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INTRODUZIONE
Questo lavoro nasce da una grande passione per il ruolo ricoperto dagli apparati di
intelligence nel corso dei secoli, specie negli anni del secondo conflitto mondiale,
quando, secondo gli esperti, vennero poste le basi per lo sviluppo di una materia
fondamentale, che oggi rappresenta la struttura centrale delle attività dei servizi
segreti in tutto il mondo: la criptoanalisi.
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In particolare, durante la prima metà del
XX secolo cambiò per sempre il modo di pensare e combattere la “guerra segreta”
grazie alla costruzione di celebri macchine come Enigma e la Bomba di Alan
Turing.
“Arcana Intellego” (“Comprendo i segreti”), il motto che campeggia sul logo
dell’ex SISMI (Servizi Informazioni e Sicurezza Militare della Repubblica
Italiana), dal 2007 AISE (Agenzia Informazioni e Sicurezza Esterna), racchiude
l’essenza della professione di agente segreto. Quando si sente parlare di reti
spionistiche, agenti sotto copertura e operazioni speciali, balza subito alla mente il
personaggio dell’agente segreto più famoso di tutti i tempi, quel James Bond, 007
con licenza di uccidere (il doppio zero sta ad indicare questa facoltà concessagli dai
suoi diretti superiori dell’MI6), che tanto affascina persone di tutte le età. In realtà,
almeno agli albori dello sviluppo delle strategie di intelligence, il lavoro della spia
è assai diverso: monotono, ripetitivo, prettamente “da ufficio”. Certo, come si è
cercato di far emergere in questo lavoro, non sono mancati casi di personaggi che
hanno vissuto situazioni rocambolesche degne dei migliori romanzi del “padre” di
007, Ian Fleming (che spia lo fu davvero, ovviamente al servizio di Sua Maestà).
Scopo di questo studio è cercare di far conoscere meglio il “mestiere della spia”,
analizzando i diversi contesti (con un occhio di riguardo all’Italia) in un periodo
molto difficile, la seconda guerra mondiale, che, in qualche modo, ha rappresentato
il banco di prova per le varie agenzie internazionali in vista del periodo più florido
per le reti di intelligence: la guerra fredda.
Secondo una visione di alcuni storici, Max Hastings su tutti, le spie non sono altro
che “militari mancati”, uomini troppo codardi per farsi inviare al fronte, e troppo
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D. KAHN, The Codebreakers. The Story of Secret Writing, Scribner, New York, 1967, p. IX.
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poco intelligenti per richiedere di essere assegnati nelle divisioni speciali.
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In verità
è emerso che, benché si trattasse, il più delle volte, di un lavoro “da scrivania”, è
proprio grazie all’instancabile attività di uomini dotati di spiccata intelligenza e
capacità operative sopraffine se delicatissime attività di intercettazione e complesse
operazioni ad altissimo rischio, sia per l’incolumità personale che per quella
dell’agenzia di provenienza, sono state condotte e concluse positivamente. Uomini
che dovevano obbligatoriamente muoversi “nell’ombra”, costretti ad essere derisi
pur di salvaguardare l’integrità delle strutture per le quali operavano. È, inoltre,
opinione condivisa dagli storici che il contributo apportato dai servizi di
intelligence alla salvaguardia delle libertà civili sia stato importantissimo, nonché
decisivo in taluni casi. Anche grazie ad essi l’Europa avrebbe visto svanire lo
spettro del totalitarismo e consolidarsi repubbliche democratiche.
Nel primo capitolo è stata realizzata una ricostruzione storiografica delle attività
dei servizi segreti nel corso dei secoli e delle discipline scientifiche ad essi collegate
fino ai momenti precedenti lo scoppio della seconda guerra mondiale.
Nel secondo capitolo è stata analizzata la struttura delle diverse agenzie di
intelligence (con un occhio di riguardo ai servizi segreti italiani) e il ruolo dei
principali funzionari delle sezioni e dei reparti d’élite.
Il terzo capitolo è dedicato ad un’accurata descrizione delle macchine di cifratura e
decifratura impiegate nel conflitto dalle varie potenze, come Enigma, in uso ai
nazisti, e la Bomba di Alan Turing, la quale fu decisiva per il codebreaking della
cifrante tedesca.
Il quarto capitolo è stato interamente dedicato all’universo femminile. Questa scelta
è stata influenzata dalla presenza di alcune importanti esponenti del gentil sesso che
furono decisive per il buon esito di operazioni particolarmente complesse a livello
globale.
Nel quinto e ultimo capitolo è stata effettuata una selezione delle operazioni speciali
più importanti condotte nella seconda guerra mondiale da agenti professionisti, ma
anche da quelli che Franzinelli descrive come «spie dilettantesche»
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.
2
M. HASTINGS, La guerra segreta. Spie, codici e guerriglieri. 1939-1945, Neri Pozza, Vicenza,
2016, p. 37.
3
M. FRANZINELLI, Guerra di spie, Mondadori, Milano, 2004, p. 94.
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CAPITOLO PRIMO
Le origini
Secondo David Kahn già presso gli antichi egizi si riscontrano tracce di attività di
intelligence volte all’informazione e alla ricognizione del territorio in modo da
attuare le strategie militari più adatte. Medioevo, età napoleonica, Risorgimento:
non c’è periodo della Storia in cui non si sono registrate attività di spionaggio. Per
inquadrare meglio il periodo di interesse, è opportuno tracciare, a grandi linee, la
situazione in cui si trovavano i servizi segreti europei alla conclusione della “grande
guerra”. A causa della rapida smobilitazione degli eserciti, delle esigenze della
ricostruzione e delle politiche economiche restrittive, le democrazie occidentali e
orientali operarono drastici tagli di bilancio che non risparmiarono le agenzie di
sicurezza nazionale. Considerato che vi erano trattati sufficientemente in grado di
assicurare pace e stabilità, che senso aveva mantenere in vita costose strutture di
spionaggio e controspionaggio nelle quali operavano “impiegati” che, in assenza di
conflitti, non rappresentavano altro che un peso economico da sostenere
mensilmente? Gli stessi Stati Uniti, già con strutture che non risultavano al passo
con le controparti europee, fecero un ulteriore passo indietro, andando a smantellare
perfino il servizio di decodificazione scrupolosamente edificato da Herbert
Yardley. L’atteggiamento dei governanti statunitensi si può riassumere in una
battuta del Segretario di Stato Henry Stimson, il quale affermò che un vero
gentleman non legge la posta degli altri.
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Ma non tutti erano gentlemen.
E allora,
come comportarsi con codesti personaggi? Le democrazie occidentali tardarono a
comprendere l’importanza di un sistema di intelligence serio ed affidabile, laddove,
invece, i nascenti regimi totalitari ne avevano ben capito il potenziale. Questi ultimi,
sin dai loro albori, investirono notevoli risorse al fine di trasformare i servizi di
intelligence in una polizia politica che potesse consolidare ulteriormente il loro
potere.
In poco tempo, gli apparati di sicurezza si videro snaturare della loro natura
originaria: da servizi di “informazione preventiva” a strumento mirato ad
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D. VECCHIONI, Storia degli 007 dall’era moderna a oggi, Editoriale Olimpia, Firenze, 2008, p.
85.
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assecondare le paranoie del dittatore di turno.
Il primo effetto che si avvertirà sarà
l’intrinseca debolezza del sistema, con un’accentuazione di rivalità e asti personali.
Il secondo effetto sarà un eccezionale offuscamento ideologico.
Ma ciò che stupisce
non poco è che, laddove i dittatori avevano cercato di rafforzare il più possibile
questa “macchina informativa” per scopi personali, nel momento in cui alti
funzionari dei servizi segreti tentarono di attirare la loro attenzione su gravi minacce
incombenti, essi si rifiutarono di credere alle parole e alle documentazioni fornite.
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Per questo, Stalin, ad esempio, non volle ascoltare i suoi migliori agenti che gli
segnalarono l’imminente invasione dell’URSS da parte dei nazisti con
l’”Operazione Barbarossa”.
Hitler, invece, fu oggetto di una manipolazione ad arte
orchestrata dagli Alleati che lo portò a credere che il secondo fronte europeo
sarebbe stato aperto nel Pas de Calais e non in Normandia (“Operazione
Overlord”).
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Parallelamente alle tecniche di intelligence, divenute sempre più evolute nel corso
degli anni, un’altra disciplina subiva un processo di notevole evoluzione secondo
uno tra i massimi esperti, David Khan: la crittologia. Questa disciplina ha un duplice
scopo: la codificazione di scritture volte all’occultamento di messaggi dal contenuto
sensibile e, al tempo stesso, le tecniche di decodificazione degli stessi. Tali tecniche
sono incluse in una delle due sottodiscipline che costituiscono la crittologia: la
crittoanalisi. David Kahn definisce quest’ultima the most important form of secret
intelligence in the world today.
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Con crittoanalisi si intende lo studio dei metodi per
avere accesso alle informazioni cifrate senza essere in possesso dell’informazione
segreta. La controparte, invece, è definita crittografia e riguarda lo studio delle
tecniche relative all’occultamento del messaggio. Secondo Kahn la mole di
documentazione prodotta dagli specialisti in criptoanalisi fa sì che questa disciplina
eserciti un’enorme influenza a livello globale tale da influenzare le politiche di
governo di qualsiasi Stato.
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Durante il secondo conflitto mondiale la crittologia
giocherà un ruolo determinante dal punto di vista strategico, ponendo due sole forze
in diretta competizione tra loro: la Germania nazista e il Regno Unito. Enigma, la
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M. FRANZINELLI, Guerra di spie, Mondadori, Milano, 2004. p. 12.
6
D. VECCHIONI, op. cit., p. 86.
7
D. KHAN, The Codebreakers. The Story of Secret Writing, Scribner, 1967, p. XI.
8
Ibidem.
6
macchina cifrante per antonomasia, in uso alle forze speciali naziste, e il Progetto
Ultra del GC&CS (Government Code and Cypher School) con a capo Alan Turing
con l’obiettivo di “bucare” (termine in uso ancora oggi, soprattutto nella comunità
informatica) Enigma. Secondo gli esperti, la nazione che per prima fosse riuscita a
scardinare il sistema di cifratura avversario avrebbe vinto la guerra. Come si vedrà
nel capitolo riservato alle macchine, il lavoro degli esperti non fu affatto una
passeggiata. Kahn, come accennato in precedenza, ha rilevato tracce di utilizzo
della crittologia fin dalla civiltà egiziana: in una città nei pressi del Nilo, Menet
Khufu, è stata rinvenuta un’iscrizione con geroglifici che richiamano simboli
anziché lettere. Secondo lo storico statunitense si tratta del testo più antico
conosciuto.
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Ivi, p. 71.