ogni volta i calcoli per preparare non un unico ma un ventaglio di
risultati.
Questa ricerca costruisce scenari futuri attendibili sulla base dei
modelli più affidabili, per cogliere i tratti principali della struttura
demografica della popolazione in ciascuna delle cinque province
campane, e cioè Caserta, Benevento, Napoli, Avellino, Salerno. E’
opportuno ora descrivere i punti salienti che guideranno la stesura di
questo lavoro.
E’ noto che punto focale di qualsiasi previsione è la definizione
dell’intervallo di tempo rispetto al quale calcolare l’evoluzione futura
della popolazione, si intuisce infatti come l’attendibilità delle
previsioni diminuisce al crescere del lag tra futuro e momento attuale;
escludendo, quindi, valutazioni di lungo periodo, si è scelto come
tempo previsionale il periodo 2000-2020.
Riguardo alla scelta dei diversi scenari futuri “attendibili” e il loro
numero, non vi è dubbio che una molteplicità di ipotesi alternative
consentirebbe di spaziare su un vasto orizzonte di eventuali situazioni
future e quindi darebbe occasione a facili adattamenti a questa oppure
a quella realtà; ma è anche vero che più l’ipotesi è verosimile e la
previsione è sensibile ad essa, tanto più i risultati sono credibili. Di
solito si suole basare la previsione dell’evoluzione futura dei fenomeni
demografici sulla loro tendenza passata. Però mentre risulta possibile
fare un previsione abbastanza attendibile, in base al suo trend degli
ultimi anni, sull’andamento della mortalità futura, essendo questa
come la fecondità influenzata da fattori inerziali, non altrettanto vale
per la fecondità e soprattutto per il movimento migratorio, legato alle
mutevoli sollecitazioni di fattori contingenti economici e sociali.
Difatti, posto che la Campania ha dato sempre un notevole contributo
alla corrente di emigrazione dal Mezzogiorno, se consideriamo che la
consistenza e la struttura della stessa è di difficile rilevazione e
determinazione, dobbiamo allora presumere che, a causa “della
ridotta attendibilità dei dati correnti sulla emigrazione” e della
“costante instabilità del fenomeno”, le incertezze della stima si
accrescono. Tali incertezze aumenterebbero allorché volessimo
prevedere l’ordine di grandezza e la distribuzione dei principali
caratteri (sesso ed età) degli emigrati. Quindi, le previsioni della
popolazione che considerano solo il movimento naturale, non corrono
in errori collegati alla difficoltà di prevedere il movimento migratorio,
ma, da altra parte, sono portate sicuramente, almeno che le
immigrazioni o le emigrazioni siano nulle o poco rilevanti rispetto al
movimento naturale, ad una non corretta stima della stessa. Per questo
si è soliti considerare tra i possibili “scenari” della popolazione futura
campana, sia il caso di assenza che di presenza di movimenti
migratori.
Circa la scelta inerente alla tecnica di previsione, le quali risentono
della disponibilità concreta dei dati e dei motivi veri e propri
preferenziali legati alla attuale dinamica demografica della Campania.
In questa regione si è riscontrato negli ultimi anni una contrazione
della mortalità, che si inserisce nel trend decrescente nazionale ma con
valori comunque maggiori, come dimostrato dall’aumento della
speranza di vita alla nascita che coinvolge entrambi i sessi senza, però,
raggiungere il livello nazionale. Riguardo alla fecondità, anche essa,
ha un trend decrescente che porta la Campania ad avere un TFT pari
ad 1.57, che pur risultando essere il più alto d’Italia non garantisce il
ricambio generazionale. A fronte del movimento naturale il
movimento migratorio presenta in tutta la regione un saldo negativo
facendo della Campania una regione di emigrazione.
La struttura per età della popolazione Campana è costituita dal 19.6%
di giovani in età 0-14 anni, dal 67.2% da persone in età lavorativa 15-
65 e dal 14.5% da uomini e donne età senile 65-ω. Riguardo alla
struttura per sesso la popolazione in età giovanile vede una netta
predominanza di uomini, nell’età centrale ci sarà una quasi parità tra i
sessi. mentre nell’età senile prevarranno le donne.
CAPITOLO PRIMO
LA DINAMICA DEMOGRAFICA IN CAMPANIA
1.1 Cosa sono le previsioni
La programmazione o ogni azione che si sviluppi con gradualità nel
futuro (per esempio una riforma graduale dell’ordinamento scolastico)
ha bisogno di conoscere l’ammontare e la composizione futura della
popolazione
1
. E’importante, quindi, non solo riuscire a scomporre,
misurare e confrontare le tendenze demografiche del passato e la
situazione attuale ma anche prevedere l’andamento futuro della
popolazione, il suo ammontare globale, la sua distribuzione per sesso,
per età ed eventualmente per stato civile, nuclei familiari e via
dicendo, nonché per aree territoriali più ristrette dell’ambito nazionale.
Si costruirebbero
2
ancora scuole se si prevedesse che la popolazione
scolastica futura – già oggi in declineo, a causa della flessione delle
nascite – continuasse a ridursi nel prossimo ventennio? Si
costruirebbero appartamenti con un numero elevato di stanze se si
prevedesse che l’attuale tendenza alla contrazione delle famiglie
numerose e all’aumento dei giovani e degli anziani che vivono da soli
1
L’argomento nei suoi aspetti metodologici – finalizzato allo sviluppo economico, scolastico,
sociale, urbanistico, ecc. _ è stato ampliamente trattato nella xx Riunione scientifica della società
Italiana di Economia Demografica e Statistica, Torino, 1978.
2
Cfr.: M.L.Bacci, Introduzione alla demografia, Loescher, Torino, 2000.
continuerà pure negli anni futuri? Si pianificherebbero attività ad alto
assorbimento di manodopera nelle aree che si sanno in declino
demografico e verso le quali non si intendono stimolare flussi di
immigrazione?
Questi non sono altro che alcuni dei numerosi esempi che dimostrano
l’utilità delle previsioni demografiche.
Aspetto fondamentale per giungere ad una corretta previsione è la
stima della popolazione attuale, infatti si ha che più è precisa la stima
di questa e delle sue caratteristiche demografiche presenti e passate e
più attendibile sarà la proiezione, quindi esiste uno stretto legame tra i
due aspetti.
Un problema nella stima della popolazione è che mentre risulta facile
giungere ad una buona conoscenza dei fenomeni di mortalità e natalità
(comportamenti naturali dello sviluppo di una popolazione ) non
altrettanto
3
si può dire per la migrazione per la scarsa attendibilità dei
dati e della costante instabilità del fenomeno. Le incertezze di stima si
accrescono allorquando degli immigrati e emigrati si vogliono
conoscere l’ordine di grandezza e di distribuzione dei loro principali
caratteri (sesso ed età) e di conseguenza, visto il legame tra stima e
previsione, la non precisione della prima fa si che anche la seconda
3
Cfr.: A. Golia e G. Caselli, Analisi Demografica, Etaslibri, Milano, 1974.
risulti scarsamente attendibili. Situazione questa che si presenta
quanto mai complessa in Campania, in quanto questa regione ha dato
sempre un notevole contributo ai flussi migratori.
Altro aspetto importante delle previsioni demografiche è la
definizione dell’intervallo di tempo previsionale, in quanto si ha che
all’aumento del gap fra futuro e momento attuale diminuisce
l’attendibilità delle stesse.
Si usa spesso fare una distinzione tra previsioni e proiezioni. Le prime
esprimono tendenze probabili e plausibili, considerando il passato e le
aspettative per il futuro. Le seconde, invece, esprimono le tendenze
che si verificherebbero allorquando una determinata ipotesi, poco
probabile e plausibile e a volte estrema, si verificasse. Queste ultime
servono in alcuni casi a evidenziare le conseguenze di lungo termine
che potrebbero derivare da certi comportamenti, ad esempio le
conseguenze di una fecondità molto elevata . In altri casi, invece,
piccole variazioni rispetto a delle ipotesi di base considerate le più
probabili, servono a definire un insieme di”scenari” possibili o a
capire di quanto cambierebbe il quadro futuro se si modificassero
(lievemente e di solito una alla volta) le ipotesi sulla fecondità, sulla
mortalità, sulla migratorietà. La differenza tra previsioni e proiezioni
è tutta filosofica, ma le tecniche di calcolo e di lavoro sono le stesse.
La diversità sta nello spirito e nella finalità che presiedono alla
formulazioni delle ipotesi.
Si è soliti distinguere anche tra previsioni di base e quelle derivate. Le
prime sono quelle strettamente demografiche sull’ammontare della
popolazione e della sua composizione per età; le seconde si
appoggiano sui risultati delle prime, ma coinvolgono fenomeni e
grandezze non strettamente demografiche. Le previsioni di base (con
distribuzione per sesso ed per età, con o senza ipotesi concernenti il
movimento migratorio) sono preliminari a quelle derivate. Queste
possono riguardare per esempio, la popolazione scolastica, la
popolazione attiva (forze di lavoro), le persone bisognose di cure, le
famiglie, ecc.
La popolazione scolastica
4
si ottiene moltiplicando la popolazione in
età scolare nelle varie classi d’età per i tassi di scolarità. Questi tassi
esprimono, per ciascuna classe d’età, il rapporto tra allievi e
popolazione. La popolazione attiva si ottiene, analogamente,
moltiplicando la popolazione prevista in età attiva per i tassi di attività
che esprimono, per ciascuna età, la proporzione di individui
appartenenti alla forza lavoro e lo stesso procedimento si segue per la
stima delle persone bisognose di cure, non autosufficienti, ecc.
4
Cfr.: H. Pollarad-F.Yusuf-G.N.Stockwell, Demographic,Pergamon press, Sidney, 1981.
Previsioni di questo tipo non hanno un contenuto tecnico molto alto; il
vero problema è la previsione dei vari fenomeni espressi dai tassi
(scolarità, forza di lavoro, famiglie) che permettono di passare dalla
previsione di base a quella derivata. La difficoltà consiste, soprattutto,
nel mettere a punto tecniche e modelli atti a prevedere i fenomeni in
questione. Ma si ha che queste previsioni derivate risultano uscire
dalla competenza della disciplina demografica.
Altra importante distinzione è quella tra metodo analitico (o per
componenti) e metodo sintetico (per aggregati). I secondi non portano
necessariamente a risultati peggiori rispetto ai primi, ma soffrono di
due grandi limitazioni. La prima è che non consentono di mettere bene
a fuoco il ruolo dei comportamenti (fecondità, mortalità ed
eventualmente migratorietà), che sono il vero motore della crescita
della popolazione. La seconda limitazione è che non consentono di
apprezzare le conseguenze di certe ipotesi di crescita in termini di
struttura per età, che spesso sono ancora più importanti delle
conseguenze in termini di ammontare complessivo della popolazione.
Per questi motivi i modelli previsionali demografici si rifanno di solito
al metodo analitico di previsioni di base.
Ultima considerazione sulle caratteristiche dei modelli previsionali
demografici è che questi possono riguardare anche sotto gruppi di una
popolazione, come, ad esempio la popolazione
5
delle diverse regioni
Italiane. In questo caso bisogna scegliere se procedere alla previsione
dell’aggregato (l’Italia) per poi “ripartire” i risultati tra i vari
sottogruppi (le regioni) oppure procedere alla previsione
separatamente (ma simultaneamente )per i diversi sottogruppi, per poi
ricostruire l’aggregato per somma.
Questa seconda strada è di solito preferita, soprattutto nel caso in cui
gli aggregati considerati siano significativamente diversi tra di loro
sotto qualche profilo, ad esempio in termini di fecondità, di struttura
per età iniziale ecc. Si tratta poi di una scelta obbligata se si fanno
previsioni demografiche multiregionali (o multiprovinciale) tenendo
esplicitamente in considerazione i flussi migratori tra regioni
(province) di arrivo o di partenza, apertamente specificate per sesso e
per età.
Quindi i modelli previsionali demografici sono di solito modelli di
previsioni di base per comportamenti che, nel caso riguardino
sottogruppi di popolazioni procedono prima separatamente alle
previsioni riguardante questi per poi ricostruire l’aggregato totale.
5
Cfr.: Maccheroni, Elementi di demografia, Egea, Milano, 1994.
Le previsioni demografiche (per componenti) risultano sempre dalla
combinazione
6
di due elementi: ciò che è già oggi presente (la
popolazione distribuita per sesso e età) e ciò che si manifesterà nel
prossimo futuro (i comportamenti, ovvero, in pratica, coefficienti
specifici per età di mortalità, fecondità, migratorietà).
Il peso relativo di questi due elementi varia nel tempo. Per i primi anni
della previsione le condizioni iniziali esercitano un peso maggiore
conferendo ai fenomeni demografici una certa stabilità, o inerzia, nel
tempo. Essi si trasformano con lentezza e gradualità, rispetto ad altri
fenomeni sociali ed economici, e presentano minori incertezze almeno
nel breve e medio termine. La popolazione tra dieci e venti anni sarà
ancora, in larga maggioranza, quella che già oggi vive; questo suo
rinnovo relativamente lento la rende più prevedibile. Tuttavia, anche
per fenomeni relativamente poco dinamici, qualsiasi piccolo errore di
rotta, se mantenuto per un periodo sufficiente, provoca degli errori di
previsione enormi. E’ dunque buona regola quella di rivedere
continuamente, sulla base degli ultimi dati e indicatori disponibili, le
ipotesi, aggiornando i calcoli e “rinnovando”le previsioni.
Gli aspetti dinamici, e cioè i comportamenti demografici previsti nel
futuro, in concreto, si traducono in una serie di tassi specifici (di
6
Cfr.:M.Livi Bacci, Introduzione alla demografia, Loeswcher, Torino, 2000.
mortalità, fecondità, ecc…….) i quali, combinandosi, formano una
certa tavola (di mortalità, fecondità ecc….), che si reputa adatta a
descrivere il fenomeno sia sinteticamente che analiticamente. Qui una
decisione importante riguarda la scelta dell’approccio: se, cioè,
stimare i singoli coefficienti specifici alle varie età e lasciare che la
tavola complessiva né risulti di conseguenza oppure se prevedere
prima le caratteristiche globali del fenomeno e poi determinare una
serie di coefficienti specifici (di mortalità, migrazione ecc..) coerenti
con questa scelta iniziali. Di solito si preferisce questa seconda ipotesi,
che permette di tenere meglio sotto controllo il processo generale, ma
che impone poi di ridistribuire il fenomeno tra le varie età cosa che,
però, può risultare difficoltosa.
Un’altra scelta strategica da operare nella determinazione di un
modello previsionale è quella tra un approccio trasversale o uno
longitudinale. Decisione questa non necessaria se si prevedono i
singoli tassi specifici (ad esempio di mortalità), invece estremamente
rilevante se si prevedono valori di sintesi quali: la speranza di vita alla
nascita (e
o
), il tasso di fecondità totale (TFT), tasso di mortalità totale
(TMT), per i quali occorre chiarire se essi si riferiscono ai
contemporanei o alle generazioni. Anche se in via generale, sarebbe
meglio operare sempre in via longitudinale si è soliti usare quella
trasversale con la mortalità e la migrazione in quanto per i fenomeni
poco variabili come il primo o poco prevedibili come il secondo, i
vantaggi logici di questo approccio sono relativamente ridotti, mentre
gli svantaggi pratici, in termini di onerosità di calcolo, possono essere
sensibili; mentre per la fecondità si opera in via longitudinale.
La previsione di un qualsiasi processo per via complessiva e con un
certo taglio temporale attraverso una variabile di sintesi
7
(come la
speranza di vita) devono tenere conto di ciò che è successo nel recente
passato, sia alla variabile in esame, sia alle variabili che si pensa
abbiano una più diretta influenza su questa
8
.
Quello che varia è il modo con cui queste informazioni vengono
utilizzate dando vita a diversi metodi previsionali. In alcuni casi ci si
basa sul proprio intuito, portando ad una scelta non peggiore delle
altre, ma certamente non confrontabile con le altre su base oggettiva.
Una seconda possibilità è quella di considerare l’evoluzione della
variabile nel corso degli ultimi anni, cercando di individuare il
modello che né determina l’evoluzione nel corso del tempo e di
estrapolarlo al prossimo futuro.
7
I valori di sintesi possono essere: la speranza di vita (eo) per il fenomeno mortalità o il tasso di
fecondità totale (TFT) per la fecondità o il tasso di mortalità totale(TMT) per la mortalità.
8
per esempio se si vuole prevedere il fenomeno mortalità attraverso la previsione del valore
speranza di vita alla nascita si deve tener conto di solito di ciò che è accaduto nel recente passato
sia a eo che alle variabili che si pensa abbiano una più diretta influenza sulla stessa (come il
reddito pro capite, le scoperte mediche, le politiche in termine di prevenzione).
Il vantaggio è
9
che per il passato si possono calcolare indici statistici
in grado di dire quanto il modello sia in grado di riflettere la vera
evoluzione della variabile in esame. Lo svantaggio è nella falsa
sicurezza e oggettività che si tende a dare alle previsioni ottenute con
tale metodo, infatti se la variabile di sintesi prevista dal modello si
avvicina a quello effettivamente osservato nel corso degli ultimi anni,
non è detto che ciò continui nel futuro. Una terza soluzione è quella di
prendere in considerazione direttamente le variabili esplicative e
formalizzare la relazione che le lega a quella di sintesi Questo
approccio, preferibile ai precedenti anche da un punto di vista logico,
ha due grandi limiti. Il primo è che raramente si trova un buon
modello in grado di spiegare la variabile di sintesi in funzione di
quelle indipendenti. Il secondo è che prevedere l’evoluzione futura
delle variabili indipendenti non è certamente più facile rispetto alla
previsione diretta della variabile dipendente.
Come si può notare dalle considerazioni fatte sulle previsioni
demografiche, ci sono alcune differenze di rilievo tra i metodi di
previsione “classici” e quelli in uso in demografia, dove generalmente
non si determina l’ammontare futuro di una popolazione (di un certo
sesso e di una certa età) sulla base di una estrapolazione delle
9
Cfr.: G.C. Bartolo, Elementi di demografica,il Mulino, Bologna, 1987.
tendenze osservate per quella stessa popolazione fino all’ultima data
disponibile (come avviene nei modelli autoregressivi), né si
forniscono intervalli di confidenza per valutare il grado di precisione
della stima.
Le ragioni di tali differenze sono molteplici. In primis, coloro che fra t
anni avranno x+t anni derivano da coloro che oggi hanno x anni, ma
non sono in relazione con chi ha oggi x+t anni: modelli autoregressivi
che tentino di collegare tra loro queste due quantità non hanno quindi
motivo di essere applicati in demografia. Una eccezione, tuttavia,
potrebbe essere fatta per le previsioni sulle nascite di breve periodo; in
questo caso, infatti il metodo complesso, che comporta calcoli
relativamente onerosi, non porta necessariamente a risultati più precisi
dei modelli di regressione, dato che in questo caso pesano soprattutto
le ipotesi sul valore congiunturale del TFT e dei singoli tassi di
fecondità per età. Nel lungo periodo, invece, visto che il numero di
donne in età feconda può variare anche sensibilmente (ad esempio per
la presenza di generazioni particolarmente numerose o scarne) e che si
rende necessario valutare il comportamento fecondo per generazioni è
opportuno adoperare il modello previsionale completo.