6
trasformazione sociale, complicato dalla ricerca di una nuova identità e
posizione geopolitica.
Questa analisi, pur considerando alcuni elementi di ricostruzione,
vuole soffermarsi sulle relazioni politiche dei due paesi, in particolare con
l’ottica di quel paese che è sempre stato considerato un “gigante
economico ma un nano politico” , ovvero la Germania.
Questo paese è riuscito nel corso del dopoguerra a riemergere
dalla distruzione psicologica e materiale della sua economia e,
proponendosi fin dall’inizio all’esperienza europea come uno dei
protagonisti del legame franco tedesco del trattato di Parigi del 1951, a
diventare una delle nazioni più rilevanti a livello economico nel campo
internazionale.
Nello stesso tempo la seconda guerra mondiale aveva lasciato
l’eredità del così detto diritto delle quattro potenze vincitrici su Berlino e
sulla Germania con la conseguente limitazione della sovranità di
quest’ultima poiché le prime si erano ripromesse, in qualità di guardiane
della Storia, di fare sì che il paese tedesco non ricalcasse le orme di quella
Realpolitik che aveva scatenato la più grande tragedia del secolo.
La caduta del muro e l’avvento della così detta “deutsche Einheit”
danno la possibilità di colmare questo scompenso tra potenza in termini
economici ma non politici e, nello stesso tempo, di riavvicinare le
relazioni con il gigante russo che nel corso del ventesimo secolo sono
state caratterizzate da una sorta di “amore–odio”. Infatti, le due potenze si
sono avvicinate con trattati d’alleanza e collaborazione come nel 1918 e
nel 1939 e tuttavia si sono viste avversarie e si sono scontrate durante i
due conflitti mondiali del 1914 e del 1941. Come risultato degli
avvenimenti che si sono succeduti durante il sorprendente biennio del
1989-1990, i due paesi hanno voluto stabilire un nuovo legame di
riavvicinamento e di reciproca collaborazione politica ed economica
basato su una serie di trattati che sono, di fatto, la soluzione stessa della
“questione tedesca”.
7
Figura 1: Evoluzione dei confini della Germania dal 1871 al 1989
Fonte: T.G Ash, Germaniy’s Choice, in “Foreign Affairs”, Vol. 73, n. 4, p. 72.
8
Questo “Vertrag-Packet” comprende ben quattro trattati, ovvero il
compromesso di Zheleznovodsk come risultato delle trattative del “2+4”,
lo speciale trattato di amicizia “Good-Neighbourliness, Partnership and
Cooperation”, un patto per sistemare le residue obbligazioni economiche
della Germania Est e infine un trattato transitorio per la permanenza sul
suolo tedesco e il successivo ritiro delle truppe sovietiche di stanza in
Germania. Qui è l’origine di questa nuova relazione di cui le due potenze
hanno più volte rilevato l’importanza reciproca come si evidenzia dalle
numerose dichiarazioni dei due leaders, nonostante i cambiamenti che si
sono susseguiti durante il periodo ‘90-’95. Ad esempio, anche dopo il
fallito putsch dell’Agosto 1991, che ha sancito la fine sia dell’Unione
Sovietica sia della guerra fredda, i capi di stato Helmut Kohl e Boris
Yeltsin si sono incontrati a Bonn per firmare una serie di accordi bilaterali
che intendevano simbolizzare “the new quality” della loro relazione,
intesa come espansione delle relazioni commerciali, completamento della
partenza delle truppe russe ancora permanenti in Germania e aumento
degli aiuti economici alla Russia. Lo stesso Presidente russo Yeltsin
nell’aprile 1994 asserì: “Russia and Germany are the two largest nations
in Europe. Their relationship is decisive for the fate of the entire
continent”; e ancora, a testimonianza di ciò, i contatti regolari tra i
ministri degli esteri dei due paesi portarono nel Febbraio 1994 alla
pubblicazione in comune di un articolo sotto il titolo “Strategie der
Partnerschaft”.
2
Questa dissertazione sulle relazioni tra i due paesi intende,
appunto, analizzare la qualità delle “New relations”, soffermandosi sulle
motivazioni che spingono i due paesi ad avvicinarsi per vedere come, al
di là delle varie dichiarazioni, la politica estera tedesca si sia modificata al
cambiare degli eventi e inoltre quali sono gli ostacoli che, soprattutto dal
punto di vista tedesco, potrebbero portare a compromettere il nuovo trend
politico, la cui implementazione è stata in realtà impossibilitata o quanto
2
K. Kinkel, A. Kosyrew, Strategie der Partnerschaft, in “Frankfurter Allgemeine
Zeitung”, 18 febbraio 1994, p. 3.
9
meno rallentata da una serie di fattori che saranno presi in considerazione
nei capitoli successivi. In particolare la necessità tedesca, fino al ’94, di
riaffermare la propria sovranità, soprattutto riguardo alla fuoriuscita delle
truppe russe, dall’altro la stessa instabilità del paese russo.
Tuttavia, mi sembra opportuno dover dedicare una prima parte a
quell’eccezionale stagione degli eventi che si sono susseguiti dal ‘89 al
‘90, cercando di spiegare come si sia arrivati alla formulazione e
accettazione da parte sovietica dei trattati menzionati. Essi, infatti,
costituiscono un ponte di passaggio tra due epoche così diverse non solo
nelle relazioni tra i due paesi che si prendono in considerazione, ma anche
a livello mondiale poiché sicuramente la caduta del muro e l’unificazione
tedesca sono state il fulcro di un capitolo che si potrebbe intitolare
“l’inizio della fine” dell’impero sovietico con la conseguente divisione tra
gli stati della così detta “cortina di ferro”.
10
CAPITOLO 1
LA SOLUZIONE DEL PROBLEMA
TEDESCO
Questo capitolo intende analizzare preliminarmente l’evoluzione
della posizione russa rispetto al problema tedesco e il ruolo rilevante
giocato dal Cremlino durante i negoziati sugli aspetti “esterni”
dell’unificazione tedesca.
Se consideriamo il trend della politica estera russa di Leonid
Brezhnev e dei ministri degli esteri Andropov e Chernenko si rimane
attoniti rispetto ai risultati che il biennio ‘89-‘90 ha portato. Alla fine
della guida di questi leaders il paese si trovava isolato e circondato da
potenze ostili; le relazioni con l’ovest erano assai deteriorate a causa dello
stanziamento dei missili russi SS-20, dell’aggressione dell’Afganistan e
dell’imposizione della legge marziale in Polonia.
La Germania dell’est costituiva l’indiscussa roccaforte della
sicurezza russa in Europa e l’esempio della creazione di un paese
comunista alleato economicamente efficiente, politicamente stabile e
militarmente forte.
Ne era conferma il fatto che la Russia disponesse già di un largo
numero di truppe ed armamenti in Europa orientale e solo nella Germania
Est, di ben 500.000 unità. Da tutto ciò non si poteva certo dedurre che
come, appena dopo cinque anni di governo guidato da Gorbachev, si
permettesse la fine del comunismo nei paesi satelliti, la scomparsa della
RTD e una Germania unita come pieno membro della NATO e
dell’Unione Europea.
11
Gorbachev, nominato segretario generale del KpdSU nel’85, è
senz’altro il protagonista di questi eventi, ed è stato capace di dare una
svolta decisiva alle linee generali dell’economia e della politica interna
sovietica tramite la così detta Perestrojka che è stata accompagnata
conseguentemente da una radicale revisione della politica estera e quindi
della “sowjetische Deutschlandpolitik”.
12
1.1. NOVOE POLITICHESKOE MYSHLENIE
Il cambiamento delle linee generali e della sostanza della politica
estera sovietica, avvenuto con l’ascesa alla guida del paese di Gorbachev,
ha preso il nome di “nuovo pensiero politico“, Novoe Politicheskoe
Myshlenie (N.P.M). La prima volta che le nuove idee furono rese
manifeste avvenne durante il discorso di Gorbachev al XXVII congresso
del partito comunista nel febbraio 1986. Il nuovo leader prese
palesemente le distanze dalla visione brezhneviana della “lotta per la
pace” e, parlando per la prima volta “dell’interdipendenza e della
cooperazione“, mostrò di anteporre tali obbiettivi alla lotta ideologica tra
capitalismo e socialismo.
3
Questi concetti furono posti come fondamento del principio di
“comprehensive system of international security” (C.S.I.S) per la prima
volta enunciato durante il medesimo congresso; la realizzazione di un
sistema di sicurezza globale rendeva necessarie la rinuncia alla guerra tra
potenze nucleari, la distruzione di armi chimiche e biologiche e infine la
riduzione del numero delle unità convenzionali ad un livello di
“ragionevole sufficienza”.
4
Il progetto di disarmo era funzionale a due obbiettivi ben precisi:
da un lato costituiva il primo passo per sostituire al principio del
“Confronto” quello della “Cooperazione” e superare la divisione
dell’Europa,
5
dall’altro si proiettava nella visione di un “disarmo per lo
sviluppo” che fu successivamente sottolineata da Gorbachev durante il
70° anniversario dell’URSS.
Divenne ben presto chiaro che un tale programma di riduzione
degli armamenti, mai attuato nella storia sovietica, fosse essenziale per
3
Cfr. R. Sakwa, Gorbachev and his reform 1985-1990, Kent, Prentice Hall, 1991.
4
R. Sakwa, Gorbachev and his reform 1985-1990, op.cit.
5
Gorbachev il 10 aprile 1987 durante una visita in Cecoslovacchia: “We are firmly
opposed to the division of the continent into military blocs facing each other, against the
accumulation of military arsenals in Europe, […] in the spirit of the new thinking we
advanced the idea of the “common European home” in R. Sakwa, Gorbachev and his
reform 1985-1990, op.cit, p. 337.
13
permettere sia le riforme politiche sia il rilancio dell’economia.
Gorbachev diede un segno concreto di volere attuare il NPM
promettendo, in occasione del discorso tenutosi alle Nazioni Unite il 7
Dicembre 1988, un taglio delle forze convenzionali di 500.000 uomini (di
cui il 10% erano soldati dell’armata sovietica) e il ritiro di 50.000 soldati
e 6 divisioni di carri armati dall’Europa dell’Est. Tale azione, seppure
dovuta in parte a ragioni economiche, era rivolta soprattutto a rinforzare il
messaggio della serietà dello NPM e del cambiamento del ruolo sovietico
nell’Europa dell’Est.
6
Altro concetto chiave della visione di Gorbachev fu quello della
“libertà di scelta”, conditio sine qua non per la realizzazione delle
rivoluzioni che avvennero tra l’89-‘90. Questo principio fu enunciato per
la prima volta alla IXX conferenza di tutti i partiti comunisti del giugno
’88 e poi ribadito in più occasioni,
7
e ancora nel febbraio ’89 a Kiev
Gorbachev sottolineò come le relazioni tra l’Unione Sovietica e gli altri
stati socialisti dovessero essere basate su ”unconditional independence,
full equality and strict non-intervention in internal affairs”.
8
Il principio di autodeterminazione e l’idea di “unity in diversity”
erano espressione della Realpolitik di Gorbachev; il mondo comunista
era, infatti, irrimediabilmente fratturato da differenze ideologiche e
differenze politiche, tanto che l’idea stessa di movimento, all’interno dei
singoli paesi, non era più applicabile di fronte ai conflitti d’interesse
nazionale.
9
Occorreva impostare un nuovo rapporto tra Unione Sovietica
e paesi socialisti e cercare di restaurare il legame deterioratosi dopo quasi
50 anni di dominazione di fatto, che aveva generato amarezza e ostilità,
facendo però capire ai propri partners che decomunistizzazione non
voleva significare desovietizzazione.
6
R. Sakwa, Gorbachev and his reform 1985-1990, op.cit.
7
Vedi il discorso di Gorbachev alle nazioni Unite nel dicembre dell’88 “Freedom of
choice is a general principle that does not admit any exception“ in H. Adomeit,
Gorbachev and German Unification: Revision of Thinking, Realigment of Power, in
“Problems of Communism”, n. 39/4, luglio–agosto, 1990, p. 5.
8
Cfr. H. Adomeit, Gorbachev and German Unification: Revision of Thinking,
Realigment of Power, op.cit, p. 5.
9
R. Sakwa, Gorbachev and his reform 1985-1990, op.cit.
14
Divenne evidente che Gorbachev sosteneva la trasformazione
dell’intero blocco socialista e si auspicava che i singoli paesi cercassero
autonomamente la così detta terza via ovvero che, pur attuando riforme in
campo economico e politico, rimanessero legati tra loro e con l’Unione
Sovietica quanto meno nel rispetto degli obblighi del patto di Varsavia.
Il NPM produsse cambiamenti anche all’interno dell’Unione
Sovietica tra cui va sottolineata la sostituzione alla dirigenza del veterano
Andrei Gromyko che apparteneva alla vecchia linea di pensiero come
confermano l’appoggio all’intervento in Cecoslovacchia nel 1968 e alla
decisione di invadere l’Afganistan nel ’79; al suo posto salì Eduard
Schevardnaze effettivo elemento del ”new politcal thinking”.
10
Inoltre, accanto alla redifinizione delle relazioni URSS-Est Europa
altri due elementi vanno considerati: il nuovo rapporto che Gorbachev
instaurò con la Repubblica Federale Tedesca e il progressivo
allontanamento tra Mosca e Berlino Est che rese impossibile un’effettiva
collaborazione nel momento della crisi della Germania orientale.
10
R. Sakwa, Gorbachev and his reform 1985-1990, op.cit.
15
1.2. IL NUOVO RAPPORTO TRA MOSCA E BONN
L’evoluzione dei rapporti tra Mosca e Bonn è contrassegnata dalla
personalità dei due leaders; la loro collaborazione, basata su profondo
rispetto e amicizia reciproca, ha permesso, attraverso una serie di passi, il
ravvicinamento tra i due paesi e quindi la soluzione della questione
tedesca, all’indomani della caduta del muro, “come se le decisioni fossero
state prese solamente dai due capi di stato”.
11
Si può cercare di dividere il periodo che intercorre dal 1985 al
1989 in due fasi differenti.
La prima fase va dal marzo ‘85 al dicembre ‘88 e si conclude con
la dichiarazione del leader russo alle Nazioni Unite. Durante questo
periodo la situazione internazionale si presentava ancora relativamente
stabile, non vi erano avvisi di cambiamenti nella DDR, l’unificazione
tedesca era “a long way off” e le relazioni tra Russia e RFD vacillavano
tra il “cool and correct”.
12
Gli affari sovietici interni avevano la priorità nella visione del
leader russo; il paese doveva essere trasformato in un paese moderno ed
efficiente, e questi, credendo nella ricerca teorica e pratica di una terza
via, diede pieno sostegno alla nuova politica economica che doveva
inserirsi tra una pianificazione di tipo sovietico e il libero mercato. Per
ottenere quest’obbiettivo bisognava creare le più vantaggiose condizioni
anche in politica estera, che, appunto prese forma nella NPM, non
prevedendo tuttavia il precipitarsi degli eventi rivoluzionari in Polonia,
Cecoslovacchia e Ungheria, che avvennero soltanto qualche mese dopo.
11
Cfr. R. Biermann, Zwischen Kreml und Kanzleramt: wie Moskau mit der deutschen
Einheit rang, Paderborn, Schoningh, 1997, p. 781 (la traduzione è a cura dell’autore); si
prenda ad esempio il discorso di Kohl durante l’incontro del 24 ottobre 1988 con
Gorbachev che impressero le future relazioni: “Sono venuto a Mosca come cancelliere
(della RFT) ma anche come cittadini Kohl. Noi siamo più o meno della stessa età e
apparteniamo a quella generazione che ha sofferto la guerra”; cfr. M. Gorbachev,
Erinnerungen, Berlin, Siedler Verlag, 1995, p. 703 (la traduzione è a cura dell’autore).
12
H. Adomeit, Gorbachev and German Unification: Revision of Thinking, Realigment of
Power, op.cit, p. 4.
16
Contemporaneamente i rapporti con la RFT andavano mutando
lentamente perché, nel contesto del confronto russo-americano, la
Germania occidentale restava un elemento fondamentale. Come affermò
Gorbachev: “La Bundesrepublik è la più vicina agli Stati Uniti e
rappresenta l’esportazione della politica americana nel continente
europeo, la Germania occidentale è la seconda sostenitrice della NATO
dopo l’America […] sul suo territorio sono posizionati missili “Pershing”
che possono raggiungere l’URSS in pochi minuti, […] lo dico senza
ironia, all’interno della confronto globale tali argomenti avevano un certo
peso”.
13
Per quanto riguarda i rapporti con l’occidente, nei primi anni il
leader sovietico si preoccupò di intessere relazioni con gli Stati Uniti:
“Mosca continuava, in principio, a cercare di isolare la Germania
Occidentale e presumibilmente di punirla per avere permesso lo
stazionamento di missili nucleari americani di medio raggio in Europa
occidentale”.
14
L’Europa giocava quindi un ruolo ancora secondario.
Le relazioni tra i due paesi cambiarono quando il pensiero politico
di Gorbachev divenne pubblico e costituì elemento costante della politica
estera ed interna del paese, man mano che i legami politici ed economici
con l’occidente divennero essenziali per permettere le riforme all’interno
del paese russo.
Così, mentre s’infittivano gli scambi diplomatici, Gorbachev dopo
l’importante discorso all’ONU in cui si parlava di “freadom of choice” e
di porre fine al confronto tra i due blocchi in nome dell’umanità, si
accingeva ad incontrare per la prima volta il cancelliere Kohl.
La seconda fase che prendiamo in considerazione va dall’ottobre
1988 al dicembre ‘89 e comprende, oltre agli eventi che si succedettero
nei paesi dell’est tra cui il ritorno del pluralismo in Polonia il 5 aprile
1989, l’apertura delle frontiere tra Austria e Ungheria il 10 settembre
13
Cfr. M. Gorbachev, Erinnerungen, op.cit, pp. 700-701 (la traduzione è a cura
dell’autore).
14
Cfr. H. Adomeit, Gorbachev and German Unification: Revision of Thinking,
Realigment of Power, op.cit, p. 4 (la traduzione è a cura dell’autore).
17
1989 e la conseguente apertura del muro, due incontri importanti tra
Gorbachev e Kohl che sancirono l’inizio di una relazione speciale tra i
due leader.
Il primo avvenne il 24 ottobre 1988, quando il cancelliere della
Germania occidentale visitò personalmente per la prima volta Gorbachev
a Mosca: quest’incontro ebbe un’importanza rilevante perché servì ad
impostare una nuova relazione e ad “aprire un nuovo capitolo nelle
relazioni tedesco-russe.” Come sottolinea Gorbachev, egli cercò prima di
tutto di far capire che i rapporti tra i due paesi allo stato attuale non erano
vantaggiosi né per i russi né per i tedeschi e che “l’Unione Sovietica era
pronta a costruire i loro rapporti sulla fiducia e sulla realtà basandosi su
un costruttivo dialogo su ogni problema”. La risposta da parte del
cancelliere non fu soltanto positiva; Kohl aggiunse: “Io sono pienamente
d’accordo [...] io sono venuto a Mosca non solo come cancelliere ma
anche come cittadino Kohl […] sono pronto a un intensivo e personale
dialogo con lei (Gorbachev)“.
15
Tuttavia, durante il primo incontro la situazione internazionale era
ancora sicuramente favorevole per la Russia e quindi non stupisce come,
nonostante le svariate dichiarazioni sul nuovo pensiero politico,
Gorbachev rimanesse fermo sulla sua posizione riguardo al problema
tedesco. Era ben consapevole del desiderio, mai assopito, del governo
della RFT di risolvere un giorno tale anomala situazione, ma come disse
nell’ottobre 1988: “La situazione corrente è il risultato della storia;
cercare di mutarla e di forzare le cose tramite una politica non realistica è
un incalcolabile e pericoloso tentativo”.
16
Sicuramente tale rifiuto di
impostare una nuova pagina sull’unità tedesca non poteva essere più
chiaro; sarebbe stata la storia a decidere e non Gorbachev, tuttavia la
storia stessa stava volgendo in tale direzione.
15
Cfr. M. Gorbachev, Erinnerungen, op.cit, pp. 703-705 (la traduzione è a cura
dell’autore).
16
Cfr. H. Adomeit, Gorbachev and German Unification: Revision of Thinking,
Realigment of Power, op.cit, p. 4 (la traduzione è a cura dell’autore).
18
Il successivo incontro tra i due leaders conferma la volontà del
leader sovietico di rinsaldare i legami con l’Est Europa; si svolse il 12
giugno 1989 a Bonn, in seguito alla visita di Gorbachev a Pechino durante
la quale gli studenti dissidenti, che lo salutavano come un eroe sulla
Piazza Tienanmin, furono massacrati dal governo cinese.
Nell’arco di tre giorni, tra il 12 e il 15 giugno Gorbachev visse una
grandissima popolarità venendo osannato dalla folla che festeggiava la
sua visita con slogan come “Gorbi, Gorbi” oppure “Ancora così
Gorbachev”.
17
Il summit produsse la così detta “Joint declaration” che
rappresentò la concreta espressione della cresciuta fiducia tra Gorbachev
e Kohl e la decisa intenzione di migliorare le relazioni tra i due paesi. La
dichiarazione conteneva alcuni principi e messaggi chiave non privi di
contraddittorietà.
Da un lato si presentava come la risposta negativa per coloro che
si erano chiesti se l’enunciazione del principio di “libertà di scelta”
valesse solo per la Germania occidentale ma non per la DDR di
Honecker. Infatti, nonostante Gorbachev ne avesse parlato già nel
dicembre 1988, il principio assumeva maggiore importanza in un
documento tedesco-russo, dove si dichiarava esplicitamente la necessità
di garantire il diritto di tutti i popoli e gli stati di determinare liberamente
il proprio destino.
18
Dall’altro si deplorava il fatto che il continente europeo fosse stato
diviso per decadi, e si annunciava che “The Federal Republic and the
Soviet Union consider it a paramount objective of their policy to continue
Europe’s historical traditions and to contribute to overcoming the division
of Europe”,
19
e sicuramente ciò non poteva avvenire senza la risoluzione
della divisione della Germania.
17
Cfr. M. Gorbachev, Erinnerungen, op.cit, p. 706 (la traduzione è a cura dell’autore).
18
K. Kaiser, Deutschlands Vereinigung: die internationalen Aspekte, Bergisch
Gladbach, Lubbe Verlag, 1993, p. 143.
19
Cfr. H. Adomeit, Gorbachev and German Unification: Revision of Thinking,
Realigment of Power, op.cit, p. 5.
19
La questione dell’unificazione tedesca non poteva essere elusa
durante le discussioni e le interviste che seguirono la Dichiarazione di
Bonn, ma a tale riguardo le reazioni e le dichiarazioni dei leaders tuttavia
rimanevano opposte: mentre Kohl sottolineava l’anormalità della
divisione tedesca come l’esistenza di una “ferita aperta”, che prima o poi
andava inevitabilmente chiusa a vantaggio della stessa idea di un’Europa
stabile e giusta,
20
Gorbachev rispondeva con una certa ambiguità alle
domande che gli venivano poste limitandosi ad affermare che “There is
nothing eternal under the sun […] The Wall can only disappear wehn the
preconditions that gave rise to it vanish”.
21
Dopo questi incontri, nonostante la questione tedesca rimanesse
aperta, i due paesi si erano riavvicinati e mentre come disse Gorbachev
“ci preparavamo agli anni ‘89-‘90”
22
nel senso di una collaborazione e
apertura di dialogo, i rapporti con la Germania orientale erano ormai
cambiati definitivamente: dalla cooperazione alla tolleranza.
20
Cfr. Vizit Gorbaciova v F.R.G, in “Pravda”, 13 giugno 1989, pp. 1-2.
21
Cfr. Press-Konferenzia Gorbaciova v Bonn, in “Pravda”, 16 giugno 1989, p. 2.
22
M. Gorbachev, Erinnerungen, op.cit, p. 705.