INTRODUZIONE.
Gli interessi permanenti dell'Inghilterra in Sudafrica.
La penetrazione britannica in Sudafrica risale agli inizi del 1800, quando
l'insediamento, all'epoca colonia olandese, venne prima occupata militarmente
per poi essere acquisita dall'Olanda nel 1814. Le colonie sudafricane erano
anche colonie di popolamento ed i cittadini olandesi, i Boeri, si erano spinti
tramite delle lunghe marce di pionieri, le famose “Boer trekker”, dai territori
costieri fino all'entroterra. I Boeri erano principalmente contadini e le loro
fattorie definivano in modo non ufficiale il confine tra i territori colonizzati ed i
territori ancora occupati dai Bantu. Le continue incursioni di questi ultimi nei
territori dei Boeri aveva fatto nascere fra le comunità di coloro che verranno a
definirsi come “Afrikans” un forte spirito di coesione, oltre che un connaturato
senso di minaccia costante del loro modo di vita e più in generale, della loro
civiltà. Non appena l'Inghilterra iniziò a propria volta ad inviare dei coloni che
occupassero le zone costiere, in particolare l'area attorno a Città del Capo
punto fondamentale per le rotte verso le indie prima dell'apertura di Suez,
iniziarono le frizioni fra la popolazione di origine olandese e tedesca, gli
Afrikans, e gli anglofoni, frizioni che col tempo sfociarono in veri e propri
conflitti.
Dopo diversi decenni e due guerre1 il dominio inglese sui territori sudafricani
riuscì a consolidarsi, prende allora vita lo stato del Sudafrica, facente parte
dell'Impero di Sua Maestà britannica e dotato di un proprio Parlamento eletto.
Inizialmente l'interesse della Gran Bretagna nella regione era prevalentemente
commerciale e strategico, il Sudafrica con i suoi porti era un punto
fondamentale (già per gli olandesi) nella rotta verso l'India, prima dell'apertura
del canale di Suez. Qui facevano scalo tutte le imbarcazioni commerciali ed era
un punto fondamentale per il controllo militare delle rotte fra i due Oceani
1 Prima guerra Anglo-boera del 1877-1881; seconda guerra Anglo-boera 1899-1902
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meridionali.
Dal punto di vista sociale, la nazione sudafricana nacque divisa, le divisioni fra
popolazioni di origine inglese e quelle di origine boera non riescono a comporsi,
le due comunità rimarranno per lungo tempo divise dalla lingua, dalle tradizioni
e dalla religione. Alcuni autori sembrano credere che la vera questione razziale
sia riconducibile proprio alle continue tensioni fra i due gruppi di popolazioni
bianche2. Ciò che con il tempo farà da “collante” delle due comunità bianche
saranno le continue incursioni dei Bantu, verso i quali la popolazione bianca
adotterà delle misure restrittive allo scopo di preservare la propria civiltà.
Sul modello della politica interna britannica, anche in Sudafrica si affermò un
sistema parlamentare a due partiti: il Partito Unitario, di orientamento liberale ed
il Partito Nazionalista, con una forte presenza di Afrikans e che si propone la
tutela degli interessi e dell'identità di questo gruppo.
Nel 1913 il “Land Act” stabilì la separazione territoriale fra popolazione bianca e
popolazione di colore3. Ma è solo nel 1948 che vede la luce la politica di
apartheid (dalla parola che in afrikan significa proprio “segregazione”), cioè quel
complesso di leggi che metteranno in atto una vera e propria segregazione
razziale in tutti gli ambiti della vita privata e pubblica di ogni cittadino
sudafricano. Negli anni in cui il Sudafrica, ancora ufficialmente parte dell'Impero
inglese come Dominion, attuava l'apartheid, nessuno stato occidentale si
preoccupò di contrastare o ostacolare la creazione di questo regime,
l'immediato dopoguerra fu una fase di ricostruzione per tutti i paesi europei e
segnò l'inizio della guerra fredda fra le due superpotenze mondiali. Un primo
dibattito contro l'apartheid nasce invece in seno al Commonwealth delle
nazioni, organizzazione creata da tutti i dominions sotto la Corona inglese,
organizzazione in cui l'India si affermò come il più forte oppositore del sistema
segregazionista sudafricano.
Ricchissimo di giacimenti minerari, il Sudafrica scopre la sua vocazione
2 Vandenbosch, “South Africa and the World”, parte I cap.2
3 Con l'espressione “Coloured people” venivano intese non solo le popolazioni indigene come
Banthu, Zulu, Boscimani etc, ma anche i non bianchi appartenenti ad altre comunità
minoritarie (di cui la più grande era certamente quella indiana).
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economica nell'estrazione e nel commercio di materie prime. Con l'economia da
rilanciare e un accesso preferenziale alle risorse sudafricane, l'Inghilterra sarà il
primo, il più importante ed il più influente fra gli acquirenti dei prodotti
sudafricani e fra gli investitori. Con gli anni viene inaugurato uno sfruttamento
sistematico delle miniere, le miniere di oro e diamanti, oltre a garantire delle
entrate altissime per Pretoria, attireranno moltissimi investitori stranieri ce
faranno del Sudafrica la nazione più ricca della regione. Il Sudafrica diventa
così un tassello fondamentale per l'approvvigionamento minerario dei paesi
occidentali, Gran Bretagna in testa.
Un altro legame importante nei rapporti fra la Gran Bretagna ed il Sudafrica è
quello strategico-militare. La rotta che passava da Città del Capo perse
parzialmente di importanza negli anni successivi all'apertura del canale di Suez,
ma la vecchia rotta del Capo verrà comunque tenuta in grande considerazione
in quanto rotta alternativa a Suez oltre che punto diretto di contatto fra i due
oceani meridionali. Poco dopo l'indipendenza sudafricana (1961) l'Inghilterra
cercherà di assicurarsi un appoggio in Sudafrica rinegoziando gli accordi di
Simonstown. Il Sudafrica sarà anche importante per tutti i paesi occidentali in
ottica di guerra fredda, poiché è un ottimo punto di controllo degli oceani
indiano e pacifico meridionali.
La presenza inglese in Sudafrica non si limiterà alla creazione di società
commerciali, ed alla gestione di porti militari. Moltissimi saranno i coinvolgimenti
del Sudafrica nella politica britannica, tanto che la vicinanza fra i due stati sarà
talmente stretta, anche se del tutto informale, da risultare spesso imbarazzante
per il Regno Unito. Soprattutto durante gli anni Sessanta e Settanta, quando
alle Nazioni Unite infurierà la lotta all'apartheid e l'Inghilterra sarà fra i pochi
oppositori all'imposizione di sanzioni economiche alla nazione sudafricana.
Sarebbe stato politicamente più vantaggioso rinnegare quel legame e
procedere alla condanna economica di Pretoria, seguendo la via che gli stati
afroasiatici avevano tracciato. Perché il Regno Unito continuerà ad avere quello
che viene definito da Hurd “...an historical and persistent interest”4 ?
4 House of Commons, Foreign Affair Commettee: “U.K. Policy towards South Africa and other
States of the region” 14 Febbraio 1991.
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Le motivazioni principali5 della permanenza del dialogo fra Inghilterra e
Sudafrica sono certamente di ordine economico e commerciale. Col tempo
l'Inghilterra aveva creato una serie di compagnie commerciali ed aveva investito
ingenti capitali nell'industria estrattiva sudafricana. In un momento di particolare
crisi monetaria come quello che gli stati europei stavano attraversando, è
fondamentale per il Regno Unito potere contare su un mercato privilegiato
come quello interno al Commonwealth con il Sudafrica. Ragioni altrettanto
importanti sono quelle di ordine militare e di difesa. Alla posizione strategica del
Sudafrica nella rotta alternativa al canale di Suez per raggiungere l'oriente, si
aggiunge l'importanza di mantenere un elemento stabilizzante nella regione.
L'ondata di decolonizzazione ha infatti portato, oltre alla relativa libertà
dell'indipendenza dei nuovi stati, il sorgere di una serie di conflitti tribali sui
confini tracciati in precedenza dai colonizzatori. Movimenti di guerriglia
oppositori del governo sudafricano e portoghese, sono una continua minaccia
alla sicurezza degli stati stessi.
Il governo guidato da Heath in Inghilterra sarà particolarmente consapevole di
tutte le ragioni che legano i due stati fra loro, è per questa ragione che il suo
governo abbandonerà la retorica opposizione che il governo Laburista aveva
adottato in precedenza. Dopo avere aderito sotto Wilson all'embargo di armi
proposto dall'ONU, il governo Heath decide di riprendere tale vendita anche se
limitandola ad alcuni tipi di armamenti6. Se da una parte il governo non vuole
sostenere la politica sudafricana di repressione verso i movimenti anti-
apartheid, dall'altra non può fare a meno di provvedere alla difesa di uno stato
così importante per la regione.
Inoltre l'Inghilterra, pur rimanendo economicamente e militarmente al fianco del
Sudafrica, ospiterà i movimenti anti-apartheid ed i loro membri in esilio, sarà la
patria del più importante movimento di opposizione alla politica di segregazione
nato in occidente. Questo comportamento lascia spazio a qualche ambiguità.
5 Barber, “An Historical Persistent Interest: Britain and South Africa” p. 8
6 Bale,“ A deplorable episode? South African Arms and the Statecraft of British Social
Democracy.” p.22
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Tutto il sostegno e la tolleranza mostrata verso i movimenti contrari alla
segregazione, mal si conciliano con l'atteggiamento, altrettanto tollerante, che
la Gran Bretagna adotta in seno alle Nazioni Unite opponendosi all'adozione di
sanzioni economiche come di qualsiasi altro provvedimento sanzionatorio che
sia veramente incisivo. Contemporaneamente il Bureau of Security Service
(BOSS) sudafricano, è ampiamente presente sul suolo inglese e porterà avanti
moltissime operazioni contro i movimenti anti-apartheid che lì risiedono. Negli
anni Settanta il BOSS sembra avere mano libera nel perseguire gli oppositori al
regime esiliati, ampliando il proprio campo d'azione fino ad intervenire negli
affari interni al governo londinese.
Questa ambiguità da parte del governo Heath può essere certamente spiegata
con la volontà da parte britannica di non inimicarsi il governo di un Paese
economicamente e strategicamente tanto importante, ma potrebbe anche
essere frutto di una convinzione diversa, e cioè che l'unico cambiamento
possibile in Sudafrica sarebbe potuto venire dal governo legittimo. Delegittimare
il governo dando sostegno ai movimenti di opposizione avrebbe potuto gettare il
Paese nello scompiglio e non sarebbe stato garanzia di equità o giustizia
sociale.
Continuando ad esercitare la propria influenza in Sudafrica, l'Inghilterra crede
che non sarà mai una voce inascoltata nel cammino verso un miglioramento
delle condizioni sociali.
In sostanza si tratta di scoprire quanto l'atteggiamento inglese sia dettato da
cinismo ed opportunismo e quanto dalla convinzione che senza destabilizzare
la regione si sarebbe potuto ottenere dei risultati più duraturi.
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PARTE I
IL CONTESTO STORICO-POLITICO NEI PRIMI ANNI SETTANTA.
CAPITOLO 1: GLI ANNI SETTANTA NEL MONDO.
1.1 La distensione nelle relazioni internazionali.
Gli anni Settanta si caratterizzano come gli anni della “distensione” nell'ambito
della Guerra Fredda. Già in precedenza Kennedy e Kruschev avevano
compiuto i primi importanti passi verso un decremento della tensione nella
contrapposizione fra i due blocchi, i due successori, Nixon e Breznev,
proseguiranno sulla stessa strada.
A partire dagli anni Sessanta7 l'intervento militare americano nel Vietnam del
Sud viene ridotto, qui era attivo un gruppo di guerriglieri che godeva del diretto
appoggio dei nord vietnamiti, tale appoggio unito alla conoscenza del territorio
ed a strategia di guerriglia, determinarono quello che ancora l'America ricorda
come la più sanguinosa delle guerre americane. La guerra del Vietnam,
concepita in un contesto di dura contrapposizione di Russia e Stati Uniti, passa
così dalla “vietnamizzazione del conflitto” al totale disimpegno americano
(1973). Dopo il ritiro delle truppe statunitensi, avvenuto anche in seguito alla
forte opposizione da parte dell'opinione pubblica che la guerra aveva suscitato
in patria, il governo vietnamita fu sconfitto nel 1975. Nello stesso anno avviene
la vittoria dei comunisti in Cambogia e nel Laos. L'estremo oriente è ormai in
maggioranza comunista, i regimi si stabilizzano e gli Stati Uniti rimangono
saldamente abbarbicati alle loro basi in Giappone, Nuova Zelanda ed Australia.
Contemporaneamente il fallimento della politica del grande balzo in avanti ed il
7 Giardina, Sabbatucci, Vidotto “Manuale di Storia Contemporanea.” vol 3, p.799 e seguenti.
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parziale fallimento della rivoluzione culturale in Cina, portano alla luce il
malcontento della popolazione, ormai ridotta allo stremo delle forze, e della
nazione intera, che si ritrova con un debito economico enorme. Abbandonato
dall'Unione Sovietica, il governo cinese compirà nei primi anni Settanta una
clamorosa apertura agli Stati Uniti, entrando a far parte della strategia politica
attuata da Kissinger nota come “diplomazia triangolare”. Tanto il ritiro da
Vietnam, quanto la riapertura del dialogo con la Cina sono certamente i primi
sintomi della imminente fine della guerra fredda.
L'altra superpotenza, l'Unione Sovietica, cerca di sopravvivere ai cambiamenti
dei tempi. La segreteria Breznev (1964-1982) mantenne in politica estera una
certa doppiezza che le era necessaria nel portare a vanti le proprie relazioni
internazionali. Infatti se verso l'Occidente mantenne il clima di distensione che
prendeva progressivamente il posto della tensione che aveva caratterizzato gli
anni precedenti, all'interno promosse un periodo di forti e sanguinose
repressioni verso i dissidenti. Se da una parte fu accettata la relativa autonomia
conquistata dai Rumeni, dall'altra non si tollerò e si represse la “primavera di
Praga” del 1968. I problemi che però affliggono maggiormente il Paese sono
quelli di ordine economico, dovuti al fallimento di anni di economie pianificate.
I Paesi dell'Europa occidentale, attraversano un periodo di grande stabilità
economica e grandi mutamenti politici, visti attraverso le lenti del processo di
unificazione europea. In Italia, Germania federale e Gran Bretagna i socialisti
entrano a far parte del governo. In Germania il premier Brandt inaugura una
politica estera di conciliazione con i paesi dell'est (“ostpolitik”). Nel 1972 la
Comunità Economica Europea si espande con l'ingresso di Inghilterra, Irlanda e
Danimarca.
Negli stessi anni, il Medio Oriente è teatro di diverse guerre. Il conflitto arabo-
israeliano, lontano dal trovare una via pacifica di conciliazione, conosce due
nuovi sanguinosi scontri: la guerra dei sei giorni (1967) e la guerra dello Yom
Kippur (1973). Con la prima Israele occupa nuovi territori arabi in un lasso di
tempo sorprendente. Questa occupazione creerà una nuova ondata di profughi,
riacutizzando il mai sopito problema palestinese. Con la guerra dello Yom
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Kippur è invece l'esercito egiziano a dare vita ad una durissima reazione
reazione militare contro Israele.
Il perdurare dei conflitti arabo-israeliani sarà l'origine del blocco petrolifero
imposto dai Paesi arabi e del conseguente aumento del prezzo del petrolio.
Questo aumento arriva in una fase di instabilità monetaria inaugurata nel '71
dalla sospensione della convertibilità del dollaro in oro fatto che aveva generato
una crisi economica internazionale di vaste proporzioni.
A differenza delle crisi economico-monetarie del passato, questa volta la
crescita della disoccupazione si sommava a un elevato tasso di inflazione. La
gravità della crisi indusse molti governi occidentali ad interrogarsi sui
fondamenti stessi della società nata con la rivoluzione industriale, inaugurando
ovunque un periodo di austerità nei consumi e mettendo in crisi lo stato di
previdenza sociale.
Alla luce di queste problematiche e delle nuove sfide che poneva la fine del
sistema bipolare, le relazioni internazionali di tutti gli stati vengono reimpostate
su un piano di maggiore pragmatismo. Il bipolarismo e la guerra fredda sono
quasi giunti al termine e portano via gli ultimi strascichi di una politica estera
statale ancora basata su ideologie.
Le grandi ideologie erano già in parte svaniti con l'inizio della Seconda Guerra
Mondiale. La delusione ed il risentimento di Chamberlain per il mancato rispetto
da parte di Hitler degli accordi presi, della parola data; l'alleanza del mondo
occidentale con l'Unione Sovietica, sono tutti esempi di come ormai a spingere
gli stati ad entrare in conflitto fra loro o a stringere alleanze non siano più la
vicinanza ideologica, troppo spesso manipolata, ma il raggiungimento di
obiettivi concreti comuni. Se durante la guerra gli alleati avevano dovuto
mettere da parte ideologie contrastanti per combattere il comune nemico,
questa collaborazione forzata aveva portato a nuove tensioni con la
conseguente creazione dei blocchi. Ma la politica della contrapposizione non
aveva portato ad altro che escalation nella corsa agli armamenti. Già con
l'attuazione del piano Marshall, gli Stati Uniti compresero per primi che
l'ideologia doveva ormai lasciare il posto alla soddisfazione dei bisogni della
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gente. Lo sviluppo economico europeo viene prima della militarizzazione dei
confini. L'economia prende il posto dell'ideologia.
Un esempio di questo nuovo approccio è certamente la diplomazia triangolare
di Kissinger. Già dal 1969, infatti, Nixon e Kissinger avevano iniziato ad
intavolare cordiali rapporti con la Repubblica Popolare Cinese, infrangendo il
tabù del dialogo con un Paese comunista e non ancora ufficialmente
riconosciuto dal resto del mondo occidentale. La nuova strategia serviva a
sbloccare una situazione di stallo nelle dinamiche della diplomazie tradizionale,
Gli Stati Uniti infatti cercavano di trarre vantaggio dal dissidio che si stava
creando da un punto di vista “dottrinale” fra i comunisti cinesi, che non
riconoscevano alcuna autorità al di sopra di loro stessi, e quelli russi che
invece si battevano per ottenere l'egemonia sul mondo comunista
opportunamente standardizzato. Tale rivalità poteva essere sfruttato a
vantaggio della superpotenza occidentale mostrando al resto del mondo
comunista come si potesse perseguire una politica estera fuori dal blocco. La
ripresa del dialogo con la Cina inoltre serviva a sbloccare lo stallo nei rapporti
economici con l'Oriente, ormai divenuto quasi completamente comunista, in cui
il Giappone, protettorato degli americani, non trovava alcuno sbocco
commerciale. La richiesta per il seggio al Consiglio di Sicurezza, da parte della
Cina che mirava a sostituire Taiwan, trova adesso un nuovo sponsor.
Il riconoscimento ufficiale della Cina da parte degli Stati Uniti arriverà solo nel
1979, ma i primi passi erano già stati compiuti. Questo nuovo atteggiamento
non può essere spiegato se non si considerano i vantaggi che gli stessi USA si
sono garantiti con questa mossa, come ad esempio il superamento della
contrapposizione diretta con l'URSS, anche in sede ONU; o come l'apertura di
qualche nuova prospettiva per il mercato giapponese, allora controllato dagli
Stati Uniti.
Il “nuovo modo” di concepire la politica estera, inizia dunque per effetto di
diverse cause: prima fra tutte il fallimento delle grandi ideologie del Novecento
che avevano portato al disastro della seconda guerra mondiale. La seconda è
la politica di distensione, che portava via gli ultimi residui di una
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