4
La rivoluzione biotecnologica non tocca profili
esclusivamente giuridici, è un fenomeno più profondo perché
mette in discussione ed offre una nuova spiegazione della
creazione della vita e del modo in cui la natura opera.
Per più di un secolo il concetto di natura è stato influenzato
dalle teorie di Darwin sull’origine e l’evoluzione della specie
1
. Oggi
le ricerche sulla biotecnologia mettono in discussione questi
fondamenti.
Le teorie evoluzionistiche di Darwin nascono e si consolidano
dove si consolida il capitalismo: esso si basa sulla competizione,
sull’idea che il più forte sopravvive sul mercato. Oggi una gran
parte degli impulsi a nuove idee sull’evoluzione partono
dall’osservazione della complessità che ci circonda: si sostiene che
la selezione naturale non è sufficiente a spiegare lo sviluppo delle
specie. L’evoluzione si fonda, cioè, su principi capaci di ottenere
1
Charles Robert Darwin fu il naturalista inglese considerato uno dei massimi scienziati moderni, autore
della teoria evoluzionistica che da lui prese il nome. La sua opera fu oggetto di accese polemiche in
quanto gli ambienti scientifici conservatori e quelli ecclesiastici si opponevano accanitamente contro le
sue teorie.
5
informazioni sull’ambiente, elaborarle e reagire adattandosi.
L’evoluzione non può più essere considerata una questione che
non ha nulla a che fare con la mente, ma è proprio l’opposto: è la
mente dell’uomo che allarga i suoi confini ed il suo dominio
sull’evoluzione e sulla specie.
In natura da sempre gli organismi sono evoluti adattandosi
all’ambiente; con le biotecnologie alla selezione naturale si affianca,
con lo stesso valore e con la stessa legittimità, una selezione
programmata, grazie alla quale le istruzioni genetiche degli
organismi sono prestabilite al fine di renderle più compatibili con i
mutamenti dell’ambiente che avvengono sempre più rapidamente
grazie anche alle conseguenze dell’attività dell’uomo
2
.
L’evoluzione scientifica è così arrivata ad aprire spazi che
fino a pochi decenni fa sembravano inaccessibili. Spesso il giurista
nel corso della storia si è trovato di fronte a processi non solo
2
Gli scienziati sono stati in grado di prelevare il gene che codifica la proteina congelante di un pesce
artico e l’hanno inserita nel codice genetico dei pomodori al fine di proteggerli dai danni provocati dal
gelo.
6
scientifici, ma anche sociali, politici ed economici non facili da
disciplinare per la loro complessità e problematicità.
Si pensi al passaggio dal modello sociale della famiglia
patriarcale alla moderna famiglia nucleare e alle conseguenze sul
piano del diritto di famiglia concretizzatesi con la riforma
apportata dalla L. 19 maggio 1975, n. 151; si pensi alla crisi della
proprietà fondiaria come principale mezzo di detenzione del potere
economico-politico e la necessità di disciplinare nuove forme di
appropriazione e di sfruttamento dei beni e di produzione della
ricchezza. Si pensi alla rivoluzione industriale e alla affermazione
dei trovati della tecnica e delle creazioni industriali, al ricorso ad
imprese collettive come alternativa alla tradizionale azienda
agricola ed il conseguente passaggio da un rapporto di lavoro
fondato sulla collaborazione familiare all’imponente utilizzazione
del lavoro salariato
3
.
3
Per un’ampia trattazione vedi RESCIGNO P., Introduzione al Codice Civile, Laterza, Bari, 2001.
7
La rivoluzione apportata dalle biotecnologie in campo
vegetale si pone in continuità con questi eventi. La reazione del
legislatore è stata quella di scegliere la strada della tutela attraverso
il sistema delle privative riconoscendo così la presenza di un
contributo intellettuale ed economico rispetto all’ambito del
vivente. Il risultato è tuttavia costituito da una disciplina non
sempre coerente e non sempre rispondente alle esigenze degli
operatori del settore, coloro cioè che investono risorse per
alimentare la ricerca e lo sviluppo di nuove piante ottenute da semi
geneticamente modificati e di nuove varietà vegetali con le
proprietà desiderate per applicazioni agroalimentari, biomediche,
ecologiche.
Lo scopo del presente lavoro è quello di operare una
ricostruzione sistematica della materia delle privative in campo
vegetale biotecnologico sulla base dell’attuale e complesso sistema
normativo.
8
CAPITOLO I
IL PROBLEMA DEL RAPPORTO TRA SEMI
GENETICAMENTE MODIFICATI E LE NUOVE VARIETÀ
VEGETALI
1.1 Le biotecnologie in agricoltura: dal sistema “tolemaico”
all’accesso al codice della vita
Negli ultimi cent’anni l’agricoltura ha compiuto due
significativi passaggi evolutivi: prima la grande svolta della
genetica classica, poi l’esplosione della chimica. Giunto all’ultimo
scampolo, il ventesimo secolo ha aperto le porte a una rivoluzione
degna di Copernico: per migliorare le piante l’uomo abbandona il
sistema “Tolemaico” degli incroci e mette direttamente le mani sul
codice della vita. Non è più l’uomo che ruota intorno alla doppia
9
elica del DNA
4
, ma è la vita che si sviluppa nella direzione
dettata dalla tecnologia: la “ricombinazione” del DNA è infatti
destinata a modificare per sempre tutti i sistemi di produzione, da
quello agricolo a quello alimentare a quello industriale.
Fin da quando è nata l’agricoltura, l’uomo ha cercato di
intervenire sugli organismi viventi e in particolare sulle piante al
fine di accentuarne i tratti per lui più desiderati attraverso la
tecnica della selezione mediante incrocio che ha dato origine a tutta
l’immensa varietà di piante che conosciamo. Per quanto usata
dall’uomo per i suoi scopi, la tecnica cd di “genetica classica” fa
uso di mezzi del tutto naturali come la riproduzione sessuata e
ricalca, rendendole più rapide e controllabili, le modalità del
processo di costituzione delle specie che ha luogo da sempre in
natura.
4
La struttura a “doppia elica” del DNA venne scoperta nel ‘53, ma solo nel ‘73 si ebbero i primi
successi di ingegneria gentica.
10
La teoria agronomica classica viene elaborata all’inizio degli
anni Trenta dal gruppo che fa capo a Vavilov
5
con la formulazione
di due concetti fondamentali: “centro d’origine delle piante
coltivate” e “centro di diversità genetica”; quest’ultimo concetto dà
luogo ad una nozione meno definita rispetto alla prima e per
questo anche di minore utilità
6
.
I centri d’origine delle piante coltivate sono delle aree
geografiche dalle quali provengono le più importanti piante
coltivate: il grano dell’Etiopia o del Kenia, il mais del Messico, le
mele del Caucaso, ecc.
Ciascuna pianta possiede uno o più centri d’origine, nei quali
ancora oggi può essere rintracciata una molteplicità di varietà che
possono essere state lasciate crescere spontaneamente oppure
5
Nikdaj Ivanovic Vavilov fu un botanico e fitogeografo sovietico. Egli rilevò che, nonostante la varietà
delle forme, la variabilità degli organismi vegetali si accoppiava a determinate costanti (Legge delle serie
omologhe nella varietà ereditaria, 1920). Ebbe soprattutto il merito di stabilire il centro di origine di
molte piante coltivate, ponendo così le basi per un moderno studio sistematico di tali specie (Centri di
origine delle piante coltivate, 1926).
6
Vedi HERMITTE M. A., Incertezze giuridiche sul mondo vegetale, in Riv. Giur. Dell’Ambiente, 1990,
p. 21. Si tratta tuttavia di aree particolarmente ricche di specie vegetali di ogni sorta, come per esempio
la foresta amazzonica o più in generale molte aree umide del pianeta. Queste aree possono essere
utilizzate come riserve di diversità biologica per assicurare equilibri generali dell’ecosistema; esse
inoltre, potrebbero celare nuove specie vegetali direttamente utilizzabili, o dotate di caratteristiche
genetiche che potrebbero essere utilmene inserite nell’ambito di specie già conosciute.
11
“addomesticate” da millenni di agricoltura tradizionale;
queste varietà mantengono delle proprietà assai interessanti quali
la resistenza alla siccità oppure a certe malattie, ecc. Ecco perché
vengono effettuate periodicamente e con una certa regolarità delle
raccolte di piante nelle loro aree d’origine: esse vengono poi
utilizzate per rinnovare il pool genetico della pianta, da utilizzare
nei successivi programmi di selezione, finalizzati a produrre
varietà sempre migliori di quella pianta. È così che a partire dagli
anni Trenta ci si accorge che le piante che si trovano in queste aree
costituiscono delle risorse naturali che consentono di migliorare le
varietà vegetali di uso corrente, una sorta di materia prima.
La genetica classica ha portato alla creazione di piante e
nuove varietà vegetali con le caratteristiche desiderate attraverso la
tecnica della selezione mediante incrocio con le piante portatrici di
quelle caratteristiche volute dal selezionatore.
12
Questo approccio è reso oramai obsoleto grazie all’avvento
delle biotecnologie
7
e dell’ingegneria genetica che permettono di
intervenire sugli organismi viventi non più attraverso il naturale
processo riproduttivo, ma alterandone l’identità genetica in
laboratorio, permettendo così di manipolare l’eredità e il
funzionamento chimico delle cellule direttamente a livello cellulare
e non più tramite la sessualità esterna delle piante. Tutto ciò apre le
porte ad orizzonti mai pensati prima: creare esseri viventi con
caratteristiche stabilite arbitrariamente superando la barriera tra le
specie con la produzione di chimere
8
, esseri che fondono i caratteri
di due o più specie diverse.
7
Il concetto di biotecnologia abbraccia un ambito molto vasto ed indica l’insieme delle tecniche che
utilizzano organismi viventi per realizzare o trasformare prodotti, per migliorare le caratteristiche di
piante ed animali e per sviluppare altri organismi destinati ad usi specifici.
Secondo alcuni le biotecnologie sono in realtà un nuovo nome dato a processi molto antichi, nati forse
con la stessa civilizzazione dell’uomo. Vedi in proposito GIANNINI S., La brevettabilità del vivente - I
diritti coinvolti dalle biotecnologie, in www.diritti.it.
8
In natura è possibile un incrocio unicamente all’interno della stessa specie per cui due tipi di rose
possono incrociarsi spontaneamente, non una rosa e un tulipano. Nelle piante o nei semi geneticamente
modificati l’ingegneria genetica compie quello che in natura non potrebbe avvenire, trasferire la
proprietà particolare di una specie ad un’altra specie. Questo metterebbe a rischio la biodiversità; in
argomento vedi SHENKELEARS P., Immissione nell’ambiente di organismi geneticamente modificati,
in Riv. Giur. Dell’Ambiente, 1990, p. 46; RICOLFI M., La brevettabilità della materia vivente: fra
mercato e nuovi diritti, in Giur. it., 1993, IV, p. 292.
13
1.2 La creazione di semi geneticamente modificati:
applicazione delle tecniche di ingegneria genetica
La creazione di semi geneticamente modificati (e quindi delle
piante transgeniche che ne costituiscono il frutto) costituisce una
delle applicazioni più interessanti per le esigenze dell’uomo che le
tecniche di ingegneria genetica hanno consentito.
Un seme geneticamente modificato non è altro che un
organismo nel cui genoma
9
viene inserita una sequenza di DNA
10
proveniente da un altro organismo. Il seme geneticamente
modificato è quindi un seme nel cui patrimonio viene inserito un
gene (e con esso una certa proprietà) di cui originariamente ne era
sprovvisto attraverso delle tecniche di ingegneria genetica
9
Il genoma costituisce il set completo di geni di un organismo, ossia l’insieme di tutte le informazioni
relative ai caratteri e alle proprietà dell’organismo stesso.
10
Le sequenze di DNA sono generalmente distinte in geni, sequenze parziali di geni, ESTs e SNPs. I
geni sono tratti distinti (presentano un segnale di inizio e uno di fine) dell’intera squenza di DNA
contenenti istruzioni per la sintesi di proteine complete, mentre le sequenze parziali di geni sono tratti di
DNA che possono codificare parti di proteine che, per esempio, sono state individuate come il nucleo
attivo di una sostanza. Gli ESTs (expressed sequence Tags) sono brevi sequenze di DNA utilizzate per
individuare sequenze di geni che ancora non si conoscono e per questo motivo la loro funzione viene
definita di “marker”. Gli SNPs (sigle nucleotide polimorphism) sono brevi tratti di DNA introdotti in più
ampie sequenze genetiche, in modo tale che queste ultime codifichino proteine diverse rispetto a quelle
naturali (o comunque già nello stato della tecnica) e, dunque, con nuove proprietà.
14
sostituendo così un processo che richiederebbe numerose
generazioni e ripetuti interventi dell’uomo e attraverso il quale
sarebbe impossibile lo scambio di DNA tra specie
filogeneticamente lontane.
La tecnica principale utilizzata, rientrante nel più ampio
concetto di ingegneria genetica, è quella del cd DNA
ricombinante
11
che consiste nella manipolazione
12
del patrimonio
genetico di una cellula mediante l’unione di tratti di DNA
provenienti da cellule differenti dello stesso organismo o di
organismi diversi.
La realizzazione di una cellula modificata viene ottenuta con
l’utilizzo di procedimenti di giuntura genetica che consentono di
intervenire sul DNA di una cellula per mezzo di enzimi di
restrizione che tagliano e ricongiungono la molecola di DNA. Due
differenti molecole di DNA tagliate dal medesimo tipo di enzima
11
Nel concetto di ingegneria genetica oltre alla ricombinazione rientra anche la tecnica dell’eliminazione
di tratti di DNA non seguita dall’inserimento di tratti estranei o l’introduzione nella cellula di plasmidi
che rimangono fisicamente separati dal resto del genoma.
12
Alcune forme di ricombinazione si verificano spontaneamente in natura, come il crossing-over, cioè
l’interscambio di geni che avviene nelle cellule germinali.
15
possono essere ricongiunte tra loro ottenendo un DNA
ricombinante.
Le applicazioni attuali e potenziali delle tecniche di DNA
ricombinante in campo vegetale sono dirette alla creazione non
solo di nuove specie o varietà, ma anche più semplicemente per
migliorare alcune caratteristiche di una specie o varietà.
I semi geneticamente modificati vengono poi utilizzati non
solo per la produzione di derrate alimentari, ma vengono sfruttati
per risolvere problemi quali la malnutrizione nei paesi in via di
sviluppo
13
e per scopi biomedici come nel caso delle piante
transgeniche che vaccinano contro le malattie infettive ed i
tumori
14
.
13
Il GOLDEN RICE è un tipo di riso geneticamente modificato in cui è stato inserito un gene artificiale
in grado di fornire un elevato apporto proteico necessario per vincere quelle carenze vitaminiche che
producono patologie come la cecità.
14
Per una rassegna di tali applicazioni vedi MENESINI V., (a cura di), Il vivente brevettabile, Centro
Stampa dell’Università di Perugia, 1996.