Le relazioni economiche fra Unione Europea e Federazione Russa
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INTRODUZIONE
Il presente lavoro nasce dal desiderio di approfondire le relazioni
che intercorrono fra l’Unione Europea, sempre piø presente nella nostra
vita di tutti i giorni, con la Federazione Russa. Questo desiderio di
indagare le ormai profonde interconnessioni fra i due attori è maturato
durante il corso di studi, orientato allo studio della lingua e della storia,
millenaria dell’Europa Orientale, con un occhio di riguardo per la Russia.
Per anni, dopo la caduta del muro di Berlino, il ruolo
internazionale della Russia, a causa di varie difficoltà di cui si è cercato
di trattare all’interno del lavoro, è rimasto sostanzialmente defilato. Da
circa un decennio, tuttavia, il “letargo dell’Orso” è cessato. La
Federazione Russa, nata dalle ceneri del sistema sovietico, risorge come
un’Araba fenice grazie, soprattutto, ad un’accorta gestione della sua
posizione geopolitica in ambito energetico. Protagonista indiscusso di
questo risveglio è stato, senza dubbio, Vladimir Vladimirovič Putin. Egli
è riuscito a risollevare le sorti del paese dai tempi bui della
“прихватизация - prikhvatizaciia” elciniana. Ha riportato il controllo
dello Stato sulle immense risorse energetiche della Federazione Russa
anche con metodi piuttosto controversi, come nel caso Yukos, o nel
conflitto in Georgia. Dal canto suo, l’Unione Europea, spesso si presenta
divisa nei rapporti con la Federazione Russa. Gazprom, longa manus
dello stato russo, riesce, quindi, a trattare con gli stati (e le aziende)
dell’Unione Europea da una posizione di vantaggio.
Il presente lavoro è articolato in quattro capitoli, piø uno di
conclusioni. Il primo capitolo è costituito da un breve excursus della
storia russa dell’ultimo secolo e del sistema economico sovietico. ¨,
infatti, impossibile capire l’oggi senza conoscere ciò che è stato. Nel
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secondo capitolo, si parte trattando specificatamente la transizione
economica da un sistema di economia di comando, come quello
sovietico, ad un sistema capitalistico e di mercato, come quello della
Federazione Russa attuale. Si è analizzato, inoltre, il quadro istituzionale
nelle relazioni fra i due attori e negli attori stessi e il settore energetico,
che tanto ha contribuito alla rinascita russa. Nel terzo capitolo si sono poi
approfonditi nel dettaglio gli scambi fra i due attori: commercio,
investimenti diretti esteri e flussi finanziari, con un occhio di riguardo al
recente ingresso della Federazione Russa nel WTO. Nel quarto capitolo
sono state analizzate brevemente quali sono le prospettive future della
collaborazione fra Unione Europea e Federazione Russa, sia nel campo
dell’energia, spaziando dal petrolio, al gas ed alle fonti rinnovabili, che
in altri settori. Nelle conclusioni, infine, si è cercato di dare un senso
complessivo al lavoro svolto.
Desidero ringraziare sentitamente la mia relatrice, la Prof.ssa
Milica Uvalic (Dipartimento di Economia, Finanza e Statistica - Sezione
di Economia, Facoltà di Scienze Politiche), per l’aiuto e la disponibilità
che mi ha dimostrato. Desidero, inoltre, esprimere sincera gratitudine alla
mia famiglia che mi ha sostenuto ed un ringraziamento particolare va,
infine, a Francesca.
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Capitolo I: L’Unione Sovietica: dalla Rivoluzione
d’Ottobre alla Nuova Russia
1.1 Prove generali di rivoluzione: 1905
Negli anni precedenti al 1905 di fronte ad una crescente
opposizione pubblica e rivoluzionaria il governo dello zar Nicola II,
ultimo della casata dei Romanov, seguì una politica nella quale mescolò
alcune blande concessioni, dettate però dalla necessità di calmare una
crescente tensione sociale ad una forte repressione (Bartlett, 2007).
Nel 1902 ad esempio furono abolite le punizioni corporali nei
confronti dei contadini. Nel 1901 a capo dell’Ohrana
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fu nominato
Sergej Zubatov, con il compito di deviare lo scontento dei lavoratori
attraverso valvole di sfogo controllate dal regime. Venne, infatti, creato
un sindacato sotto il controllo della polizia per esprimere rimostranze di
carattere economico. Il sindacato tuttavia ebbe vita breve siccome
Zubatov dopo brevi risultati iniziali non riusciva a controllarne tutti i
suoi membri, quindi dopo soli due anni il sindacato venne chiuso.
Con la tensione crescente il governo pensò di calmare un’opinione
pubblica sempre piø ostile con una vittoria in una breve guerra contro il
Giappone; tuttavia il disastro militare che l’Impero consegui in seguito
alla pesante sconfitta di Port Arthur e al disastro navale di Tsushima
portò al trattato di pace di Portsmouth (1905) firmato attraverso la
mediazione del presidente americano Theodore Roosevelt e all’acuirsi
delle tensioni interne.
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La polizia segreta dello Zar, istituita dallo stesso Nicola II nel 1881 (Охрана).
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La Rivoluzione scoppiò a San Pietroburgo il 9 Gennaio 1905.
Un’enorme manifestazione di lavoratori organizzata dal Pope Georgij
Gapon si radunò davanti al Palazzo d’Inverno per presentare una
petizione allo zar. Nicola II era assente e la polizia sparò sulla folla
ferendo e uccidendo centinaia di persone. Questo episodio, ricordato con
il nome di “Domenica di Sangue”, provocò una fortissima reazione di
indignazione nell’opinione pubblica dell’Impero, anche a causa del
comportamento dello zar che non ebbe nessuna intenzione di scusarsi
dell’accaduto addossando la colpa ai manifestanti, a suo dire mal guidati
dai loro capi.
Durante tutto l’anno scioperi e manifestazioni si susseguirono.
L’intero paese non appoggiava piø la corona, salvo un piccolo e sparuto
gruppo di conservatori aristocratici; nell’esercito e nella marina si
verificarono casi di ammutinamento. Nuove organizzazioni videro la
luce, per dar voce al dissenso. Apparvero i primi deputati dei “soviet”:
consigli dei lavoratori con rappresentanti eletti e revocabili, nacquero per
primi nella città tessile di Ivanovo per poi diffondersi in tutto il paese.
L’ondata rivoluzionaria raggiunse il suo culmine in ottobre con un
immenso e compatto sciopero generale, il quale venne diretto abilmente
da Lev Trockij (Lev Davidovič Bronštejn).
Il primo ministro Vitte presentò allo zar un’alternativa radicale, o
instaurando una dittatura militare, ma con un esercito inaffidabile o
facendo delle concessioni. Nicola II decise per la seconda opzione. Il
Manifesto d’Ottobre redatto dallo stesso primo ministro prevedeva
un’Assemblea nazionale eletta, la Duma (дума) con poteri legislativi, un
ampio spettro di diritti civili ed una Costituzione. Il Manifesto
accontentò l’opinione pubblica moderata spaccando l’opposizione;
successivamente Vitte fece arrestare i membri del Soviet di San
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Pietroburgo e i tentativi dei lavoratori di difenderli vennero repressi
dall’esercito ancora fedele allo zar.
Nei mesi successivi il nuovo primo ministro Pёtr Stolypin si fece
portatore di un periodo di “pacificazione” e riforme. Contadini e operai
ribelli vennero uccisi dopo processi sommari, il terrorismo rivoluzionario
in soli due anni provocò piø di 4000 morti. La stessa residenza di
Stolypin fu oggetto di un attentato, al quale il governo rispose con una
dura repressione e con la chiusura di molti giornali, (Bartlett, 2007).
Le promesse del Manifesto d’Ottobre, tuttavia, vennero attuate,
con le leggi fondamentali pubblicate nel maggio del 1906. Stolypin
cancellò i pagamenti che i contadini dovevano ai padroni per il riscatto
delle terre: inoltre cercò, insieme ad una riforma agraria che mirava alla
creazione di un ceto medio di piccoli proprietari economicamente e
politicamente forti che appoggiassero il governo e la monarchia, di
lavorare anche su un miglioramento delle tecniche agricole come ad
esempio con l’avanzamento delle tecniche di rotazione delle colture e la
nascita di cooperative agrarie. Sebbene ottenne risultati la riforma agraria
non può essere considerata un successo. Quando essa fu sospesa, infatti,
la maggior parte degli appezzamenti era ancora di proprietà delle comuni
e durante la Rivoluzione i contadini imposero ovunque, o quasi, la
cosiddetta “ripartizione nera” che costringeva i piccoli proprietari a
rientrare nella comune, oltre che ad occupare i fondi dei signori locali e
uniformare le dimensioni degli appezzamenti.
Allo scoppio della prima guerra mondiale la Russia vi entrò a
fianco delle nazioni dell’Intesa, con la necessità di dimostrare la forza
dell’Impero come grande potenza, oltre che per accontentare l’opinione
pubblica interna che, tranne per una frangia dei socialisti piø estremisti,
tra cui Vladimir Il’ič Ul’janov, meglio noto come Lenin. ritenevano la
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guerra necessaria, grazie ad un’ondata di patriottismo che sopì le tensioni
sociali ed interne fortissime, almeno nei primi tempi della guerra.
A causa delle ingenti perdite che decimarono la casta di ufficiali
nobili e piø preparati (molto fedeli allo zar e alla sua casata), questi
vennero rimpiazzati da ufficiali non nobili, meno legati all’imperatore e
ai proprietari terrieri. Le enormi carenze organizzative sul piano dei
rifornimenti, sia per l’esercito al fronte sia per i civili nelle città
dell’interno (le ferrovie erano bloccate dagli approvvigionamenti delle
truppe e non riuscirono a portare cibo e rifornimenti alla popolazione
civile), spensero in fretta l’iniziale esaltazione patriottica. Venne formato
un Blocco progressista guidato da Pavel Miljukov che chiese un governo
di ampie convergenze e nuove riforme civili per integrare pienamente
operai e contadini nella struttura sociale e politica della nazione.
Tuttavia, lo Zar Nicola II si rifiutò di coinvolgere il popolo in quello che
sentiva essere di esclusiva competenza dell’imperatore e dei suoi
ministri. Ritornò alla visione patriarcale del ruolo di sovrano che aveva
contraddistinto il primo periodo del regno, licenziò i ministri che
appoggiavano il Blocco progressista e assunse il comando diretto
dell’esercito. Dal punto di vista politico questo gesto si rivelò un grave
errore, in quanto lo zar si rendeva personalmente responsabile di ogni
fallimento militare. Si trasferì, inoltre, nel quartier generale in
Bielorussia, affidando il potere politico, e la gestione della vita nelle
retrovie, alla zarina Alessandra, una donna di origine tedesca di idee
reazionarie e non molto ben vista dal popolo, (Bartlett, 2007).
Nel 1916 gli operai ripresero gli scioperi dal momento che
peggiorarono drasticamente le condizioni di vita, la colpa venne
addossata all’imperatrice Alessandra. Le sue origini germaniche
divennero un tratto importante della critica all’operato della casa
regnante, fino ad arrivare al 1917 che vide uno sciopero di migliaia di
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persone. Dopo un primo periodo di scontri con la polizia lo zar dichiarò
sciolta la Duma, le truppe passarono dalla parte dei rivoltosi
impadronendosi dell’arsenale e del Palazzo d’Inverno. La Duma formò
un governo ad interim che rispecchiava la composizione del vecchio
Blocco Progressista. Inoltre, riemersero i rappresentanti del Soviet, cui
presto si unirono anche i soldati. Il Soviet acquisì presto il controllo delle
unità militari di Pietrogrado e dichiarando il suo appoggio al nuovo
governo, venne imitato spontaneamente in tutto il resto del paese. Lo zar
di ritorno dal fronte con un nuovo esecutivo nominato dalla Duma tentò
di salvare la monarchia abdicando per il fratello, il Granduca Michail, il
quale però, rifiutò l’offerta in quanto l’esercito si dichiarò incapace di
garantirne l’incolumità portando alla fine della casata dei Romanov
(Bartlett, 2007).
1.2 La fine dei Romanov e la Rivoluzione d’Ottobre
Il nuovo governo provvisorio che entrò in carica a Pietrogrado nel
febbraio del 1917 era composto dai rappresentanti delle principali
correnti politiche, tranne quelle piø estreme. Appoggiandosi su un
enorme consenso generò grandi aspettative da parte delle masse; i
problemi che dovette risolvere furono molteplici, dalla guerra agli
approvvigionamenti alimentari, dalla terra per i contadini alle aspirazioni
degli operai.
Una delle prime misure intraprese dal governo provvisorio fu lo
smantellamento dell’apparato repressivo del precedente regime zarista.
Inoltre scelse di continuare la guerra al fianco delle potenze dell’Intesa,
una mossa questa, altamente impopolare, in quanto i problemi economici
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e sociali dovevano essere messi da parte per far fronte alle necessità
belliche. All’inizio il Soviet di Pietrogrado (con la sua componente
maggioritaria dei menscevichi
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) riconobbe il governo provvisorio. Le
difficoltà crescenti spinsero il governo a cercare, ed ottenere, l’appoggio
dei menscevichi negli incarichi di governo. Dopo una serie di pesanti
sconfitte militari contro i tedeschi e gli austriaci ed anche a causa
dell’attivismo continuo dei bolscevichi per erodere l’ordine esistente al
fine di instaurare una società socialista mondiale, iniziarono le prime
agitazioni contro il governo provvisorio presieduto da Kerenskij, che
tuttavia riuscì in un primo momento nella repressione dei moti arrestando
i capi bolscevichi (tranne Lenin, che riuscì a fuggire in Finlandia)
(Bartlett, 2007).
Il Soviet di Pietrogrado, preoccupato per un eventuale attacco
tedesco o di forze reazionarie creò il Comitato militare rivoluzionario, in
grado di dirigere operazioni militari. Il Comitato guidato da Trockij
occupò militarmente punti strategici della città, senza tuttavia grossi
disordini. Venne preso d’assalto il Palazzo d’Inverno all’interno del
quale vi si erano barricati esponenti del governo provvisorio, che furono
arrestati. Il Congresso dei soviet ratificò il trasferimento di potere
proclamato dai bolscevichi, ma da subito fu chiaro il tentativo di Lenin di
escludere la concezione tradizionale di un governo di ampie
convergenze, tendendo cioè ad un sistema esclusivamente bolscevico. I
menscevichi per protesta uscirono dal Soviet senza capire che avrebbero
lasciato campo libero ai loro avversari, favorendo proprio la visione di
Lenin. Egli dette vita ad un ristretto Consiglio dei commissari del popolo
(Sovnarkom) con Lenin come Presidente e Trockij come Commissario
degli Affari Esteri, e Commissario per le Nazionalità il pupillo di Lenin,
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Fazione del movimento rivoluzionario russo, si contrapponevano ai bolscevichi proponendo
un approccio graduale al socialismo.
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ovvero, Iosif Vissarionovič Džugašvili detto Stalin. A fronte di
disorganizzati tentativi anti bolscevichi venne creata una nuova polizia
segreta, la Čeka, che diventerà poi, il ben piø noto KGB.
Le elezioni dell’Assemblea costituente videro la sconfitta dei
bolscevichi a fronte di una vittoria degli SR (Socialisti Rivoluzionari),
che individuavano nei contadini e non negli operai la classe che avrebbe
portato avanti la rivoluzione; questo fu un risultato del tutto naturale in
un paese come la Russia fortemente arretrato dal punto di vista
industriale ed agricolo. Lenin nelle sue “Tesi sull’Assemblea
Costituente” chiese la ratifica totale del potere ai soviet, proposta che nel
1918 venne respinta dall’Assemblea, la quale fu dichiarata sciolta dal
Soviet e immediatamente chiusa dalle guardie bolsceviche che ne
garantivano la “sicurezza”. A Pietrogrado si riunì il III Congresso pan -
russo dei soviet che adottò la Dichiarazione dei diritti dei popoli
lavoratori e sfruttati e proclamò la Repubblica Federativa Socialista
Sovietica Russa (Bartlett, 2007).
Si dette avvio ai negoziati con le potenze centrali, proponendo una
“pace giusta” senza indennizzi o annessioni, che venne respinta dagli
avversari, dopo una lunga serie di tentennamenti diplomatici le potenze
degli imperi centrali ripresero l’avanzata ponendo condizioni durissime
che confluiranno nel trattato di Brest – Litovsk privando la Russia di tutti
i territori occidentali dell’ex impero. Il trattato di pace permise al
Sovnarkom di concentrarsi sulla guerra civile interna, cioè lo scontro fra
tre grandi gruppi:
• i rossi bolscevichi (diventati nel 1918 Partito comunista pan -
russo dei bolscevichi);
• i bianchi antibolscevichi;
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• i verdi, ovvero coloro che rappresentavano gli interessi locali dei
contadini.
I partiti rivoluzionari moderati (SR e menscevichi) sebbene
distanti dalle forze reazionarie dei bianchi erano ormai lontani anche dai
rossi, ma incapaci di trasformare il largo consenso di cui godevano in
una qualche forma di potere, rimanendo fra due fuochi.
Dopo due anni di alterne vicende l’Armata Rossa riuscì a
riconquistare il potere catturando i generali bianchi, che vennero
giustiziati. Questi ultimi nella loro strategia avevano debolezze
strutturali, non riuscirono mai infatti, ad accattivarsi il volere popolare in
quanto militari di carriera alieni alla politica, con l’unico sogno di
restaurare lo stato centrale monarchico e la proprietà terriera. Per riuscire
a tener testa ai bianchi Trockij, al vertice dell’Armata Rossa, reintrodusse
la gerarchia militare, la coscrizione obbligatoria e la pena di morte,
reclutando ex ufficiali dell’esercito zarista; la classe contadina pagò un
elevato tributo di sangue fornendo reclute e, a causa di un brutale sistema
di requisizioni forzate, vennero confiscati viveri e altri beni per le
necessità belliche. Con una efficace azione di propaganda i bolscevichi
fecero appello alla difesa delle acquisizioni rivoluzionarie di base,
minacciate dal ritorno dei bianchi (Bartlett, 2007).
Nel 1919 Lenin inaugurò il Komintern o Terza internazionale
socialista con un congresso a Mosca saldamente controllato dai
bolscevichi con alcuni delegati internazionali. Le speranze bolsceviche di
esportare la rivoluzione si scontrarono ben presto con l’evidenza dei fatti.
La rivoluzione comunista in Europa non prendeva piede e nel dicembre
del 1922 si riunì il I Congresso dei Soviet di tutta l’Unione per ratificare