INTRODUZIONE
Questo lavoro si propone di esaminare alcuni avvenimenti che hanno caratterizzato il
sistema di relazioni industriali italiano nell'ultimo ventennio.
Il periodo individuato ha la peculiarità di contenere una ricca produzione di documenti di
natura pattizia e legislativa che attengono al sistema della contrattazione collettiva.
Più precisamente, l'oggetto dell'analisi è la complessa intelaiatura di regole scaturite da
un'intensa attività negoziale delle Parti sociali volta a ridisegnare la cornice entro cui agire
nell'esercizio dell'autonomia negoziale.
Il ruolo determinante che la contrattazione collettiva svolge nelle società industrializzate,
comprende tutto l'insieme dei rapporti negoziali che intercorrono tra sindacati e imprese in
ordine alla regolamentazione del rapporto di lavoro.
Questo aspetto attiene principalmente ai contenuti della contrattazione; la quale possiede
anche un'ulteriore dimensione relativa alla sua struttura; quest'ultima ne costituisce la rete di
rapporti tra i soggetti deputati ad attuarla e le interconnessioni all'interno dei soggetti stessi
costituitisi in organizzazioni.
La contrattazione collettiva, vero e proprio fondamento del sistema di relazioni industriali,
per gli effetti che produce su tutto il tessuto sociale, economico e politico, ha costituito il
tema predominante su cui si sono concentrati sindacati, imprese e governi nel recente
passato; mossi da un intento riformatore, gli attori sociali hanno costruito una rete di
relazioni spesso conflittuali per ridefinire il perimetro, le competenze, le funzioni
dell'istituto contrattuale, fino a produrne una sostanziale evoluzione che merita di essere
analizzata.
Attraverso una scansione temporale in ordine cronologico, l'analisi ripercorre gli
avvenimenti principali, cercando un nesso di consequenzialità tra le esperienze contrattuali,
il ruolo degli attori, il contesto politico ed economico in cui essi hanno agito, il contenuto
degli accordi stipulati e gli effetti che tali accordi hanno provocato sul sistema delle regole.
Il primo capitolo si occuperà dell'esperienza più rilevante di politica di concertazione tra
governo e parti sociali: il “Protocollo 23 luglio 1993”, nel tentativo di fornirne un'accurata
descrizione dei contenuti e della volontà politica che in esso è contenuta.
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Con particolare attenzione alla dinamica economica che esso ha prodotto negli anni
successivi alla sua sottoscrizione, se ne sottolineano le incidenze sul sistema della
regolamentazione della contrattazione collettiva: il rapporto tra livelli contrattuali, le
dinamiche salariali, i meccanismi di rappresentanza sindacale determinatisi a seguito della
stipula dell'intesa, la dimensione macroeconomica della contrattazione che ne è derivata;
quest’ultima sarà oggetto di un approfondimento attraverso l’esame di una serie di indicatori
al fine di confrontarli con gli obiettivi dichiarati dell’accordo sindacale.
Nel secondo capitolo si individuano gli elementi di mutazione rispetto all'impostazione
originaria fornita dall'esperienza costitutiva che è il Protocollo del 93: il contesto politico e
le strategie degli attori che han fatto da sfondo a quella fase, l'attività contrattuale che ne è
scaturita e le ripercussioni che ha prodotto su tutto il sistema della contrattazione collettiva,
i rapporti tra i soggetti nel mutato contesto che hanno caratterizzato quella stagione.
Nel terzo capitolo si ripercorrono i momenti negoziali tenutisi tra le parti sociali ed i
contenuti degli accordi sottoscritti, frutto di un mutato atteggiamento volto alla
ricomposizione del sistema di regole sulla contrattazione collettiva.
Alle conclusioni è affidato il compito di esprimere il punto di vista di chi scrive sugli
argomenti trattati nei capitoli precedenti.
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CAPITOLO PRIMO
L'ACCORDO DI “LUGLIO DEL 1993”: IL PIU' SCETTICO DEI SANTI
1.1 Il contesto economico e politico
Un arco temporale lungo quattro anni è stato necessario per raccogliere le firme all'Accordo.
Si è trattato di un periodo quanto mai denso di avvenimenti e sconvolgimenti politici nella
storia della Repubblica italiana, che ha fatto registrare lo sgretolarsi delle istituzioni
politiche tradizionali quali i partiti politici ed una intera classe dirigente oltre che le
fondamenta di uno Stato assistenziale.
Stretta tra le inchieste giudiziarie e i rigidi parametri del Trattato di Maastricht, l'Italia, o
meglio la sua classe politica, vive una fase profondamente instabile in cui le certezze e i
fasti degli anni precedenti sono scossi e messi in discussione.
La disoccupazione aumenta, il debito pubblico ha raggiunto picchi insostenibili, il mercato
interno e la propensione al consumo degli italiani rallenta e decresce, si prospetta l'incubo
delle bombe terroristiche con gli attentati di Roma, Firenze, Capaci e Via D'Amelio.
La rincorsa al treno dell'unione monetaria e politica europea costituisce una priorità
irrinunciabile ma il prezzo da pagare è alto in termini di sacrifici economici e
ridimensionamento delle aspettative sulla qualità della vita.
In un clima da caduta dell'impero, l'esecutivo “tecnico” guidato da Carlo Azeglio Ciampi (e
dal suo predecessore Giuliano Amato) macina decreti impopolari: riforma pensionistica,
provvedimenti di politica fiscale, riforma della pubblica amministrazione, imposti anche a
colpi di “fiducia” ad un parlamento di inquisiti ormai delegittimato.
L'Accordo del 3 luglio 1993 sulla politica dei redditi risulta essere, in questo quadro
instabile, una sorta di manifesto programmatico, una strada tracciata verso un nuovo assetto
di poteri dello Stato e di blocchi sociali a sostegno di un Paese che si avvia verso un nuovo
sistema politico: La Seconda Repubblica, si dirà.
3 luglio 1993 è il giorno di San Tommaso, il più scettico dei santi; il precedente momento
negoziale tripartito, Governo-Parti sociali, non aveva dato buoni frutti producendo il
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divorzio della Cgil nel giorno di San Valentino.
Si parla del 1984 e l'oggetto della trattativa era il meccanismo di indicizzazione dei salari
agganciato all'inflazione reale, ovvero il suo superamento, sancito dal Referendum popolare
di qualche mese prima.
Ma di fronte ad uno scenario critico e per certi versi drammatico, le Parti sociali si
avventurano in una dimensione nuova ed originale dai molteplici aspetti sconosciuti la cui
portata sarebbe stata verificata solo a posteriori.
Un accordo, quello del luglio 1993, che crea molte aspettative; in primo luogo ridefinisce la
gerarchia della contrattazione collettiva articolandola su due livelli negoziali, nazionale di
primo livello e decentrata. Assegna agli organismi sindacali aziendali la titolarità non
esclusiva della contrattazione dentro alle imprese, impegna tutte le parti coinvolte nel
rispetto dei tempi e procedure assegnati alla contrattazione, coinvolge le parti in specifici
compiti: le Organizzazioni sindacali ridimensionano le proprie istanze sul recupero del costo
della vita, il Governo mette in campo iniziative volte all'assorbimento della disoccupazione
e al contenimento dell'inflazione (vero e proprio obiettivo prioritario), le associazioni di
impresa collaborano alla ripresa economica e all'obiettivo della piena occupazione
attraverso gli investimenti produttivi.
Ma al di là degli istituti introdotti e degli effetti desiderati, l'Accordo “Luglio 93” è ricco di
significati simbolici dettati dai comportamenti concludenti degli attori protagonisti: si è
trattato di un vero e proprio cambiamento di paradigma; il Governo dei tagli alla spesa
pubblica e del rigore inaugura una prassi che prevede i soggetti sociali (sindacati e
imprenditori) dentro al processo di definizione del modello di sviluppo del Paese, li
coinvolge nel processo decisionale su quale debba essere la distribuzione del reddito, quale
la via per uscire dalla crisi.
Un “Invito a concerto” in cui le Organizzazioni sindacali scommettono fortemente
accettando di divenire agenti di politica economica.
Ma l'Accordo “luglio 1993” è l'ultimo atto di un percorso iniziato quasi quattro anni prima
di cui penso valga la pena ripercorrerne le tappe fondamentali che riassumerò di seguito:
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8 giugno 1989 Confindustria discute al suo interno della possibilità di dare disdetta al
precedente accordo datato maggio 1986 riguardante la “scala mobile” che viene riportata sul
tavolo negoziale, precedentemente aperto, sulle “nuove relazioni industriali”.
Gli incontri tra le parti iniziano formalmente il 27 giugno 1989.
29 giugno 1989: Confindustria e Sindacati raggiungono un accordo: la Confindustria rinvia
di un anno la disdetta della scala mobile e sul tavolo delle “nuove relazioni industriali” si
parlerà anche delle tematiche del “costo del lavoro”, della sua struttura, coerentemente agli
obiettivi di competitività delle imprese, nel rispetto dell'autonomia contrattuale delle
categorie (così recita il testo dell'accordo).
Novembre-dicembre 1989: dopo le assisi congressuali di Cisl e Uil in cui i segretari
generali vengono riconfermati, si riapre il confronto con Confindustria che insiste affinché
la dinamica salariale venga messa sotto controllo. Cgil, Cisl, Uil respingono la tesi.
25 gennaio 1990: viene siglata una intesa più articolata in cui le parti si impegnano a far sì
che gli incrementi salariali possano ridurre l'inflazione, consentendo la crescita equilibrata
del PIL, garantendo la competitività e la produttività del sistema. Tale intesa viene trasposta
nei rinnovi contrattuali di categoria.
7 giugno 1990: il Parlamento approva la legge che regolamenta il diritto di sciopero nei
servizi pubblici essenziali.
19 giugno 1990: La Confindustria disdetta l'accordo sulla scala mobile ed esprime la
propria posizione che vorrebbe la definizione degli assetti contrattuali e del salario prima di
aprire i tavoli per i rinnovi dei Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro.
Le altre associazioni imprenditoriali non seguono la Confindustria sulle sue posizioni.
27 giugno 1990: CGIL, CISL, UIL proclamano lo sciopero generale per il giorno 11 luglio,
contro la disdetta della scala mobile da parte di Confindustria.
28 giugno 1990: Il Governo si fa mediatore tra i contendenti.
6 luglio 1990: Con ampia maggioranza il Parlamento approva una legge che proroga la
scala mobile fino al 31 dicembre 1991. Contestualmente Governo e Parti sociali
raggiungono l'accordo che sancisce l'abolizione della scala mobile a partire dal gennaio
1992 e l'inizio del confronto per definire un nuovo meccanismo di recupero dell'inflazione
sui salari e del sistema contrattuale. Riprendono i negoziati per i rinnovi dei contratti
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nazionali (chimici e metalmeccanici).
Il Governo si impegna a definire nella legge finanziaria la riduzione degli “oneri impropri” a
carico delle imprese.
20 luglio 1990: Accordo per il Contratto nazionale settore chimici. Gli aumenti sono fissati
sulla base di un indice di “inflazione programmata”; l'intesa prevede che in caso di
scostamento tra l'inflazione programmata e quella reale si proceda ad un conguaglio per
colmare il disavanzo.
14 dicembre 1990: Dopo 6 mesi di trattative viene raggiunto l'accordo per il rinnovo del
contratto nazionale dei lavoratori metalmeccanici attraverso la mediazione del ministro del
lavoro Donat Cattin.
1 marzo 1991: Cgil, Cisl, Uil raggiungono l'accordo sulle Rappresentanze Sindacali
Unitarie (RSU) che si prevede prenderanno il posto dei Consigli di fabbrica. Il testo di
questo accordo verrà recepito nell'intesa del 3 luglio 1993.
12 aprile 1991: Dopo la morte del ministro Donat Cattin, Franco Marini viene nominato
Ministro del Lavoro del governo presieduto da Giulio Andreotti.
29 aprile 1991: Le organizzazioni sindacali confederali ribadiscono unitariamente che la
trattativa denominata “di giugno” non avrà inizio finché le trattative per i rinnovi dei
contratti nazionali di lavoro dei settori alimentarista, edile, agricolo e tessile resteranno
aperte.
6 maggio 1991: Cgil, Cisl e Uil formalizzano il documento unitario con cui si presenteranno
alla “trattativa di giugno” puntualizzando le posizioni comuni in merito a politica dei
redditi, durata della vigenza dei contratti nazionali, contrattazione integrativa.
Sul tema della scala mobile le tre centrali confederali non hanno posizioni comuni se non
sul punto che il nuovo meccanismo debba essere universale ed automatico.
La Confindustria boccia la piattaforma.
4 giugno 1991: La Commissione lavoro del Senato approva in sede legislativa la legge 223
per la riforma del mercato del lavoro, la cassa integrazione straordinaria, le procedure di
ristrutturazione aziendale.
23 ottobre 1991: Si apre il XII Congresso della CGIL che scioglierà definitivamente le
componenti interne (socialista e comunista).
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