8
per sé scarse, essendo il materiale documentario attinente l’argomento in gran
parte andato perduto nell’aprile 1945 e negli anni successivi.
A maggior ragione, quindi, per superare queste lacune documentarie e volendo
utilizzare ogni metodo di ricerca che potesse rivelarsi funzionale per raggiungere
l’obiettivo di una ricostruzione il più possibile corretta ed esaustiva, mi è
sembrato utile, pur con le dovute cautele metodologiche, realizzare interviste con
gli Allievi stessi, i protagonisti di quelle vicende.
Con la loro disponibilità e la loro fattiva collaborazione essi hanno contribuito ad
offrirmi una nuova chiave interpretativa per affrontare più compiutamente il tema
da me indagato.
9
1- LA RICOSTITUZIONE DELLE FORZE ARMATE REPUBBLICANE
Fin dai primissimi colloqui tra Mussolini, da poche ore liberato dalla sua prigionia
sul Gran Sasso dall’azione di un commando paracadutista tedesco, e Hitler,
svoltisi il 14 e 15 settembre a Rastenburg e finalizzati ad un’analisi della
situazione italiana e del futuro delle relazioni italo-tedesche, la questione della
ricostituzione di un apparato militare italiano che affiancasse il ricostituendo
Partito Fascista Repubblicano si presentò subito come fondamentale.
1
Mussolini espresse già in questa sede la sua convinzione della necessità di tale
riorganizzazione, scontrandosi con lo scetticismo di Hitler che ben conosceva e
condivideva la sfiducia se non l’aperta ostilità ad una tale prospettiva da parte dei
suoi consiglieri politici e militari dopo il tradimento (perché tale era considerato
da parte germanica) dell’otto settembre.
2
1
Liberato a Campo Imperatore la mattina del 12 settembre, entro la fine della giornata Mussolini
era già stato condotto a Vienna e, da qui, il giorno successivo, venne trasferito in aereo a Monaco
dove atterrò nel pomeriggio.
Il 14 settembre ebbe luogo il primo colloquio con Hitler e il duce ebbe anche l’occasione di
incontrare l’esiguo gruppo di fascisti presenti al Quartier Generale tedesco, riparati in Germania
dopo il 25 luglio (tra gli altri Pavolini, Ricci, Preziosi, Buffarini-Guidi, Anfuso, il figlio Vittorio,
che avevano nelle settimane precedenti formato un governo provvisorio nazionale fascista in
esilio).
La mattina del giorno successivo, 15 settembre, vi fu un nuovo incontro tra Mussolini e Hitler,
seguito da una serie di riunioni sia politiche che militari, cui sembra sicuro che il duce abbia
partecipato.
Per un'accurata ricostruzione delle vicende della caduta del fascismo, dell’armistizio e della
nascita della RSI le opere di obbligato riferimento sono: DEAKIN F.W., Storia della repubblica di
Salò, Einaudi, Torino, 1963; DE FELICE R., Mussolini l’alleato. La guerra civile 1943-45,
Einaudi, Torino, 1997; KLINKHAMMER L., L’occupazione tedesca in Italia 1943/45, Bollati-
Boringhieri, Torino, 1993; COSPITO N., NEULEN H. W., Salò-Berlino: l’alleanza difficile. La
RSI nei documenti segreti del Terzo Reich, Mursia, Milano, 1992.
I recenti contributi di Aurelio Lepre, La storia della Repubblica di Mussolini, Mondadori, Milano,
1999 e di Luigi Ganapini, La repubblica delle camicie nere, Garzanti, Milano, 1999 non
aggiungono molto di nuovo da questo punto di vista.
Il testo di Lepre si risolve in una continuata critica alla linea interpretativa di De Felice, senza che
le affermazioni riportate vengano giustificate da solide basi teorico-documentarie.
Ganapini relega il racconto delle vicende che portarono al crollo del regime fascista ed alla nascita
della RSI alle pagine 7-17 del suo libro, senza fornire contributi originali, preferendo inoltrarsi
subito nella descrizione delle “categorie” di coloro che aderirono alla RSI.
Di notevole importanza, naturalmente, anche le memorie dei protagonisti diretti di quelle vicende,
in particolare, per l’atteggiamento tedesco: Goebbels J., Diario intimo, Mondadori, Milano, 1948;
RAHN R., Ambasciatore di Hitler a Vichy e a Salò, Garzanti, Milano, 1950; MOELLHAUSEN
E.F., La carta perdente. Memorie diplomatiche. 25 luglio-2 maggio 1945, Sestante, Roma, 1948.
2
Cfr. DEAKIN F.W., op. cit., pag. 549.
Sulle modalità dell’armistizio dell’otto settembre si veda, a titolo di esempio, AGA ROSSI E.,
Una nazione allo sbando. L’armistizio italiano dell’8 settembre, Il Mulino, Bologna, 1993;
TOSCANO M., Dal 25 luglio all’8 settembre, Le Monnier, Firenze, 1966 e ZANGRANDI R.,
L’Italia tradita. 8/9/43, Mursia, Milano, 1971.
10
I militari italiani, infatti, in generale non venivano più considerati affidabili e, di
conseguenza, ritenuti inidonei al combattimento al fianco del vecchio alleato.
1
Pur sul momento accantonato e subordinato alla ricostituzione di uno Stato
fascista in quelle zone d’Italia che sfuggivano al controllo del governo Badoglio,
all’occupazione Alleata o, nella pratica, alla diretta annessione tedesca,
2
il
problema della ricostituzione e riorganizzazione delle Forze Armate fece capolino
anche negli “ordini del giorno” 5, 6 e 7 diramati via radio dalla Germania la sera
del 15 settembre (gli ultimi due resi noti il giorno 16), primi “atti di governo”
compiuti da Mussolini.
Essi recitavano testualmente:
5-Ordino la ricostituzione di tutte le formazioni e di tutti i reparti speciali
della Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale.
6-Completando gli ordini del giorno precedenti ho incaricato il
luogotenente generale Renato Ricci del comando in capo della MVSN.
7-Il Partito Fascista Repubblicano libera gli ufficiali delle Forze Armate
dal giuramento prestato al Re, il quale, capitolando alle condizioni ben
note e abbandonando il suo posto, ha consegnato la nazione al nemico e
l’ha trascinata nella vergogna e nella miseria.
3
1
Sulla considerazione di cui godevano da parte tedesca i militari italiani dopo l’armistizio basta
ricordare l’affermazione del feldmaresciallo Keitel riportata in AMICUCCI E., I 600 giorni di
Mussolini, Faro, Roma, 1949: “Il solo esercito che non ci potrà tradire è un esercito che non
esiste.”.
2
Dal 10 settembre le regioni geografiche corrispondenti all’attuale Sud-Tirolo (ribattezzato
Alpenvorland) ed al litorale adriatico della Venezia-Giulia, dell’Istria e della Dalmazia
(ribattezzato Adriatisches Kunstenland), a conferma delle mai sopite volontà di riannettere al
Reich questi territori, erano state occupate militarmente dai tedeschi e poste sotto il rispettivo
controllo di due Gauleiter, Franz Hofer e Friedrich Rainer, dipendenti direttamente da Hitler.
Quale fosse l'atteggiamento tedesco a tal proposito lo chiarisce inequivocabilmente lo stesso
Goebbels nel suo diario: “Tutto ciò che era un tempo possesso austriaco deve ritornare nelle
nostre mani. Gli italiani, per la loro infedeltà e il loro tradimento, hanno perduto qualsiasi diritto
a uno stato nazionale di tipo moderno. Debbono essere puniti severissimamente, come impongono
le leggi della storia.”; GOEBBELS J., Diario intimo, Mondadori, Milano, 1948, pag. 591.
Sui territori italiani rivendicati da governi stranieri dopo l’otto settembre e, in generale, sulle
relazioni diplomatiche instaurate dalla RSI si veda, ad esempio, COSPITO N. / NEULEN H. W.,
op. cit., pagg. 37-45 e pagg. 127-137.
3
DE FELICE R., op. cit., pagg. 345-346.
11
Ancora nel discorso pronunciato ai microfoni di Radio Monaco la sera del 18
settembre Mussolini riaffermava con nuovo vigore le proprie convinzioni in
merito:
Lo stato che noi vogliamo instaurare sarà nazionale e sociale nel senso
più alto della parola, sarà cioè fascista risalendo così alle nostre origini.
Nell’attesa che il movimento si sviluppi sino a diventare irresistibile, i
nostri postulati sono i seguenti:
1-Riprendere le armi al fianco della Germania, del Giappone e degli altri
alleati. Solo il sangue può cancellare una pagina così obbrobriosa nella
storia della Patria.
2-Preparare senza indugio la riorganizzazione delle nostre Forze Armate
attorno alle formazioni della Milizia. Solo chi è animato da una fede e
combatte per un’idea non misura l’entità dei sacrifici.
1
Da questo momento in avanti la questione del ritorno al combattimento di militari
italiani accanto all’alleato tedesco si intersecò strettamente, in maniera diretta o
indiretta, con tutti gli altri grandi problemi che si presentarono all’apparato di
governo di quella che, a partire dal 1° dicembre successivo, divenne ufficialmente
la Repubblica Sociale Italiana.
1
MUSSOLINI B., Opera omnia, a cura di E. e D. Susmel, La Fenice, Firenze-Roma, 1951-63 e
1978-81, XXXII, pag. 4.
La Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale (MVSN) venne istituita con Regio Decreto il 14
gennaio 1923.
L’articolo 2 del decreto istitutivo ne descriveva i compiti: “Provvede, in concorso coi corpi armati
per la pubblica sicurezza e con il R. Esercito, a mantenere all’interno l’ordine pubblico; prepara
e conserva inquadrati i cittadini per la difesa degli interessi dell’Italia nel mondo.”.
Nella pratica, secondo le intenzioni di Mussolini, la creazione della MVSN rispose all’esigenza di
normalizzare lo squadrismo, mantenendo operativa una forza militare di partito sottratta al
controllo dei vari ras locali.
Nel 1924, con l’adozione, tra l’altro, del giuramento al Re e la sua trasformazione in organismo
dello Stato, la Milizia perse gran parte del suo carattere di partito.
Era suddivisa in diverse specialità (Confinaria, Ferroviaria, Portuale, Postelegrafonica ecc.) che
vennero riprese dalla neonata GNR.
Alcuni battaglioni della MVSN vennero inquadrati anche in divisioni del Regio Esercito, e
parteciparono sia alla campagna d’Africa che alla guerra di Spagna.
Per un quadro sintetico della struttura e dell’attività della MVSN durante il Ventennio si veda, per
esempio, la voce corrispondente in Fascismo. Dizionario di storia, personaggi, cultura, economia,
fonti e dibattito storiografico, a cura di Alberto De Bernardi e Scipione Guarracino, Bruno
Mondadori, Milano, 1998.
12
In primis si pose il dramma dei seicentomila soldati ed ufficiali italiani che si
erano arresi o erano stati catturati dai Tedeschi in tutti i teatri di operazione nei
giorni immediatamente successivi all’8 settembre e che cominciavano ad essere
ammassati nei lager in Germania.
1
Non meno importanti, per ciò che attiene la sfera politica, furono la ventilata
convocazione di una Costituente (inizialmente prevista da Mussolini al più presto
possibile, ma che venne poi procrastinata sine die) per dare un nuovo ordinamento
costituzionale al neonato stato repubblicano,
2
le relazioni complessive italo-
tedesche in tutti campi (amministrativi, politici e strettamente militari) in rapporto
al ruolo del governo repubblicano,
3
lo scontro tra l’ala intransigente del partito
(rappresentata soprattutto da Pavolini e Farinacci e le rispettive camarille) e
coloro (non di rado, nel corso dell’intera parabola repubblicana, anche lo stesso
Mussolini) che peroravano una visione ed un’azione meno settaria e fanatica nella
gestione del governo.
4
Proprio l’esecutivo vide i suoi ranghi completati con notevoli difficoltà nei giorni
immediatamente successivi al ritorno a Roma di Pavolini, neosegretario del PFR,
e Buffarini-Guidi, neoministro dell’Interno, il primo avvenuto il 16 settembre, il
secondo due giorni dopo.
5
1
Sulle vicende dei militari italiani internati in Germania dopo l’otto settembre: SCHREIBER G., I
miltari italiani internati nei campi di concentramento del Terzo Reich 1943-45, Ufficio Storico del
Ministero della Difesa, Roma, 1992.
2
Sui progetti di ingegneria costituzionale per la neonata repubblica e sulla convocazione di una
Assemblea Costituente si veda GANAPINI L., op. cit., Garzanti, Milano, 1999, pagg. 163-169 e,
soprattutto, DE FELICE R., op. cit., pagg. 388-423 con la genesi dei tre progetti di Bruno
Spampanato, Carlo Alberto Biggini e Vittorio Rolandi Ricci.
3
Sui rapporti italo-tedeschi si veda, per esempio, KLINKHAMMER L., op. cit.
Sulle relazioni internazionali della RSI: VIGANO’ M., Il Ministero degli Affari Esteri e le
relazioni internazionali della Repubblica Sociale Italiana (1943-45), Jaca Book, Milano, 1991.
4
Momenti di frizione acuta tra ala “intransigente” e ala “moderata” (utilizzo termini impropri solo
per maggior semplicità), della quale esponenti furono, tra gli altri, Fulvio Balisti e la Medaglia
d’Oro al V.M. Carlo Borsani, si ebbero, come dirò, sia intorno alla questione della ricostituzione
delle Forze Armate sia, per esempio, riguardo al comportamento da tenersi verso i “traditori” del
25 luglio, che si risolse con il processo e le condanne a morte di Verona del gennaio 1944 per
Ciano e gli altri firmatari dell’ordine del giorno che aveva portato alla caduta del fascismo, solo
per rimanere agli episodi più eclatanti.
Cfr. DE FELICE R., op. cit., pagg. 516-536 e pagg. 406-08 sull’atteggiamento di Fulvio Balisti,
nonché, dello stesso autore, Dalle “Memorie” di Fulvio Balisti: un dannunziano di fronte alla
crisi del 1943 e alla repubblica sociale italiana, in “Storia contemporanea”, n° 3, giugno 1986.
Sulla figura di Carlo Borsani, BORSANI C. JR., Carlo Borsani. Una vita per un sogno (1917-
1945), Mursia, Milano, 1995.
5
Quelli di Segretario del Partito e di Ministro dell’Interno furono gli unici due portafogli di
governo assegnati durante la permanenza in Germania.
13
Uno dei ministeri il cui assegnamento si rivelò più complesso fu proprio quella
della Difesa Nazionale, il cui compito avrebbe dovuto essere quello di assumere la
gestione del proseguimento della guerra a fianco del vecchio alleato.
Era necessario, infatti, che a rivestire tale incarico fosse una personalità di
prestigio e credibilità, qualità che facessero presa su quel che restava dell’Esercito
italiano dopo l’armistizio.
Figure di tale spessore rimaste a disposizione non erano però numerose e la rosa si
restrinse ben presto al Maresciallo Caviglia, che declinò l’offerta, ed al
Maresciallo Graziani.
1
Questi scontava ancora l’ostilità personale di Mussolini dopo l’esito catastrofico
delle operazioni militari in Africa Settentrionale nel 1941, ma rivestiva la
soluzione più naturale per creare un rivale a Badoglio, del quale era stato capo di
Stato Maggiore, e con il quale intercorrevano pessimi rapporti.
Pare, perciò, che, visto che tutte le soluzioni alternative si erano rivelate
impraticabili, quando il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Barracu
giunse, il 22 settembre, nella tenuta di Graziani ad Arcinazzo fosse latore di un
messaggio personale del duce contenente l’offerta al maresciallo del Ministero
della Difesa Nazionale.
Ad un primo rifiuto di Graziani seguì, il giorno successivo, la sua venuta a Roma
dove, in una riunione presso l’ambasciata tedesca nella quale erano riuniti tutti i
neoministri italiani, e di fronte alle pressioni di Rahn, ambasciatore del Reich, e di
Wolff, comandante delle SS in Italia, finì per cedere ed accettare l’incarico.
2
Formato, pur tra mille difficoltà, il nuovo governo, e ritornato Mussolini in Italia,
il 27 settembre, alla Rocca delle Caminate, fu convocato il primo Consiglio dei
Ministri.
Nuovamente in questa occasione, insieme alle prime misure generali per ricreare
un simulacro di organizzazione statale, venne sottolineata la stretta connessione
tra la riorganizzazione di un Esercito in grado di riprendere al più presto le armi
1
Il Maresciallo d’Italia Enrico Caviglia, nato nel 1862 e quindi più che ottantenne all’epoca dei
fatti, aveva comandato l’VIII Armata nella I Guerra Mondiale, era stato Ministro della Guerra nel
1919 e aveva comandato le truppe che posero fine all’occupazione dannunziana di Fiume.
Il Maresciallo Rodolfo Graziani (1882-1955), già ufficiale nel 1° conflitto mondiale, aveva
comandato il fronte sud nella guerra d’Abissinia ed era poi divenuto viceré d’Etiopia e capo di
Stato Maggiore dell’Esercito. Nel 1940-41 aveva condotto le operazioni in Africa Settentrionale
venendo sostituito poi dal generale Ambrosio.
2
Cfr. DEAKIN F.W., op. cit., pag. 559-60 e DE FELICE R., op. cit., pag. 365 e sgg.
14
contro il nemico e la possibile indipendenza politica del nuovo organismo statale
che andava a nascere.
1
Per Mussolini solo il ritorno al combattimento di unità italiane poteva significare
l’acquisizione per la nuova compagine statale di credibilità sul fronte interno ma
ancor più su quello internazionale sia nei confronti dei governi Alleati nemici che,
soprattutto, nei confronti dell’alleato tedesco, rispetto al quale, per tutti i
successivi venti mesi, sarebbe stato alla strenua ricerca di spazi di autonomia
politica ed amministrativa.
La partita che si giocava, insomma, doveva stabilire se la RSI avrebbe potuto
assurgere al ruolo di alleato relativamente autonomo e con pari dignità rispetto
alla Germania oppure avrebbe dovuto accontentarsi del ruolo di governo
collaborazionista, dopo aver evitato il destino di puro e semplice paese occupato
in completa balìa dei suoi ex-alleati.
2
Ché questo sarebbe stato senza ombra di dubbio il destino del territorio italiano
non ancora occupato dagli Alleati se non avesse preso vita la Repubblica Sociale.
3
Sulle modalità attraverso le quali dovesse essere riorganizzata questa forza
militare, però, nacque subito una profonda spaccatura all’interno del governo
repubblicano che avrebbe caratterizzato, in tono minore o maggiore a seconda dei
momenti, tutti i venti mesi di vita della Repubblica.
Nelle sue prime dichiarazioni via radio, infatti, Mussolini si era impegnato a
ricostruire l’Esercito intorno alla Milizia, mossa che aveva trovato l’appoggio del
quartier generale di Hitler, il quale riteneva tale formazione affidabile perché,
almeno in teoria, formata da elementi convintamente fascisti (questo nonostante
non avesse in alcun modo reagito nei giorni successivi al 25 luglio).
1
“…le direttive che guidano l’azione del governo non possono essere che le seguenti: tener fede
all’alleanza con le nazioni del tripartito, e per questo riprendere il nostro posto di combattimento
accanto alle unità tedesche attraverso la più sollecita riorganizzazione delle nostre forze militari,
a cominciare da quelle della difesa contraerea e costiera (…) Attraverso lo sforzo militare, noi
intendiamo non soltanto cancellare le pagine del 25 luglio e quella ancora più disastrosa dell’8
settembre, ma raggiungere i nostri obiettivi, che sono l’integrità territoriale della nazione, la sua
indipendenza politica, il suo posto nel mondo.”.
Il verbale del Consiglio dei Ministri è in DE FELICE R., op. cit., pag. 618.
2
Joseph Goebbels, Ministro della Propaganda del Reich, alla data del 10 settembre, annotava nel
suo diario: “Il Fuhrer è deciso a fare in Italia tabula rasa”.
L’ipotesi di un governo fantoccio senza Mussolini, pure ventilata in ambienti germanici nei giorni
seguenti all’armistizio, era ritenuta dai tedeschi meno conveniente di una pura e semplice
occupazione. GOEBBELS J., op. cit., pag. 572.
3
DEAKIN F.W, op. cit., pag. 549 e DE FELICE R., op. cit., pag. 60.
15
La Milizia, e quindi l’Esercito, sarebbero state perciò diretta emanazione del
Partito, sul modello delle SS tedesche, e proprio per organizzare due divisioni
“M” era stato inviato il generale Wolff in Italia.
La successiva nomina di Graziani, però, aveva cambiato in maniera significativa
le carte in tavola riguardo questa possibilità.
Il maresciallo, infatti, fin da subito aveva espresso la sua concezione di un
“…esercito a base nazionale, apolitico, con quadri esclusivamente volontari e
truppe in gran parte volontarie, inquadrate in uno Stato il più possibile liberale e
democratico.”.
1
Così, nel comunicato seguente alla riunione del Consiglio dei Ministri del 27
settembre, tutto rimaneva ancora sospeso:
Nella riorganizzazione in atto delle forze armate, le forze terrestri,
marittime e aeree vengono rispettivamente inquadrate nella Milizia, nella
Marina e nell’Aeronautica dello Stato repubblicano fascista. Il
reclutamento avviene per coscrizione e volontarietà.
2
Sembrava un primo successo (non venivano distinti Milizia ed Esercito, la prima
sembrava venire a coincidere con il secondo) per i fautori di un esercito di partito
(Pavolini e Ricci in testa), ma, in realtà, questa non si sarebbe rivelata che la
prima tappa di una disputa che avrebbe occupato buona parte dei mesi successivi.
Il 3 ottobre, infatti, Graziani presentò a Mussolini un promemoria, elaborato dal
generale Canevari,
3
in cui riaffermava il suo punto di vista: la Milizia era malvista
se non odiata dalla popolazione, perciò l’Esercito doveva essere apolitico ed
unitario e i suoi quadri formati tutti da volontari, mentre la truppa, sia volontaria
che di leva, doveva essere composta da classi giovanissime, ritenute le meno ostili
al nuovo governo.
1
Processo Graziani, Ruffolo, Roma, 1949, I, pag. 259.
2
Il verbale del Consiglio dei Ministri è in: DE FELICE R., op. cit., pag. 619.
3
Il generale Emilio Canevari, abbandonato l’Esercito a causa di illeciti amministrativi, era
divenuto nel corso degli anni ’30 un noto scrittore di cose militari. Dopo lo scoppio della guerra
riprese servizio collaborando marginalmente con lo Stato Maggiore durante la gestione Cavallero.
Aveva avvicinato Graziani durante la manifestazione del 1° ottobre conclusasi con il discorso al
Teatro Adriano.
16
Equipaggiamento ed addestramento delle truppe sarebbero stati a carico dei
Tedeschi.
1
Su questa falsariga, che dimostrò di approvare, Mussolini scrisse una lettera a
Hitler che doveva servire da canovaccio per l'imminente visita del maresciallo in
Germania, lettera nella quale, tra l’altro, tornò nuovamente ad affermare la stretta
interdipendenza della questione militare e politica e il desiderio di maggiori spazi
di autonomia e di manovra per le autorità italiane.
2
Giunto in Germania il 9 ottobre, Graziani ebbe una serie di colloqui con i vertici
militari tedeschi.
Questi si dimostrarono favorevoli alla creazione di un piccolo esercito italiano
(fino a 12 divisioni), ma si opposero fermamente quando Graziani, in accordo con
Mussolini, e paventando i rischi del ricorso in quel momento alla coscrizione
obbligatoria, chiese di far ricorso a volontari scelti tra i prigionieri chiusi nei
campi di concentramento tedeschi.
3
Allo stato attuale degli studi attinenti tale controverso aspetto degli avvenimenti,
non è ancora del tutto chiaro quali impegni precisi assunse Graziani di fronte a
questa posizione.
4
Quello che appare certo è che, quando il generale Canevari tornò dalla sua
missione del 16-25 ottobre in Germania, attuata per trattare nei particolari la
formazione delle prime quattro divisioni italiane, il protocollo d’intesa che aveva
firmato, sicuro che rispecchiasse i precedenti accordi presi da Graziani, e che
riportò in Patria, prevedeva la costituzione e l’addestramento in Germania di tre
divisioni di fanteria e una di alpini, unitamente a dieci batterie di artiglieria.
Gli organici sarebbero stati reclutati, per ciò che riguarda ufficiali e sottufficiali,
nei campi di concentramento, previa un'accurata opera di selezione (e questa
costituiva una moderata concessione di Hitler rispetto al suo primitivo
atteggiamento, concessione riguardo alla quale i vertici della Wehrmacht non si
1
DEAKIN F.W., op. cit., pag. 578.
2
“Il Governo repubblicano che ho l’onore di dirigere ha un solo desiderio, una sola volontà: far
sì che l’Italia riprenda il suo posto di combattimento il più presto possibile, ma per raggiungere
questo scopo supremo, è necessario che le autorità militari germaniche limitino la loro attività al
solo campo militare e per tutto il resto lascino funzionare le autorità civili italiane.”,
MUSSOLINI B., op. cit., XXXII, pag. 205 e sgg.
3
GRAZIANI R., Ho difeso la Patria, Garzanti, Milano, 1948, pagg. 430-31.
4
Cfr. DEAKIN F.W., op. cit., pag. 582; DE FELICE R., op. cit., pag. 448 e sgg.
Per l’atteggiamento tedesco nei confronti degli IMI (Internati Militari Italiani) : SCHREIBER G.,
op. cit., pag. 478 e sgg.
17
erano espressi favorevolmente) ma completati dal gettito della chiamata alle armi
in Italia di nuove classi e dei richiami.
Le prime reclute avrebbero dovuto raggiungere i campi di addestramento entro il
15 novembre.
1
Nel frattempo, durante il mese di ottobre lo scontro tra le due fazioni all’interno
dell’apparato di governo repubblicano aveva continuato ad aumentare di intensità.
Il 1° di ottobre, il Maresciallo Graziani aveva tenuto un discorso al teatro Adriano
a Roma, cui avevano assistito, tra gli altri, numerosi ufficiali, sia in divisa che in
borghese, del disciolto Regio Esercito, mediante il quale cercò di raccoglierne
l’adesione al neonato governo repubblicano facendo leva ancora una volta
sull'auspicata apoliticità delle future forze armate.
2
Contemporaneamente e autonomamente, però, Ricci aveva diramato un
comunicato nel quale si rendeva nota la riorganizzazione della Milizia (che
doveva riunire tutte le forze di terra cui avrebbe dovuto spettare la disciplina della
vita del paese, quindi non solo l’Esercito ma anche le Forze di Polizia, i
Carabinieri, la Polizia dell’Africa Italiana, ecc.) su due grandi branche: la Milizia
Legionaria Giovanile (su base volontaria, ma con l’obbligo per gli studenti
universitari di frequentare un Corso Allievi Ufficiali)
3
e la Milizia Legionaria,
formata dai giovani di leva.
Come reazione a tali direttive, il generale Gambara (dal 19 ottobre capo di stato
maggiore dell’Esercito) propose, con il generale Grillo della MVSN, un piano per
travasare la Milizia nel costituendo Esercito affinché vi formasse un “Corpo delle
Camicie Nere” della forza di una divisione.
4
Ancora l’11 di ottobre, una nota di Mussolini riaffermava l’importanza di
ricostituire al più presto una forza militare italiana
5
e ancora il 25 dello stesso
mese, come ricorda il suo segretario Giovanni Dolfin, egli si esprimeva in questi
termini:
1
DEAKIN F.W., op. cit., pag. 584.
2
Per una ricostruzione del clima che si viveva a Roma in quei giorni: MONELLI P., Roma 1943,
Miglioresi editori, Roma, 1943.
3
BERTOLDI S., Salò, Rizzoli, Milano, 1976, pag. 81.
4
Cfr. DE FELICE R., op. cit., pag. 452, a sua volta sulla base di una testimonianza del generale
N. Nicchiarelli riportata in: PISANO’ G., Storia delle Forze Armate della Repubblica Sociale
Italiana, Ed. Visto, Milano, 1982, III, pag. 1700.
5
“Risalire l’abisso”, in “Corrispondenza Repubblicana”, 11 ottobre 1943.
18
Il non rinunciare a se stessi non significa escludere gli italiani degni di
questo nome dal compito disperato che ci siamo oggi assunti, per
difendere il paese e ricostruire la nazione. No, non chiediamo a nessuno di
essere fascista; chiediamo a tutti di essere italiani.
1
Si giunse così alla riunione del Consiglio dei Ministri del 27 ottobre, che avrebbe
dunque dovuto sancire, insieme agli altri provvedimenti generali, la definitiva
vittoria della tesi dell’apoliticità dell’Esercito.
Il giorno precedente, infatti, Canevari e Graziani avevano consegnato a Mussolini
il progetto della “legge fondamentale delle Forze Armate”, da lui letto ed
approvato, ai cui articoli 18, 19 e 20 veniva riaffermata tale tesi, che comportava
il divieto per ufficiali, sottufficiali e soldati in servizio attivo di svolgere qualsiasi
attività politica, nonché il conseguente scioglimento della Milizia.
2
Proprio tali punti, però, furono causa di accese discussioni durante la riunione tra
Graziani da un lato e Pavolini e Ricci dall’altro, specchio delle profonde
divergenze che dividevano le due fazioni, costringendo lo stesso Mussolini ad
intervenire più volte per riportare la calma.
3
Alla fine, dopo un primo stralcio dei tre articoli e la loro successiva reintroduzione
a seguito delle minacce di dimissioni di Graziani, la situazione di temporaneo
compromesso fu sancita dal comunicato ufficiale che fece seguito all'incontro,
elaborato da Mussolini stesso e diramato alla stampa, nel quale si ribadiva
l’incorporazione della Milizia nell’Esercito ma non si faceva menzione
dell’apoliticità dello stesso.
4
Anche dopo quella che poteva apparire una sconfitta, Pavolini e Ricci non si
diedero assolutamente per vinti, cercando con ogni mezzo di invalidare, almeno
nella pratica, le deliberazioni del Consiglio dei Ministri del 27 ottobre.
Fu Ricci, in particolare, ad esporsi in misura maggiore, proseguendo i
reclutamenti per la Milizia e scontrandosi apertamente a Gargnano, il 7 novembre,
con il generale Gambara, presente Mussolini, sulla questione.
1
DOLFIN G., Con Mussolini nella tragedia, Garzanti, Milano, 1949, pag. 54 e sgg.
2
Il testo integrale della “Legge fondamentale delle Forze Armate” è in: PISANO’ G., op. cit.,
pagg. 58 e 63.
3
DOLFIN G., op. cit., pag. 58 e sgg.
4
MUSSOLINI B., op. cit., XXXII, pag. 8 e sgg.
19
Per superare l’impasse, Giovanni Dolfin, segretario personale del duce, e
Canevari prepararono una proposta di compromesso che prevedeva la costituzione
di una Guardia Repubblicana che inglobasse Carabinieri e Pai, l’istituzione di una
Polizia Repubblicana e il loro subordinamento al Ministero dell’Interno.
Ciò avrebbe salvaguardato l’autonomia e l’apoliticità dell’Esercito, stabilendo nel
contempo un'unità di comando per i corpi destinati a mantenere l’ordine interno.
Ma Ricci, ancora una volta, rifiutò tale soluzione, escludendo una subordinazione
della Milizia al Ministero dell’Interno (cioè a Buffarini-Guidi).
Incapace di imporsi su una delle due parti, e desideroso di non scontentarne
nessuna, Mussolini rimandò ogni decisione a dopo il Congresso del Partito che si
sarebbe svolto a Verona di lì a pochi giorni.
1
Questa situazione di incertezza contribuì alla decisione di inviare nuovamente
Canevari in Germania, principalmente con lo scopo di rivedere gli accordi del
mese precedente in modo da limitare il più possibile il numero di reclute da
inviare nei campi di addestramento tedeschi (nonostante che i bandi di chiamata
fossero stati resi pubblici già alcuni giorni prima), invio che sarebbe stato
sicuramente accolto in maniera negativa dalla quasi totalità della popolazione.
Canevari ritornò in Italia il 26 novembre senza alcun apprezzabile risultato, pare
anzi che alcune sue posizioni e dichiarazioni accrescessero in misura maggiore la
diffidenza dei tedeschi nei suoi confronti in particolare e dell’atteggiamento
italiano in generale (contribuendo al suo allontanamento dal Ministero della
Difesa, avvenuto di lì a poco, su esplicita richiesta germanica).
2
Sapendo, perciò, di poter contare sull’appoggio dei tedeschi
3
e usciti rafforzati dal
congresso del Partito, Ricci e Pavolini tornarono alla carica, ribadendo la loro
opposizione ad un comando unitario delle forze di polizia sotto il Ministero
dell’Interno ma, contemporaneamente, affermando la necessità di creare un
adeguato strumento per mantenere l’ordine pubblico e la sicurezza interna dello
stato.
4
1
DE FELICE R., op. cit., pag. 459.
2
Sulla missione di Canevari in Germania, ILARI V., Il ruolo istituzionale delle Forze Armate e il
problema della loro apoliticità, in “Annali della Fondazione Micheletti”, Brescia, 2, 1986, a cura
di P.P. POGGIO, pag. 309.
3
Sull’atteggiamento tedesco è utile il rapporto del colonnello Jandl, ufficiale di collegamento
germanico addetto alla persona di Mussolini, datato 19 novembre 1943, nel quale tra l’altro viene
affermato: ”…In ogni caso ritengo conveniente, se necessario anche da parte della Wehrmacht,
sostenere Ricci nella sua posizione….La Milizia è l’unica idea in Italia che in genere ha ancora
qualche forza di attrazione…”.
Il rapporto è citato in DE FELICE R., op. cit., pag. 464.
20
Intanto, il 16 novembre Buffarini-Guidi presentava un decreto per l’istituzione dei
nuovi corpi di polizia, incontrando la netta opposizione di Ricci e Pavolini, la
stessa che ricevette un progetto di Graziani per mettere la futura Guardia
Nazionale Repubblicana alle dipendenze del suo ministero.
Su tutta la vicenda, come già sottolinea De Felice,
1
il giudizio più sintetico ma
lucido è quello che fornisce Dolfin nel suo diario alla data del 29 novembre:
La vessata questione della Milizia dopo una serie di nuove discussioni è
stata risolta come ormai si prevedeva, cioè col pieno trionfo della tesi
autonomistica di Ricci, appoggiato dal Partito. La Milizia passa in blocco
alla Guardia Repubblicana, che avrà ordinamento e bilancio proprio ed il
cui comandante sarà alle dipendenze dirette del Duce.
Ciò significa la costituzione di un altro esercito. Si parla infatti di già con
ironia dell’esercito “apolitico” di Graziani, e di quello “politico” di
Ricci. Ma siccome questa formazione avrà anche i compiti dell’arma dei
Carabinieri, ci saranno nuovi motivi di conflitto, anche con la polizia. Si
ritiene che sommersi tra consoli e generali della Milizia, ben pochi
ufficiali superiori dell’Arma continueranno a prestare servizio. Verranno
così perduti elementi preziosi e di vasta competenza.
Buffarini, che ha incassato il colpo, si dà anima e corpo ad ingrossare le
file della polizia ausiliaria; il Partito fa lo stesso per le sue squadre. La
Decima, coi suoi reparti; le varie formazioni autonome, a carattere più o
meno poliziesco, accrescono la propria consistenza.
Graziani, che insieme con Gambara ha lottato sino all’ultimo per evitare
tutto questo, mi dice con profondo scoramento come l’unico esercito che
per costituirsi ha un parto quanto mai travagliato è quello “nazionale”.
Cioè, il solo che dovrebbe veramente esistere per combattere in campo
aperto il nemico. Ed ha perfettamente ragione.
2
4
Cfr. DE FELICE R., op. cit., pagg. 463-464.
1
DE FELICE R., op. cit., pag. 466.
2
DOLFIN G., op. cit., pag. 116 e sgg.
21
2- LA GUARDIA NAZIONALE REPUBBLICANA
Anticipata da un comunicato della Agenzia Stefani in data 20 novembre 1943, la
nascita della Guardia Nazionale Repubblicana fu resa esecutiva dal decreto
istitutivo dell’8 dicembre successivo.
Contemporaneamente altri due decreti sancirono la nomina di Renato Ricci a suo
comandante generale e, come tale, a Ministro di Stato.
Ordinamento e funzionamento della Guardia vennero precisati da un quarto
decreto del 18 dicembre successivo.
Un ultimo decreto legislativo, infine, datato 24 dicembre, ne avrebbe specificato
compiti e composizione.
1
Il nuovo organismo, avente bilancio ed amministrazione autonomi, indipendente
perciò sia dal Ministero dell’Interno che da quello della Difesa, andava ad
assorbire nella pratica le formazioni della Milizia, in tutte le sue specialità, l’Arma
dei Carabinieri e la PAI, Polizia dell’Africa Italiana.
2
Distribuendosi in prevalenza nei presidi territoriali in precedenza tenuti dai
Carabinieri,
3
la GNR si assumeva il compito di far rispettare le leggi dello stato,
mantenere l’ordine pubblico, garantire il regolare svolgersi delle attività attinenti
la vita della nazione.
In particolare, il decreto n° 913 dell’8 dicembre precisava come essa avesse
“compiti di polizia interna e militare”; ciò significa che toccherà anche ad essa
fronteggiare il movimento partigiano che, praticamente nullo nelle prime
settimane di vita della Repubblica, crescerà progressivamente di intensità con il
passare dei mesi.
Il decreto n° 921 del 18 dicembre stabilì inoltre, tra l’altro, che i quadri della GNR
inizialmente sarebbero stati formati con gli ufficiali in servizio permanente
effettivo della MVSN, dei Carabinieri e della PAI, dopo un accertamento della
loro idoneità, mentre in seguito sarebbero usciti da nove scuole AAUU
appositamente costituite.
4
1
DE FELICE R., op. cit., pag. 465.
2
La Polizia dell’Africa Italiana era un corpo di polizia coloniale forte, a fine 1943, di circa 2000
uomini.
3
Per l’organizzazione generale della GNR cfr. PISANO’G., op. cit., pag.1669 e sgg.
4
ILARI V., op. cit., pag. 300.