6
I CAPITOLO: LE RISERVE NELLE SOCIETA’
1. IL BILANCIO D’ ESERCIZIO: LE RISERVE
“E’ a tutti noto che la disciplina del bilancio d’esercizio è stata tradizionalmente
ispirata, in Italia e negli altri paesi dell’Europa continentale, alla duplice funzione di
informazione e conservazione del capitale”
1
.
Le norme del bilancio d’esercizio sono tra “le disposizioni maggiormente
modificate
2
nel corso degli ultimi 30 anni”
3
, in quanto la globalizzazione delle
attività economiche ha determinato l’esigenza, per le imprese della U.E. operanti sui
mercati internazionali, europei ed extraeuropei, di un linguaggio contabile sempre
più chiaro e semplificato, così da favorire comuni modalità di informazione,
trasparenti e comparabili ai fini di un efficiente funzionamento comunitario dei
capitali e del mercato interno di ciascun Paese
4
.
Attualmente la normativa del bilancio d’esercizio è contenuta nella Sezione 9
a
del
capo 5
o
, titolo 5
o
, del nostro codice civile e, in particolare, l’art. 2423 c.c. chiarisce
che il bilancio è un documento contabile che deve essere “redatto con chiarezza e
deve rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e
1
COLOMBO G., La disciplina delle plusvalenze e delle riserve, Relazione al Convegno Assolombarda-
Milano del 23/02/2006, in http://www.odcec.mi.it/Libraries/MaterialeConvegni/Il_ regime_civilistico
_2006.pdf, p. 1.
2
Sul piano legislativo gli interventi relativi al bilancio d’esercizio hanno presentato un’incisività via
crescente: dal sommato riferimento contenuto nell’art. 176 del codice di commercio del 1882, al più
esteso intervento del 1942, alla significativa mini-riforma varata con la legge 216/1974, all’organico
assetto normativo introdotto con d.lgs. 127/1991 e infine da ricordare sono le modifiche introdotte
dalla riforma societarie disposta dal d.lgs. 6/2003 e i principi contabili internazionali introdotti dal
regolamento comunitario 1606/2002.
3
BUSSOLETTI M. e DE BIASI P., Commento all’ art. 2423, in Società di capitali, Comm. codice civile,
diretto da NICCOLINI G. - STAGNO D’ALCONTRES A., Vol. 2, Napoli, 2004, p. 984.
4
PALMA A., Il bilancio di esercizio, Milano, 2003, p. 3 ss.
7
finanziaria della società e il risultato economico dell’esercizio”, attraverso tre
documenti
5
: stato patrimoniale, conto economico e nota integrativa
6
.
La funzione principale del bilancio d’esercizio è, poi, quella di determinare “gli utili
conseguiti” nel conto economico, che o potranno essere imputati a riserva o potranno
essere distribuiti, sottoforma di dividendi, ai soci
7
.
Nel nostro ordinamento, in assenza di una definizione esplicita di riserva
8
, è
intervenuta la dottrina a chiarire tale istituto.
In un breve scritto, apparso nel 1962, si indicano le riserve come le uniche e vere
forme di autofinanziamento della società
9
.
La concezione maggioritaria individua la riserva in quella parte del patrimonio netto
eccedente la cifra del capitale sociale accantonata dalla società e non ripartita fra i
soci
10
.
Altri la definiscono, invece, come un accantonamento di utili, costituendo così un
collegamento tra utili e riserva
11
. Quest’ultima affermazione appare apprezzabile
5
La Direttiva 78/660/CEE, del 25 luglio 1978, determina che lo stato patrimoniale, il conto
economico e la nota integrativa, formano un tutto inscindibile.
6
Questi tre documenti sono corredati, poi, da una relazione degli amministratori sulla situazione della
società e sull’andamento della gestione (art. 2428 c.c.).
7
COLOMBO G., Modificazioni statutarie, recesso, riduzione del capitale, in Trattato delle società per
azioni, a cura di COLOMBO G.-PORTALE G., vol. 6.1, Torino, 1993, p. 483.
8
L’assenza di una definizione di riserva si riscontra anche in altri ordinamenti, come per esempio
quello francese e tedesco. Negli Stati Uniti si trovano, invece, precise definizioni, infatti, all’art. 154
della legge societaria dello stato del Deleware, si definisce il surplus come “l’eccedenza dell’attivo
sociale netto rispetto all’ammontare da considerarsi capitale”.
9
DE GREGORIO A., Profilo giuridico del c.d. autofinanziamento delle società per azioni, in La società
per azioni alla metà del secolo XX, Padova, 1962, p. 209 ss., nel quale indica che l’autofinanziamento,
nella società di capitali, assolve principalmente a tre funzioni: rafforza l’impresa sociale di fronte ad
eventuale crisi, forma le disponibilità finanziarie per le espansioni di attività e limita il ricorso al
credito; solamente quest’ultima, però, secondo l’Autore può propriamente definirsi
autofinanziamento.
10
COSTA C., Le riserve nel diritto delle società, Milano, 1984, p. 2, secondo cui “le riserve sono
quelle poste del passivo dello stato patrimoniale che rappresentano una quota del patrimonio della
società ulteriore rispetto a quella necessaria a coprire le passività ed il capitale sociale”; Cfr.
COLOMBO G., il bilancio d’esercizio, Torino, 1987, p. 280; CERA M., Il passaggio di riserve a
capitale, in Riv. soc., a cura di DE GENNARO G. e MIGNOLI A., Milano, 1988, p. 90; QUATRARO B.,
D’AMORA S., ISRAEL R., QUATRARO G., Trattato teorico-pratico delle operazioni sul capitale, Tomo
I, 2
a
ed., Milano, 2001, p. 533.
11
Su tale collegamento SIMONETTO E., Dividendi e acconti dividendi nelle società per azioni, Padova,
1963, p. 131.
8
solamente se si intende per utile ogni eccedenza dell’attivo di bilancio sul passivo e
sul capitale, in quanto sarebbe erroneo collegare le riserve agli utili strettamente
d’impresa, giacché ne verrebbero escluse sopravvenienze e plusvalenze che
pacificamente rientrano in questa nozione
12
.
Alla luce di quanto appena esposto si comprende che alla riserva corrisponde una
quantità di ricchezza effettiva e potenzialmente utilizzabile presente nel patrimonio
della società
13
, che fornisce, in aggiunta al capitale sociale, i mezzi propri per
l’esercizio dell’attività d’impresa
14
.
Le poste in esame, quindi, devono essere considerate sia come mezzi di garanzia del
capitale, perché in caso di perdite vengono intaccate prima di quest’ultimo
15
sia come
mezzi di autofinanziamento, in quanto, se disponibili, sono imputabili a capitale
permettendo, così, il suo aumento gratuito
16
e se distribuibili, possono essere
assegnate tra i soci al posto dell’utile o con questo
17
.
12
COLOMBO G., Il bilancio di esercizio delle società per azioni, Padova, 1965, p. 161; ROSSI G., Utile
di bilancio, riserve e dividendi, Milano, 1957, p. 66; PETTITI D., Contributo allo studio del diritto
dell’azionista al dividendo, Milano, 1957, p. 78.
13
Viene opportunamente ricordato che in assenza di una definizione esplicita di riserva, spesso
interferiscono sul concetto di quest’ultima altri termini, promiscuamente utilizzati, che alludono ad
operazioni di bilancio che talora presentano funzioni analoghe a quelle delle riserve, come per
esempio i fondi ammortamento. Sul punto CERA M., op. ult. cit., p. 91, nella quale indica che “nella
prospettiva di una definizione generale di riserva occorre porsi il problema della distinzione tra riserve
proprie e riserve improprie o false”; COSTA C., op. ult. cit., p 15 ss.
14
LOLLI R., Le riserve divisibili e indivisibili nelle società cooperative, Padova, 2010, p. 1 s., secondo
cui la riserva “rappresenta un accantonamento contabile che resta stabilmente investito all’interno
della società secondo la scelta discrezionale degli amministratori, la cui disponibilità da parte
dell’assemblea o è esclusa o è, comunque, sottoposta a determinate condizioni”.
15
COLOMBO G., Il bilancio d’esercizio e consolidato, in Trattato delle società per azioni, a cura di
COLOMBO G.-PORTALE G., vol. 7, Torino, 1994, p. 514, nel quale indica che “la legge vuole che la
stabilità del capitale sia favorita dall’esistenza di quel baluardo avanzato e preferisce tale situazione a
quella di un capitale un poco più alto ma non munito di baluardo”; COLOMBO G., Le poste del passivo
e la disciplina del patrimonio netto, in Riserve e fondi nel bilancio d’esercizio, a cura di CASTELLANO
G., in Quaderni di Giur. comm., Milano, 1986, p. 14.
16
COSTA C., op. ult. cit., p. 66; COLOMBO G., Il bilancio d’esercizio. Strutture e valutazioni, Torino,
1987, p. 281.
17
COLOMBO G. Il bilancio d’esercizio, in Trattato, op. cit., p. 514, che rileva come “l’ipotesi di
distribuzione di riserve in aggiunta ad un utile di esercizio giudicato insufficiente a soddisfare i
desideri degli azionisti o in mancanza dell’utile dell’esercizio, non richiede spiegazione”.
9
2. FONDI E RISERVE
Se pur in dottrina il concetto di riserva sembra chiaro ed inconfutabile, nella pratica
individuare tali poste non è così semplice, in quanto, spesso, vengono utilizzati, per
redigere i bilanci, indifferentemente i termini riserve e fondi
18
, lasciando poi
all’interpretazione del lettore, il difficile compito, di comprendere di cosa
effettivamente si tratti.
Alcuni
19
ritengono che un elemento di distinzione tra le riserve e i fondi si possa
riscontrare nel loro diverso modo di costituzione, per cui si devono considerare
riserve tutte quelle poste costituite per volere dell’assemblea o per legge, mentre
devono essere qualificate come fondi quelle voci non sottoposte al potere dispositivo
assembleare
20
.
La teoria appena citata si evince dall’art. 2433 c.c., il quale assegna all’assemblea
che approva il bilancio la competenza a deliberare sulla distribuzione degli utili ed
anche dalla circostanza che la stessa assemblea è competente a costituire le riserve
imposte dal legislatore, come la riserva legale.
Se da una parte la tesi in esame individua un criterio preciso per determinare le
riserve, dall’altra non tiene conto di quegli accantonamenti che si collocano, senza
transitare per il conto economico e senza una delibera assembleare, nel patrimonio
netto e che non possono altro che essere delle riserve
21
.
18
TRIMARCHI G., L’aumento del capitale sociale, Milano, 2007, p. 18, nel quale i fondi si definiscono
come quelle poste patrimoniali che rappresentano o un debito o una posta meramente contabile.
19
SIMONETTO E., I bilanci, Padova, 1967, p. 274, nel quale si afferma che se si considerano riserve
solamente quelle poste del patrimonio costituite mediante gli utili d’esercizio, si deve affermare che
tutte le eccedenze attive non costituite con utili rilevati nel conto economico non sono qualificabili
come riserve.
20
CERA M., op. ult. cit., p. 93, che sottolinea come “vengono ritenute riserve solo quelle costituite per
legge e per delibera dell’assemblea societaria, in virtù del principio che solo la legge e l’assemblea
possono disporre accantonamento di attivo. Non sono, invece, riserve quei fondi che servono in realtà
alla valutazione dell’attivo, che non spetta all’assemblea e quelle eccedenze di attivo comunque non
sottoposte al potere dispositivo dell’assemblea”.
21
Si veda la riserva da soprapprezzo o la riserva da rivalutazione, trattate nei paragrafi seguenti.
10
Di qui l’opinabilità del criterio di differenzazione che si basa sull’origine, poiché
dovrebbe negarsi la natura di riserve a quegli accantonamenti iscritti nel patrimonio
netto da parte degli amministratori, in sede di redazione del progetto di bilancio, che
rappresentano sicuramente delle eccedenze rispetto al capitale
22
, come per esempio la
riserva da soprapprezzo azioni
23
.
Si osserva che delle differenze tra riserve e fondi sono individuabili già nel codice
civile, precisamente nell’art. 2424, quando prevede che le riserve siano parte del
netto mentre i fondi siano un’altra voce del passivo
24
e nell’art 2442, quando prevede
la possibilità d’imputare a capitale le riserve e i fondi disponibili.
Proprio l’art 2442 c.c. induce a respingere la tesi secondo la quale sono riserve
solamente quelle costituite per delibera dell’assemblea, in quanto, l’articolo citato,
presumendo che possano esistere fondi con natura di riserva, ritenendoli entrambi
imputabili a capitale, non consente di distinguerli in base alla loro fonte di
costituzione
25
.
Sembra opportuno, quindi, che lo stesso interprete, indipendentemente dalla
denominazione della voce, verifichi la natura sostanziale dell’accantonamento,
tenendo bene in mente che la riserva non costituisce mai un debito della società verso
alcuno, ma esprime una quantità di ricchezza effettiva e potenzialmente utilizzabile,
laddove il fondo, invece o è un debito (e dunque locuzione che esprime ricchezza
22
COLOMBO G., Le poste del passivo e la disciplina del patrimonio netto, op. cit., p. 7 ss., ricorda che
esistono le riserve di capitali, ossia quelle riserve che vengono iscritte direttamente dagli
amministratori in sede di redazione del progetto di bilancio in quanto la corrispondente quota di utile
non risulta dal conto economico, come per esempio la riserva da rivalutazione, la riserva da
soprapprezzo e la riserva generata per deroghe al codice civile.
23
La riserva da soprapprezzo si costituisce ogni qual volta vengano emesse azioni ad un valore
superiore rispetto al loro valore nominale. Tale surplus viene iscritto direttamente dagli amministratori
in apposita riserva.
24
Fondi e riserve, per il principio di chiarezza, devono essere appostati separatamente nel netto ed in
modo tale che si evidenzi la loro natura.
25
CERA M., Il passaggio di riserva a capitale, op. cit., p. 96 s., nel quale specifica “che lo stesso
legislatore non ha ritenuto di operare una netta e generale distinzione, assimilando, proprio nell’art.
2442 c.c., i fondi speciali inscritti in bilancio alle riserve e quindi da un lato non escludendo che i
primi possono avere l’identica natura delle seconde e dell’altro”.
11
apparente) o è una posta meramente contabile (rettificativa di altre poste di
bilancio)
26
.
Tutt’oggi comunque non è così facile la loro individuazione, in quanto su alcune
poste del patrimonio ci si chiede ancora quale sia la loro natura
27
.
Sicuramente non sono riserve il fondo ammortamento, qualora sia valutato in base
all’effettivo depauperamento dei beni o il fondo anzianità del personale dipendente,
in quanto il trattamento di fine rapporto è obbligatorio e rappresenta un debito per
l’impresa verso i propri dipendenti
28
.
Di dubbia natura però rimangono:
i fondi rischi, essendo soggetti a più interpretazioni
29
che, se si intendono
accantonamenti meramente prudenziali, devono essere considerati riserve,
mentre se si indicano come correzioni dell’attivo relative a perdite o esborsi
certi e probabili, anche se di entità non prevedibili con esattezza, devono
essere rilevati come fondi, inevitabile è quindi l’elasticità di queste poste
30
;
i fondi di rinnovamento, i quali possono essere visti sia come “riserve”, se
calcolati come un accantonamento di valori esistenti in vista di future spese
31
sia come fondi, per chi ritiene che le spese di rinnovamento sono sì future,
ma certe
32
;
26
CERA M., La Consob, Milano, 1986, p. 38, nel quale si ricorda che la Consob, nella propria
circolare del 6 maggio 1982, ha inteso ricomprendere tra le riserve tutti gli accantonamenti al passivo
del bilancio ad eccezione di quelli costituiti per coprire specifici oneri e determinate passività.
27
Per individuare una posta del patrimonio come riserva bisogna riscontrare se la posta in questione
sia disponibile ad essere intaccata dalle perdite; si ritiene, infatti, che la funzione principale della
riserva sia quella di coprire le perdite d’esercizio.
28
Questo è calcolato in base a dei criteri ben precisi individuati dal codice civile nell’art. 2120.
29
COLOMBO G., Il bilancio di esercizio. Strutture e valutazioni, op. cit., p. 157.
30
FERRARA F., Gli imprenditori e le società, Milano, 1980, p. 580.
31
COLOMBO G. , op. ult. cit, p. 159.
32
SIMONETTO E., op. ult. cit., 1967, p. 216, nel quale si differenziano i fondi di rinnovamento e i fondi
per nuovi impianti e l’ampliamento produttivo. Di opinione opposta COLOMBO G., op. ult. cit., p. 101
ss., nel quale specifica che le spese future, pur essendo certe, non rientrano nell’esercizio di
competenza.
12
il fondo azioni proprie, non essendo ancora chiaro se sia una posta
rettificativa o una vera e propria riserva
33
.
Da non trascurare, inoltre, il dibattito acceso sulla natura degli ammortamenti
anticipati, ormai abrogati dalla finanziaria 2007
34
, i quali erano visti come riserve, da
parte di chi riteneva che l’ammortamento dovesse essere determinato solamente in
base all’effettivo deperimento dei beni
35
e come fondi da chi, invece, pensava che
l’ammortamento anticipato fosse un’operazione di valutazione propria degli
amministratori
36
, una correzione prudenziale dei valori dell’attivo. Questo dibattito,
come detto, sembra oggi irrilevante in quanto gli ammortamenti anticipati sono stati
abrogati dalle legge finanziaria citata.
Da quanto finora esposto, si deduce che nonostante le varie definizioni di riserve, i
problemi interpretativi sono diversi e allora sarebbe auspicabile che il legislatore
intervenisse sulla materia. In attesa di un intervento legislativo, sembra opportuno
che gli amministratori redigano i bilanci con più attenzione, evitando di richiamare il
termine “fondo” quando si vuole indicare sostanzialmente una “riserva”
37
.
3. RISERVE: VOCI DEL NETTO
Dall’affermazione secondo cui le riserve vere e proprie sono quelle alle quali non
corrispondono debiti o che non rappresentano poste meramente contabili, si evince
che queste costituiscono una parte del patrimonio netto
38
.
Di quest’ultima voce non è data nel nostro ordinamento una definizione, ma è
pacifico che essa rappresenta il “supero dell’attivo sul passivo”
39
. Infatti il netto,
33
Si rinvia il dibattito sulla natura della riserva azioni proprie al paragrafo 6.1.
34
La L. 244/2007 ha abrogato il co. 3
o
dell’art. 102 TUIR.
35
COSTA C., op. ult. cit., p. 19.
36
CHIOMENTI F., Ammortamenti anticipati, in Riv. dir. comm., 1979, I, p. 124.
37
COLOMBO G., Le poste del passivo, op. ult. cit., p. 17, nel quale esprime la proposta “di non usare
mai, per le parti del netto, l’espressione fondo e di usare sempre e soltanto l’espressione riserva”.
38
COSTA C., Le riserve nel diritto delle società, op. cit., p. 2; COLOMBO G., op. ult. cit., p. 280; CERA
M., Il passaggio di riserve a capitale, op. cit., p. 90; QUATRARI B., D’AMORA S., ISRAEL R.,
QUATRARO G., Trattato teorico-pratico delle operazioni sul capitale, op. cit., p. 533.
13
fonte delle risorse necessarie per la gestione della società, si compone nelle
sottoclassi di poste di: capitale sociale, riserva da soprapprezzo delle azioni, riserve
di rivalutazione, riserva legale, riserve statutarie, riserva per azioni proprie in
portafoglio, altre riserve distintamente indicate, utili (perdite) portati a nuovo, utile
(perdita) dell’esercizio.
Essendo quindi il netto un valore maggiore rispetto al capitale, si deduce che la sua
iscrizione nel passivo dello stato patrimoniale è per una ragione puramente contabile.
Infatti lo stato patrimoniale, documento contabile che assieme al conto economico e
la nota integrativa costituisce il bilancio d’esercizio
40
(art. 2423, co. 1
o
, c.c.)
41
, è
redatto secondo lo schema “rigido” previsto dall’art. 2424 c.c., che lo individua in
due colonne: il Passivo, che ricomprende, secondo una ben nota convenzione
contabile, sia il passivo vero e proprio (classi B, C, D, E), sia le fonti di
finanziamento rappresentate dal netto (classe A)
42
; e l’Attivo, nel quale si evidenzia
ciò in cui il finanziamento si concreta, ossia i beni ed i diritti di cui la società diviene
39
COLOMBO G., op. ult. cit., p. 263; TRIMARCHI G., op. ult. cit., p. 18; CERA M., op. ult. cit., p. 98, il
quale specifica che “il confine tra il netto e il passivo vero e proprio non è sempre agevolmente
individuabile, con la conseguente difficoltà nel determinare la riserva o il fondo disponibile per
aumentare il capitale”.
40
DE GREGORIO, Il significato della parole inventario e bilancio nel Codice di Commercio, in Riv.
dir. comm., 1911, I, p. 450, secondo il quale “il bilancio d’esercizio è un prospetto contabile
riassumente i saldi, in un certo momento, dei vari conti dell’azienda, accertati col sussidio
dell’inventario”. Per approfondimenti sul bilancio RACUGNO G., Sulla struttura del bilancio e sui
criteri di valutazione secondo i principi contabili internazionali, in Rivista del diritto commerciale e
del diritto generale delle obbligazioni, Padova, 2011, vol. II, p. 129, secondo cui nel quadro della
disciplina nazionale il bilancio di esercizio, oltre ad offrire informazioni ai soci, ai creditori e ai terzi
in genere, secondo una valutazione prudente, sulla situazione patrimoniale e finanziaria della società e
sul risultato economico dell’esercizio, assolve l’ulteriore funzione di determinazione dell’utile
“distribuibile”; si veda altresì STRAMPELLI G., Le riserve da fair value: profili di disciplina e riflessi
sulla configurazione e la natura del patrimonio netto, in Riv. soc., 2006, p. 243 ss., che sottolinea
come il bilancio assume rilevanza riguardo a molteplici vicende dell’organizzazione societaria, in
quanto le risultanze del bilancio costituiscono il parametro di riferimento per le delibere dei soci
concernenti l’accantonamento dell’utile a riserva, l’accertamento e la copertura delle perdite rilevanti
ai sensi degli art. 2446 e 2447 c.c., l’aumento gratuito di capitale sociale e l’acquisto delle azioni
proprie o della società controllante.
41
Gli schemi dello stato patrimoniale e del conto economico, previsti rispettivamente dagli art. 2424 e
2425 del codice civile, traggono origine dal d.lgs. n. 127/1991 emanato in attuazione della IV direttiva
comunitaria e integrati, poi, con la riforma del diritto societaria introdotta dal d.lgs. n. 6/2003. Gli
schemi di bilancio sono caratterizzati da un “impianto rigido”, infatti, l’art. 2423-ter c.c. dispone che
nello stato patrimoniale e nel conto economico “devono essere iscritte separatamente e nell’ordine
indicato le voci previste negli art. 2424 e 2425 c.c.”. Questa rigidità permette una facilità di
comparazione spazio-temporale tra i bilanci e una maggiore agevolezza per il lettore a interpretare tale
documento contabile, in quanto quest’ultimo è sempre redatto nello stesso modo.
42
COLOMBO G., Il bilancio d’esercizio, in Trattato, op. cit., p. 92 ss.; COLOMBO G., Le poste del
passivo e la disciplina del patrimonio netto, op. cit., p. 5 ss.
14
titolare grazie alle varie forme di finanziamento e grazie ai risultati dell’esercizio
dell’attività d’impresa.
L’iscrizione del netto nel passivo consente di bilanciare lo stato patrimoniale,
precisamente permette che l’attivo dello stato patrimoniale sia sempre uguale al
passivo
43
: questo perché nell'attivo è riportato il rendiconto di tutte le attività della
società e nel passivo è indicato il patrimonio netto più i debiti della società.
“Alle poste del netto, quindi, si contrappone l’intero attivo, investito in immobili,
impianti, merci, crediti, cassa, meno l’intero passivo”
44
, in quanto è stata respinta
l’idea, avanzata da qualche scrittore, che le riserve debbano essere immobilizzate in
beni specifici.
Perciò le riserve non possono considerarsi come singoli determinati beni, ma
rappresentano quote “ideali”
45
del patrimonio della società
46
, accantonamenti
contabili a salvaguardia dell’integrità del capitale sociale, distinguendosi le une tra le
altre
47
per la loro diversa origine
48
, per la diversa destinazione ad esse assegnata
dall’assemblea, in sede di costituzione o alimentazione della posta e per la diversa
disciplina legale a cui esse sono soggette
49
.
43
COLOMBO G., op. ult. cit., p. 360 ss.; PALMA A., Il bilancio d’esercizio,a cura di PALMA A., 3
a
ed.,
Milano, 2003, p. 111 ss.
44
COLOMBO G., op. ult. cit., nt. 60, p. 361.
45
Le riserve si definiscono come “poste ideali” in quanto non esistono fisicamente come entità
distinte, precisamente ad ogni riserva non corrisponde un singolo bene. Per una più ampia
illustrazione CAVALIERI E., Le riserve nell’economia dell’impresa, Padova, 1983, p. 48; COLOMBO G.,
Il bilancio e le operazioni sul capitale, in Giur. comm., 1984, I, p. 841; ROSSI G., Utile di bilancio,
riserve e dividendo, Milano, 1957, p. 16.
46
Il netto è anche denominato “capitale proprio” dell’impresa, espressione da intendersi non come
sinonimo di capitale sociale, bensì come contrapposta a “capitale di terzi”.
47
Per maggiori approfondimenti COLOMBO G., Il bilancio d’esercizio, in Trattato, op. cit., p. 92 ss., il
quale constata che “nel netto sono indicate solamente sottoclassi di poste, non singole poste; talora
alla singola sottoclasse corrisponde una sola posta, come per esempio accade per la riserva legale o
per la riserva da soprapprezzo, talora la sottoclasse potrà contenere più poste (…) : per la classe “altre
riserve” la norma richiede esplicitamente che esse siano distintamente indicate, ma la stessa regola
deve valere anche laddove tale obbligo non è espressamente imposto, qualora in un’unica sottoclasse
rientrino riserve sottoposte a discipline diverse”.
48
Non sempre la diversa origine comporta un’apposizione differente in bilancio, per esempio
nell’unica voce capitale sociale confluisce l’intero ammontare del capitale nominale, sia per la parte
che deriva da iniziali o successivi conferimenti dei soci sia per la parte che deriva da aumento gratuito
mediante imputazione di riserve a capitale.
49
COLOMBO G., Il bilancio d’esercizio, in Trattato, op. cit., p. 360 ss.
15
4. CLASSIFICAZIONE DELLE RISERVE
La classificazione delle riserve presente nell’art. 2424 c.c. non è l’unica rinvenibile
nel nostro ordinamento, in quanto nella normativa societaria è possibile individuare,
per tali poste, ulteriori tre modi di classificazione generale: quello che attiene al loro
fondamento obbligatorio (riserve legali, statutarie e facoltative), quello che attiene
alla loro disponibilità (tale distinzione è operata dall’art 2442 c.c.
50
) e per ultimo
quello che attiene alla loro modalità di formazione
51
.
4.1 Criterio del fondamento obbligatorio
Uno dei criteri di distinzione delle riserve è quello dalla loro obbligatorietà di
costituzione o meno. In base a questo criterio le riserve si distinguono in: legale,
statutaria e facoltativa
52
.
La riserva legale è un autofinanziamento obbligatorio
53
, di cui la legge, nell’art. 2430
c.c., impone la progressiva formazione mediante l’accantonamento di almeno un
ventesimo degli utili netti annuali fino a che non si raggiunge l’ammontare del 20%
del capitale
54
.
La riserva statutaria si caratterizza, invece, per non essere prevista dalla legge: la sua
obbligatorietà deriva dallo statuto della società.
50
Art. 2442 c.c.: “passaggio di riserve a capitale”.
51
COSTA C., Le riserve nel diritto delle società, op. cit., p. 5 ss.; COLOMBO G., Le poste del passivo,
op. cit., p. 6 ss.; COLOMBO G., Il bilancio d’esercizio. Strutture e valutazioni, op. cit., p. 268 ss.; CERA
M., Il passaggio di riserve a capitale, op. cit., p. 99 ss.
52
Queste riserve saranno oggetto di uno studio approfondito nei prossimi paragrafi.
53
LOLLI R., Le riserve divisibili e indivisibili nelle società cooperative, op. cit., p. 1.
54
COSTA C., Le riserve nel diritto delle società, op. cit., p. 5; COLOMBO G., Il bilancio d’esercizio.
Strutture e valutazioni, op. cit., p. 271; TRIMARCHI G., L’aumento del capitale sociale, op. cit., p. 28,
il quale sottolinea come la riserva legale non sia disciplinata nello stesso modo in tutte le società, per
esempio per le cooperative, in base all’art. 2545-quater, il prelievo è del 30% degli utili annuali
indipendentemente dall’ammontare che questa riserva abbia raggiunto; per le banche popolari l’art. 32
T.U.B. stabilisce l’accantonamento a riserva legale del 10% degli utili e per le banche di credito
cooperativo l’art. 37 T.U.B. stabilisce l’accantonamento a riserva legale nel 70% degli utili.
16
La riserva facoltativa, anche detta riserva “libera”
55
, non è prevista, a differenza
delle altre due appena trattate, né dallo statuto né dalla legge, ma viene costituita di
volta in volta dall’assemblea ordinaria della società in sede di approvazione del
bilancio
56
.
4.2 Criterio della disponibilità
La legge non definisce né il contenuto della nozione di disponibilità, nonostante vi
faccia riferimento nell’art. 2442 c.c.
57
, laddove prevede che possono essere imputati
a capitale “le riserve e gli altri fondi iscritti in bilancio in quanto disponibili”, né il
concetto di indisponibilità, sebbene il richiamo operato nel 3
o
co. dell’art. 2357-ter
58
,
quando richiede la costituzione obbligatoria di una “riserva indisponibile pari
all’ammontare delle azioni proprie iscritto all’attivo del bilancio”. Per questo ci si è
interrogati per lungo tempo sul concetto di disponibilità.
Una parte di dottrina, ormai superata, pretendeva di desumere la disponibilità delle
riserve dalla loro fonte di costituzione
59
, sicché la fonte legale o statutaria finiva per
determinare sempre riserva indisponibile, mentre la fonte occasionale, ossia
volontaria, produceva sempre riserva disponibile. Più nello specifico, si affermava
che:
la riserva legale in quanto imposta dalla legge
60
non era disponibile;
la riserva statutaria poteva divenire disponibile previa modifica dello statuto;
la riserva facoltativa era sempre disponibile.
55
COSTA C., op. ult. cit., p. 12, il quale determina che le riserve facoltative possono essere anche dette
riserve “libere”, in quanto queste, non essendo previste né dalla legge né dallo statuto, non hanno
l’obbligo di costituzione; Cfr. COLOMBO G., op. ult. cit., p. 273; TRIMARCHI G., op. ult. cit., p. 23.
56
DI PRIMA L., La parte disponibile delle riserve imputabili a capitale, in Corti Brescia, Venezia,
Trieste, 1963, p. 277, puntualizza che la “facoltatività va intesa con riguardo al momento della
costituzione della riserva e non anche con riguardo al momento in cui se ne dispone. L’assemblea è
facoltativa a deliberare la costituzione di una riserva, ma questa non diventa automaticamente, per
ragioni di nascita, disponibile. La riserva si può facoltativamente costituire ma non se ne può, perciò
stesso, facoltativamente disporre”.
57
Art. 2442 c.c.: “passaggio di riserve a capitale”.
58
Art. 2357-ter c.c.:“disciplina delle proprie azioni”.
59
CERA M., op. ult. cit., p. 100; TRIMARCHI G., op. ult. cit., p. 20 s.
60
COLOMBO G., Il bilancio d’esercizio, in Trattato, op. cit., p. 366 ss.
17
La stessa dottrina riteneva inoltre che, proprio per il fatto che la disponibilità o meno
di una riserva poteva essere dedotta generalmente dalla fonte di costituzione, fosse
inutile distinguere le riserve in base al criterio del fondamento obbligatorio o in base
a quello della disponibilità, ma che questi potessero essere uniti in un unico criterio:
quello relativo al fondamento formale
61
.
L’opinione in esame è stata, ormai, superata
62
, in quanto si è chiarito che la fonte
rappresenta un elemento indifferente rispetto alla regola della disponibilità della
riserva. Inoltre, in relazione a quanto osservato è sufficiente osservare che l’art 2442
c.c., utilizzando l’espressione “parte disponibile delle riserve”, non richiama la fonte
di esse
63
.
La disponibilità, infatti, non può derivare automaticamente dalla fonte di
costituzione, in quanto é possibile, per esempio, che una riserva facoltativa, essendo
soggetta a determinati vincoli sia indisponibile
64
o sia disponibile solamente per
alcune operazioni
65
. Insomma dalla classificazione delle riserve in legali, statutarie o
facoltative non deriva automaticamente la loro disponibilità o indisponibilità,
dovendosi questa ricercare, invece, nella particolare situazione e concreta
destinazione della singola riserva.
Sebbene il legislatore non fornisca, in relazione alle riserve, una nozione
particolarmente ampia di disponibilità, esaminando il concetto esclusivamente per
61
In questo caso la nozione di disponibilità e distribuibilità coincidono mentre devono essere tenute
distinte.
62
CERA M., Il passaggio di riserve a capitale, op. cit., p. 101; CASTELLANO M., Limiti alla
distribuzione dell’attivo, in La seconda direttiva C.E.E. in materia societaria, nt. 45, p. 151, il quale
pur ritenendo che “origine e scopi vanno valutati congiuntamente al fine di stabilire limiti e modalità
di utilizzazione delle riserve” ritiene che la disponibilità non derivi dalla fonte di costituzione; Cfr.
COLOMBO G., Le poste del passivo, op. cit., p. 10.
63
Il legislatore poteva indicare esplicitamente l’indisponibilità delle riserve legali e statutarie, ma non
lo ha fatto.
64
Le riserve facoltative sono riserve “libere” fino a quando non vengono in esistenza, infatti dal
momento della loro costituzione devono seguire la disciplina impostagli dalla delibera dell’assemblea
che le ha formate. La dottrina francese, distingue le riserve facoltative e statutarie tra generali
(disponibili) e speciali (indisponibili in quanto aventi una particolare destinazione) o la dottrina
tedesca ha chiarito che le riserve facoltative, destinate ad un particolare scopo, possono essere
trasferite a capitale solo quando ciò sia compatibile con la loro destinazione.
65
La riserva può avere una destinazione e uno scopo imposti dalla legge o dalla volontà dei soci,
come per esempio la riserva legale, disponibile per la copertura di perdite, ma indisponibile per
l’aumento gratuito di capitale. Secondo MOSSA L., Trattato del nuovo diritto commerciale, IV,
Padova, 1957, p. 493, “la riserva non è che un patrimonio od un pezzo di patrimonio di scopo”.
18
l’aumento gratuito di capitale (art. 2442 c.c.), si deve intendere, con il termine
disponibilità, la facoltà per la società di impiegare le voci del bilancio al
perseguimento di interessi societari, come l’aumento gratuito di capitale, l’acquisto
di determinati beni
66
o la copertura di perdite
67
.
Specificamente, va sottolineato che “la disponibilità di una posta dovrebbe
coincidere con l’idoneità della riserva ad essere genericamente oggetto di un atto di
disposizione da parte dell’organo legittimato a compierlo e che l’atto di disposizione
in generale dovrebbe poter coincidere con una qualunque utilizzazione volta a far
produrre a quell’oggetto l’utilità economica connessa allo stesso”
68
.
Questo criterio di classificazione, rispetto agli altri, può essere visto come il più
“utile”, in quanto permette di distinguere le vere riserve dalle riserve improprie
69
.
Queste ultime, infatti, non rappresentando una ricchezza effettiva della società,
devono ritenersi indisponibili per qualsiasi tipo di operazione, anche per quella di
copertura delle perdite, determinante per definire una posta del netto come riserva.
4.2a Disponibilità/distribuibilità
Non possono sussistere dubbi, quindi, sulla circostanza che le riserve possono essere
oggetto di distribuzione tra i soci, come gli utili di esercizio, ma resta da sciogliere il
quesito se siano distribuibili solamente le riserve disponibili.
Precedentemente parte della dottrina riteneva che una riserva potesse essere
distribuibile ogni qual volta fosse stata disponibile
70
, ossia ogni qual volta sulla posta
in esame non era posto un vincolo bene preciso, confondendo, così, il concetto di
distribuibilità con quello di disponibilità.
66
TRIMARCHI G., op. ult. cit., p. 21, ritiene che “va sottolineato che la disponibilità di una riserva
dovrebbe coincidere con l’idoneità di questa ad essere genericamente oggetto di un atto di
disposizione da parte dell’organo legittimato a compierlo e che l’atto di disposizione in generale
dovrebbe poter coincidere con una qualunque utilizzazione volta a far produrre a quell’oggetto l’utilità
economica connesso allo stesso”.
67
Tutte le riserve devono considerarsi disponibili per coprire le perdite d’esercizio, in quanto la
funzione di “cuscinetto di protezione” del capitale rappresenta il motivo della loro origine.
68
TRIMARCHI G., op. ult. cit., p. 21.
69
CERA M., op. cit., p. 91, nel quale definisce che le riserve improprie sono quelle riserve che
vengono iscritte nel netto, ma che rappresentano sostanzialmente mere rettifiche di voci del bilancio.
70
CERA M., op. ult. cit., p. 100; TRIMARCHI G., op. ult. cit., p. 20 s.
19
Il pensiero sopracitato è ormai stato superato, in quanto si è chiarito che la
disponibilità e la distribuibilità sono due concetti ben diversi, pur se strettamente
connessi allo scopo che la riserva stessa deve perseguire.
Si osserva che il concetto di distribuibilità della riserva è una nozione di più facile
inquadramento rispetto a quello della disponibilità
71
, in quanto il primo rappresenta il
potere dell’assemblea di deliberare l’assegnazione ai soci dei valori corrispondenti
alla voce di bilancio relativa alla riserva “distribuibile”, permettendo così la
definitiva eliminazione della voce relativa dal netto patrimoniale e il conseguente
“arricchimento” del patrimonio personale dei singoli soci
72
.
Sembra, pertanto, che la distribuibilità sia solamente uno degli aspetti della
disponibilità, in un rapporto di species a genus, dal quale se ne possono dedurre due
corollari:
le riserve indisponibili sono, in quanto tali, indistribuibili, perché sarebbe
difficile immaginare una riserva con un determinato scopo, che la rende
impraticabile ai fini dell’aumento di capitale, distribuibile ai soci,
provocando, così, una diminuzione del patrimonio della società;
le riserve indistribuibili possono essere disponibili per l’aumento di capitale
o per altri fini.
4.3 Criterio della modalità di formazione delle riserve
Un ulteriore modo per poter classificare le riserve è in base alla loro modalità di
formazione. Con questo si distinguono le riserve da utili da quelle di capitale.
Le prime sono costituite sia da utili di gestione, non distribuiti ai soci sia da quelli di
esercizio
73
, inscrivibili a riserva solamente dopo l’approvazione del bilancio
74
. Il
71
Per approfondimenti sul concetto della disponibilità si veda il paragrafo precedente.
72
GRANDE STEVENS F., Questioni in tema di azioni proprie, in Riv. soc., 1982, p. 529 ss.;
CARBONETTI F., L’acquisto di azioni proprie, in Riv. soc., a cura di DE GENNARO G. e MIGNOLI A.,
Milano, 1988, p. 77 ss.; COLOMBO G., Le poste del passivo e la disciplina del patrimonio netto, op.
cit., p. 10, secondo cui “la distribuibilità ai soci non è una caratteristica propria di tutto il netto: esso si
distingue infatti in netto disponibile e netto non disponibile”; Cfr. COLOMBO G., Il bilancio
d’esercizio, in Trattato, op. cit., p. 509 ss.; TRIMARCHI G., op. ult. cit., p. 20.
73
Gli utili di esercizio possono provenire da plusvalenze, da sopravvenienze o da lucri occasionali.