dall’esercito italiano nella zona di Valona. Durante la guerra la popolazione albanese subì perdite
pari a 70 mila persone, 8-10% della popolazione e il paese fu completamente distrutto dal punto di
vista economico e devastato nelle sue strutture sociali.
L’intervento politico,militare,economico e culturale dell’ Italia in Albania tra il 1925-1939 si
divide in tre periodi. Il primo periodo comincia con la stipula dell’ accordo per il prestito della
SVEA e la formazione della Banca Nazionale Albanese e continua fino al giugno 1931, quando
tra i due stati venne preparato un altro accordo per un nuovo prestito di 100 milioni di FA. Il
secondo periodo, comincia con il prestito di 100 milioni di FA, nel giugno del 1931 e continuò
fino al marzo del 1936, quando vennero stipulati una serie di accordi tra l’Italia e l’Albania.
Questo periodo venne caratterizzato dalla resistenza del governo albanese contro gli interventi
italiani nel settore politico ed economico. Fu anche il periodo del inasprimento delle relazioni tra
questi due paesi. Il terzo periodo comincia dal marzo 1936 fino al 7 aprile 1939, quando l’Italia
fascista attacca l’Albania e la occupa; Dal punto di vista storico il terzo periodo è quello più
importante.
5
PRIMO PERIODO DELL’ INTERVENTO ITALIANO IN ALBANIA.
L’INIZO DELL’ INTERVENTO ITALIANO
L’interesse politico ed economico dell’Italia verso l’Albania, manifestatosi già prima della
guerra mondiale, in funzione anti-austriaca, si consolidò allorché la Conferenza degli
Ambasciatori del 1921 riconobbe all’Italia uno speciale“mandato” sulla giovane repubblica
balcanica.
Nell’immediato dopoguerra, dopo il fallimento dell’accordo Tittoni – Venizelos, l’Italia si
era schierata per la conservazione di uno stato albanese indipendente nei confini originari del
1913: questa circostanza, abbinata al “protettorato italiano”, avrebbe comportato notevoli vantaggi
di ordine politico, (in contrasto alle aspirazioni francesi nei Balcani), militare (rottura della
continuità del possesso di serbi e greci sulla costa orientale dell’Adriatico e controllo dello stretto
di Otranto) ed economico (in particolare si riconosceva grande importanza al “valore di transito”
del territorio albanese) . L’Albania aveva, dunque,un valore strategico per l’equilibrio adriatico e
costituiva la porta principale per un’espansione economica e politica verso il Vicino Oriente.
Probabilmente il pericolo greco aveva già indotto Zog a prendere contatti con il governo italiano.
Nell’ agosto del 1924 Zog aveva inviato in Italia il deputato albanese Jak Koci, per entrare in
contatto con i fratelli Pugni. Tramite loro Koci fu presentato al deputato di Savona, Lessona.Ad
esso Koci avanzò la proposta che l’Italia aiutasse Ahmet Zogu a conquistare l’Albania. Ma la
proposta cadde nel vuoto,perché Mussolini per prenderla in considerazione richiedeva da Zog un
documento scritto che questi non avrebbe evidentemente mai accettato di rilasciare per non
esporsi a rappresaglie jugoslave. Dopo l’avvento al potere di Zog,i contatti con il governo italiano
si intensificarono ancora di più . All’inizio di febbraio 1925, Lessona si recò in Albania, e Zog
non gli nascose che il suo regime “dovrà fatalmente essere un regime autoritario e
nazionalistico,perché l’irredentismo albanese (verso la Jugoslavia e la Grecia) è la grande e unica
voce che,parlando al cuore del mio popolo,può tenerlo unito. L’Italia comprenderà certamente
questa aspirazione perché essa stessa si è battuta per l’irredentismo dei suoi figli
3
.” Rientrato
Lessona in Italia e dopo molti colloqui col senatore Contarini ,segretario generale del ministero
degli Affari Esteri, le richieste italiane si conclusero con “Un trattato segreto militare” per il quale
6
l’Albania metteva a disposizione dell’Italia il suo territorio nell’eventualità di una guerra con la
Jugoslavia, la concessione di zone petrolifere o agricole in zone da definirsi,nella costituzione
della Banca di emissione albanese con capitali italiani. Dal punto di vista diplomatico l’ingresso
del capitale italiano in Albania fu avallato dai governi inglese e americano, interessati ad ottenere
l’adesione dell’Italia al patto di sicurezza per la Renania e, più in generale, a contrastare la
crescente egemonia francese in Europa Orientale
4
.
Il 15 marzo del 1925,grazie ai buoni uffici dell’onorevole Lessona e all’opera dell’incaricato
degli affari in Albania Ugo Sola ,fu possibile la stipula di una convenzione fra il governo albanese
e un gruppo finanziario italiano, di cui facevano parte le maggiori Banche Italiane,con una
preminenza del Credito Italiano,che aveva come esponente Mario Alberti ,ben conosciuto negli
ambienti internazionali. La Banca fu costituita a Roma il 2 settembre del 1925, ed il suo capitale
sociale fu fissato a 12.500.000 di Fa, con un numero di azioni pari 595 mila,di cui 100.000 dette
fondatrici, dal valore più basso (1,25 franchi) rispetto a quelle ordinarie(da 25 franchi) ma con
uguale diritto di voto. Dal punto di vista formale la partecipazione era cosi suddivisa:Gruppo
finanziario italiano 26%, partecipazione jugoslava 10%, partecipazione Svizzera e Belga 15%,
privati 49%. Se teniamo conto che i privati erano solo dei prestanomi del gruppo italiano, la
partecipazione italiana saliva a 70 %
5
.Inoltre fu assicurata l’indipendenza dell’istituto dal governo
albanese, fu fissata la sede legale a Roma e fu attribuita la presidenza ad un italiano. La politica
generale della banca sarebbe stata dunque condotta in Italia, da organi sociali a maggioranza
italiana; l’amministrazione dell’istituto fu affidata ad Amedeo Gambino
6
, che avrebbe operato in
contatto con i direttori delle filiali in Albania. La convenzione prevedeva l’introduzione di un
nuovo sistema monetario e la creazione del franco albanese, che fu agganciato all’oro secondo la
vecchia parità dell’unione monetaria latina (0,290322 grammi per franco). L’ordinamento
bancario e monetario albanese rappresentò un notevole piano di “ingegneria finanziaria”,
congegnato dall’Alberti, che riuscì a conseguire i seguenti importanti obbiettivi: diffondere
l’impiego della banconota e dell’assegno in un Albania, che non aveva mai avuto in passato
alcuna esperienza di banca ed in cui erano inosservate anche le principali forme di legislazione
commerciale e tributaria
7
; preservare allo stesso tempo la stabilità della nuova moneta evitando
tendenze inflazionistiche. La politica monetaria piuttosto restrittiva della Banca Nazionale
d’Albania fu subordinata,agli obiettivi politici del regime e alla difesa della lira sui mercati
valutari. Del resto tale politica veniva giustificata anche dal fatto che la banca, essendo al
contempo istituto di emissione e di credito ordinario, doveva ridurre al minimo i suoi rischi e in
considerazione delle scarse possibilità di investimento offerte dalla arretrata economia albanese.
Contemporaneamente veniva fondata la“Società per lo Sviluppo Economico del Albania”, SVEA,
7
destinata con un prestito di 50 milioni di FA,a permettere all’Albania di far fronte ai più urgenti
bisogni della popolazione in materia di lavori pubblici e di sviluppo agricolo e industriale. Il
prestito, destinato alla costruzione di opere pubbliche, sarebbe stato garantito dai proventi delle
dogane e dei principali monopoli albanesi
8
.
Il prestito però non venne mai usato per i bisogni della popolazione. L’operazione,voluta
personalmente da Mussolini, aveva carattere squisitamente politico: perfettamente consapevoli
della scarsa capacità di pagamento dell’Albania, i rappresentanti italiani miravano a rivalersi sulle
garanzie del prestito per poter ottenere il controllo prima sul commercio e poi sull’intera
amministrazione del paese. L’eventualità della inadempienza albanese veniva quindi non solo
tenuta in considerazione, ma addirittura considerata fin dall’inizio delle trattative la necessaria
premessa per la realizzazione di vantaggi di tipo politico. D’altra parte il governo albanese,
avendo intuito le intenzioni italiane e conscio delle implicazioni politiche della sua inadempienza,
rifiutò di pagare le prime rate del prestito avanzando assurde richieste di facilitazioni e
trincerandosi in un atteggiamento ostruzionistico che non rendeva possibile l’avvio del
programma di costruzione di opere pubbliche. Gli ostacoli frapposti dal governo albanese furono
molteplici: inosservanza delle dovute formalità per l’assegnazione degli appalti (depositi
cauzionali e presentazione di garanzie bancarie), lavori eseguiti senza i preliminari accertamenti
tecnici, ritardi nella consegna del definitivo piano per la ripartizione dei proventi del prestito tra le
varie opere pubbliche, irregolarità amministrative
.
Contro queste manovre però c’erano tanti intellettuali albanesi. Anche il ceto medio da parte sua
era contrario.Cosi, il giornale “Bisedimet”scriveva, il 21 maggio che “Italia, formando la Banca
Nazionale Albanese a Roma assume il controllo totale della ricchezza del popolo albanese. Da
oggi in poi l’Albania non ha diritto di fare un passo ,di aprire una strada o di costruire una
ponte,senza chiedere il permesso al gruppo di Mario Alberti. Il ministro delle Finanze non ha idea
di che cosa vuol dire finanza”
9
. Per arrivare fin qui Italia provò a corrompere i dirigenti albanesi,
tra loro anche ministri del governo albanese ,come il ministro del Affari Esteri Mufit bey
Libohova che accettarono tangenti per 1 milione di franchi d’oro, che si sarebbero raddoppiate se
si fosse arrivati al patto. Nel 1925 il governo e il parlamento albanese ratificarono anche il
Trattato del Commercio e della Navigazione. Con questo trattato quasi tutto il commercio dello
stato albanese fu monopolizzato dallo stato italiano. Il 18 marzo 1925 l’Amministrazione Delle
Ferrovie Statali Italiane prese per 60 anni in concessione 50 000 ettari per la ricerca del petrolio,e
per questo fu formato AIPA
10
. Nell’aprile del 1926 un'altra società SIGMA”Sindacato Italiano
Giacimenti Minerari Albania”prese in concessione a Memaliaj un territorio di 7153 ettari per la
ricerca e lo sfruttamento del carbone
11
. A settembre 1926 un altro gruppo di capitalisti italiani
8
prese in concessione le pianure di Shijaku per 99 anni, perché la legge non permetteva la vendita.
Con le intese raggiunte,il governo fascista poneva le basi per l’affermazione della supremazia
italiana nella vita economica albanese,gettando le premesse anche per una futura prevalenza in
campo politico. In una dichiarazione del diplomatico Quadroni a Tirana si precisava che” Il
prestito della SVEA fu usato interamente per gli interessi nostri, e precisamente nella costruzione
urgente degli uffici e delle abitazioni per il personale italiano che doveva stabilirsi in Albania”
13
.
Per l’utilizzo del prestito furono ideati 3 programmi .Il primo programma venne proposto dal
governo albanese, con la decisione n
o
. 93, il 24 marzo 1926
14
,e che rispecchia come segue:
Denominazione
dei tipi di lavori
Fondi
Con i lavori di
angheria
Con fondo
SVEA
1
2
3
4
5
Strade e Ponti
Porti
Bonificazioni e canalizzazioni
Edifici
Da questi
Militari
Ministeri
Palazzo del Zog
Sanità
Istruzione
17.075.0
9.500.0
31.185.0
4.535
2.140.0
1.050.0
500.0
645.0
200.0
5.470.0
5.650.0
1.175.0
1.000.0
125.0
50.0
11.605.5
9.500.0
25.535.0
3.360.0
1.140.0
925.0
500.0
645.0
150.0
S O MM A 62.295.0 12.295.0 50.000.0
Come si vede, si dovevano usare 51.07% dei fondi per agricoltura,42.21% per ponti e strade,
5.13% per edifici,1.29% per la sanità, e 1.30% per la istruzione. Però gli italiani avevano altri
programmi. L’idea era di bonificare una grande quantità di terre paludose, e dopo di ciò portare in
Albania circa 100.000 coloni, ma questa decisione venne categoricamente rifiutata da Zog. Dopo
questo rifiuto il governo albanese aveva pensato di usare i fondi in un'altra maniera. Cosi venne
9
progettato il secondo piano. Il 16 settembre 1927 venne pubblicato il secondo programma del
prestito della SVEA. Il programma era completamente diverso per quanto riguarda l’utilizzo dei
fondi nella bonifica delle terre paludose
15
. Ma gli italiani rimasero scontenti anche con questo
piano, cosi nasceva il terzo piano, il 28 luglio 1928
16
. Il piano prevedeva l’utilizzo del prestito
fino al 31 dicembre 1935
17
come segue:
L’impiego del prestito fino al 31.12.1935
1
2
3
4
5
6
7
Strade e ponti
Porti
Bonificazioni e Canalizzazioni
Edifici
Crediti e Studi
Somma
Fondi per essere usati
33.673.0
8636.0
1.491.0
10.972.0
6.718.0
61.490.0
1.253.0
54.76%
14.05 %
2.43%
17.84%
10.92%
100%
_____
T O T A L E 62.740.0 ---------
Con il nuovo piano venivano messi da parte il programma per l’agricoltura, le bonifiche e la
sanità. Le spese per le strade,porti e ponti arrivavano a 68.81%. Il carattere strategico di questi
piani non rispondeva ai bisogni economici del Albania.Le spese per l’amministrazione,costruzioni
militari e prigioni arrivavano al 17.84%. In queste condizioni quando fu approvato il prestito
molti parlamentari erano contrari,soltanto Mufit Libohova era favorevole. Per arrivare al suo
scopo,Libohova alla fine di agosto 1925 cominciò trattative segrete con la Jugoslavia e la
Francia
18
per rovesciare Zog, senza riuscirci. Informatosi dei fatti, Zog cominciò una indagine
parlamentare dal 28 ottobre 1925 fino al 20 novembre 1925
19
. La commissione riuscì a provare
tutte le accuse verso Mufit Libohova, che alla fine venne deposto da tutte le cariche.
10
LE PRIME PRESSIONI DEL GOVERNO ITALIANO
Nella primavera del 1925, le finanze albanesi si trovavano in un crisi profonda,e il
governo albanese non era in grado di pagare gli stipendi dell’apparato statale. In queste
condizioni, Zog pensò di chiedere un piccolo prestito, insieme con il prestito della SVEA di 1.5
milioni di FA
20.
Nel luglio del 1925 Mussolini mandò in Albania Lessona ,con le proposte seguenti:
1) l’Albania doveva conoscere tutte le prerogative secondo la Conferenza dei Ambasciatori
del 1921.
2) l’Albania doveva dare esclusivamente all’ Italia concessioni minerarie e petrolifere.
3) La firma di un trattato militare segreto con l’Albania per la protezione dei suoi confini.
21
4) l’esercito e la gendarmeria dovevano mettersi sotto il controllo italiano .
Ma le proposte italiane vennero rifiutate categoricamente da Zog. Tra gennaio e febbraio 1926
la situazione economica e finanziaria dell’Albania peggiorò,e il governo albanese era in
condizioni difficili per quanto riguardava i pagamenti e stava cercando da tutte le parti un prestito.
Nel frattempo Mussolini sostituì Lessona con Pompeo Aloisi.
Nel marzo del 1926, Zog informo l’inviato di Mussolini ,Aloisi, che, il governo albanese non era
in grado di pagare i prestiti presi dall’ Italia in due anni,e chiedeva che il governo italiano entrasse
in trattative con la SVEA per prorogare il pagamento degli interessi
22
. Il 7 aprile 1926 si riunì a
Roma la commissione per discutere le richieste albanesi, ne facevano parte Aloisi, Mario
Aberti,Amedeo Gambino e Eqrem Libohova, come rappresentante del governo albanese
23
.
Il 9 giugno Aloisi incontrò Zog, e lo informò che il governo italiano era pronto ad aiutarlo, ma
a condizione che si firmassero anche accordi politici tra i due stati. Tra l’altro Aloisi informo Zog
che Mussolini aspettava la sua visita a Roma ,a condizione però, che lui accettasse la
Dichiarazione di Parigi del 9 Novembre 1921
24
. Queste pressioni portarono una fase di stallo tra i
due stati. Il governo albanese provò a reagire con una serie di provvedimenti,cercando dai
proprietari terrieri di Tirana e Durazzo un prestito di 400 mila FA . Tra l’altro Zog prese contatti
anche con i rappresentanti dei paesi come Francia,Gran Bretagna e la Jugoslavia. Durante
l’incontro con il rappresentante della Gran Bretagna O’Rey, Zog informò quest’ ultimo delle
pressioni dell’ Italia verso l’Albania per arrivare a un patto politico, con la Dichiarazione della
Conferenza dei Ambasciatori del 1921. Come risultato, l’ambasciatore Graham il 30 giugno 1926
incontrò Mussolini a Roma, e gli riferì che ogni tentativo di firmare un patto politico tra i due stati
era contrario agli accordi delle Grandi Potenze. Il governo britannico per mostrare il malcontento
11
verso l’Italia mandò a Durazzo l’incrociatore “Dauntless”. In quei momenti la Gran Bretagna era
l’unica potenza che poteva frenare le ambizioni di Mussolini verso l’Albania e Zog non aveva
sbagliato nella sua scelta. Il governo inglese era interessato a proteggere la sovranità albanese ,in
modo che gli investimenti del capitale inglese nella ricerca del petrolio, andassero avanti. Anche
la Francia non era rimasta estranea. Lo dimostrava la solennità della cerimonia durante la quale
era stato conferito al presidente della repubblica albanese il gran cordone della Legione
D’Onore
25
.
A parte queste evidenti contraddizioni, i dirigenti fascisti si resero conto che occorreva
rafforzare le intese con l'Albania per poter sviluppare una politica attiva sull'altra sponda del
Canale d'Otranto, in modo da poter risolvere anche il nodo strategico – militare, rappresentato dal
controllo dell'imbocco del bacino adriatico. Su questo terreno, Zog si mostrò disponibile; però,
come ebbe a costatare il deputato Lessona nell' aprile seguente, il leader albanese,pur favorevole
ad un'assistenza militare da parte italiana, mirava a stringere un accordo difensivo «paritario» con
Roma
26
. Le trattative fra Roma e Tirana si rivelarono più lunghe e complesse del previsto, anche
per l'abilità negoziale del presidente albanese e per voci di contatti fra quest'ultimo e Belgrado. Le
difficoltà vennero superate soprattutto perché Zog era interessato a concludere un accordo in
merito alla tutela reciproca in caso di attacco da parte di uno stato balcanico, cioè una vera e
propria alleanza con l'Italia in funzione anti-jugoslava e anti-ellenica. Nel corso dell' estate del
1925 le due parti elaborarono tre documenti che contenevano un patto di garanzia, una
convenzione pubblica e un'alleanza militare segreta. Il 26 agosto i negoziati italo - albanesi furono
formalizzati in un «Patto di garanzia», destinato a rimanere segreto, con il quale l'Italia si
impegnava ad assicurare l'assistenza militare a garanzia dell'indipendenza e dell' integrità
territoriale dell'Albania. Da parte sua Zog metteva a disposizione degli italiani tutto il dispositivo
bellico del proprio paese che fosse stato necessario alla «comune difesa». Era evidente che per
l'Italia si trattava di un ulteriore passo avanti nella imposizione di un ruolo privilegiato in terra
albanese. Infatti, al di là del forte squilibrio esistente fra i due stati contraenti, la segretezza del
patto lasciava aperta la via ad ulteriori perfezionamenti dell'intesa raggiunta, inserendola in una
cornice politica che potesse rendere ancora più esplicita la natura vantaggiosa dei rapporti
instaurati dall'Italia con l'Albania anche in campo internazionale
27
.
Realizzare questo intento per il governo fascista fu comunque tutt'altro che facile. Il nuovo
inviato di Palazzo Chigi a Tirana, Pompeo Aloisi, sin dal febbraio 1926 si trovò di fronte alle
richieste di Zog per l'invio di armi e di ufficiali italiani da utilizzare per l'organizzazione e
l'addestramento delle Forze Armate albanesi, ma dovette prendere anche atto del suo netto rifiuto
12
a riconoscere la dichiarazione della Conferenza degli Ambasciatori del 1921 che attribuiva
all'Italia il ruolo di garante dell'indipendenza albanese.
IL PRIMO E IL SECONDO PATTO DÌ TIRANA
. Il 27 novembre 1926 alla vigilia della festa nazionale albanese,alle ore 20,il patto di
amicizia e di sicurezza fra l’Italia e l’Albania venne firmato da barone Aloisi e dal ministro degli
Affari Esteri Hysen Vrioni.Questo patto era il primo Patto di Tirana .Il 9 dicembre il patto venne
ratificato anche dal parlamento albanese. I deputati che avevano presso parte nella compilazione
del documento presero tangenti in milioni di lire. Solo Zog prese 14 milioni,3 milioni erano per
Xhemil Dino e altri 3 milioni erano per altri deputati. Come risultato gli italiani assicurarono
l’accordo su la Banca Nazionale Albanese,l’accordo per il prestito della SVEA, e l’accordo
segreto militare del 1925. Con quegli accordi, L’Italia pensava di aver assicurato l’intervento nella
vita politica,economica e militare del Albania.Per il governo di Mussolini il primo Patto di Tirana
ebbe come effetto quello di rafforzare la presenza italiana in Adriatico;d’altro canto esso contribuì
a rendere più solida la posizione politica di Zog sul piano interno. La formulazione del patto era
tra l’altro cosi “generica ed elastica”che avrebbe consentito al Zog di servirsene per tirare in ballo
l’Italia per reprimere eventuali rivolte contro il suo governo e per ottenere un appoggio alle
rivendicazioni irredentistiche nel Kosovo,ormai saldamente in mano jugoslava.
Il patto prevedeva la modernizzazione del esercito secondo il modello italiano. Nel ottobre del
1927 gli ufficiali italiani riuscirono a trasformare l’esercito albanese in un esercito regolare con
tutti i tipi di armi come artiglieria,genio ,comunicazione etc. Furono organizzati all’inizio 9
battaglioni di fanteria e dopo, furono formati altri 2 divisioni, uno regolare,e l’altro con i riservisti.
Il patto era costituito da 5 articoli ma i più importanti erano l’articolo uno e due,secondo il quale;
“Ogni azione volta a disturbare lo status quo in Albania, era contraria al loro reciproco interesse”.
Nel febbraio del 1927 il primo Patto di Tirana fu registrato presso la Società delle Nazioni. Il
patto di amicizia italo - albanese, comunque, non passò inosservato. Se a Londra si chiesero
spiegazioni, ben diversa fu la reazione a Belgrado e a Parigi: la Francia di Briand, proprio per
controbilanciare le trattative italo - albanesi, giunse infatti a stipulare un trattato di amicizia,
alleanza e arbitrato con la Jugoslavia. L'apertura di una crisi alle cui origini stavano le mire
jugoslave sul Albania
28
, che finì per incrementare la contrapposizione italo-francese nell'area
balcanica, ebbe quale effetto quello di spingere verso un ulteriore passo in avanti in senso
collaborativo i rapporti fra Roma e Tirana
29
. In circa un anno si giunse così alla firma di un nuovo
trattato in cui i due paesi arrivarono a definire in modo più organico i loro rapporti. Per abbassare
13