X Introduzione
da Jean Baptiste Lully, compositore vissuto in Francia durante il grand siècle di
Luigi XIV.
Nonostante questo geniale violinista, ballerino, coreografo e uomo di
teatro tout court si fosse fatto naturalizzare francese, in realtà egli era originario
di Firenze, così come italiani erano anche molti cantanti, architetti e scenografi
che gravitavano nell'orbita della corte del re Sole(4). Lo stesso ballet de cour,
elemento essenziale del teatro francese, era stato importato in Francia da Caterina
de' Medici verso l'inizio del XVI secolo ed era diventato un indispensabile genere
coreografico nel quale i nobili amavano esibirsi. Dall'Italia giungeva, poi, anche
il melodramma, nato verso l'inizio del Seicento con la Camerata de' Bardi e
diffusosi successivamente in tutta Europa. In Francia, in particolare, l'opera
italiana aveva riscosso uno scarso successo a causa dei suoi intrighi troppo
complessi e della voce innaturale dei castrati, ma di certo era stato un genere che
aveva contribuito in modo determinante allo sviluppo di un teatro lirico a tutti gli
effetti nazionale. Jean Baptiste Lully è, dunque, una figura che ha rivestito un
ruolo fondamentale nella storia della musica francese, poiché ha saputo
assimilare e poi innovare la tradizione drammatica propria di questo paese e del
suo paese d'origine, per giungere, infine, a creare un nuovo stile melodico del
tutto conforme alla tradizione e al gusto francesi.
Il soggetto della favola di Amore e Psiche, sul quale si concentra questo
studio, verrà ripreso dal compositore per ben tre volte nell'arco della sua carriera
artistica, dando vita a tre versioni teatrali omonime, ma profondamente differenti,
benché la radice comune sia sempre il testo letterario di Apuleio. La prima,
scritta nel 1656 in collaborazione con altri musicisti e con il poeta Isaac de
Benserade, appartiene al genere tradizionale del ballet de cour ed è appunto un
balletto, composto da una successione di entrées a carattere galante, nel quale il
racconto di Apuleio è usato come puro pretesto per celebrare la potenza
GELLI (a cura di), Dizionario dell'opera, op. cit., p. 1024.
(4) Italiani erano infatti i cantanti Atto Melani, Anna Bergerotti e Leonora Baroni, lo scenografo
Giacomo Torelli e l'architetto-scenografo, a lungo collaboratore di Lully, Carlo Vigarani.
Introduzione XI
dell'Amore. La seconda versione è invece la più matura tragédie-ballet, nata dal
sodalizio di Lully con Molière e rappresentata con successo durante il carnevale
del 1671 davanti alla corte e poi di fronte al pubblico parigino. Scritta in
collaborazione anche con il tragediografo Pierre Corneille, la Psyché era una
commedia in prosa divisa in cinque atti, intercalati da intermezzi musicali e di
balletto strettamente legati all'azione. Questo fu l'ultimo lavoro in comune dei
due Baptiste ed ancora oggi stupisce per la sua straordinaria coesione interna e la
ricchezza dei suo apparato scenico. L'ultima versione, infine, è la succitata
tragédie en musique, meglio nota come tragédie lyrique, che andò in scena
nell'aprile del 1678. Scritta su un libretto di Thomas Corneille, fratello del più
noto Pierre, essa era una rielaborazione in senso operistico del più noto dramma
molieresco e racchiudeva all'interno dei suoi cinque atti tutti i brani musicali
composti da Lully sette anni prima per la tragédie-ballet del 1671.
Poiché nel teatro drammatico musica, poesia, danza e scenotecnica
dialogano sinergicamente per creare un unicum artistico molto complesso, questa
analisi delle tre versioni della favola di Amore e Psiche ha necessariamente
assunto, fin dall'inizio della ricerca, un aspetto multidisciplinare sia dal punto di
vista musicale che scenografico e letterario. I primi tre capitoli propongono,
dunque, un breve excursus sulle origini e la fortuna del mito apuleiano e sul
contesto socio-politico e culturale del grand siècle di Luigi XIV, mentre nei
successivi tre si trattano in maniera più approfondita le tre versioni omonime di
Psyché - ballet de cour, tragédie-ballet e tragédie lyrique - cercando il più
possibile di intrecciarle con i fatti più salienti della vita di Lully.
La ricerca presenta al termine di ogni capitolo la relativa documentazione
iconografica ed è arricchita, inoltre, dalla presenza di tre appendici inerenti al
balletto, alla tragédie-ballet e alla tragédie lyrique, contenenti materiale di
confronto e approfondimento. Nella prima (Appendice A) è stato inserito il testo
del Choro delle passioni amorose, unica parte autografa di Lully del balletto del
1656, mentre la seconda e la terza (Appendici B e C), infine, presentano
XII Introduzione
un'ampia documentazione storica e tabellare relativa alla Psyché del 1671 e alla
successiva riedizione operistica del 1678.
Le fonti bibliografiche e informatiche sono state reperite grazie alla ricerca
del materiale conservato in numerose biblioteche italiane o anche direttamente
consultabile in alcuni siti internet, soprattutto esteri, il più importante dei quali è
stato sicuramente quello della Bibliothèque Nationale de France (5), che ha reso
possibile il ritrovamento di volumi in lingua francese anche molto rari o del tutto
introvabili. Se la documentazione critica italiana relativa alla figura del geniale
compositore e alle tre versioni di Psyché è per lo più scarsa o inesistente, più
numerosi sono, invece, gli studi biografici e monografici, incentrati su particolari
aspetti dell’opera e della vita di Lully, scritti da ricercatori francesi e,
inaspettatamente, anche inglesi e americani. Due sono, per esempio, i siti internet
dedicati dal musicologo statunitense John Powell(6) alla tragédie-ballet e alla
successiva tragédie lyrique, e ancora a lui si deve, infine, la preziosa
supervisione filologico-musicale dell’ultima, recentissima rappresentazione
teatrale della Psyché in cinque atti e un prologo, citata poc'anzi nel Dizionario,
allestita nel 2007 all'Early Music Festival di Boston con i costumi ispirati ai
bozzetti originali disegnati da Henry Gissey.
AVVERTENZA
La traduzione di quasi tutti i brani tratti da testi stranieri (se non altrimenti indicato in nota) è
dell'autore.
(5) Sito Gallica: <http://gallica.bnf.fr>.
(6) Psyché, tragédie-ballet: <http://www.personal.utulsa.edu/~johnpowell/Psyche_Website/>, e
Psyché, tragédie lyrique: <http://www.personal.utulsa.edu/~john-powell/Psiche_Tragedie_Lyrique/>.
Capitolo 1
Apuleio e la fortuna del mito
La favola di Amore e Psiche è una novella compresa nel romanzo molto
più ampio conosciuto come le Metamorfosi o L’asino d’oro, capolavoro di
Apuleio, scrittore latino nato a Madauro in Algeria intorno al 120-125 d.C. e
morto a Cartagine dopo il 170 e prima del 190. Poche sono le notizie in nostro
possesso sulla vita di questo autore(1), che è certamente il personaggio più
poliedrico ed affascinante dell’età degli Antonini, di cui lo stesso praenomen,
tramandatoci dalla storia, sembra proprio essere una conseguenza del fatto che il
protagonista del suo romanzo si chiami Lucio.
(1) Ciò che principalmente lo attraeva erano le dottrine in cui il pensiero filosofico aveva una sua
funzione, ma piuttosto che verso lo stoicismo preferì indirizzarsi verso il platonismo cosiddetto teosofico,
impregnato di misticismo e addirittura di magia. Si fece iniziare a tutti i culti più o meno segreti che
proliferavano nell’Oriente mediterraneo, come i misteri di Eleusi, di Mitra, di Iside, il culto dei Cabiri in
Samotracia e tanti altri, con la speranza di riuscire a trovare il «segreto delle cose» ed avvicinarsi
maggiormente alla divinità. Egli svolse con successo l’attività del conferenziere, recandosi da una città
all’altra dell’impero, in occasione di feste, commemorazioni e omaggi a personaggi illustri, ed in
occasione del viaggio per Alessandria si fermò ad Oea, l’odierna Tripoli. Qui Apuleio conobbe Pudentilla,
madre di uno dei suoi compagni ad Atene e molto più anziana dello scrittore, che desiderava risposarsi.
Dopo la morte improvvisa del figlio, i parenti della donna intentarono contro il «filosofo» straniero un
processo, accusandolo di aver plagiato e sedotto Pudentilla con arti magiche per costringerla alle nozze ed
impossessarsi dei suoi averi. Gli avversari di Apuleio non riuscirono a provare le accuse e l’imputato, da
parte sua, si difese brillantemente, pronunciando un’orazione giudiziaria giunta fino a noi col titolo di
Apologia o De Magia. L’assoluzione, pur non esplicitamente ricordata dalle fonti, è sicura. Dopo il
processo lo scrittore si recò a Cartagine dove ottenne, per un anno, la carica di sacerdos provinciae del
culto imperiale e si eressero statue in suo onore, e dove proseguì la sua brillante carriera di conferenziere
fino alla morte.
2 Apuleio e la fortuna del mito
1.1 Le Metamorfosi
Oltre al De Magia Apuleio scrisse quattro opere filosofiche e diverse
altre opere andate perdute di argomenti vari, ma il suo capolavoro, per cui è
ricordato ancora oggi, sono le Metamorfosi(2) (Metamorphosĕon libri XI), anche
conosciute come L’asino d’oro (Asinus aureus), forse perché non venissero
confuse con le celebri Metamorfosi di Ovidio. L’aggettivo aureus sembra essergli
stato aggiunto, per la prima volta, da sant’Agostino nel De civitate dei o per voler
sottolineare la preziosità dell’opera stessa - racconto di una «conversione» - o
semplicemente in riferimento al colore del mantello dell’asino.
Il romanzo, composto da 11 libri(3), è forse l’adattamento (almeno nei
primi dieci) di uno scritto di Luciano di Samosata di cui non siamo più in
possesso, ma del quale ci è pervenuto un plagio intitolato Lucius o L’asino: è
ancora oggetto di discussione se Apuleio abbia seguito il modello solo nella
trama principale, o se ne abbia ricavato anche le molte digressioni novellistiche
tragiche ed erotiche(4). Molto importante ed interessante è, inoltre, il rapporto
dello scrittore con la tradizione della fabula Milesia. È l’autore stesso, infatti, a
far riferimento a tale genere letterario fin dalle prime parole del proemio rivolte
al lettore(5):
Ecco io voglio intrecciare per te svariati racconti alla maniera milesia,
e carezzare le tue orecchie benevole con un amabile sussurro... (I, 1)
Le fabulae Milesiae (così chiamate da Aristíde da Mileto, iniziatore del genere)
erano racconti piacevoli e leggeri, di solito di argomento erotico, noti per la loro
(2) Il Satyricon di Petronio e L'asino d'oro di Apuleio costituiscono le sole testimonianze giunte fino
a noi di romanzi antichi in lingua latina; inoltre le Metamorfosi sono l'unico esempio di romanzo latino
pervenutoci per intero.
(3) È insolito per un'opera letteraria essere composta da 11 libri, ma la scelta ha un valore simbolico,
perché nella religione isiaca l'iniziazione avveniva nell'undicesimo giorno, dopo dieci giorni di
preparazione.
(4) Per approfondimenti vedere il sito Progetto Ovidio, <http://www.progettovidio.it/apuleio.asp>.
(5) G. GARBARINO, Letteratura latina, storia e testi, excursus sui generi letterari, Torino, Paravia,
1995, p. 675.
Apuleio e la fortuna del mito 3
licenziosità. Tuttavia l’opera di Apuleio, sia per la sua struttura sia per il suo
messaggio religioso, non sembra potersi ridurre a quest’unica matrice.
Dunque, nell’opera, il magico si alterna con l’epico, col tragico e col
comico, in una sperimentazione di generi diversi (ordinati ovviamente in un
unico disegno, con un impianto strutturale abbastanza rigoroso), che trova
corrispondenza nello sperimentalismo linguistico, nella piena padronanza di
diversi registri, variamente combinati nel tessuto verbale: ed il tutto in una
lingua, decisamente “letteraria”(6).
La trama è la seguente: il racconto si apre con la presentazione del
protagonista, Lucio (identificato da Apuleio con lo stesso narratore),
appassionato di magia. Originario di Patrasso, in Grecia, egli si reca per affari a
Ípata, in Tessaglia, paese delle streghe. Là, per caso, si trova ad alloggiare in casa
del ricco Milone, la cui moglie Panfila è ritenuta una maga ed ha la facoltà di
trasformarsi in uccello. Lucio - vinto dalla sua insaziabile curiositas, una
caratteristica che gli procurerà disavventure e danni di ogni genere - vuole
imitarla e, avvalendosi dell’aiuto della servetta Fòtide, di cui si invaghisce,
accede alla stanza degli unguenti magici della donna. Ma la ragazza sbaglia
unguento, e Lucio viene trasformato in asino, pur conservando coscienza ed
intelligenza umana. Il rimedio per una simile disgrazia sarebbe semplice: gli
basterebbe cibarsi di alcune rose per ritornare uomo, se un concatenarsi
straordinario di circostanze non gli impedisse di mangiare l’antidoto
indispensabile.
Rapito da una banda di briganti, che hanno fatto irruzione nella casa
durante la notte stessa della metamorfosi, egli rimane bestia da soma per lunghi
mesi e si trova coinvolto in mille avventure, muto testimone dei più abietti vizi
umani. Nel rifugio dei ladri Lucio ascolta la lunga e bellissima favola di Amore e
Psiche, narrata da una vecchia che custodisce una bella fanciulla rapita: la favola
racconta appunto l’avventura di Psiche, l’Anima, innamorata di Eros, dio del
(6) Tratto dal sito Progetto Ovidio, <http://www.progettovidio.it/apuleio.asp>.
4 Apuleio e la fortuna del mito
desiderio, uno dei grandi dèmoni dell’universo platonico, la quale possiede già
senza saperlo, nella notte della propria coscienza, il dio che ama. Ma a causa
della sua colpevole curiosità lo perde, per ritrovarlo, poi, nel dolore di
un’espiazione che le farà attraversare tutti gli “elementi” del mondo.
Sconfitti poi i briganti dal fidanzato della fanciulla, Lucio viene liberato,
finché - dopo diverse altre peripezie - si ritrova nella regione di Corinto, dove,
sempre sotto forma asinina, invoca la luna, simbolo visibile di Iside, e si
addormenta sulla spiaggia di Cancree. Durante la notte di plenilunio vede
apparire in sogno la dea che lo conforta, gli annuncia la fine del supplizio e gli
indica dove potrà trovare le benefiche rose.
Il giorno dopo il miracolo si compie nel corso di una processione in
onore della dea, e Lucio, per riconoscenza, si fa iniziare ai misteri di Iside e
Osiride. Infine vi sarà una terza e definitiva consacrazione del protagonista, che
ora si dice non più greco ma originario di Madauro (la sovrapposizione con
l’autore è ormai completa). Apuleio ha dunque, nel finale del suo romanzo,
sostituito se stesso a Lucio, suggerendo retrospettivamente un’interpretazione
dell’opera in chiave autobiografica.
Come risulta da questo riassunto, si possono distinguere nel romanzo tre
sezioni narrative, dotate di caratteristiche diverse(7):
– la prima corrisponde ai primi tre libri, che contengono le vicende di Lucio
fino alla sua trasformazione in asino. Questa parte è la più compatta e
unitaria, dominata dai temi della curiositas e della magia;
– la seconda parte racchiude i libri dal IV al X: essa è la più ampia e
comprende il maggior numero delle inserzioni novellistiche, fra cui la
lunghissima favola di Amore e Psiche che occupa addirittura due libri. A
differenza della precedente, questa parte centrale ha una struttura assai libera
e disorganica, e si risolve sostanzialmente in una serie di episodi legati
unicamente dalla costante presenza dell’asino;
– la terza sezione, infine, corrisponde al solo libro XI, comprendente la
(7) G. GARBARINO, op. cit., pp. 676-677.