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INTRODUZIONE
“Mai come oggi si parla tanto di civiltà e di cultura, quando è la vita stessa
che ci sfugge. E c‟è uno strano parallelismo fra questo franare generalizzato
della vita, che è alla base della demoralizzazione attuale, e i problemi
di una cultura che non ha mai coinciso con la vita, e che è fatta per
dettar legge alla vita. Prima di poter parlare di cultura, voglio rilevare
che il mondo ha fame , e che non si preoccupa della cultura; solo artificialmente
si tende a stornare verso la cultura dei pensieri che si rivolgono verso la fame.
La cosa più urgente non mi sembra dunque difendere la cultura,
la cui esistenza non ha mai salvato nessuno, dall‟ansia di vivere
meglio e di avere fame, ma estrarre da ciò che chiamiamo cultura,
delle idee la cui forza di vita sia pari a quella della fame.[…]
Spezzare il linguaggio per raggiungere la vita significa
fare, rifare ed inventare il teatro sociale.”
Con queste parole Antonin Artaud ridefiniva agli inizi del secolo scorso il ruolo
del teatro nella vita degli esseri umani, superando con un salto vertiginoso il
problema della “cultura”. Una cultura disumanizzata, come dice lo stesso autore,
non più urgente alle istanza della vita, non più una necessità ma un semplice
orpello all‟esistenza. Per sua natura il Teatro Sociale si oppone a tutto questo.
Fare teatro sociale non significa fare cultura, significa fare la vita.
Con l‟evoluzione e i cambiamenti storici , analizzati in particolare nel secondo
capitolo della presente stesura, si arriva alla nascita della tanto praticata ma poco
conosciuta arte del teatro sociale. Il termine suggerisce un tipo di teatro aperto
alle esigenze della società sia a livello di tematiche che di fruizione. Si potrebbe
dire, in effetti, che il teatro sociale è di tutti, per tutti e su tutto. Di tutti, perché
parte dal presupposto che chiunque è capace di fare teatro, anche - e specialmente
- quelle categorie che in genere ne sono escluse: operai, contadini, disabili, malati
psichici, ecc. Per tutti, perché non si rivolge ad un pubblico specializzato , ma a
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tutta la società, cercando, anzi, la massima diffusione. Su tutto, perché è aperto a
qualsiasi tematica d'interesse collettivo. In altri termini, è un teatro in cui l'arte
diventa veramente strumento a servizio dell'uomo e non creazione che si
compiace della propria bellezza. Fare teatro sociale dunque significa fare teatro
“fuori dal teatro” , ossia in ambito sociale : periferie delle metropoli; disabilità;
scuola; carceri ecc…, con persone che nono hanno necessariamente l‟obbiettivo di
diventare attori professionisti, ma che hanno trovato in questa particolare pratica,
occasione per dar voce alla propria creatività, ai propri vissuti, ai propri interessi e
bisogni. Parlare del rapporto tra teatro e società significa, in realtà, parlare di una
cosa molto ovvia: infatti non può esistere un teatro senza società, proprio come non
esiste una società senza il suo teatro. Qui tocchiamo una delle caratteristiche più
importanti e durature del fatto teatrale: esso vive all‟interno di un mondo e di un
contesto sociale, proprio come – a sua volta – ogni rappresentazione teatrale mette
in scena un certo contesto sociale, un mondo, uno spazio di vita. Dunque il compito
di voler analizzare quel che concerne all‟argomentazione oggetto di tesi, è molto
difficile e delicato : non si può esaurire in breve il tema del rapporto tra teatro e
società, così come si è manifestato nel corso dei secoli. Dovrò necessariamente
selezionare alcuni momenti: momenti esemplari, che possano gettare luce su una ben
più vasta complessità. Ho deciso così nel mio piccolo di mettere in luce in primis
la mia passione e l‟arte del teatro sociale in senso stretto, vista come una forma di
teatro necessario, utile per indagare nella vita e nelle emozioni dell‟uomo, nei suoi
disagi nascosti o scoperti, e tesi alla ricerca di un‟alternativa possibile per
immaginare una trasformazione positiva di sé. Il presente lavoro vuole essere
prima di tutto uno strumento, una riorganizzazione di idee e di concetti, per dare
senso e compiutezza teorica a una possibile visione e conoscenza di un mondo a
molti sconosciuto. Come in precedenza specificato, definire tutto ciò che
appartiene all‟immensa sfera del teatro sociale richiederebbe un lavoro di molti
anni poiché abbracciando varie sfaccettature della realtà sociale, si richiederebbe
anche la collaborazione di esperti di varie materie e di un vero e proprio lavoro di
equipe. Il tentativo è stato quello di riassumere e di integrare con conoscenze
personali vari punti vitali dell‟arte in oggetto cogliendo per di più le motivazioni
legati al sociale e tralasciando gli aspetti tecnici. La stesura della presente tesi si
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divide in quattro capitoli ognuno dedicato ad un aspetto diverso della materia. Il
primo capitolo analizza il divenire storico del teatro sociale, l‟evoluzione, i
cambiamenti, e le prospettive nel tempo. Si è ritenuto opportuno analizzare ed
approfondire questa tematica, con una particolare attenzione alla lettura dei
cambiamenti sociali avuti nel tempo che hanno influenzato il modo e le
motivazioni del fare teatro sociale. Un vero excursus storico che va dall‟inizio dei
tempi ai nostri giorni, dai riti primitivi ai riti moderni, dal gioco vitale e
inconsapevole del fare teatro delle prime popolazioni, alla ricerca del giocare
perduto degli uomini della nostra epoca. Il nodo principale riguarda i cambiamenti
del modo di utilizzare il teatro in relazione ai riscontri sociali e alle esigenze. Era
importante tornare indietro nel tempo per poter giungere all‟avvento del teatro
sociale e quindi comprendere i motivi reali per cui si è affermato. Nel secondo
capitolo si propone nello specifico l‟argomento principe della tesi, ovvero
l‟origine del teatro sociale, le sue influenze e gli ambiti di applicazione. In questa
fase sono state inserite le varie definizioni date sul teatro sociale dai maggiori
studiosi e operatori al mondo, offrendo l‟opportunità di confrontare le
motivazioni, iniziali ed odierne, che spingono gli operatori impegnati nel sociale
ad adoperare il teatro sociale come tecnica di lavoro. Nell‟affrontare l‟argomento
dell‟analisi del territorio e della percezione dei bisogni da parte dei servizi sociali,
si evince la necessità di utilizzare tecniche nuove, anche meno onerose, per poter
rispondere in modo sempre più efficace alle esigenze del territorio e alle esigenze
delle persone. Da qui l‟introduzione del teatro sociale come metodo e tecnica
valida. Il terzo capitolo è un‟analisi più tecnica: si fa riferimento all‟idea, alla
stesura e alla presentazione di un progetto di teatro sociale. Nello specifico, viene
fornita un‟analisi basilare circa i soggetti che compongono i famosi partner di
comunità e che, per competenze, possono mettere in piedi un lavoro che abbia tali
lineamenti: istituzioni, referenti di comunità, assistenti sociali e professionisti del
terzo settore. Nel dettaglio sono state descritte le fasi della progettazione
dedicando particolare attenzione alla verifica, alla valutazione e alla
riprogettazione. Infine si è data attenzione alle motivazioni e ai fini più etici e
valoriali che fanno sì che il teatro sociale si inquadri come forma d‟arte, capace di
determinare nelle persone una forza di cambiamento che parte dalla conoscenza
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del sé. Nel quarto capitolo si mostra il volto del teatro sociale specificando nel
particolare i luoghi, o per meglio dire, le realtà dove esso viene applicato.
L‟analisi parte dal grande palcoscenico della comunità globale, fino ad arrivare
alle realtà che ci circondano, alla comunità locale o territoriale attraverso la
tecnica della narrazione teatrale. Vengono presentate alcune esperienze quali il
teatro in carcere, il teatro con persone affette da handicap, il lavoro con gli anziani
, nelle comunità, lo stimolante percorso con i cosiddetti matti, ed analizzato infine
la tecnica del teatro dell‟oppresso, del teatro forum, del teatro immagine, del
teatro dell‟invisibile e riportato una riflessione di Walter Orioli sulla valenza o
meno delle arti terapie. In appendice sono riportate le interviste e le riflessioni di
autori di spicco nel campo che contribuiscono ad una migliore comprensione
dell‟argomento.
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Evoluzione in cambiamento - cambiamento in evoluzione …
CAPITOLO I
IL DIVENIRE TEATRALE
1.1 Il mito e il rito nell’arte rappresentativa
Nell‟odierna ottica scientista dedita alla precisione delle informazioni e alla
ricerca precisa e dettagliata delle fonti, risalire alle origini del teatro e tentare di
capire il modo in cui le prime manifestazioni teatrali siano state elaborate, è un
lavoro che appartiene e rimane nella sfera teorica e ipotetica. Sulle origini delle
forme teatrali, infatti, non ci si deve sorprendere se, delle molte teorie avanzate,
nessuna può essere effettivamente verificabile. Bisogna tenere presente una
fondamentale distinzione: le forme teatrali sono presenti in qualunque tipo di
società, antica o moderna, e le possiamo trovare con sfaccettature diverse; come
funzioni religiose, campagne politiche, parate militari, cerimonie sportive, danze
e rituali. È necessario però operare una distinzione tra il teatro come fenomeno
culturale specializzato (il teatro in senso stretto), e la presenza di elementi teatrali
nelle varie forme dell'attività umana. Per comprendere meglio il modo in cui
le prime manifestazioni teatrali sono state elaborate e quindi sviluppate
in un'attività autonoma riconosciuta come Teatro, possiamo prendere spunto dalle
teorie lasciate da tre antropologi in tre momenti differenti: Frazer (1875-1915),
Malinowski (1915), e Levi-Srauss (1945) ed in particolare le teorie sul metodo
deduttivo; il metodo funzionale; ed il metodo strutturale.
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E‟ in queste
circostanza che si parla per la prima volta di antropologia teatrale.
2
1) L‟Antropologo James Frazer, sostiene che tutte le culture percorrono stati
evolutivi uguali, in base a quella che viene chiamata la “coscienza collettiva”.
Secondo la scuola di Frazer, l'uomo primitivo introduce il soprannaturale nel
1
http://www.kairosteatro.it,associazione.Kairos.Teatro.
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Cfr. Giacché P., L‟altra visione dell‟altro, una equazione tra antropologia e teatro, L‟ancora del
mediterraneo, Napoli, 2004, pp. 10-12.
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momento in cui non riesce a spiegare il meccanismo che regola i fenomeni
naturali. In un momento successivo dell'evoluzione, l'uomo intuisce l'esistenza di
un rapporto di causa-effetto tra alcuni degli espedienti utilizzati. Tali espedienti
vengono ripetuti, elaborati e fissati in una «struttura» che diventa quindi "rituale".
In questa fase è l'intero gruppo ad eseguire i riti e quindi è ancora assente il vero
«pubblico». Le forze soprannaturali celebrate nel rito appaiono spesso
simbolizzate nel racconto "mitico", ed è generalmente ispirato a fatti della realtà
quotidiana. Quando queste forze cominciano ad essere impersonate da attori,
avviene il passaggio chiave per la nascita del teatro. Il Teatro diventa allora una
"attività specializzata" e il valore estetico comincia gradualmente a sostituire lo
scopo "religioso" del rito. Ma la teoria di Frazer è in realtà limitata perché si basa
su un'ottica "darwinista" della cultura per cui tutte le istituzioni si sono sviluppate
grazie ad un processo che prevede una evoluzione da forme semplici a forme
complesse, valido per tutte le società
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.
2) La teoria successiva, quella di Malinowski, invece, abbandona il concetto di
"coscienza collettiva",e pur sostenendo la teoria della nascita del rituale, avanzata
da Frazer è fermamente radicata sul concetto di "distinzione evolutiva" per ogni
società, per cui ognuna di esse ha un funzionamento che gli è proprio. Gli studiosi
della scuola antropologica di Malinowski privilegiando il sistema «induttivo» di
sviluppo, considerano ogni cultura a se stante, da questo deriva anche il nome
dato alla loro corrente: "funzionalismo" perché cercavano di individuare i termini
di funzionamento delle diverse società. Per la scuola funzionalista, infatti, le
istituzioni culturali si sarebbero sviluppate attraverso processi differenti in ogni
società rendendole così uniche e diverse a partire dalle origini. Fu proprio da
questa base che iniziarono gli studi di un altro antropologo che con il suo
strutturalismo riuscì ad avvicinarsi meglio al concetto di Teatro.
3) Levi-Srauss formò una terza scuola di pensiero, nel secondo dopoguerra,
chiamata "strutturalismo". Per il celebre studioso, la cosa importante non era la
storia in se dell‟evoluzione, ma focalizzava la sua attenzione sulla struttura del
mito primitivo. Secondo Strauss, infatti, nel mito fino ad all‟ora analizzato e nelle
3
http://www.kairosteatro.it , associazione Kairos Teatro.
9
deduzioni detratte, sarebbero presenti solo pochi modelli universali e per questo
denomina il fenomeno dei miti come "indicatori di pensiero" fornendo così un
grande contributo ed una prima innovazione a questo tipo di ricerca.
L'ipotesi alla quale giunge Levi-Srauss è che il rito e il mito sono elementi
presenti in ogni società, e che il teatro nasce dal rito primitivo, ma non
necessariamente è l'unico elemento che lo compone, rifiutando comunque l'idea
che lo sviluppo del teatro così come lo sviluppo delle società abbia seguito lo
stesso schema evolutivo proposto da Frazer. Ben chiaro quindi è che lo sviluppo
dell‟arte teatrale, si affianca allo sviluppo della civiltà, della vita e per questo
diventa fattore specifico ed indivisibile della stessa.
4
Volendo cercare di fondere
le tre scuole di pensiero notiamo che alle origini del Teatro o del gioco del teatro
che diventa gioco della vita, vi è l‟ansia umana di relazionarsi con le divinità
sacrali e nello stesso momento il bisogno dell‟uomo di intessere rapporti ludici
con i suoi simili. Si parla di sacralità; di magia, ed è proprio l‟animismo e la
magia, elementi essenziali delle religioni al loro nascere che con i loro riti, i culti e
le cerimonie, hanno dato vita alle prime forme reali di teatro. Frazer fu il primo a
studiare il fenomeno del rito primitivo, quando l‟uomo in balia degli elementi
naturali quali i fulmini; le tempeste; il fuoco, inizia a credere agli spiriti; alla
sopravvivenza degli antenati ed infine all‟esistenza degli dei, dando origine ad un
mondo “visuale” nato dalla sua stessa immaginazione. I complessi fenomeni
naturali che accompagnano l‟uomo nel suo cammino di vita, lo spaventano e lo
inducono a crearsi esseri fantastici dai quali farsi proteggere. Questi esseri,
l‟uomo li evoca, li anima, li rappresenta, ed infine li mette in scena. La prima
forma di apprendimento è l‟imitazione, nasce così il gruppo mimato e le prime
rappresentazioni.
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La rappresentazione necessita dei riti, la folla osserva questi riti
e ne rimane incantata, si da vita così al culto, alle liturgie, ai cori e alle musiche.
Ben presto subentra l‟antropomorfismo, la vita umana così si rispecchia in quella
celeste richiedendo sacrificio e sottomissione in onore del dio. La scena evolutiva
rimane intatta così fino all‟avvento dei re. Con i re il mito cambia “volto”
4
Cfr. Moussinac L. , Il teatro:dalle origini ai nostri giorni, Laterza , Roma ,1981 , pag .4-20.
5
Cfr. Moussinac L. , Il teatro:dalle origini ai nostri giorni, Laterza , Roma ,1981 , pag .110-190.
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seguendo i voleri delle classi dominanti e gli interessi principalmente manipolati.
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La forma teatrale così da arte profana e sacra diviene dialogo drammatico,
diventando sempre più conquista dello spirito, un legame sociale, un mezzo di
conoscenza, una presa di coscienza ed in sintesi , vero e proprio specchio della
società. Analizzare la storia e il conseguente rapporto tra teatro e società significa
in realtà analizzare una cosa molto ovvia : non può esistere un teatro senza
società,come non può esistere una società senza il suo teatro. Ciò che tocchiamo è
una caratteristica principale e duratura del fatto teatrale : il teatro vive all‟interno
di un mondo e di un contesto sociale- proprio come –ogni rappresentazione
teatrale mette in scena un determinato contesto sociale, uno spazio di vita, un
mondo
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. Descrivere la storia del teatro in tutte le sue forme, appare evidente che
sia un compito impossibile, come difficile è analizzare in breve il tema del
rapporto tra teatro e società, manifestatosi nel corso dei secoli. Determinante è
soprattutto porre l‟attenzione a quei momenti che hanno plasmato, condotto e
trasformato l‟arte teatrale da rappresentazione scenica a gioco della vita.
1.2 La storia comincia
Un passo indietro nella storia del teatro si è avuto nel 1928, quando un archeologo
ritrovò un papiro riportante appunti di recitazione del culto dei “Misteri di
Osiride” che sovraintendeva al rito stesso e rifonda le origini dell‟arte teatrale
fissate nella nascita della tragedia greca. Inoltre dalla disciplina archeologica ci
perviene che la civiltà minoica conosceva bene l‟uso del flauto e della cetra,
facendo presupporre che l‟arte della danza era già fin d‟allora praticata come
mimica di azioni di guerra o di caccia, ponendosi così come culla ed embrione del
teatro. Occorre ancora una volta specificare e ribadire che il punto di partenza
della nascita dell‟arte teatrale in tutti i continenti è legata profondamente ai culti
religiosi i quali creavano momenti di accomunamento tra i rituali di celebrazione e
gli individui presenti. Soltanto con l‟evoluzione delle pratiche ed in particolare in
6
Cfr. Tessari R. , Teatro e antropologia –tra rito e spettacolo, Carocci , Roma ,2004 , pag .4-20.
7
Di Sacco Paola, relazione tenuta al convegno G.A.T.A.L. <<Tavernola 2003 >> Teatro società,
12/settembre 2003.