6
Il quadro dei consumi e modelli di consumi dell’anno 2000 diffuso dal Minstero
della Sanità riporta: un aumento della popolazione dei consumatori, l’ingresso in
questa di nuove categorie socio- demografiche, come donne e giovani, a più alto
rischio di danno alcool correlato, un cambiamento verso uno stile di consumo
maggiormente a rischio (consumo fuori pasto, eccedentario, stati di ebbrezza
alcoolica acuta) sempre nelle fasce di popolazione a rischio di patologie più gravi,
come donne e giovani.
A riprova dei dati del Ministero, le stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità
individuano l’alcool come prima causa di morte tra i giovani uomini europei; oltre
cinquantamila morti l’anno a causa d’incidenti stradali dovuti all’abuso alcolico.
In tale quadro muta completamente lo stereotipo dell’alcoolista classico.
Questo è ormai sostituito dall’immagine di giovanissimi portatori di polidipendenze,
con stili di consumo non più legati ai bar o confinati nell’ambito familiare, ma
relegati ad occasioni di divertimento caratterizzate da consumi eccedentari
(fenomeno del weekend), in cui l’esposizione al rischio di mortalità (incidenti di
vario genere, dovuti all’offuscamento mentale prodotto dall’alcool) è ampiamente
maggiore.
Del nuovo e variegato quadro del soggetto con abuso o dipendenza alcoolica, fanno
parte anche le donne, che in passato costituivano un fenomeno alcoolico sommerso,
e soprattutto di casalinghe. Si esporrà come oggi la dipendenza alcoolica colpisca le
donne di ogni classe sociale, anche se statistiche recenti indicano come il fenomeno
dell’alcoolismo interessi sempre più donne in carriera, o al contrario pensionate. Di
grande rilievo medico e sociale risulta il fenomeno delle abusatrici di alcool in stato
di gravidanza; la Fetopatia Alcoolica (FAS) è ancora oggi diffusa nelle sue varie
forme.
A mutare l’identikit dell’alcoolista vi è anche una larga maggioranza di
consumatori che presentano una comorbilità, oltre che con dipendenze da altre
sostanze, anche con patologie psichiatriche; le più frequenti sono la depressione, e i
disturbi di personalità del cluster b (antisociale, borderline e narcisistico). La
comorbilità psichiatrica è peculiare nelle donne alcooliste.
7
Alla frequente affermazione in letteratura, dell’esistenza di più alcoolismi,
corrispondono nella realtà un’ampia varietà, non solo delle personalità degli
alcoolisti o delle patologie alcool-correlate riportate, ma soprattutto si dovranno
vagliare una serie di trattamenti, nonché la combinazione di questi, nella presa in
carico del singolo. Principio motore di una corretta risposta alla domanda d’aiuto,
che può provenire ai servizi per mezzo di familiari, amici, per mezzo delle figure di
controllo sociale, come personalità giudiziarie o servizi sociali, o nel migliore dei casi
dal paziente stesso, è l’elaborazione di un programma di trattamento in
cui”ispiratore” principale è proprio l’etilista. Il programma deve essere costruito
intorno a bisogni e potenzialità del paziente, venendosi a costituire come un
“contratto” tra due parti in cui colui che richiede l’aiuto sia parte attiva e motivata al
cambiamento. Il processo terapeutico è maggiormente efficace se condotto nel
contesto di vita del paziente, con successivo coinvolgimento o riabilitazione della
sua rete sociale (in tal senso agiscono la riabilitazione psicosociale e i C.A.T), e se
ha carattere di trattamento integrato e multimodale, che coinvolge l’attività di
diverse figure professionali (assistente sociale, medico, psicologo, psichiatra).
Questa modalità d’approccio ha caratterizzato il percorso terapeutico del caso
clinico descritto nel Capitolo IV.
8
CAPITOLO I
ASPETTI STORICI, METABOLICI E CLINICO PATOLOGICI
1.1 BEVANDE ALCOLICHE: l’alcol come alimento e medicinale
1.1.1 Cenni di storia.
La prima bevanda alcoolica, l’idromele, apparve durante il paleolitico
superiore circa 20000 anni fa, utilizzato in riti propiziatori le battute di caccia o
battaglie
1
.
La società occidentale, per quasi diecimila anni, considerò l’acqua come
una sostanza nociva, capace di provocare malattie acute e croniche. L’alcool,
come sostituto dell’acqua, ha, infatti, origini antichissime nel bacino
mediterraneo come parte integrante delle abitudini di consumo e commerciali di
tutte le civiltà più antiche dall’egizia (il documento più antico è la tomba di
Phatah-Hotep, vissuto 4000 anni a.C., nella quale sono rappresentate scene di
viticoltura)
2
, la babilonese, l’ebraica, l’assira fino alla civiltà greca e romana. I
metodi di depurazione dell’acqua rimasero ignoti fino al XIX secolo, quando si
svilupparono le conoscenze di batteriologia; perfino la tecnica della bollitura
dell’acqua, nota in Cina già cinquemila anni fa, si diffuse in Occidente solo nel
XVII secolo grazie alla diffusione su larga scala di bevande quali il caffè e il tè.
3
La non potabilità dell’acqua ha favorito durante tutti questi secoli il
consumo quotidiano d’alcool; la birra e il vino erano “le principali bevande
1
Ceccanti M., Romeo M., Fiorentino D., Alcol e donna: aspetti clinici, Ann Ist Super Sanità
2004; 40 (1): 5-10.
2
Bert L. Vallee, A Oriente è il tè, a Occidente la bevanda è il vino, Medicina delle
Tossicodipendenze- Italian Journal of the Addictions, Speciale Scuole- n° 3.
3
Bert L. Vallee, A Oriente è il tè, a Occidente la bevanda è il vino, Medicina delle
Tossicodipendenze- Italian Journal of the Addictions, Speciale Scuole- n° 3.
9
dissetanti, consumate da tutti quotidianamente e a tutte le età”
4
. L’utilizzo di
queste quali bevande principali portò ad una sottovalutazione degli effetti tossici
derivanti da un consumo eccessivo, anche se il contenuto alcolico di tali bevande
era, a quei tempi, molto blando: l’acqua utilizzata per diluire era presente in
rapporto di due ad uno.
Gli effetti di un’assunzione costante, ma in quantità moderata, d’alcol erano
apprezzati per la capacità di alleviare i dolori diffusi per i quali non erano
conosciuti rimedi adatti. Inizialmente l’alcol aveva un’importanza per il suo
utilizzo farmacologico e terapeutico sottoforma di bevande fermentate e poi
distillate e dagli Arabi come spirito divino. Le bevande fermentate costituirono per
l’uomo un alimento essenziale alla sua sopravvivenza, poiché in grado di fornire
calorie. I cereali costituivano la base dell’alimentazione nelle civiltà antiche e
fornivano sottoforma d’alcol (prodotto dalla loro fermentazione) 7 Kcal/g. La birra
forniva oltre ai carboidrati anche vitamine e sali minerali.
Durante tutto il Medioevo, la produzione d’alcolici in particolare dei liquori
era prerogativa delle comunità religiose, dalle quali derivava poi il nome della
bevanda. Requisito fondamentale per la costruzione di un’abbazia o monastero
era lo spazio da destinare alla coltivazione della vite, per la quale la regola
monastica indicava sette ore di lavoro. In questo periodo l’alcool era considerato
esclusivamente come medicamento, base per distillati farmaceutici, era l’”acqua
della vita”, dalla denominazione del latino medievale aqua vitae, a causa del suo
utilizzo come “farmaco”.
Un forte cambiamento, sia qualitativo sia quantitativo, nel consumo
dell’alcool avvenne con la scoperta della distillazione che ebbe uno sviluppo solo
dal XIII secolo. Con questa tecnica era possibile isolare e concentrare l’etanolo, e
preparare bevande di cui erano noti i dosaggi d’alcol e gli effetti associati.
Con la distillazione si passò da un uso dell’alcool come alimento ad un
consumo nocivo, mettendo in luce i suoi effetti tossici. La diffusione dei
superalcolici cominciò ad avere effetti sociali negativi dal 1700, l’epoca di
costituzione dei grandi agglomerati urbani e dell’industrializzazione.
4
Ibidem
10
1.1.2 L’etanolo.
L’alcool etilico o etanolo si ottiene attraverso due processi: la fermentazione
per quanto riguarda il vino, la birra, il sidro, e la distillazione per la produzione
d’acquavite e liquori, denominati in genere superalcolici. La fermentazione (dal
latino fervere = bollire), avviene per opera dei lieviti (in particolare dei
Saccharomyces) o fermenti in anaerobiosi e coinvolge i succhi di frutta o i cereali.
Dal glucosio si ottengono alcool etilico ed anidride carbonica. Esiste un valore
soglia di gradazione alcolica indicato nei 16°, raggiunto il quale si bloccano i
fermenti stessi. Questo valore soglia indica il passaggio dalla produzione di
bevande fermentate (bevande naturali) alla produzione di bevande distillate (oltre
i 16°). La distillazione (dal latino destillatio = cadere a stilla, gocciolare) consiste
nell’evaporazione, per calore, di un liquido o miscela di liquidi, seguita da una
condensazione dei vapori per mezzo del freddo.
Gli alcolici possiedono una gradazione alcolica, la cui misura è detta
alcolmetria, che indica la percentuale d’alcool in soluzione in una determinata
bevanda. Quando, invece, vogliamo invece riferirci alla quantità d’etanolo
contenuto in 100 ml di una determinata bevanda alcolica, parliamo di grammi
d’alcool. Tale quantitativo si può conoscere attraverso la moltiplicazione della
gradazione alcolica di una determinata bevanda per 0,8 (densità dell’alcol).
Attraverso il Nomogramma di Mellor si possono facilmente individuare i grammi
d’etanolo assunti con un alcolico e l’Unità Standard, che indica il corrispondente
di 8 grammi d’alcool espresso in bicchieri.
5
La concentrazione d’alcool nel sangue
è indicata dal termine alcolemia.
Il valore nutritivo delle bevande alcoliche proviene quasi esclusivamente
dall’etanolo, il cui potere nutritivo è dato dalla sua capacità di fornire calorie (7
Kcal per un grammo). L’energia derivante dall’ingestione d’alcool è tuttavia fine a
se stessa poiché non supporta l’organismo in nessuna delle sue funzioni. L’alcool
può provocare, secondo i casi, uno stato di malnutrizione o di obesità: se alle
calorie della dieta abituale si aggiungono quelle delle bevande alcoliche, l’alcool
ha potere ingrassante (obesità), nel caso che le calorie alcoliche sostituiscano,
anche solo in parte, quelle fornite dalla dieta abituale avremo una riduzione del
5
Casati Ornella e Rossi Raffaella, Gli alcolici: uso ed abuso, Shake-it, pubblicazione del Nucleo
Operativo Alcologia dell’ASL di Milano.
11
peso corporeo. Queste condizioni derivano dall’effetto adulterante dell’alcool
sull’assorbimento, digestione e utilizzazione degli alimenti.
Oltre ad essere un alimento, l’alcool etilico fa parte dei farmaci “depressivi”
del sistema nervoso centrale: è un analgesico ed anestetico generale. Non è
utilizzato a tale scopo perché gli effetti anestetici sono notevolmente collegati a
quelli mortali per depressione dei centri respiratori. L’alcol inibisce l’apertura del
canale del sodio, ha quindi un effetto sulla trasmissione degli impulsi a livello
della membrana cellulare neuronale e della sinapsi.
1.1.3 Bevande fermentate
a) Il vino.
Il vino è un liquido idroalcolico prodotto della fermentazione alcolica, totale
o parziale, dell’uva fresca, ammostata o del mosto d’uva, frutto della Vitis vinifera.
Già nel neolitico avveniva una vinificazione rudimentale, prima della
coltivazione della pianta, dell’uva selvatica (Vitis vinifera silvestri) in delle buche
scavate in terra e rivestite d’argilla
6
. Dati archeologici di una coltivazione
intenzionale, nel neolitico, sono state individuate nel Turkestan e in Armenia, e
trovano una conferma nell’etimo armeno delle parole vite e vino (aiki e guini)
7
.
Tuttavia vi sono differenti ipotesi riguardo a quale popolo detenga la paternità
della coltivazione della vite. Alcuni studiosi indicano, seguendo la tradizione
biblica secondo cui Noè fu il primo coltivatore (e anche il primo uomo a
sperimentare l’intossicazione da alcool), indicando i Semiti, altri gli Arii
mesopotamici altri ancora gli Armeni. I primi commercianti di vino furono i
Fenici; alcuni studiosi sostengono che siano stati proprio loro a portare in Italia la
coltivazione della vite nel duemila a.C.. Per quanto riguarda la civiltà Greca la
coltivazione della vite segna la sua storia sin dalle origini (secondo il mito di
Dioniso, la vite sarebbe derivata dalle sue ceneri), e fu proprio con la sua
espansione in tutta l’area mediterranea, durante il VI secolo a.C., che la
viticoltura ebbe il suo maggiore sviluppo. Nella penisola italica, l’attività
6
Bert L. Vallee, A Oriente è il tè, a Occidente la bevanda è il vino, Medicina delle
Tossicodipendenze- Italian Journal of the Addictions, Speciale Scuole- n° 3.
7
Ibidem.
12
vitivinicola compare in epoca preromana nella parte meridionale e nelle regioni
centrosettentrionali con la civiltà villanoviana nel 1000 a.C.. Possiamo, quindi,
affermare che il vino ha sempre fatto parte della cultura delle più antiche e grandi
civiltà nate nel bacino mediterraneo. L’espansione dell’impero romano porto con
sé la coltivazione della vite, ma fu con il cristianesimo che questa ebbe la sua
legittimazione d’arte divina e sacra, il vino è ancora oggi il simbolo del sangue di
Cristo. Fino al 1450 era obbligatoria la somministrazione di pane e vino ai
comunicandi, durante il rito liturgico e in epoca carolingia fu conferito il titolo di
patres vinearum a vescovi e abati, a riprova del fatto che la viticoltura era perlopiù
praticata nelle terre della Chiesa.
8
Questo breve excursus storico evidenzia il forte legame della produzione e
consumo del vino con le origini della cultura mediterranea; ci consente, inoltre, di
affermare la grande importanza che il commercio del vino ha avuto nello sviluppo
e sopravvivenza di grandi civiltà.
È ben noto che la Francia e l’Italia sono i maggiori produttori mondiali di
vino. L’Italia è il maggiore produttore con 70.000.000 di hl l’anno, di cui il 40% è
prodotto nel centro-nord e nord; l’Emilia Romagna è la regione che produce di più
con 11.000.000 di hl.
9
b) La birra
La birra è un liquido idroalcolico ottenuto dalla fermentazione alcolica dei
mosti di malto d’orzo torrefatto ed acqua, amaricati con luppolo. Il malto d’orzo
può essere sostituito con malto d’altri cereali. La gradazione alcolica della birra
comune va dal 2% al 6%, in alcune speciali può superare il 9%. Il suo alto valore
calorico (dalle 25 alle 60 Kcal per 100 gr.) è dovuto oltre all’alcol, alle proteine e
agli zuccheri contenuti in essa. Vi sono due categorie di birre secondo il tipo di
fermentazione ad alta o bassa temperatura.
Le minestre di cereali ammuffiti furono le più antiche birre: i cereali furono
conosciuti e utilizzati nell’alimentazione ancor prima dell’uva. Documenti
appartenenti alla civiltà dei Sumeri attestano l’antica esistenza di questa
bevanda. La regione mesopotamica, giacché patria della coltivazione dei cereali, è
8
Bert L. Vallee, A Oriente è il tè, a Occidente la bevanda è il vino, Medicina delle
Tossicodipendenze- Italian Journal of the Addictions, Speciale Scuole- n° 3.
9
Ibidem.
13
ritenuto luogo d’origine della birra, qui si faceva uso di tale bevanda già alcuni
millenni prima di Cristo. La parola birra deriva dal latino bibere (bere) designando
così la bevanda per eccellenza, ma secondo altri studi etimologici deriverebbe da
baere, antico anglosassone, nome dell’orzo.
10
Nonostante questa bevanda sia stata utilizzata fin dall’antichità, una
produzione su larga scala cominciò dal XV secolo in Germania ed Inghilterra, e
fino alla seconda guerra mondiale fu una bevanda tipica dell’Europa
Centrosettentrionale. Quando la cristianizzazione dei paesi nordeuropei portò con
sé l’espansione del vino, la birra continuò ad essere la bevanda popolare e più
diffusa; il vino divenne invece bevanda delle classi agiate. Al contrario i Romani
non apprezzarono il gusto, considerato sgradevole, della birra detta bevanda dei
barbari; analogamente la civiltà Greca utilizzava il nome dispregiativo di “vino
d’orzo”.
11
Attualmente i Paesi a maggior consumo pro capite restano come da
tradizione quelli dell’Europa Centrale. In Italia è significativamente aumentata
l’importazione e il consumo della birra soprattutto tra i giovani; è inoltre
indicativo lo sviluppo della coltura dell’orzo e l’esistenza in Italia di 300 fabbriche
di birra.
1.1.4 I distillati.
Si distinguono in acqueviti, ottenute dalla distillazione di prodotti
fermentati con gradazione alcolica compresa tra i 40° e gli 86°, e liquori, dove
l’alcool è in parte diluito con essenze o estratti di piante aromatiche con aggiunta
di sostanze dolcificanti o zucchero.
La distillazione ha origini antiche, presumibilmente risale alla protostoria,
anche se riguardava l’estrazione d’essenze per profumi o pozioni come nell’antico
Egitto, dove gli alambicchi erano utilizzati non solo per essenze e medicinali.
10
Bert L. Vallee, A Oriente è il tè, a Occidente la bevanda è il vino, Medicina delle
Tossicodipendenze- Italian Journal of the Addictions, Speciale Scuole- n° 3.
11
Bert L. Vallee, A Oriente è il tè, a Occidente la bevanda è il vino, Medicina delle
Tossicodipendenze- Italian Journal of the Addictions, Speciale Scuole- n° 3.
14
Sembra che l’utilizzo della distillazione per produrre bevande fosse
prerogativa dei sacerdoti. È verosimile che inizialmente i liquori fossero prodotti
dalla fermentazione.
Inizialmente i prodotti della distillazione erano utilizzati esclusivamente
nella farmacopea e si ritiene che il procedimento di distillazione provenga
dall’alchimia.
Le bevande distillate si utilizzarono nelle mense dal 1100-1200 d.C. La
diffusione di tali bevande è legata alla grande peste del 1348-1349
12
, che decimò
la popolazione europea, durante la quale i medici stessi prescrivevano i distillati.
A causa dei loro effetti, ritenuti benefici per la sensazione di benessere e
calore provocata, queste bevande si meritarono da parte della classe medica
l’appellativo d’aqua vitae (nome dato al distillato di vino da parte d’Arnaldo da
Villanova, medico), acqua della vita, rimedio per tutte le malattie per le quali non
si avevano cure. Dal quattordicesimo secolo le bevande a forte tasso alcolico
furono prodotte nei monasteri e conventi che talvolta fungevano da ospedali.
In seguito alla rivoluzione francese i liquori si utilizzavano come digestivi e
accompagnavano il dessert. Da quest’epoca in poi i superalcolici persero del tutto
la funzione di medicamento per trovare il loro posto nell’alimentazione. Si ebbe
quindi una diffusione popolare, la distillazione del vino fu praticata da contadini e
artigiani, anche in Italia l’uso dei distillati rimase a lungo legato agli ambienti
agricoli.
Con l’industrializzazione e la grand’urbanizzazione delle masse contadine,
dal 1700 in poi, l’abitudine del superalcolico coinvolge fasce sempre più giovani di
popolazione. Grande impulso alla loro diffusione è stato dato dalla pubblicità.
12
Ibidem.
15
1.2 ALCOOL COME SOSTANZA PSICOATTIVA: effetti sull’organismo.
L’etanolo è principalmente una sostanza con proprietà psicoattive. É
piuttosto difficile etichettare come droga una sostanza che, come abbiamo visto, è
parte integrante della nostra cultura, protagonista da secoli dei pasti,
d’avvenimenti festivi, di socialità e allegria. In tale tradizione diviene difficile
tracciare una linea netta di demarcazione tra consumo adeguato ed abuso
alcolico. Tuttavia possiamo affermare che l’alcol diviene una droga quando
nell’individuo si sviluppano le dinamiche psicologiche proprie della dipendenza da
ogni tipo di sostanza psicoattiva. Quando cioè se ne fa un uso strumentale: si usa
la sostanza al fine di ottenere degli effetti specifici, divenendo la risposta a propri
bisogni individuali; “il bere e la bottiglia passano così da oggetto “socializzante” e
“ritualizzato” nell’area dell’uso, ad oggetto “strumentale” e in qualche modo
difensivo nell’area dell’abuso, a oggetto “farmaco” nella dipendenza” (Furlan e
Picci, 1990, pag. 84).
1.2.1. Assorbimento, metabolismo, eliminazione.
L’assorbimento dell’alcol a livello del cavo orale, stomaco e primo tratto
dell’intestino tenue, è estremamente rapido: si riscontra la sua presenza nel
sangue dopo solo cinque minuti dall’ingestione e si completa in un lasso di tempo
dai quindici ai quaranta minuti. L’alcolemia raggiunge i valori massimi dal quarto
d’ora alla mezz’ora in caso di stomaco vuoto, e da una a due ore in caso che sia
pieno. Dai 4 g. d’alcol anidro assoluto pro litro di sangue, si può verificare una
paralisi dei centri bulbari cardio-respiratori; siamo quindi in una “zona” di
pericolo mortale. L’assorbimento di tale sostanza è celere sia perché l’alcol è
idrosolubile sia perché non richiede alcun processo digestivo. I suoi effetti
sarebbero maggiori, a parità d’alcolemia, quanto più rapidamente essa s’instaura.
La velocità di assorbimento è dovuta a diverse condizioni:
- Tipo di bevanda alcolica ingerita: l’assorbimento è tanto maggiore
quanto più una certa quantità d’alcool anidro assoluto è contenuto in un volume
più piccolo. Quindi la velocità sarà maggiore per i superalcolici;
- Modo d’assunzione: una quantità d’etanolo assunto in dosi frazionate e
dilazionate nel tempo determina un tasso alcolemico inferiore;
16
- Pienezza gastrica: l’assorbimento è massimo a stomaco vuoto. In caso di
pienezza gastrica il tasso alcolemico pur non essendo inferiore si normalizza più
rapidamente;
- Tipo di cibi presenti nello stomaco: l’assorbimento è rallentato dai grassi
specialmente contenuti in latte e suoi derivati, e dagli zuccheri;
- Stato della mucosa gastrica: le sue alterazioni infiammatorie facilitano la
diffusione dell’alcol, per questo gli etilisti cronici presentano ebbrezza per modeste
quantità d’alcool.
Gli effetti tossici dell’alcol aumentano con il freddo e in aggiunta ad altre
sostanze psicoattive o psicofarmaci. Inoltre nei bambini e nella donna la tossicità
è maggiore a causa della limitata azione dell’alcoldeidrogenasi.
L’escrezione e la metabolizzazione della sostanza sono più lente. Affinché
l’alcool sia totalmente eliminato, è necessario attendere le ventiquattro ore, con
possibilità di reazioni dismetaboliche fino a 32-36 ore dalla fine dell’ingestione.
Dal 2% al 10% d’etanolo è eliminato tramite reni e polmoni, il 90% è
metabolizzato nel fegato dall’enzima alcoldeidrogenasi. Quest’organo-specificità
spiega le gravi patologie epatiche negli alcolisti cronici.
Prodotti finali della metabolizzazione sono l’anidride carbonica e l’acqua. Il
prodotto intermedio è l’acido acetico che generato in quantità rilevanti danneggia
gli epatociti. Inoltre poiché l’alcol è prima di tutto un alimento, nel processo di
metabolizzazione attraverso la sua combinazione con l’ossigeno apportato della
respirazione libera energia, produce calorie.
1.2.2 La dipendenza alcolica
La tossicomania da alcol è caratterizzata dalla tolleranza, dalla dipendenza
psico-fisica, dal craving e dallo sviluppo della Sindrome da astinenza alcolica.
ξ La tolleranza.
In generale l’organismo tollera meglio le bevande fermentate rispetto a
quelle distillate. La spiegazione risiede nel processo di distillazione che produce
sostanze di maggiore tossicità. Tra le bevande alcoliche, il vino naturale è il meno
tossico e quindi il più tollerato.
17
Distinguiamo la tolleranza acquisita, che è quella che tratterò ora, dalla
tolleranza spontanea che riguarda la variabile suscettibilità, di differenti
popolazioni o persone, agli effetti della sostanza.
La tolleranza acquisita riguarda l’adattamento dell’organismo, in seguito ad
un uso prolungato, alla sostanza, per questo si necessita di quantità sempre
maggiori d’alcol al fine di ottenerne degli effetti. Nell’etilismo la tolleranza si
sviluppa nell’arco d’anni, con una cronicizzazione dell’abuso alcolico e delle
patologie alcol correlate.
Il termine “valore soglia” sta qui ad indicare la quantità di alcol ingerita
raggiunta la quale si sviluppano i segni dell’intossicazione. Quanto più alta è la
tolleranza all’alcool tanto più elevato sarà il valore soglia. Si è dimostrato che gli
effetti dell’intossicazione acuta da alcool, a parità di quantità ingerita, si
manifestano più gravemente nei non alcolisti rispetto agli etilisti cronici. Tale
fenomeno di tolleranza nei soggetti dipendenti è chiarito da due possibili
spiegazioni:
- vi sarebbe un incremento d’attività degli enzimi epatici preposti alla
metabolizzazione della sostanza (TOLLERANZA FARMACOMETABOLICA);
- s’instaura un maggior adattamento del tessuto nervoso all’azione
dell’alcol: queste strutture cercano di contrastare l’azione tossica divenendo meno
sensibili alla sostanza (TOLLERANZA FARMACOCINETICA O FUNZIONALE).
La tolleranza da etanolo può subire però un’inversione divenendo una
TOLLERANZA INVERSA. Si ha “ un apparente crollo del «valore soglia»”, in altre
parole dosi anche modeste inducono effetti tossici intensi. La spiegazione di tale
fenomeno è di carattere metabolico: negli alcolisti cronici il tasso d’intossicazione
è costantemente elevato a causa delle gravi complicazioni (lesioni epatiche,
gastriche, malnutrizione) dovute alla lunga esposizione dell’organismo alla
sostanza. Le complicanze epatiche determinano una compromissione dell’azione
metabolica del fegato, di conseguenza l’etanolo permane più a lungo nel sangue
stabilendo un’alcolemia di base elevata.
L’instaurarsi della dipendenza fisica e psicologica, quando l’organismo
assuefatto alla sostanza ne necessita per le sue reazioni biochimiche, sviluppa, in
seguito ad una grossa o totale riduzione della quantità di sostanza
precedentemente ingerita, la sindrome da astinenza alcolica.