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Abstract:
Studio del sistema giuridico e del ruolo dei diversi attori, con particolare attenzione alle Regioni, nel campo del
diritto del patrimonio culturale architettonico, sul piano internazionale, comunitario e nazionale e con momenti di
raffronto tra il sistema italiano, quello francese e spagnolo.
Il lavoro è diviso in tre parti: la prima è dedicata alla ricerca delle radici storiche della disciplina, della sua
evoluzione nel tempo, dei possibili nuovi spazi regionali nei diversi livelli considerati.
Nella seconda si esaminano tre casi recenti di conflitto tra l'Unesco ed i Governi nazionali e locali, al fine di
illustrarne i poteri e le reciproche possibilità d'intervento. Si analizzano tre vicende che hanno avuto come centro
d'interesse alcuni beni iscritti nella Lista del patrimonio culturale e naturale dell'Umanità. Per i casi di studio
sono stati scelti tre Stati (Italia, Francia e Spagna) le cui Regioni hanno competenze e campi d'azione
quantitativamente e qualitativamente diversi. In particolare, le Regioni studiate sono la Sicilia (Regione
autonoma con poteri legislativi ed amministrativi ampi), la Regione Aquitania (priva di competenze legislative) e
la Comunità Autonoma di Catalunya (dotata di poteri pressoché assoluti).
Nella terza parte lo studio si sposta all’analisi delle relative politiche pubbliche e di alcuni dati economici
nazionali e regionali, concludendosi con alcune riflessioni. Nel campo del patrimonio culturale le Regioni hanno
ruoli istituzionalmente riconosciuti sul piano internazionale, sovranazionale e nazionale, giacché esse partecipano,
per quanto di competenza, al rispetto degli obblighi internazionali, sono le interlocutrici principali delle politiche
europee ed hanno infine competenze amministrative – e frequentemente legislative – nell'ambito nazionale. Il
patrimonio culturale, racchiudendo in sé sia aspetti di respiro universale sia elementi che contribuiscono alla piena
maturazione di valori individuali, presuppone l'intervento di tutte le Istituzioni, ad ogni livello. A questa
premessa corrispondono alcune conseguenze: le Regioni possono rappresentare il livello di governo che raccorda lo
Stato con le Collettività locali, non così distante da non percepirne fino in fondo le peculiarità e non così vicino da
poter essere coinvolto in dinamiche di potere locale che ne possano compromettere la funzione; nella necessità che si
verifichi l'integrazione tra le diverse politiche pubbliche riguardanti il patrimonio, la promozione e lo sviluppo del
territorio le Regioni possono rappresentare l'interlocutore principale che concerta gli attori pubblici e privati nella
zona di competenza; infine, esse sono senz'altro il soggetto che, meglio conoscendo le culture localizzate, può
intervenire nella valorizzazione di particolari elementi culturali d'interesse della Collettività regionale o locale,
assicurando il più ampio pluralismo culturale.
Una Società improntata ad un multiculturalismo sempre più accentuato postula la compresenza di più centri di
potere, che si muovano in modo integrato, assicurando livelli partecipativi di ogni livello di governo. Soltanto in
3
questo modo si otterrà la protezione del patrimonio dell'intera Società, formata da molteplici istanze culturali.
Rispettare le diverse culture presenti in una Società, garantirne i valori ed i simboli, diventa uno strumento di
pace e di democrazia in cui il ruolo delle Regioni è fondamentale per assicurare la crescita e l'evoluzione della
Comunità e la presa in carico di elementi che contribuiscono alla realizzazione di una società aperta ed
armoniosa.
La ricerca si è conclusa nel mese di giugno 2010.
4
Presentazione
L‘oggetto della ricerca è una riflessione sul ruolo delle Regioni nella complessa materia della
tutela e valorizzazione del patrimonio culturale, sul piano del diritto internazionale, europeo e
nazionale.
Tra le varie componenti del patrimonio culturale, lo studio si sofferma in particolar modo sui
beni appartenenti a quello materiale ed architettonico benché, laddove necessario, siano stati
operati riferimenti al patrimonio che presenti altre caratteristiche (mobile, immateriale,
subacqueo…).
Le norme giuridiche della disciplina appartengono a differenti sistemi giuridici e sono poste su
livelli diversificati (da quello internazionale a quello locale); si tratta di ricostruirne un quadro
armonico in cui i diversi attori trovino spazio e si ricompongano le varie competenze e gli
intrecci di interessi.
La prima parte è dedicata alla contestualizzazione storica, concettuale e normativa
dell'argomento: da dove deriva il concetto di patrimonio culturale? Attraverso quali passaggi dal
concetto di ―patrimonio‖ legato al contesto familiare si è arrivati ad ampliarlo al punto di
renderlo ―mondiale‖? Quali sono gli elementi che sono intervenuti storicamente? E perché si sta
assistendo ad una rivalutazione dei suoi aspetti "territoriali" e sociali, come se dal patrimonio
culturale partissero diversi fili di trama e ordito che portano alla realizzazione di un tessuto
prezioso? In questa sede, si verificherà inoltre che il significato del termine ―bene culturale‖ si è
evoluto nel tempo cosí come, attraverso un processo articolato, dal concetto di ―Cultura‖ - alta
ed élitaria - si è giunti al riconoscimento delle ―culture‖ considerate elementi di ricchezza della
Comunità, patrimonio di valori che caratterizzano un luogo, la sua storia, la sua identità.
Saranno analizzati innanzitutto gli strumenti giuridici sovranazionali, tenendo presente che la
tutela dei beni culturali in tempo di pace trova le sue radici nella tutela dei medesimi in tempo di
guerra; conseguentemente, la prima Convenzione presa in esame sarà quella dell'Unesco siglata
all'Aja nel maggio 1954 ―Protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato‖, i suoi due
protocolli del 1954 e del 1999 ed i suoi precedenti storici (Convenzioni dell'Aja precedenti, di
Ginevra, Patto Roerich del 1935); successivamente saranno esaminate le altre Convenzioni
promosse dall'Unesco a tutela dei diversi aspetti dei beni culturali ponendo in particolar modo
l'attenzione su quella di Parigi del 1972 - ―Convenzione per la protezione del patrimonio
mondiale culturale e naturale‖- mediante cui agli Stati viene attribuita la responsabilità
dell'implementazione, da realizzare mediante gli atti giuridici previsti dal proprio ordinamento.
In questa sede, si esaminerà il ruolo ed il sempre più ampio coinvolgimento degli Enti locali e
territoriali in materia, s'inquadrerà la responsabilità dello Stato nei confronti della Comunità
5
Internazionale nonché le misure che quest‘ultima può attivare qualora gli impegni assunti siano
disattesi.
Successivamente sarà esaminato il quadro delle norme europee, sia del Consiglio d'Europa sia
dell'Unione Europea. Le politiche europee riconoscono alle Regioni un ruolo sempre più
determinante, sia mediante la partecipazione a programmi ed azioni comunitarie specificamente
dedicati a sostegno della cultura sia tramite la realizzazione degli obiettivi di coesione sociale da
conseguirsi mediante i sostegni offerti dai diversi Fondi europei.
Dopo aver esaminato la normativa internazionale e sovranazionale, sarà indagato il ruolo delle
Regioni italiane nel campo del patrimonio culturale a livello nazionale, ricordando che le
disposizioni dettate dalla Costituzione e dal vigente codice dei beni culturali (d.lgs. 42/2004) ne
attribuiscono la tutela allo Stato e la valorizzazione alle Regioni: le due attività sono strettamente
interconnesse, in quanto necessarie ad assicurare la fruizione pubblica dei beni culturali, ma dal
riparto di competenze scaturiscono inevitabili conflittualità. Saranno considerate anche le
relazioni tra le Regioni ed i soggetti privati, in particolar modo per quanto attiene al fenomeno
del mecenatismo.
La seconda parte è interamente dedicata all'analisi di tre casi selezionati di studio in cui l'Unesco
è intervenuta a tutela di elementi del Patrimonio culturale e naturale dell'Umanità minacciati da
scelte promosse dai governi, sia nazionali sia locali.
Tra i moltissimi casi disponibili, sono stati scelti quelli avvenuti in tre Regioni europee con
competenze diversificate: la Sicilia, Regione italiana caratterizzata da un regime statutario di
natura speciale improntato al riconoscimento di ampie fasce di autonomia anche legislativa;
l'Aquitania, Regione francese priva di poteri legislativi ma il cui regime giuridico nazionale le
riconosce ampi spazi d'intervento, ed infine la Comunità Autonoma di Catalunya, Regione
autonoma e con spiccati poteri sia legislativi sia amministrativi.
Nei tre casi di studio, dopo aver ricostruito le vicende che si sono sviluppate nel tempo, si
esamineranno i sistemi giuridici italiano (approfondendo la tematica attinente alla Regione a
statuto speciale), francese e spagnolo e si analizzerà l'intervento dell'Unesco – basato soprattutto
sul prestigio conferito dal riconoscimento – e le relazioni attivate tra gli Stati ed i Governi locali.
Si illustrerà anche il ruolo giocato a protezione del patrimonio culturale da altre istituzioni, quali
il Mediatore Europeo, la Banca mondiale o la Banca Europea per gli investimenti che, benché
intervenuti in forma indiretta, hanno sostenuto la realizzazione di tale obiettivo. Questa parte
della ricerca è stata svolta principalmente consultando i documenti presenti negli archivi
dell'Unesco di Parigi. Inoltre, in previsione della partecipazione della Regione Lombardia e della
Città di Brescia alla candidatura seriale "I Longobardi in Italia, i luoghi del potere", si è ritenuto
interessante riportare l'esperienza delle persone che stanno operando ai fini di un esito positivo
6
del progetto; le voci dei rappresentanti politici e dei funzionari sono state riportate parte nel
testo e parte inserendo tra gli "Allegati" le interviste realizzate.
La terza parte sarà infine dedicata all'analisi delle politiche culturali delle Regioni. Perché e per
chi è importante proteggere il patrimonio culturale? Lo sguardo verso il futuro, di chi s'impegna
alla preservazione a favore delle nuove generazioni, non deve porre in secondo piano
l'importantissima funzione sociale che il patrimonio culturale svolge a favore delle generazioni
presenti, come fondamentale ed imprescindibile volano per lo sviluppo del territorio ma non
solo. Nelle riflessioni conclusive si porranno in luce i campi d'intervento regionali sia
consolidati sia in corso di affermazione. Le Regioni hanno acquisito nel tempo spazi
istituzionalizzati tanto sul piano internazionale tanto su quello sovranazionale: per esempio, nel
primo ambito, partecipano ed intervengono sia nella fase preparatoria di candidatura sia in
quella successiva di mantenimento dell'eccellenza del bene iscritto nella Lista del Patrimonio
culturale e naturale dell'Umanità, mentre per quanto attiene al secondo, mediante la gestione dei
Fondi Europei e assicurando l'adozione di misure specifiche, perseguono l'obiettivo della
preservazione e della valorizzazione del Patrimonio presente sul loro territorio. Nell'ambito
nazionale, esse hanno competenze amministrative e, frequentemente, legislative. A loro favore si
possono però ipotizzare altri spazi d'azione: possono costituire il soggetto intermedio tra lo
Stato e gli attori pubblici e privati coinvolti a vario titolo nella cura e nella gestione del bene,
operando il raccordo tra le funzioni vincolistiche e quelle di promozione del territorio; possono
rappresentare il punto di snodo di tutta una serie di politiche pubbliche che riguardino
direttamente o indirettamente il patrimonio culturale ed infine possono assicurare, mediante
l'individuazione di elementi del patrimonio rilevanti per la Regione o per la Comunità locale, il
perseguimento del pluralismo culturale.
Si tratta di comprendere che la Società attuale è caratterizzata da un pluralismo culturale che sarà
sempre più ampio e variegato, un panorama in cui le contaminazioni tra le diverse culture del
mondo si apriranno a nuovi scenari ed intrecci. Il pluralismo alimenta la vita culturale delle
Comunità ed alla molteplicità di culture presenti negli Stati moderni è indispensabile ed
inevitabile riconoscere pari dignità: la commistione culturale è un processo irreversibile e, se
gestito con rispetto ed intelligenza, è certamente una forma di arricchimento sociale.
Alla pluralità culturale devono corrispondere molteplici centri decisionali pubblici, che
garantiscano, con la loro azione coordinata, la presa in carico di tali diverse istanze. In questa
luce, il ruolo delle Regioni contribuisce alla piena realizzazione di una società di pace e di
democrazia.
7
Perché, in verità, non ci è modo sicuro a possederle,
altro che la ruina. E chi diviene patrone di una città
consueta a vivere libera, e non la disfaccia, aspetti di
esser disfatto da quella; perché sempre ha per refugio,
nella rebellione, el nome della libertà e li ordini
antichi sua; li quali né per la lunghezza de' tempi né
per benefizii mai si dimenticano. E per cosa che si
faccia o si provegga, se non si disuniscono o dissipano
li abitatori, non sdimenticano quel nome né quelli
ordini, e subito in ogni accidente, vi ricorrono; come fe'
Pisa dopo cento anni che ella era posta in servitù da'
Fiorentini.
2
(Niccolò Machiavelli)
PARTE PRIMA. IL PATRIMONIO CULTURALE
E LE REGIONI
2
N. Machiavelli, Il Principe, Cap. V - In che modo si debbino governare le città o principati li quali, innanzi
fussino occupati, si vivevano con le loro legge - Quomodo administrandae sunt civitates vel principatus, qui,
antequam occuparentur suis legibus vivebant; in: http://www.classicitaliani.it/machiav/mac02.htm (accesso
dic. 2009)
8
Capitolo I. Il concetto legale di Patrimonio Culturale nella storia e le coordinate della
materia.
§ 1. Il Patrimonio Culturale
L'Italia è il Paese che vanta il numero maggiore di luoghi iscritti nella Lista del Patrimonio
Mondiale dell'Umanità, istituita con la Convenzione Unesco sulla protezione del patrimonio
mondiale naturale e culturale del 1972, e complessivamente il territorio del Paese presenta
un'infinita ricchezza di testimonianze artistiche, storiche e culturali che si sono stratificate nel
tempo.
Si tratta di un patrimonio ingente ed estremamente diversificato che raffigura le diverse
comunità da cui è composta la popolazione italiana, il loro passato, il loro rapporto con il
territorio d‘insediamento e, superando l‘aspetto estetico, i valori condivisi, religiosi e non, ed i
modi di vivere; un patrimonio che rileva per tutta l‘Umanità o per la popolazione insediata sul
territorio, ma in entrambi i casi caratterizzato da un potente valore simbolico ed identitario.
Il pensiero spazia dalle vette dolomitiche al barocco siciliano della cattedrale di Noto, dalle
incisioni rupestri delle valli lombarde alle ville palladiane del Veneto, dai Sassi di Matera ed i
trulli di Alberobello alla laguna di Venezia ed al Duomo di Modena: estrema varietà di luoghi e
di realtà, testimonianze della storia del Paese, del rapporto dell‘uomo con la sua terra, e
accomunate tra loro dal fatto di essere tutte ritenute di eccezionale valore per l‘intera umanità,
come stelle nel firmamento.
Le Convenzioni internazionali, così come quelle sopranazionali stipulate a livello europeo, sono
sottoscritte dagli Stati e la responsabilità circa la loro osservanza ricade su questi ultimi. Qual è il
ruolo regionale nella complessa materia della preservazione e della valorizzazione del patrimonio
culturale? Quali spazi possono essere concretamente occupati dalle Regioni in un campo in cui
le norme provengono da diversi livelli?
Già da questa breve premessa emerge che l‘oggetto di tutela è il ―Patrimonio Culturale‖. Di cosa
si tratta? Quando nasce la consapevolezza della sua esistenza? Quali sono gli elementi simbolici
che lo costituiscono e che contribuiscono alla costruzione dell‘identità culturale del singolo e di
un gruppo? Quali aspetti possono portare a riconoscere l‘esistenza di un comune patrimonio
nazionale, europeo, universale? Come si concilia la specificità locale con la coesione sociale?
Esiste una responsabilità universale per la sua protezione? Esiste un diritto al proprio
patrimonio culturale ed esso è ascrivibile tra i diritti dell‘Uomo? Scorrendo i testi giuridici ed i
ricchissimi contributi dottrinali in materia, le domande che sorgono sono moltissime ed a non
tutte è assegnabile una risposta semplice ed immediata. Al fine di individuare l‘oggetto dello
studio e di circoscriverne l‘ambito, cercherò di affrontare innanzitutto la definizione del
9
concetto di ―Patrimonio Culturale‖.
1. La nascita del concetto di Patrimonio Culturale ed i primi strumenti giuridici per la
sua protezione.
Il concetto di Patrimonio culturale, nella Società occidentale ed europea, nasce e si sviluppa nel
tempo. La locuzione comprende in sé due termini, il sostantivo ―Patrimonio‖ e l‘aggettivo
―Culturale‖.
Analizzando le norme giuridiche – nazionali ed internazionali – che si sono succedute nel
tempo, l‘attenzione è innanzitutto richiamata dalla terminologia in esse utilizzata. Vedremo
infatti che l‘evoluzione della materia comporterà l‘uso di un lessico sempre maggiormente
definito e specifico.
La scelta del termine ―Patrimonio‖, già di per sé evocativa di un bene o di un complesso di beni
che possano essere trasmessi da una generazione all'altra come un‘eredità, è di recente
introduzione nel moderno linguaggio giuridico dei beni culturali così com'è relativamente
recente l‘idea che determinati oggetti, caratterizzati dal fatto di presentare interesse artistico,
storico o culturale, abbiano diritto ad una particolare protezione.
Per secoli, infatti, ai monumenti ed alle testimonianze del passato non era attribuito alcun valore
aggiunto: il marmo di cui era rivestito il Colosseo venne riutilizzato per abbellire altri edifici,
antichi palazzi furono demoliti per erigerne di nuovi, si procedette allo sventramento di antichi
quartieri cittadini senza porsi particolari questioni rispetto ad un loro eventuale valore storico.
La storia si riallaccia ad un periodo piuttosto lontano nel tempo, quello medievale. E' a
quell'epoca che si può far risalire la prima identificazione della Comunità intorno ai suoi simboli,
che nel passato erano innanzitutto le reliquie dei Santi, conservate nelle grandi Cattedrali. Il
primo concetto di patrimonio è legato alla religiosità della Comunità, e dalla venerazione dei
simboli religiosi nasce il sentimento indistinto della proprietà collettiva. Quando nel XVI secolo
il movimento iconoclasta distrugge le testimonianze della fede, siano reliquie, statue, immagini o
edifici, gli abitanti di Condom sur Baïse in Guascogna ottengono di preservare la loro Cattedrale
monetizzando il riscatto di 30.000 lire, e lo stesso avviene per la Cattedrale di Bazas, in
Aquitania-Gironda.
3
Il sacrificio finanziario è teso a preservare il monumento storico che la
Comunità sente come proprio.
Nel periodo del Rinascimento Italiano riemerge un grande interesse per l‘antichità, indicata
come modello di perfezione. Nel 1519 Raffaello chiede l‘intervento del Papa Leone X affinché
cessi o sia limitato l‘utilizzo del materiale prelevato dalle strutture classiche ed ad un primo
3
Chastel André, Babelon Jean Pierre: ―La Notion de patrimoine‖ - L. Levi, Paris, 2004
10
decreto papale altri ne seguirono, ma senza esiti rimarchevoli
4
. Ancora nel XVI secolo Niccolò
Machiavelli, nel ―Principe‖, suggerisce di procedere alla distruzione delle città conquistate
5
ed è
solo intorno alla metà del XVII secolo che le cose iniziano a modificarsi: con la pace di Westfalia
del 1648, a conclusione della guerra ―dei Trent‘anni‖, si stabilisce la restituzione dei beni sottratti
durante la guerra tra cui, in particolare, biblioteche ed archivi,
6
ai quali viene riconosciuto uno
―status‖ giuridico peculiare.
L‘evoluzione del pensiero conseguente all‘illuminismo modifica la concezione stessa della
guerra: non è più giustificata la distruzione di beni non strettamente interessati al conflitto in
atto ed inizia a formarsi il principio del rispetto del patrimonio culturale di ogni Paese. Intorno
alla fine del XVIII secolo si abbozza l‘idea che le opere d‘arte ed i monumenti costituiscano il
patrimonio del popolo, della Nazione, e non soltanto di un gruppo o di una parte ristretta della
società. La natura religiosa dei monumenti durante il ―Secolo dei Lumi‖ inizia ad assumere un
peso diverso in quanto l'edificio sacro diviene nello stesso tempo testimonianza della storia, ed è
perciò un riferimento indispensabile per conoscere la vita delle generazioni precedenti. André
Chastel riferisce che nel 1792, un Commissario incaricato di censire i beni contenuti negli edifici
di culto di Parigi, davanti alla statua di una Vergine con il Bambino che ornava una delle cappelle
del Convento Des Grands Carmes, esclamava che in caso di demolizione del Convento –
simbolo del potere ecclesiastico - la statua sarebbe stata invece da preservare, perché bella e
preziosa come antichità.
7
E' importante ricordare che la distruzione dei monumenti storici, quantomeno fino alla fine del
XVIII secolo, è stata operata senza eccessive preoccupazioni: gli stessi Sovrani distruggevano le
testimonianze storiche dei periodi precedenti senza discriminare rispetto al loro valore. A Parigi,
il Palazzo del Louvre è stato costruito – a partire dal XVI secolo – sul sito in cui Filippo
Augusto nel 1190 aveva fatto erigere un Mastio, raso al suolo da Francesco I allo scopo di
liberare l'area; l'Hotel de Tournelle, che nell'attuale Place de Vosges aveva ospitato dal 1388 i Re
di Francia, venne fatto abbattere da Caterina de‘ Medici nel 1563, e gli esempi potrebbero
continuare. Qual è l‘idea che sostiene la maturazione di una nuova concezione? Vedremo che lo
stesso concetto giuridico di proprietà assumerà connotazioni peculiari, sostenute dall‘interesse
4
Joseph L. Sax: ―Heritage preservation as a public duty: the Abbé Grégoire and the origin of an idea‖ –
Michigan Law Review, 88 (5) April 1990, 1142-1169.
5
Vedi nota n. 1
6
Cfr. Trattato di Oliva tra Svezia e Polonia (1660) art. VII e IX; Trattato di Whitehall tra Inghilterra e Paesi
Bassi (1661). Per quanto attiene alla pace di Westfalia, Trattato di Munster del 1648 tra Spagna e Paesi Bassi
artt. XXIV e LXIX come citati da Frigo M., «Restituzione di beni culturali e conflitti armati: alcune ipotesi
ricostruttive» - contributo destinato alla pubblicazione nella rivista «Diritto del Commercio Internazionale» -
reperito in www.provincia.asti.it/hosting/moncalvo/pcb/frigo.doc (accesso agosto 2009); Francioni F., «Dès
biens culturels au patrimoine culturel: l‘évolution dynamique d‘un concept et de son extension» in «L‘action
normative à l‘Unesco» - Vol. I, p. 231 e ss., ed. Unesco – Martin Nijhoff, Parigi 2007.
7
Chastel, op. cit., pag. 47
11
pubblico alla protezione ed alla conservazione dei beni a favore delle generazioni future, che si
coniugherà alla loro valorizzazione e fruizione, a favore di quelle attuali.
2. Il Patrimonio “Nazionale” e la Rivoluzione Francese
Eccezion fatta per alcuni, sporadici atti tesi alla protezione di particolari testimonianze del
passato, fino al 1790 non esiste alcuna politica pubblica che abbia per oggetto la loro
preservazione. I proprietari dei beni, siano essi pubblici o privati, considerano gli edifici ed i
manufatti artistici come qualsiasi altro bene di cui siano in possesso. E‘ solo a seguito della
Rivoluzione Francese del 1789 che l‘atteggiamento cambia profondamente.
La valenza simbolica dell'edificio diventa ora manifesta; le distruzioni che si susseguono durante
questo periodo sono infatti espressione di una prima coscienza collettiva: si distruggono le
Chiese perché rappresentano vincoli alla libertà di pensiero, si distruggono i monumenti
monarchici ma non quelli dei cittadini. E‘ questo il momento in cui si struttura il concetto di
patrimonio legato alla vita civica, in cui vengono sacralizzati i luoghi simbolici come il
Municipio.
Dopo la Rivoluzione francese, i beni dell'aristocrazia vengono confiscati e quelli della Chiesa
secolarizzati: è l'avvio di un procedimento che durerà quasi un secolo e che investirà tutta
l'Europa, dato che nell'Italia postunitaria è del 7 luglio 1866 la legge di soppressione degli Ordini
e delle Corporazioni religiose, mentre la legge del 15 agosto 1867 stabilí la liquidazione dell‘Asse
ecclesiastico.
Gli Stati si trovarono a dover governare una fortuna enorme e senza precedenti: l‘espropriazione
dei beni feudali ed ecclesiastici creò un patrimonio che formalmente era di proprietà collettiva,
una ricchezza appartenente al popolo, per la cui gestione divenne necessario costituire un
apposito apparato amministrativo.
All'inizio del XIX secolo le forze in campo sono contrapposte: da un lato non è ancora
terminata la cieca distruzione o la riconversione e riutilizzo dei fabbricati monastici a fini civili,
che frequentemente ne comporta un forte degrado; dall'altro, si struttura in misura sempre più
precisa l'esigenza di definire il patrimonio nazionale e cresce la sensibilizzazione di quella parte
di cittadinanza orgogliosa del proprio patrimonio artistico. E‘ questo il frangente in cui sono
coniati nuovi termini quali ―vandalismo‖, che richiama le distruzioni perpetrate dai Goti e dai
Vandali nel corso delle loro incursioni. E‘ merito dell‘Abbé Gregoire, membro del Governo
Rivoluzionario, se l‘arte inizia ad essere spogliata dal suo contenuto politico, ad essere vista
come espressione dello spirito dell‘uomo, del genio dell‘artista che non può essere mai
considerato uno strumento di tirannia. Con la Rivoluzione le Istituzioni del clero e della
monarchia vengono meno, e Grégoire ritiene che la Repubblica si debba ridefinire mediante
12
l‘arte, la scienza, la letteratura: chi vuole distruggere o vendere i beni artistici mette a repentaglio
i simboli più importanti dell‘identità nazionale. La Rivoluzione mira a liberare la popolazione
dall‘oppressione ed a creare un nuovo ordine sociale, ma questo obiettivo non deve svalutare il
passato che è invece il capitale necessario a costituire una nuova società.
8
Grégoire riteneva che
non si trattasse solo di dover preservare alcuni manufatti, ma che il compito pubblico fosse
quello, più ampio, di tramandare valori: mediante l‘educazione, un capolavoro di scultura viene
riconosciuto come tale e non solo come una pietra intagliata.
Già nell'estate del 1792, l'Assemblea Legislativa decretò che tutte le opere d'arte fossero
sorvegliate a cura dei rappresentanti dei Comuni, che si sarebbero incaricati della loro
conservazione
9
. Nel maggio del 1810 ai Prefetti francesi venne richiesto di effettuare un'indagine
tesa a raccogliere tutte le possibili informazioni su castelli, chiese, sepolcri monumentali. Si
trattava di svolgere un'opera titanica senza che ve ne fossero i presupposti di fondo, quali una
consolidata erudizione ed un metodo scientifico di inventariazione. Victor Hugo, in un famoso
articolo del 1832
10
contribuì a formulare la legge morale che si stava formando. È rilevante
rammentare che la nascita di quello che potrebbe essere definito ―sentimento patrimoniale‖ fu
ostacolata dal fatto che concerneva inevitabilmente opere appartenute in origine ad istituzioni
religiose, monarchiche o aristocratiche e pertanto non era immediato il fatto di scindere l'aspetto
estetico da quello più apertamente simbolico. Da un lato vi era dunque il desiderio di conoscere,
di preservare, mentre dall'altro si collocava la reazione passionale della popolazione che mirava a
distruggere gli elementi evocativi dello stato di costrizione in cui le classi più povere e disagiate
erano state obbligate a vivere per secoli. A partire dal XIX secolo il concetto di ―Monumento
storico‖ si definisce in misura più precisa, e comprende edifici, statue, vetrate, sepolcri ed ogni
altro elemento considerato segno di civiltà mediante cui si possa disegnare la storia della
Nazione, necessario alla sua coscienza. E' importante sottolineare l'aspetto ―nazionale‖ che
attraversa tutta la tematica: ogni Stato mira a preservare, custodire, tutelare e trasmettere il
proprio patrimonio nazionale, sentito come un elemento su cui si basa la propria unicità. Più
avanti la percezione si modificherà, aprendosi a visioni di più ampio respiro e di diversa
8
Joseph L. Sax – ―Heritage preservation…‖ Op. cit – nota 3
9
Chastel, op.cit.,p.63, che riprende F. Rucher ―Les origines de la conservation des monuments historiques en
France – 1790/1830‖, Paris 1913 p.93
10
Victor Hugo, ―Guerre aux démolisseurs‖ - contenuto in ―Littérature et philosophie mêlées‖: Il serait temps
enfin de mettre un terme a ces désordres, sur lesquels nous appelons l'attention du pays. Quoique appauvrie
par les dévastateurs révolutionnaires, par les spéculateurs mercantiles, et surtout par les restaurateurs
classiques, la France est riche encore en monuments français. Il faut arrêter le marteau qui mutile la face du
pays. Une loi suffirait; qu'on la fasse. Quels que soient les droits de la propriété, la destruction d'un édifice
historique et monumental ne doit pas être permise a ces ignobles spéculateurs que leur interet aveugle sur leur
honneur; misérables hommes, et si imbéciles, qu'ils ne comprennent même pas qu'ils sont des barbares! Il y a
deux choses dans un édifice, son usage et sa beauté. Son usage appartient au propriétaire, sa beauté a tout le
monde; c'est donc dépasser son droit que le détruire.-
cfr:http://www.classicistranieri.com/archivio/hugo/etext06/7ltph10.txt (accesso febbraio 2009)
13
articolazione, che porteranno al riconoscimento di un Patrimonio Universale da un lato, ed a
quello della specificità locale dall‘altro.
Nel XIX secolo, dal punto di vista amministrativo, nasce l'esigenza di creare un'apposita
struttura ed in Francia si preconizza la creazione della figura dell'Ispettore generale dei
Monumenti Storici.
11
L'idea di fondo, e che periodicamente riemerge, è quella di conoscere i
propri beni, ma il progetto è successivamente abbandonato a causa delle eccessive difficoltà
incontrate. Inoltre è importante rammentare l'impianto centralistico dello Stato, caratteristico del
periodo napoleonico: i tentativi di autonomia sono frenati dallo Stato, che amministra e
controlla rigidamente le finanze comunali, e questo aspetto non facilita la nascita del senso di
appartenenza comune del patrimonio pubblico municipale.
In Italia ed in Germania la situazione era specularmente opposta, a causa del retaggio storico del
periodo dei Comuni e delle libere Città-Stato già presenti nell'XI secolo.
Nello Stato moderno si radica sempre più il bisogno di preservare il proprio patrimonio e di
creare conseguentemente una struttura che possa garantire questo servizio (aspetto
amministrativo). In Francia, il concetto di ―patrimonio culturale‖ si salda a quello di
―monumento storico‖ ereditato dalla Rivoluzione, ufficializzato all'inizio del 1830 e poi
definitivamente ripreso dalla legge in materia del 1913. Il monumento storico è la testimonianza
di un passato ancora presente e che la Comunità riconosce come rappresentativo della propria
identità
12
. Solo in un momento successivo, localizzabile intorno agli anni '60 del XX secolo,
emergeranno nuovi aspetti legati al patrimonio etnologico ed alle tradizioni popolari che
contribuiscono ad una diversificazione del patrimonio; si passerà così dalla percezione della
―storia nazionale‖ a quella di ―memoria nazionale‖, in cui le diverse componenti della società
hanno un proprio ruolo ed un proprio peso. Questo passaggio metterà in rilievo l‘ampia varietà
degli elementi che costituiscono il patrimonio storico nazionale, e ne farà risaltare le specificità
legate alle realtà territoriali.
11
L'istituzione del nuovo ufficio è approvata nel 1830 e l'incarico viene affidato prima a Ludovic Vitet e, in un
secondo tempo, a Prosper Mérimée, cfr.:Maria Piera Sette Prof. Ordinario di Restauro dell'Università degli
Studi La Sapienza, Roma - http://www.unipa.it/restauro/master/maria_piera_sette.html (accesso febbraio
2009)
12
Pierre Nora: ―Une notion en devenir‖ – Courrier Unesco – sept. 1997 -pp.14-17
14
3. Sir Lubbock, Stonehenge e l’Inghilterra.
Nel punto precedente è stato visto che, verso la fine del XVIII secolo, il Governo francese si è
trovato a dover costituire un apparato amministrativo adeguato alla gestione della mole di tesori
espropriati al clero ed alla nobiltà a seguito della Rivoluzione francese ed entrati in suo possesso;
all‘aspetto amministrativo è strettamente collegato quello nazionale, ovvero quell‘atteggiamento
che ha portato a riconoscere nei manufatti artistici e negli edifici storici un ruolo simbolico ed
identitario, costitutivo dell‘identità nazionale.
Il passaggio significativo consiste nella strutturazione di un insieme di beni
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della cui gestione è
la parte pubblica a farsi carico: fino a quel momento, infatti, i beni venivano trasmessi da una
generazione all‘altra, ma si trattava di un atto privato teso a preservare collezioni artistiche e beni
familiari che rappresentavano la ricchezza o i ricordi di particolari momenti della storia della
famiglia, aristocratica o regale che fosse.
Nel momento in cui lo Stato si attribuisce il compito di preservare il proprio patrimonio, sorge
spontaneo chiedersi che cosa debba essere considerato tale, ed in base a quale scelta politica ad
un determinato elemento sia attribuito quel valore aggiunto di cui le future generazioni non
debbano essere private.
La maturazione di questa nuova concezione della proprietà è conseguente alla sensibilità
moderna, che si è venuta a creare nel tempo. Si tratta di un processo irreversibile che una volta
innescato si è propagato, anche se con modalità ed intensità diverse, ovunque.
Contrariamente a quanto avvenuto nella Francia post-rivoluzionaria, in Inghilterra le prime
proposte legislative miranti ad evitare lo smantellamento dei reperti, soprattutto romani e
preistorici, inizia ad intravvedersi soltanto verso la fine del XIX secolo. Fino a quell‘epoca i siti
in questione – tra cui è da ricomprendere anche Stonehenge, per esempio – erano tutti di
proprietà privata e non godevano di alcuna tutela legale qualora, per esempio, ne fosse stata
decisa la distruzione.
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Era il 1873 quando Sir John Lubbock
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presentava al Parlamento Inglese la sua proposta di legge
che prevedeva una forma di tutela per i monumenti nazionali antichi. Benché il disegno di legge,
nella prospettiva odierna, non fosse tale da suscitare proteste o clamori, al suo apparire generò
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A quell‘epoca ancora non si parla né di beni culturali né di patrimonio culturale: esistono solo degli elenchi di
beni a cui è riconosciuta una peculiarità e che conseguentemente sono meritevoli di tutela; ma la
trasformazione della terminologia sarà trattata più avanti.
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Joseph L. Sax ―Is anyone minding Stonehenge? The origins of cultural property protection in England‖ –
California Law Review, 78 (6), Dec. 1990, 1543 – 1567. In:
http://www.compilerpress.ca/Competitiveness/Anno/Anno%20Sax%20Is%20anyone%20protecting%20St
onehege%20CLR%201990.pdf (accesso dicembre 2009)
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Sir John Lubbock, 4th Baronet, 1st Baron Avebury, (30 Aprile 1834 – 28 Maggio 1913) – banchiere, uomo
politico, biologo ed archeologo.