale antiteticità soltanto apparente.
Sfide, quali la corruzione e l’inquinamento, hanno un naturale orientamento globale e
sono inidonee ad essere trattate secondo una visione regionalistica, in quanto riguardano
l’umanità nel suo complesso che deve trovarvi soluzione, considerando che
naturalmente le organizzazioni produttive non sono esenti da tale responsabilità.
Al contempo nell’intraprendere un processo di espansione oltreconfine un’impresa
dovrà prepararsi ad affrontare delle questioni caratterizzate da peculiarità proprie del
tessuto competitivo di destinazione. Se corruzione e impatto ambientale riguardano ogni
impresa ovunque essa sia localizzata, mercato di origine incluso, la diversità culturale è
fattore di differenziazione di ciascun contesto con ogni altro. Le difficoltà dell’impresa
saranno diverse e mutuabili al variare del mercato in cui intende collocarsi,
caratterizzato da specificità e peculiarità tali da renderlo unico. Si tenterà dunque di
creare un ponte di collegamento tra le due teorie trattate nel primo capitolo.
Per un’impresa che si affaccia infatti ai mercati internazionali l’ambiente competitivo si
presenterà contraddistinto da sfide sociali comuni a ciascun ambito territoriale tali da
giustificare la visione di un mondo piatto, al cospetto di sfide specifiche che il mercato
di destinazione presenta tali da avvalorare la tesi di un mondo semiglobalizzato.
Tale ponte di collegamento sarà evidente nell’ultima fase del secondo capitolo, nella
quale si analizzerà la radice culturale di inquinamento e corruzione, dimostrando così
che le sfide globali sono di fatto strettamente correlate a quelle locali.
Nel terzo capitolo infine si forniranno degli strumenti affinché tali sfide possano essere
vinte. Le questioni sociali hanno assunto una portata tanto rilevante infatti che ciascun
impresa dovrà essere capace di adottare strumenti di gestione coerenti ed efficaci che
riallineino gli obiettivi espressi in termini di redditività con fini che abbiano un più
pervasivo effetto sulle comunità, in taluni casi internazionali, di appartenenza.
Ci si focalizzerà in primo luogo nel determinare quale tipo di relazione le imprese
devono intrattenere con gli individui e le organizzazioni costituenti tale comunità e,
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come si vedrà, le relazioni socialmente responsabili realizzate da imprese sensibili a tali
questioni non sono affatto contrastanti con gli obiettivi di natura strettamente
economico-finanziaria che le aziende devono necessariamente perseguire.
Come è chiaro lo stesso bisogno di sopravvivenza di lungo periodo delle imprese passa
per la capacità di acquisire una solida sostenibilità economica, ma esse devono essere
capaci di contribuire al progresso sociale delle comunità di riferimento in un modo che
gli indici di capacità reddituale non sono capaci di misurare. Si forniranno dunque degli
strumenti manageriali idonei al conseguimento di obiettivi socialmente condivisi che
necessitano di essere interiorizzati dalle imprese e da quanti coloro sono investiti
dalla responsabilità di gestirle con specifico riferimento alle questioni globali.
La gestione delle imprese in un contesto ambiguo richiede tuttavia una strategia di
ampio respiro che sappia coniugare le dinamiche e le questioni prive di confini
territoriali a quelle strettamente regionali. Così nella parte finale del lavoro
si analizzeranno dei modelli aziendali capaci di coniugare tale duplice necessità,
con specifico riguardo agli strumenti di gestione della diversità culturale.
Affinché tali questioni siano risolvibili occorre dunque che le imprese adottino degli
strumenti di managment coerenti imparando a muoversi con equilibrio tra le questioni
sociali aventi un naturale orientamento globale e quelle che, al contrario, sono
profondamente radicate nello specifico contesto di appartenenza o di destinazione.
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CAP. 1: Internazionalizzazione: Teorie contrastanti in un contesto globale
ambiguo
1.1 Il mondo è piatto.
≪Colombo si imbatté per caso nell’America, ma pensava di avere scoperto una parte
dell’India. Io ho effettivamente trovato l’India, ma ho pensato che molte persone da me
incontrate fossero americane ≫. E’ questo un estratto del lavoro di Friedman T.L.
riportato nel suo libro Il mondo è piatto. Breve storia del ventunesimo secolo (2006-
versione italiana a cura di Piccato A.). In esso l’autore mostra la una visione della
globalizzazione secondo la quale nel mondo le distanze fisiche sono ormai parte del
passato, irrilevanti nei flussi incrociati di merci, servizi, capitali, persone e informazioni
che attraversano i continenti con una frequenza e un’intensità sorprendente. Il
giornalista americano osserva come quello della globalizzazione sia un processo in atto
da secoli e che progressivamente si è accresciuto tanto da manifestarsi oggi come il
cambiamento più radicale della nostra epoca. Friedman T.L. (2006) parla di tre grandi
ere della globalizzazione.
La prima inizia nel 1492, anno in cui Colombo travolge il vecchio mondo con la
scoperta del nuovo. In quest’epoca, protrattasi fino al 1800, il principale fattore di
cambiamento fu l’impiego della forza quale elemento di imposizione del predominio
europeo oltreoceano. La seconda epoca della globalizzazione viene collocata tra il 1880
e il 2000, interrotta soltanto dai due conflitti mondiali e dalla grande depressione del
secolo scorso. Il mondo che da large era divenuto medium nella prima fase, adesso
subisce una nuova riduzione di taglia divenendo small. In quest’epoca il dominio
economico si sostituisce a quello militare e sono le multinazionali a rendersi fattore di
integrazione internazionale. Dapprima in questa seconda fase la riduzione delle distanze
è possibile dai mezzi di trasporto fisico, mai cosi efficaci ed efficienti. Successivamente
le ferrovie lasciano spazio ai telegrafi che progressivamente si evolvono fino ad arrivare
al Web, non solo persone e merci ma anche l’informazione abbatte i confini.
Ma a seguito della sostituzione delle multinazionali alle nazioni come protagoniste della
progressiva apertura globale, la riduzione di prospettiva non poteva arrestarsi, cosi che
le prime sono andate anch’esse in panchina e ad entrare in gioco diventano gli
individui. La contemporanea collaborazione - competizione tra le persone diviene la
forza integrativa della terza fase di globalizzazione. Il mondo che Cristoforo Colombo
aveva mostrato rotondo si riscopre appiattito. La globalizzazione 3 non è infatti soltanto
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computer, software e fibre ottiche. L’elemento di differenziazione più rilevante è che in
essa non c’è spazio per il dominio di alcuni popoli su altri. I bianchi dovranno imparare
a competere e collaborare con le altre etnie, in questa partita giocano tutti ad armi pari.
In questa fase l’outsourcing, spiega Friedman T.L. (2006), diventa elemento di sviluppo
per i produttori occidentali e orientali. I primi possono occuparsi pienamente della fase
creativa del loro lavoro. I commercialisti americani non dovranno più preoccuparsi di
impiegare il loro tempo nella fredda redazione della dichiarazione dei redditi. Questa
verrà effettuata in un’altra parte del mondo, in India ad esempio, dove i 70.000 nuovi
dottori commercialisti sfornati ogni anno guadagnano 100 dollari al mese. I
professionisti americani potranno dedicarsi pienamente alla relazione con i clienti
sviluppando complesse strategie creative dirette magari a ridurre lecitamente il carico
fiscale gravante sui loro clienti. Friedman T.L. (2006) racconta di un e-mail inviatagli
da di Bill Brody, rettore della Johns Hopkins University, che lo informa di come i
radiologi americani avevano affidato la lettura delle immagini tac a medici indiani e
australiani. Inverosimilmente la lettura delle tac è più rapida e il servizio più efficiente
se queste vengono inviate dall’altra parte del globo. In questo modo il sole non tramonta
mai ed è possibile fornire diagnosi 24 ore al giorno. Il lavoro va fatto là dove può essere
eseguito più efficientemente. Al contempo nascono quindi i call-center indiani. Quello
dei centralinisti è un lavoro denigrato in America ma apprezzato e ben pagato in India,
cosi che questi si divertono ad inventarsi dei nomi occidentali con cui presentarsi e
mettere a loro agio i clienti americani ed europei. La giornata lavorativa inizia alle
diciotto (ora indiana) compatibilmente con l’inizio di quella occidentale. Si può lavorare
di notte ottenendo un’ottima paga e studiare di giorno migliorando progressivamente le
proprie condizioni di vita. D’altro canto quale azienda occidentale può permettersi di
fornire ai propri dipendenti trasporto, pranzo, cena, assicurazione sulla vita e assistenza
sanitaria per tutta la famiglia con 500 dollari al mese? L’impresa soddisfa le aspettative
degli impiegati ottenendo lavoratori preparati e motivati a prezzi impensabili in
occidente. Sulla strada della globalizzazione si sta evolvendo anche quella nuova
frontiera dell’insegnamento virtuale definita e-tutoring, tramite cui è ormai possibile
ricevere lezioni private di matematica “in diretta” negli Stati Uniti da professori che si
trovano in India. Tutto ciò diventa una minaccia per i professionisti occidentali che
devono tuttavia imparare a cavalcare il cambiamento e non lasciarsi travolgere. La
minaccia viene compensata dalla possibilità di sviluppare attività maggiormente
gratificanti mantenendosi competitivi a livello globale perché sempre capaci di scoprire
nuovi orizzonti produttivi. D’altro canto l’outsourcing verso l’oriente ha una risposta in
occidente. Si chiama homesourcing. Le centraliniste della Blue Airways Corp. prendono
le prenotazione dei voli comodamente da casa mentre badano ai loro bimbi o preparano
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da mangiare ai loro mariti. Queste donne lavorano 25 ore alla settimana e devono
recarsi in azienda solo sporadicamente per aggiornamenti. E’ inoltre oramai possibile
ordinare in alcuni McDonald’s al drive-in attraverso un’attività di ricezione delle
prenotazioni che viene realizzata a 1450 km di distanza. L’ordinazione viene effettuata
in Missouri e ricevuta in Colorado attraverso linee telematiche ad alta velocità.
1.1.1 Le radici dell’appiattimento.
Una volta mostrato cosa si intende per mondo piatto è opportuno trattare quelle forze
che secondo Friedman T.L. (2006) sono state protagoniste della creazione di tale
sistema unico integrato dalle dimensioni planetarie. Si tratterà di descrivere dapprima
quegli elementi che hanno predisposto la piattaforma a partire dalla quale il processo di
globalizzazione si è realizzato attraverso delle forme di collaborazione internazionale.
Berlino si riscopre unita: Il 9/11/1989 cade il muro di Berlino sprigionando i popoli
sottoposti al governo sovietico. Quel muro non separava soltanto la capitale tedesca tra
Berlino-est e Berlino-ovest, tale linea di disgiunzione si prolungava in modo invisibile
spaccando il mondo in due emisferi, che hanno rappresentato una delle questioni più
importanti del XX secolo. Unione Sovietica contro America non era solo il conflitto tra
superpotenze, ma tra ideologie. La caduta del muro sancisce l’affermazione globale
della democrazia e del libero mercato, marginalizzando i governi autoritari e le
economie centralizzate. Il capitalismo prende il sopravvento sul comunismo. Fu cosi
possibile liberare le energie del sistema privato, furono gli interessi e le ambizioni degli
individui a gestire i paesi dal basso. La caduta del muro di Berlino permise di pensare al
mondo come unità non più afflitto da tensioni contrapposte. D’altro canto la
monopolizzazione e manipolazione delle informazioni era sempre più difficile e la
diffusione dei Pc e del word wide web già consentiva l’incremento del potere
individuale. Gli individui potevano connettersi tra loro e la crescente comunicazione
orizzontale erose i rigidi sistemi verticali comunisti.
Netscape ad alta quota: Nel 1995 i Pc erano ormai una realtà affermata. Tuttavia essi
erano soltanto dei potenti calcolatori che si limitavano ad una relazione uomo -
macchina. Non erano ancora capaci di consentire un’interconnessione tra uomini che si
realizzasse mediate la macchina. Nel 1991 era stato inventato il Word Wide Web ad
opera dello scienziato britannico Berners-Lee, ma le potenzialità dello strumento erano
ancora inesplorate. Tramite modem e reti telefoniche era possibile connettersi ad
Internet, ma questo era ancora uno strumento decisamente complesso e non sapendo
come muoversi al suo interno quella della navigazione digitale rimaneva un’esperienza
possibile soltanto per pochi cervelloni informatici. Inoltre Internet consentiva
esclusivamente la connessione tra computer. Il Web, a differenza di Internet, era una