Introduzione
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In quest’ambito, si rivela molto utile l’elaborazione di modelli di gestione aziendale “integrata”,
capaci di considerare le problematiche sia interne che esterne all’azienda. Tali strumenti permettono,
inoltre, di agire soprattutto a livello di atteggiamenti, consapevolezza e comportamenti, in modo tale
da rendere sia il management che il personale operativo coscienti del proprio ruolo nell’azienda.
Alla luce di quanto detto, nel lavoro di tesi ci si è posti l’obiettivo di verificare l’applicazione
delle ricerche di marketing, al Marketing Interno, nell’ambito dei modelli di gestione della customer
satisfaction.
La tesi è suddivisa in tre parti.
Nella prima parte vengono analizzate le problematiche inerenti alle imprese di servizi ed il
significato dell’orientamento alla customer satisfaction, anche attraverso la disamina di due particolari
modelli di analisi: il modello SERVQUAL e quello Valdani-Busacca; in particolare, viene sottolineato il
contributo del Marketing Interno al miglioramento della customer satisfaction.
Nella seconda parte si tratta lo sviluppo del Marketing Interno, il ruolo e l’evoluzione della
funzione del Personale. Un capitolo analizza i mezzi utilizzati attualmente per la misurazione della
customer satisfaction, tra i quali le ricerche di Marketing Interno, indirizzate all’analisi del gap di
coinvolgimento, che è uno dei quattro scostamenti “interni” evidenziati da Valdani e Busacca.
La terza parte, infine, vede l’applicazione dei modelli presentati, ad un’indagine realizzata
presso la CARICAL. Per meglio definire lo scenario della ricerca, sono state descritte la situazione
attuale delle banche italiane e l’evoluzione del suddetto istituto, indicando, in ultimo, i risultati della
ricerca.
Si desidera ringraziare, per la straordinaria collaborazione la CARICAL S.p.A., in particolare il
dott. M. Alampi.
In ultimo un ringraziamento all’ing. G. Barbieri ed alla mia famiglia, la cui attiva presenza ha
permesso il superamento di tutte le (piccole e grandi) difficoltà.
Parte prima Capitolo 1
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PARTE PRIMA
GESTIONE DEL PERSONALE, MARKETING INTERNO E CUSTOMER
SATISFACTION NELLE IMPRESE DI SERVIZI
Parte prima Capitolo 1
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CAPITOLO 1
ASPETTI CRITICI NELLA GESTIONE DEL PERSONALE DELLE
IMPRESE DI SERVIZI.
Nelle imprese di servizi, le risorse umane sono importanti sia per la produzione che per
l’erogazione al punto che lo svolgimento differenziato delle attività operative diventa, da parte del
personale, strumento fondamentale per l’acquisizione del vantaggio competitivo. “Fino ad oggi si è
ritenuto che l’individuo si dovesse adattare alla cultura d’impresa. In realtà, in futuro succederà
l’opposto: l’impresa costituirà la propria cultura attraverso i valori dei propri membri migliori” (Tarizzo,
1992, p.72).
Poiché l’impresa ed il servizio sono entrambi intangibili, spetta ai dipendenti il difficile compito
di personificare l’impresa nelle relazioni con i clienti. A causa dell’intangibilità, il cliente valuta la
prestazione relativamente alla qualità dei contatti con l’impresa-fornitore ed il livello di soddisfazione
per il servizio ricevuto è legato alle sue aspettative.
Le prestazioni possono variare da produttore a produttore, da cliente a cliente ed addirittura di
giorno in giorno (eterogeneità nei servizi) e la produzione ed il consumo sono spesso contemporanee,
durante l’interazione tra il cliente e l’operatore (inseparabilità nei servizi). Il cliente, perciò, deve poter
basare questo rapporto sulla fiducia e sulla disponibilità, di modo che l’operatore ne comprenda
bisogni ed aspettative.
È, quindi, importante la gestione del Personale, che consiste nel prendere decisioni circa le
modalità di svolgimento del lavoro ed il comportamento più opportuno che i dipendenti devono
adottare nei confronti dei clienti. Appare necessario che tale gestione divenga sempre più
professionale, sensibile, diffusa ed orientata alla qualità. Sono richieste politiche differenziate da
persona a persona, da ruolo a ruolo, da posizione a posizione, poiché gli strumenti di organizzazione
del lavoro possono fallire, se tale specificità non viene considerata. “Le politiche del personale tendono
a differenziarsi nella stessa misura in cui si diversificano le caratteristiche professionali e sociali dei
soggetti che operano nell’ambiente interno ed esterno all’impresa” (Costa, 1990, p. 23).
1.1 Il ruolo del personale nelle imprese di servizi.
Il ruolo strategico del personale di contatto è duplice; da un lato deve far fronte ad un certo
numero di compiti precisi (ruolo operativo), e dall’altro deve svolgere questi compiti di fronte al cliente
e per il cliente (ruolo relazionale). A questo doppio ruolo spesso se ne aggiunge un altro: la vendita,
Parte prima Capitolo 1
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cioè approfittare della presenza del cliente per consigliarlo e per spingerlo all’acquisto di nuovi
“prodotti” (Eiglier, Langeard, 1992).
La qualità del servizio è legata alla professionalità dell’operatore ed al possesso di “capacità
relazionali”. “Con tale termine, si intende esprimere un complesso di atteggiamenti, comportamenti,
competenze che dovrebbero essere proprie del personale di contatto: cortesia, rispetto del cliente,
affabilità, disponibilità, solerzia. Oltre a questi elementi, sono fondamentali per un’efficace interazione
con il cliente, le capacità di interpretare le sue reali esigenze” (Zuffada E., 1994, p. 105). Infatti, il
vero servizio si ha con l’ascolto sincero del cliente, e nel dialogo con lui, non solo nella consegna del
prodotto.
1.1.1 Il contributo del personale al miglioramento della qualità dei servizi
La continua ricerca della qualità è divenuta un problema di non facile risoluzione dato il
carattere di intangibilità che caratterizza i servizi ed a causa dei mutamenti tecnologici avvenuti nel
settore. Sempre più numerosi sono i richiami, da parte del management, alla fornitura di servizi di
qualità: la qualità del lavoro e dell’organizzazione, infatti, è il presupposto chiave per la soddisfazione
della clientela.
La qualità nel settore dei servizi appare legata tanto ai sistemi di produzione quanto alla buona
o cattiva impressione suscitata nel cliente. Le risorse umane sono quindi determinanti per la riuscita di
programmi di Qualità Totale. I dipendenti, però, partecipano a tali programmi per qualcosa di più del
semplice compenso, poiché richiedono all’azienda forti segnali motivazionali. Compito del manager
allora diventa la creazione e lo sviluppo delle risorse invisibili tali da mobilitare le risorse intellettuali.
Questi deve saper valorizzare le personalità, delegare con attenzione e spingere alla cooperazione ed
al dialogo. Attraverso tali mezzi si sviluppa il consenso, “collante speciale” (Auteri, 1987, p. 8) per
l’organizzazione.
1.1.2 La comunicazione
La comunicazione, soprattutto interna, diviene il veicolo dello sviluppo del consenso, attraverso
la divulgazione delle informazioni, dei valori e della missione dell’azienda. Si può definire la
comunicazione interna come quel prodotto finalizzato all’integrazione del lavoratore con gli scopi
dell’azienda, facendogli comprendere ciò che ci si aspetta da lui e fornendogli tutte le informazioni di
cui necessita. Attraverso la comunicazione, l’organizzazione valuta i suoi processi evolutivi ed
internalizza i bisogni e le esigenze del pubblico, mediante i meccanismi di identificazione.
Si ha qualità nella comunicazione quando il management ascolta attentamente gli argomenti
del lavoratore; per fare questo è necessario avere capacità di dialogo, conoscenza dei problemi
Parte prima Capitolo 1
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dell’azienda, il know-how necessario a fornire indicazioni operative. La comunicazione deve essere
interattiva, immediata, biunivoca e coerente nei suoi messaggi, non più e non solo top-down: ci deve
essere uno scambio di informazioni ed un condizionamento reciproco tra dirigente e dipendente;
sentendo che i superiori sono sensibili alla sua situazione, il dipendente accetterà anche ciò che non
condivide del tutto. Essa permette, inoltre, all’impresa di mostrarsi nel contesto in cui opera quale
“istituzione con una sua personalità-identità” (Trabucchi, 1993, p. 59). Gli strumenti comunicazionali
sono molteplici:
- Comunicazione impersonale tra dipendenti, che deve essere incentivata.
- Comunicazione verbale “faccia a faccia” tra dipendenti e dirigenti;
- Documenti sintetici di bilancio adatti ad essere compresi da tutto il personale;
- House-organ: giornale in cui si parla tra l’altro di strategie, strutture ed organigrammi,
posizioni di lavoro nell’azienda, in modo sincero e credibile;
- Newsletter: periodico di informazioni operative dedicato ad un pubblico specializzato;
- Computer e prodotti multimediali;
- Convention: momento di socializzazione che rafforza i legami tra le persone, esaltando la
visione, la missione ed i valori aziendali;
- Family day: uno strumento nuovo, mediante cui le famiglie dei dipendenti sono invitate a
conoscere la realtà aziendale, valorizzando, tra l’altro, la professionalità dell’operatore.
Anche l’ambiente è portatore di informazioni, in quanto scenario dell’interazione sociale.
Oggi si tende ad integrare i processi di comunicazione interna ed esterna, procedendo verso
forme di comunicazione integrata, idonee al funzionamento ed allo sviluppo dell’impresa nel suo
insieme. In tal modo il dipendente non rimane disorientato di fronte ai diversi cambiamenti operati dai
superiori. La comunicazione odierna acquista, inoltre, carattere organizzativo, in quanto “è o tende a
diventare parte strutturale dei processi produttivi e gestionali” (Invernizzi, 1996, p. 56). Non più
improvvisazione, ma metodologie valide e precise, che permettano di superare le voci e la scarsità di
informazioni, non attività specifica ma processo continuo, rivolto alla risoluzione di particolari problemi
pratici.
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1.1.3 La motivazione del personale
Di un’organizzazione comunicazionale efficiente trae giovamento anche la motivazione, sempre
meno legata sia a fattori economici che a fattori intangibili, quali la partecipazione, il coinvolgimento,
l’assegnazione di responsabilità. Il successo di progetti orientati alla soddisfazione dipende dalla
capacità di armonizzare gli interessi aziendali e quelli personali, dalla comprensione dei bisogni dei
dipendenti, dalla loro percezione del ruolo del management.
Il management considera motivato quel dipendente disponibile ad ore di lavoro straordinario e
che mantiene sempre un comportamento gentile e cordiale; questo significa avere un impiegato
motivato e fedele e vedere aumentata la sua efficienza. Però, la motivazione non è identificabile solo
con il lavoro, ma è il risultato di uno scambio reciproco, da attuare con il dialogo; l’interazione di tre
variabili: il senso di appartenenza all’organizzazione, la sensazione di svolgere un lavoro stimolante, la
fiducia nella leadership manageriale.
L’azione più motivante sembra essere l’elaborazione e la successiva comunicazione di una
strategia competitiva chiara, condivisa e ben articolata, a tutti i livelli aziendali. L’organizzazione, così,
guadagnerà una solida cultura aziendale, in cui la fiducia in se stessi, la responsabilità, la propensione
al rischio sono considerate delle virtù e incentivate come tali. Un nuovo ed innovativo strumento di
coinvolgimento del personale è stato identificato nell’azionariato ai dipendenti: “un incentivo non
monetario che ha valenza psicologica” (Trabucchi, 1993, p. 159).
La motivazione ed il coinvolgimento massimo sono raggiunti mediante sistemi di premi e di
incentivi. Ma non sono da confondere! La motivazione è un fattore psicologico, mentre gli incentivi
hanno natura materiale (ecco perché i programmi di incentivazione falliscono...). “Compensi e
ricompense sono il sistema di segni a più alta visibilità di una politica del personale” (Santoro, 1992, p.
61). Una volta stabilite le varie ricompense, il management deve comunicare quelle tra di esse che
sono disponibili ed i modi attraverso i quali i dipendenti possono raggiungerle. Molte aziende sbagliano
proprio in questo: se un dipendente ad alto rendimento percepisce che gli incentivi ricevuti sono pari a
quelli di chi ha un rendimento medio/basso, egli ridurrà il proprio impegno perché considerato inutile e
non proficuo.
Gli incentivi non sono solo quelli di natura economica: il comportamento del lavoratore non è
legato solo al salario, da sempre il maggior stimolo utilizzato per attrarre e trattenere il personale, ma
anche alle componenti immateriali del ruolo in azienda, cioè il lavoro in sé, lo stile di direzione, le
relazioni sociali. Ad esempio, le lodi ed i ringraziamenti (espressi in modo immediato e sincero) per un
lavoro portato a termine con profitto devono essere tra le priorità per un manager; le critiche, se a
volte risultano motivanti, spesso sono controproducenti.
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L’attenzione rivolta alla line presuppone che anche il management sia motivato: ma non
sempre è così. Molte volte, è il dirigente che desidera mantenere il lavoro di routine, senza aggiornarsi
ed innovarsi. Spesso, i lavoratori sono demotivati a causa di una leadership irresponsabile ed
insensibile ed a causa di un ambiente non favorevole. Invece, i manager sono motivati da altri fattori:
responsabilità, riconoscimento, compenso, innovazione. Si deve, allora, sviluppare una struttura
organizzativa che sappia incentivare le potenzialità dell’individuo, in cambio del riconoscimento e della
crescita. La chiave della motivazione al lavoro si basa sul funzionamento delle relazioni tra dipendente
e dirigente, verso nuovi traguardi da raggiungere insieme.
Il primo passo verso la nuova concezione dell’azienda è di natura culturale: considerare il
lavoratore dipendente come un cliente, soddisfare i suoi bisogni e le sue aspettative, usando strumenti
nuovi mediante cui accrescere il suo gradimento per l’azienda.
Data l’importanza del ruolo del personale, il marketing e le risorse umane devono essere
legati: solo integrando le conoscenze di queste due discipline, si potrà arrivare ad una buona
implementazione nell’azienda del Marketing Interno.
1.2 Il Marketing Interno nelle imprese di servizi.
Il Marketing Interno può essere incluso nelle politiche di regolazione dei rapporti di lavoro,
finalizzate al raggiungimento degli obiettivi aziendali attraverso azioni miranti a migliorare i rapporti
con il personale e ad incrementare la partecipazione attiva; ciò, con l’intenzione dell’azienda di riuscire
a soddisfare le richieste, per un certo senso opposte, di due mercati: quello interno dei dipendenti e
quello esterno dei clienti, integrandole con le proprie esigenze e finalità.
Oggetto di analisi sono i “processi di scambio che avvengono all’interno dell’impresa (...) che,
se si considerano le relazioni gerarchiche, sono riferiti ai rapporti tra l’impresa, o singoli responsabili di
unità organizzative o di specifici progetti, ed i dipendenti, concepiti come clienti interni, (...) (e) se si
considerano i rapporti orizzontali, sono riferiti alle relazioni interpersonali tra singoli dipendenti o tra
unità organizzative” (Marchiori, 1997, p. 63). Quindi, scopo del Marketing Interno è il controllo delle
relazioni/scambi interni, interagendo direttamente con i dipendenti, a livello di atteggiamenti e
conoscenze, per massimizzare la prestazione fornita al cliente esterno. Invece non viene considerata
l’interazione indiretta, cioè la ricerca di consenso attraverso l’intermediazione dei rappresentanti
sindacali.
Particolare è la natura dei suddetti scambi: infatti, se i principi del marketing esterno vedono
l’azienda, sempre e comunque, “adattarsi” alle esigenze dei suoi clienti, il cliente interno non può
dettare le condizioni dello scambio. L’azienda, infatti, non produce con il solo fine di soddisfare le sue
necessità, ma deve armonizzare quelle esigenze, per migliorare la posizione sul mercato. Il Marketing
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Interno agisce positivamente nella promozione della domanda interna; nell’incentivazione del
personale ad assumere atteggiamenti orientati alla risoluzione pratica dei problemi sul posto di lavoro.
Berry (1984) conferma la definizione di dipendente come cliente interno con argomenti
specifici:
- Le stesse persone che acquistano i prodotti/servizi come consumatori, “acquistano” il
lavoro, come dipendenti;
- Uguale è la natura degli scambi: i consumatori cedono risorse economiche, in cambio dei
beni, e i dipendenti cedono forza/lavoro in cambio di attività lavorativa, finalizzata ad
entrate monetarie;
- Il dipendente è libero di accettare o meno le offerte, così come i consumatori possono
decidere di acquistare o meno un certo prodotto.
Oggi le imprese chiedono ai collaboratori, impegno, professionalità, creatività, autonomia,
discrezionalità e cooperazione, per sviluppare capacità di iniziativa, di responsabilità, di problem
solving. I dipendenti, dal canto loro, chiedono “una leadership incentrata sulle capacità di
comunicazione (coinvolgimento/partecipazione, ascolto, informazione, dialogo), di sviluppo
professionale, di forte orientamento ai risultati” (Trabucchi, 1992, p. 56), sulla qualità e
sull’innovazione. Ma, la politica della qualità non raggiunge i suoi obiettivi, se le persone non
modificano i propri atteggiamenti, soprattutto verso l’accettazione di ciò che è nuovo e diverso.
In più, le aziende hanno compreso che la posizione detenuta nel mercato, lo sviluppo
aziendale e lo stesso livello di occupazione sono funzioni della soddisfazione dei dipendenti.
“L’employee satisfaction si scopre l’altra faccia della medaglia della customer satisfaction” (Trabucchi
in Levionnois, 1991, p. 14). È necessario soddisfare tutti gli individui che interagiscono con
l’organizzazione; altrimenti, i clienti interni possono allontanarsi dall’organizzazione e anche
l’attenzione alla clientela esterna rischia di soffrirne. Ad esempio, le campagne promozionali esterne
hanno più successo se il mercato interno ne ha compreso i vantaggi. Il management deve riuscire a
spiegare che il cliente non è più il “pollo da spennare” (Thomson, 1990, p. 26); a tal fine, si evolvono i
criteri di misurazione del rendimento delle persone, per imporre la visione del cliente come fine ultimo
dell’azienda.
Il Marketing Interno mira a creare un clima stimolante, in cui regni l’entusiasmo, tramite un
programma di comunicazioni che incentivi e sviluppi la motivazione ed il morale nell’organizzazione. La
novità sta nel passare dalla produzione e l’erogazione di prodotto e servizi standardizzati all’offerta di
servizi particolareggiati finalizzati alla risoluzione di determinati problemi.
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Si applicano, così, i concetti del marketing esterno al mercato interno dell’impresa, che
implicano una segmentazione, uno studio delle esigenze e dei bisogni, una personalizzazione del
prodotto, in una parola si arriva alla “demassificazione”. In questo contesto “demassificare” significa
considerare, studiare, valorizzare le diverse caratteristiche e potenzialità di ciascun individuo
appartenente all’organizzazione. È nella logica dell’adattamento di queste esigenze particolari che si
collocano concetti quali “Flexible Work Hours” (Orario di lavoro flessibile) e “Cafeteria Benefits”
(vantaggi “self-service”), strumenti ideati negli Stati Uniti per operare segmentazioni interne valide.
L’Orario di lavoro flessibile concede ai dipendenti maggior libertà nella scelta del periodo
lavorativo giornaliero, in quanto essi possono iniziare e terminare l’attività lavorativa quando vogliono,
sempre all’interno di limiti prestabiliti. Il lavoro flessibile dà vantaggi sia ai dipendenti che al
management. Per quanto riguarda i dipendenti, essi guadagnano in soddisfazione al lavoro, in
produttività ed in efficienza. Tra i benefici dei dirigenti si possono individuare maggior soddisfazione
per il lavoro e maggior tempo libero per le attività familiari. L’organizzazione, per contro, acquista un
clima orientato alla responsabilizzazione.
La politica dei vantaggi “self-service” (detta “Cafeteria Benefits”) permette ai dipendenti di
scegliere tra benefici addizionali (parziale copertura assicurativa per la vita o per la salute, giorni di
ferie, gestione delle pensioni, ecc.), secondo le loro esigenze, sulla base di punti/crediti acquisiti in
relazione al salario, al ruolo nell’azienda ed all’anzianità lavorativa.
Sulla stregua delle analogie con il marketing esterno, alcuni autori (Piercy, Morgan, 1991)
suggeriscono programmi di Marketing Interno, pianificati in base al modello del marketing-mix,
composto dalle “variabili:
- Prodotto, strategie o piani di marketing che si desidera vendere all’interno;
- Prezzo, rappresentato dal costo psicologico che deriva dall’adozione dei cambiamenti
indotti dalla nuova strategia;
- Comunicazione, che consiste nell’insieme dei mezzi utilizzati per incidere sugli
atteggiamenti dei target interni;
- Distribuzione, che comprende l’insieme dei canali utilizzati per distribuire la strategia di
marketing” (Marchiori, 1997, p. 82).
1.2.1 Il Marketing Interno come partecipazione/coinvolgimento
Le posizioni lavorative ed i diversi compiti diventano prodotti da offrire ai nuovi clienti interni e,
perciò, vanno sviluppati in modo da rispondere alle loro aspettative, per indurli all’acquisto ed
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ottenere, così, le prestazioni desiderate. L’azienda, cioè, “compra” i dipendenti, in cambio del
consenso al proprio management, alla propria visione, ai propri valori. Però, all’uomo fattore-di-
vantaggio-competitivo-per-l’impresa non si può chiedere di ubbidire incondizionatamente alle direttive
aziendali. Egli ha imparato a comunicare, ad ascoltare, ad analizzare, a decidere; ha bisogno di
sentirsi riassicurato, valorizzato per identificarsi con l’azienda, di stare in un clima aziendale orientato
alla collaborazione tra i lavoratori.
Coinvolgere la clientela interna significa, in primis, spiegare ai dipendenti il motivo di una certa
politica o decisione. Se il dipendente è il cliente interno, allora l’azienda dovrà fornirgli delle
informazioni/prodotti che l’aiutino nello svolgimento delle proprie mansioni. Le persone non vogliono
solo essere informate, ma anche informare: i canali distributivi non sono statici, come quelli del
marketing esterno, ma sono vivi, mutevoli ed anche inaffidabili. Ci può essere, però, un senso di paura
nei confronti della diffusione delle conoscenze. La funzione del Marketing Interno può impedire questo
controllo delle informazioni, raccogliendole e diffondendole verso tutte le direzioni.
1.3 Produttività del personale e redditività d’impresa: l’importanza dei
processi di formazione.
Le imprese di servizi, per continuare a realizzare una redditività tale da giustificare i sempre
maggiori investimenti nel settore, hanno bisogno di una forza lavoro in grado di sviluppare un’elevata
produttività.
1.3.1 La produttività.
La produttività rappresenta il rapporto tra risultati conseguiti e le risorse utilizzate per
ottenerli. Per migliorare la produttività, oggi, diviene necessario lavorare sugli uomini, sviluppando
politiche di divisione del lavoro e trasferendo potere decisionale, favorendo la cooperazione e
l’integrazione: l’operatore così acquisisce la destrezza necessaria a superare le difficoltà impreviste e
risparmia tempo ad apprendere il lavoro. Due appaiono i principi basilari:
1. Confermare la centralità delle persone;
2. Sviluppare sistemi di incentivi coerenti con la cultura aziendale.
Ciò vuol dire “deburocratizzare le strutture organizzative, le quali dovranno essere prospettate
in modo che si creino forti stimoli all’auto-responsabilizzazione degli individui (...). Gli incentivi
materiali ed immateriali dovranno premiare il contributo ai risultati complessivi e non già la produzione
individuale” (Ruffini, 1995, p. 131).
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Il livello di produttività è funzione anche del livello di qualità percepita dal cliente all’atto
dell’acquisto del servizio. Un cliente soddisfatto sicuramente considererà quel dipendente più abile e
quindi, per il management, più produttivo!
Un modo di risolvere il problema produttività è il fornire ai dipendenti la tranquillità,
proveniente “dal fare le cose nel modo giusto”. Un operatore è più disinvolto quando sa come
adempiere una determinata operazione: ciò dipende dal grado di discrezionalità concessogli e dal tipo
di formazione che ha ricevuto dall’azienda. Ecco come la formazione sia peculiare nella gestione del
personale.
1.3.2 La formazione del personale.
Essa non è solo apprendimento di competenze tecniche, ma anche, e soprattutto, trasmissione
ed assimilazione di “competenze interattive” (Normann, 1992, p. 96). I modelli formativi devono
determinare una crescita integrata e globale delle persone, per far aderire l’individuo all’azienda. Il
processo di formazione deve mutare culturalmente il rapporto dirigente/dipendente, perché
quest’ultimo avrà un certo comportamento con la clientela, solo se il management avrà quel tipo di
comportamento con lui. L’esistenza di quest’identità di atteggiamenti comporta un aumento della
qualità nel servizio, della motivazione al lavoro e della soddisfazione dei clienti.
Alla varietà di funzioni, deve essere corrisposta una diversificazione dei percorsi formativi, in
grado di soddisfare le più svariate esigenze del personale. In tal modo i suddetti programmi
permettono all’azienda di crearsi un’immagine nuova, innovativa che favorisce lo sviluppo di processi
come quelli di personnnel idea.
La formazione, però, non deve mai interrompersi. Verificare, controllare, aggiornare,
rafforzare: questi gli imperativi che il management deve porsi per mantenere una forza lavoro di
qualità.
Strumenti che i massimi dirigenti possono utilizzare per il raggiungimento dei suddetti
standard qualitativi, possono essere lo sviluppo di sistemi di gratificazione, di processi di feed-back sul
rendimento individuale, di formazione dei supervisori, di meccanismi di trasmissione delle
informazioni, quale il networking.
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Il networking
Il networking, cioè “la creazione di una rete al fine di utilizzare la conoscenza degli altri per
fare meglio il proprio lavoro” (Sibson, 1995, p. 134), comporta un aumento della produttività, perché
più informazioni, accrescendo il bagaglio di conoscenze, possono migliorare l’efficacia dei processi.
L’ottimale gestione del networking vuole che una parte delle conoscenze sia formata da una serie di
input su come risolvere un determinato problema. La gestione delle conoscenze ha il compito di
fornire ai dipendenti il know-how per utilizzarle concretamente. “Nella misura in cui un lavoratore non
dispone materialmente delle conoscenze necessarie a svolgere efficacemente il suo lavoro, deve poter
accedere alle competenze degli altri: questo è il networking” (Sibson, 1995, p. 136).
1.4 L’empowerment.
Il raggiungimento e il consolidamento di vantaggi competitivi può imperniarsi sulla “risorsa
uomo” o meglio sulle capacità che le persone riescono ad esprimere. L’obiettivo della promozione della
collaborazione e della responsabilizzazione del personale, attraverso la delega del potere decisionale e
il continuo sviluppo della motivazione nel lavoro è il fine di un processo importante, noto con il nome
di empowerment. Le fasi del processo sono due.
1.4.1 Fase 1: l’analisi.
La prima fase, di analisi, è tesa alla verifica delle condizioni di responsabilizzazione, di delega,
di decentramento e di coinvolgimento, esistenti in azienda.
1.4.2 Fase 2: l’azione.
La seconda fase, di azione organizzativa, comprende l’intervento diretto di implementazione
del progetto, attraverso l’azione su tre livelli d’intervento: strutture, meccanismi operativi e stile e
cultura aziendali.
Le strutture
Sul piano delle strutture, è necessaria una riprogettazione incentrata sul decentramento delle
attività, l’accorciamento della linea gerarchica, l’attivazione di gruppi di lavoro, l’estensione dei ruoli
decisionali.
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I meccanismi operativi
I sistemi informativi devono prevedere una deverticalizzazione della comunicazione, l’adozione
di mezzi, canali e tecnologie tali da favorirne l’interattività.
I sistemi di programmazione e controllo del personale devono utilizzare modelli flessibili basati
su obiettivi.
I sistemi di gestione del personale necessitano di una particolare attenzione all’ambiente di
lavoro e al processo di sviluppo organizzativo.
Stile e cultura aziendali
A livello di stile e cultura aziendale, occorrono nuovi modelli di leadership tali da preferire
l’ascolto al comando e da motivare gli operatori a collaborare ed ad assumersi dei rischi.
Alla direzione delle risorse umane, allora, compete la realizzazione delle condizioni di massima
collaborazione tra i dipendenti e la valorizzazione e l’accrescimento delle capacità degli individui.
1.4.3 I benefici dell’empowerment.
Finora si è discusso sul “come attivare” il processo di empowerment in azienda, senza
accennare ai motivi per cui tale processo dovrebbe essere intrapreso: perché l’empowerment?
Ci si accorge spesso che i dipendenti sono i soli ad essere in possesso delle tecniche e del
know-how necessari all’esecuzione ottimale della propria mansione. Quindi parlare di empowerment
significa fornire ai dipendenti la possibilità di prendere le decisioni migliori, determinando l’aumento
della propria produttività ed, anche, dell’eccellenza aziendale. Il potere dell’empowerment sta appunto
nell’incremento dell’orgoglio professionale, poiché le persone tendono ad essere più coinvolte quando
sono loro stesse a determinare il metodo lavorativo.
L’empowerment dà i suoi frutti solo, però, se ben organizzato, cioè se i manager guidano,
coerentemente con gli obiettivi aziendali, l’esercizio dell’autonomia da parte dei loro collaboratori.
1.5 Il ruolo del personale per la standardizzazione dei servizi: la personnel
idea.
Si è sottolineata l’importanza del personale nell’impresa dei servizi e come tale attività procuri
all’azienda produttività e sviluppo. Standardizzare la prestazione del personale significa assicurare ai
clienti la fornitura di un servizio di qualità al di là dell’operatore che svolge la prestazione,
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predisponendo soluzioni “standard” ai problemi che si devono affrontare. Questa capacità è poi
fondamentale se l’azienda agisce per filiali dislocate in aree geografiche diverse. La standardizzazione
nelle prestazioni dipende da due ordini di fattori. Il primo è formato da attività di reclutamento,
formazione ed addestramento, omogenei per tutti i dipendenti. Il secondo ordine di fattori è legato
alla necessità di selezionare le persone “giuste”; magari tramite meccanismi di personnel idea.
1.5.1 La personnel idea
Si definisce personnel idea quel processo che sviluppa un “tipo di integrazione fra le capacità,
(le aspettative), le attese e le esigenze di un particolare gruppo di persone (i dipendenti), da un lato, e
l’ambiente o contesto che l’azienda può offrire a quel gruppo” (Normann, 1992, p. 81), fermi restando
gli obiettivi dell’azienda stessa, per predisporre strutture innovative, in grado di promuovere lo
sviluppo aziendale. Con la percezione dell’ambiente adatto, il dipendente riceverà un servizio che
giudicherà estremamente utile e soddisfacente, dando in cambio impegno e dedizione.
L’applicazione dei principi della personnel idea richiede una politica di segmentazione del
mercato dei potenziali dipendenti per un’azienda, che consenta di rilevare le sue necessità riguardo
una certa funzione.
Uno tra gli strumenti che permettono lo sviluppo di programmi di personnel idea, è l’utilizzo
del lavoro part-time. Si pensi ad un dipendente dotato di capacità particolari: tale persona potrebbe
trovare insoddisfacente il lavoro basato soltanto sullo svolgimento di una determinata routine. D’altra
parte, l’azienda non può rinunciare a tali competenze che permettono la risoluzione di problemi
oltremodo delicati. L’utilizzo di tale dipendente a tempo parziale, così, soddisfa entrambe le parti:
l’azienda che si sente protetta contro gli imprevisti ed il dipendente che si sente efficacemente
impiegato e, perciò, soddisfatto.
La personnel idea è uno strumento determinante nel miglioramento dei risultati di un’azienda,
specialmente se la stessa si trova in difficoltà. A maggior ragione, un’azienda deve predisporre più di
una personnel idea: “la diversità fra gli impieghi e le corrispondenti qualità necessarie può essere
molto grande” (Normann, 1992, p. 90).