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Introduzione
Nella storia dell‟arte fra i blu più utilizzati troviamo il blu di
Lapislazzuli, roccia costituita da feldspatoidi, calcite, pirite e silicati vari,
utilizzato fin dai tempi antichi come un materiale pregiato per la sua
tonalità blu intenso impreziosito dalle venature d‟oro.
Il minerale si è rivelato ottimo per la qualità della resa cromatica e
allo stesso tempo costoso per le difficoltà di estrazione e per i costi di
trasporto, vista la provenienza dall‟oltremare. Questi due aspetti hanno
certamente condizionato e indirizzato l‟utilizzo su superfici limitate. Nelle
particolari situazioni in cui è stato adoperato per superfici più ampie, la
stesura del colore veniva fatta in velatura su uno strato di azzurrite, un
carbonato basico di rame, largamente utilizzato, grazie al costo contenuto.
La lazurite presente nel minerale di lapislazzuli è la responsabile della
colorazione blu, che sembra da attribuirsi alla presenza di radicali S
3
-
. La
prima utilizzazione del Lapislazzuli come pigmento viene fatta risalire al
VI-VII secolo d.C., in cui fu utilizzata in alcune pitture rupestri afgane. La
diffusione in Occidente di questo particolare colore avviene quasi
contemporaneamente, in alcuni casi sostituisce il blu egiziano, tuttavia è
frenata dall‟elevato prezzo. La preziosità del materiale ne indirizzava
anche l‟utilizzo. Se nell‟iconografia classica troviamo l‟azzurro utilizzato
per le vesti di Cristo e della Vergine, nel XV e nel XVI secolo la scelta del
colore verrà associata alla preziosità del blu oltremare, come si può notare
in tanti esempi di storia dell‟arte di quel periodo e anche precedenti.
In passato diversi studi hanno cercato di individuare le caratteristiche
mineralogiche volte a determinare la provenienza della pietra. In queste
ricerche troviamo un doppio interesse, sia storico, che cerca di individuare
le vie attraverso cui si sviluppava il commercio della pietra, che tecnico-
6
artistico, nel tentativo di individuare una diversa caratterizzazione del
materiale nelle varie ipotesi di provenienza.
Sono pochi i giacimenti noti del minerale di lapislazzuli da cui può
essere stato estratto il materiale nel Medioevo. Plinio (Historia Naturalis)
insieme ad altre fonti, parlano della presenza del materiale in Persia, altri
testimoniano la presenza nel Sinai o nel lago di Bajkal, in Russia, nel
Pakistan e in Birmania. I giacimenti del Cile, invece, sono da escludersi,
per via dell‟utilizzo di questo materiale quasi in contemporanea con la
scoperta delle Americhe. I piccoli giacimenti italiani, infine, non potevano
supplire a richieste di grandi quantità di materiali. L‟unico giacimento
considerato storicamente come la fonte del Lapislazzuli è quello di Sar-e-
Sang nel Badakhshan in Afghanistan.
Il materiale estratto dalle cave, essendo ricco di impurità doveva
essere raffinato e ripulito prima di poter essere utilizzato come pigmento.
Allo studio delle caratteristiche mineralogiche determinate dalle
diverse provenienze della pietra, solo raramente si è affiancato lo studio
delle tecniche di preparazione e purificazione della pietra.
Il lavoro di questa tesi di laurea ha riguardato, la comparazione delle
ricette esistenti nei trattati antichi che descrivono i procedimenti per una
corretta preparazione del blu oltremare dal minerale di Lapislazzuli. Dalla
letteratura e dalle analisi chimico-fisiche condotte sul pigmento di
Lapislazzuli, infatti, emerge quanto questo minerale sia ricco di impurità.
La presenza delle impurità nell‟utilizzo dei pigmenti condiziona i risultati
in termini di brillantezza del colore e stabilità nelle diverse condizioni
delle tecniche in cui viene impiegato.
L‟importanza di un buon procedimento di purificazione del minerale,
capace di ridurre le quantità di pirite e di flogopite
1
, può chiarire il
1
Rinaldi, 1986
7
rapporto fra un materiale di ottima qualità e un materiale di scarsa qualità
preparati con uno stesso procedimento.
Proprio per questo si comprende la necessità di riscontri diretti dallo
studio delle opere d‟arte, che possono fornire le informazioni necessarie
alla comprensione della tecnica utilizzata dall‟artista, nonché la modalità
di intervento qualora ci sia l‟esigenza di un intervento di restauro. In
particolare, il procedimento di purificazione può aumentare e migliorare le
proprietà di un materiale che di base deve avere delle ottime
caratteristiche. La ricerca del procedimento da eseguire per la
purificazione è riportata nei testi antichi, in particolare nei trattati che
riportano indicazioni sulle tecniche artistiche e sulla preparazione dei
colori.
La tecnica era, probabilmente, di provenienza orientale, in seguito si
è diffusa in Occidente. Il procedimento per eseguire la purificazione nei
trattati medievali consiste nella creazione di un composto, formato nella
maggior parte dei casi da resina, cera e olio di lino, un miscuglio
appiccicoso che ha la funzione di trattenere la polvere di lapislazzuli
insieme alle impurità. Subito dopo il composto veniva sottoposto a diversi
passaggi di liscivia che, essendo una sostanza alcalina, permetteva al
pigmento blu oltremare di fuoriuscire dalla poltiglia, lasciando nel
composto chiamato pastello tutte le impurità.
Studi precedenti avevano cercato di confrontare questi procedimenti,
nel tentativo di individuare la ricetta migliore per la purificazione.
Un riscontro in termini di sperimentazioni risulta difficile in quanto la
fabbricazione industriale di alcuni materiali da utilizzare per la
purificazione impediscono di riprodurre il procedimento così come
avveniva nel medioevo.
Per ottenere un buon blu oltremare occorreva avere un materiale di
ottima qualità, ma sicuramente influivano molto sul risultato finale la
8
preparazione del colore, vista l‟incredibile diffusione del procedimento
nella trattatistica.
In questa tesi è stato effettuato un confronto fra le ricette, chiarendo il
procedimento e inserendo le quantità trovate sulle fonti, convertendo tutti i
dati con la stessa unità di misura, in grammi. I dati espressi in grammi
sono stati elaborati individuando l‟esistenza di similitudini in ricette di
diverso periodo storico e ambito geografico, nel tentativo di identificare
l‟esistenza di un prototipo di base, a questo segue l‟analisi di quattro
campioni di Lapislazzuli di cui uno proveniente dalle miniere delle
montagne blu dell‟Afghanistan e tre dalla Cina. Su questi campioni sono
state eseguite indagini spettroscopiche Raman e Infrarosso nel tentativo di
caratterizzare il materiale per garantire una approccio scientifico qualora si
volessero confrontare questi risultati con dati provenienti direttamente
dallo studio di opere d‟arte.
Dal lavoro eseguito con questa tesi si chiariscono le differenze
rilevanti esistenti fa le ricette. Considerando le quantità dei materiali,
anche ricette apparentemente simili risultano diverse, soprattutto nella
varietà dei materiali scelti. Così come le ricette che risultano identiche
possono far pensare alla copiatura intera del procedimento fra i
manoscritti. Anche uno degli elementi che si riteneva sempre in comune
fra le ricette, cioè la proporzione fra pastello e pietra da utilizzare risulta
variabile.
Inoltre, il tentativo di mostrare le differenze dei quattro campioni, in
particolare il campione proveniente dall‟Afghanistan, attraverso la
caratterizzazione del materiale con la spettroscopia Raman e l‟Infrarosso
non ha fatto emergere risultati significativi che potessero chiarire le
diversità fra le varie provenienze.
9
Cap. I.
Oltremare naturale, la pietra e i giacimenti
Il primo riferimento al Lapis Lazuli appare nei testi cuneiformi degli
Assiri dove viene chiamato uknū. Le origini risalgono alla montagna di
Bikn in Persia. Questa montagna è stata identificata con il monte
Demavend delle montagne di Elburz
2
nel nord dell‟Iran. Haupt
3
, dice che
uknū è passato nel latino e nel greco come cyanus. Il nome Lazuli deriva
dal Persiano Lajward, lagverd, lajevered, lazuardi che significa pietra di
colore blu.
Gettens riporta la ricerca di Beckman, questi, studia la pronuncia
della parola Lazul generato dall‟arabo e fa derivare da questo i termini
azul, azurrum e azura
4
.
La pietra di lapislazzuli ha avuto un largo utilizzo come pietra
preziosa nell‟antichità. Sono diffusi gli utilizzi nell‟oggettistica o anche
come pietra preziosa incastonata. Lo hanno reso prezioso proprio la
difficoltà di estrazione e la sua rarità. In Egitto è stato usato come gioiello
e recipiente, meno come pigmento per via della diffusione dell‟utilizzo del
blu egiziano. Si parla di macinazione del lapislazzuli nelle iscrizioni della
Piramide di Ramses II.
La scelta del lapislazzuli migliore veniva fatta sul confronto visivo
prediligendo un blu profondo ed uniforme
5
, differenziandosi nelle varie
provenienze grazie alla presenza di piccoli cristalli bianchi e tracce di
pirite, in alcuni casi confusa con l‟oro.
In Europa la pietra arrivava attraverso la via della seta dall‟Oriente,
motivo per cui venne poi chiamato blu Oltremare. L‟ingresso in Italia
2
Gettens, 1950, p. 346.
3
Haupt, 1924, p.245.
4
Ibidem
5
Plester, 1966, p. 38
10
probabilmente avveniva nel porto di Venezia. Il materiale risultava essere
molto costoso, in proposito nel testo di Mary Merrifield vengono riportati
degli esempi in cui nei contratti per i dipinti veniva specificato l‟uso del
Lapislazzuli, pratica generalmente adoperata solo per l‟oro
6
.
Le prime testimonianze dell‟utilizzo della pietra in pittura murale
sono in Afghanistan, nella cripta del Bamiyan datata intorno al VI-VII sec
e negli affreschi nel Turkestan Cinese dello stesso periodo
7
.
Il Bamiyan è una regione Afghana non molto distante dalla regione
del Badashan da cui deriva il lapislazzuli più utilizzato nel Medioevo.
Nel XII sec. Possiamo trovare l‟utilizzo della pietra di lapislazzuli nel
soffitto ligneo di S.Michael e nella chiesa in Idensen ad Hannover.
Il Lapis Lazuli è citato nel diaro di un‟iscrizione del re persiano Dario
I come materiale portato dalla Sogdiana per la costruzione del suo palazzo.
Nelle rovine del palazzo di Sargon II ( 721-705 a.C. circa) è stato trovato
un kilogrammo di polvere di Lapis Lazuli
8
.
In Italia i primi esempi si trovano nelle pitture di San Saba a Roma
9
databili alla prima metà del VIII sec. e nel Monastero di Torba, in
Lombardia nei primi 20 anni del IX sec. Ciò testimonia come l‟utilizzo del
Lapislazzuli e quindi la preparazione mediante purificazione era già
conosciuta in Italia nel VIII sec. da utilizzare insieme o come sostituto del
Blu egiziano.
Il Laurie cercò di dimostrare, come riporta Plesters, la presenza della
pietra anche nelle pitture murali bizantine dal VI al XIII sec., la pietra
sarebbe presente con una cattiva preparazione, la mancata depurazione
renderebbe il pigmento appena superiore alla cenere dell‟Oltremare
10
.
6
Merrifield, 1846.
7
Gettens, 1950.
8
http://wikipedia.qwika.it/en2it/Achaemenid_dynasty
9
Gaetani et alii, 2004, p.13
10
P., op. cit., p. 39
11
Il Lapislazzuli è un minerale presente in diverse regioni del mondo
con caratteristiche chimiche e colorimetriche diverse. E‟ fra i pigmenti
più utilizzati nella storia dell‟arte insieme al blu egiziano e l‟azzurrite.
Le pietre grezze migliori sono estratte dalle montagne dell'
Hindukush in Afghanistan, visitate e segnalate da Marco Polo nel 1271:
“Quivi è una montagna, ove si cava l‟azzurro et è lo migliore e lo più fine
del mondo”
11
. La regione delle miniere di lapislazzuli più conosciuta è a
Sar-e-Sang, circa 80 km a nord del passo di Anguran. Gran parte dell‟oro
blu, proveniva questo ricco giacimento, nella valle del Kochka (la
provincia nord-orientale dell‟Afghanistan).
Fonte: http://www.palagems.com/lapis_lazuli_bancroft.htm
Altri giacimenti sono in Russia, ad ovest del lago Baikal, e nelle
Ande Cilene, dove le pietre blu sono spesso venate da gesso bianco o
grigio. I lapislazzuli, si trovano in piccole quantità anche in Italia,
11
M. Polo, Il Milione, Biblioteca Telematica, Cap. XXXIV, Fonte:
http://bepi1949.altervista.org/biblio3a/milione1.html
12
Mongolia, USA e Canada, in Myanmar e in Pakistan. In qualità
realmente buone sono tuttavia rare ovunque. Il prezzo richiesto per le
gemme dipende principalmente dalla bellezza della pietra e dall'intensità
del suo colore. Il colore più ricercato è un blu profondo ed intenso. Solo
la pietra proveniente dall‟Afghanistan si presenta di un blu intenso e di
qualità superiore tanto da poterne ricavare un pigmento superiore in
brillantezza e intensità.
Giacimenti conosciuti:
Montagne di Hindukush, Afghanistan,
Ovest del lago di Baikal, Russia
Ande Cilene: pietre blu spesso venate da gesso bianco o
grigio.
Thabapin, Birmania
Italia: Monte Somma, incrostazioni di colore azzurro sul
calcare bianco, coperto spesso da piccole macchie giallastre di
limonite
12
, e Castelli Romani.
Mongolia USA e Canada, piccole quantità
Sinai, ipotesi non confermata da evidenze geologiche
13
Pamir, Tagikistan
Chagai, Pakistan
Cile
Per l‟individuazione della provenienza della pietra, ed in particolare il
tipo di pietra sicuramente utilizzato nell‟arte in Europa, occorre studiare la
geomorfologia dei luoghi in cui si suppone ci possa essere una miniera di
oro blu. Le pietre nelle diverse provenienze presentano differenze
accentuate sia nell‟intensità del blu ma soprattutto nella presenza di
diverse impurità che determinano anche il risultato finale in caso di
12
www.museomineralogicocampano.it
13
Burragato et alii, 1999, p. 355
13
utilizzo del materiale per la produzione di pigmento blu oltremare.
Volendo tentare di individuare la provenienza originaria della pietra
maggiormente utilizzata nel medioevo dobbiamo sicuramente escludere il
Cile, per motivi storici, e le piccole quantità presenti in Italia. Risultati più
attendibili si individuano intorno alla zona fra l‟Iran e L‟Afghanistan.
Per quanto riguarda la presenza del minerale in Russia, secondo le
ricerche effettuate sulla geologia e la fisica del territorio, sarebbe troppo
lontano e il materiale è di scarsa qualità
14
.
Lapis-lazuli proveniente dal museo Stukenberg Museum of Geology and Mineralogy of Kazan in Russia ,
Fonte: http://www.ispo.kcn.ru/gmku/eng/s13.php
Sono state evidenziati affioramenti metamorfici nelle zone della
Persia, emerse dalla carta geologica della Compagnia petrolifera dell‟Iran
(Burragato et al. 1999) che testimoniano l‟esistenza concreta di miniere
raggiungibili nel medioevo.
La zona del Pakistan, in cui è emerso il giacimento di Lapislazzuli
nelle montagne del Chagai, risulta molto vicina ad importanti siti
archeologici dell‟Iran, motivo per cui si può ritenere questo sito, insieme
alle miniere dell‟Afghanistan, le più utilizzate nel passato. Le miniere della
Birmania risultano essere troppo distanti dai manufatti in lapislazzuli
rinvenuti.
14
Burragato et al., 1999, p. 355
14
Una similitudine con le caratteristiche strutturali di questo minerale si
ritrovano in proietti dei complessi vulcanici della regione Lazio, e del
Vulcano Sabatino
15
.
Il motivo che impedisce uno studio esatto sulle proprietà e
caratteristiche chimico-fisiche dei materiali provenienti dai diversi siti
riguarda la difficoltà di individuare con certezza la provenienza dei
materiali presenti nei musei mineralogici d‟Europa, spesso troviamo
l‟indicazione approssimativa dell‟Iran ma senza possibilità di riscontro.
1.1 Provenienza delle prime ricette per la lavorazione della pietra
L‟importanza che riveste il procedimento di preparazione della pietra
da utilizzare come pigmento è attestato dalla diffusione delle ricette sulla
trattatistica antica. Dal Trattato dell‟arte del Cennini al manoscritto di
Bologna fino al trattato del De Mayerne è possibile notare la presenza
della descrizione del procedimento e la trascrizione, spesso di più di una
ricetta. Nel caso del Manoscritto di Bologna di ricette se ne trovano
addirittura 11 diverse. La possibilità di trovare tante ricette sulla
preparazione del lapislazzuli indica certamente il riconoscimento della
validità del procedimento. Nello specifico in alcuni studi è possibile
trovare un ipotesi sul risultato di una preparazione del minerale in termini
di purificazione. Il lapislazzuli risulta un colore particolarmente intenso
ma allo stesso tempo molto ricco di impurità. Molto probabilmente il
procedimento di produzione del Blu oltremare è una tecnica proveniente
dal mondo orientale. In questo contesto è possibile trovare l‟utilizzo della
15
Ibidem, p. 355.