PREMESSE Questo lavoro nasce dal grande desiderio e dalla viva curiosità di avvicinarmi
all'affascinante mondo delle imprese familiari. L'impresa di famiglia, affermatasi
con l’avvio della rivoluzione industriale, continua ad essere ancora oggi
un’istituzione fondamentale dello sviluppo dell’economia a livello mondiale. In
Italia la percentuale di imprese familiari , universo variegato e complesso quanto a
stadio di sviluppo, dimensioni e settori di appartenenza, sfiora addirittura l’85% del
totale. Inoltre, motivi anagrafici fanno sì che la generazione di imprenditori
affermatasi nell’immediato dopo guerra si trovi a non poter più eludere il confronto
con il momento del passaggio delle consegne. Quanto critica sia questa fase è
testimoniato da due semplici dati della Commissione Europea del 2002: solo il 33%
delle aziende supera il primo passaggio generazionale, percentuale che si riduce al
15% al secondo passaggio.
Il tema della continuità generazionale d'impresa nelle aziende a conduzione familiare
è, infatti, di grande attualità e oggetto di numerose riflessioni. Tuttavia, buona parte
delle ricerche e delle indagini in questo settore fanno capo principalmente alle
Scienze Economiche, alla Sociologia e al Diritto di Famiglia. Gli aspetti psicologici e
relazionali hanno fatto fatica ad entrare a pieno diritto in questo mondo e sono
rimasti un po' sullo sfondo.
E tuttavia, una azienda di famiglia è il “luogo” in cui sfera degli affetti e sfera
materiale, regole di accudimento/cooperazione e regole di produzione/competizione
si fondono in modo insolito e indissolubile. Il luogo in cui la storia di una famiglia
lungo le generazioni, con la sua simbologia e i suoi miti, la psicologia e i bisogni dei
singoli si combinano con le regole degli affari. L'impresa è un fatto umano, prima di
tutto.
Esattamente come il sistema-famiglia, anche quello aziendale si trova
nell'impossibilità di “leggere” autonomamente quanto avviene al suo interno. Ruolo,
compiti e potenzialità dela consulenza sistemica applicata al contesto organizzativo
sono, dunque, il tema principale della prima parte del lavoro.
L'approccio proposto dalla consulenza sistemico-relazionale, proprio per le sue
caratteristiche specifiche, può rivelarsi estremamente utile per abbracciare la
complessità di questo contesto in cui molteplici piani si intersecano. Che tipo di
relazioni tra le generazioni familiari si combinano col tipo di relazioni all'interno
dell'azienda? Quanto può incidere sui processi di individuazione dei singoli membri
della famiglia o sulle dinamiche di coppia il complesso intreccio/conflitto tra logiche
degli affetti e logiche di potere? Sono solo alcune delle tante domande che possiamo
farci avvicinandoci al mondo delle imprese familiari.
Uno dei messaggi di fondo del presente lavoro vuole essere proprio quello di
riscoprire le enormi potenzialità del nostro approccio sistemico-relazionale, di natura
squisitamente psicologica, applicato ad un contesto che ormai da anni viene
analizzato e studiato in buona parte utilizzando la prospettativa delle discipline
“oggettivistiche”.
Questi anni di formazione mi hanno insegnato che guardare al mondo con lenti
diverse permette di raccogliere differenze, ovvero nuove informazioni, ovvero
nuove punteggiature capaci di generare cambiamento. Ed è in questa ottica che è
possibile leggere il grande valore aggiunto che la consulenza sistemico-relazionale
può apportare alle letture operate dalle cosidette “scienze esatte”.
Il lavoro è suddiviso in quattro capitoli.
Nel primo vengono presentate le radici storico-culturali delle teorie sistemiche e
tracciati i momenti salienti dello sviluppo di questo movimento e delle sue due
anime. Questa rapida panoramica illustra il pensiero e le opere dei pionieri del
movimento familiare, presenta i principali concetti chiave della Psicologia
Relazionale per poi giungere ai contributi più recenti.
Nel secondo capitolo viene affrontato il complesso tema dell'utilizzo dell'approccio
sistemico-relazionale per l'analisi dei contesti organizzativi. Sullo sfondo le grandi
trasformazioni che negli ultimi decenni hanno modificato sostanzialmente il mondo
delle organizzazioni e generato l'esigenza di guardare al nostro modo di viverle con
lenti diverse.
La complessa e insolita realtà delle aziende di famiglia è il tema del terzo capitolo.
Uno degli aspetti più approfonditi riguarda le distinte e contrastanti regole di
funzionamento che guidano famiglia e azienda e le possibili difficoltà che si
incontrano quando i due sistemi coincidono. Ne vengono analizzate le caratteristiche
e le peculiarità e presentati alcuni possibili modelli di funzionamento proposti in
Letteratura.
Infine, nel quarto capitolo viene approfondito il caso della famiglia-azienda più
celebre della storia del nostro Paese, simbolo del capitalismo familiare italiano: gli
Agnelli. Vengono così presentate la storia e le vicissitudini della loro dinastia e della
loro grande impresa, la Fiat. In ottica trigenerazionale, si è cercato di analizzare il
complesso intreccio di storie individuali, legami intergenerazionali, valori condivisi,
ridondanze che hanno caratterizzato la storia della famiglia fino ai giorni nostri. E ci
si è interrogati su quanto peso possa aver giocato la responsabilità di una eredità
tanto importante, strettamente legata al mito familiare sviluppatosi con lo storico
fondatore della Fiat, sulle sorti delle generazioni successive.
CAPITOLO 1
1. PREMESSE PER L'ANALISI SISTEMICA DI UNA ORGANIZZAZIONE 1.1. Le radici della psicologia relazionale La psicologia relazionale affonda le sue radici nella cultura americana degli Anni '50
del secolo scorso, fortemente orientata al recupero di un approccio olistico verso la
lettura dei problemi. La cornice teorica che fa da fondamento a questa trasformata
visione della realtà è la Teoria Generale dei Sistemi. Elaborata dal biologo Von
Bertalanffy a partire dagli Anni '30 e sistematizzata in via definitiva nel 1971, tale
teoria nasce dall’esigenza di superare il modello meccanicistico di causalità lineare
causa-effetto a favore di una lettura delle complessità interazionali (causalità
circolare). Merito di questo nuovo approccio è quelli di essere riuscito a connettere
diversi settori della conoscenza (da quelli scientifico-matematici a quelli umani) e
farsi promotore di una rinnovata idea di uomo.
Tra il 1946 e il 1953 la Macy Foundation chiama a raccolta, a New York, alcuni
geniali pensatori in diversi campi: John Von Neumann, inventore del computer
digitale e studioso di logica delle macchine; Warren Mcculloch, neuropsichiatria;
Gregory Bateson, antropologo, sociologo, psicologo, semiotico e linguista; Claude
Shannon, ingegnere autore della teoria dell’informazione; il matematico Norbert
Wiener, inventore di quella branca della fisica matematica che si occupa dei processi
stocastici e considerato il fondatore della cibernetica. Nel 1948 esce il libro di
Wiener intitolato “ Introduzione alla cibernetica” che affronta il problema del
controllo e comunicazione nell’animale e nella macchina. L’ipotesi è che non ci sia
differenza sostanziale tra organismi viventi e macchine complesse autoregolanti.
Norbert Wiener riteneva che per spiegare i sistemi umani bisognasse rinunciare a
concetti e metafore relativi alla nozione di “energia” e si dovesse puntare allo studio
dell’informazione e della comunicazione. Nei sistemi cibernetici tutto è connesso con
tutto; la connessione olistica si sviluppa nel rimando di azioni e retroazioni o
feedback (positivi o negativi) in una causalità circolare. Più o meno contemporanee
alla prima elaborazione della cibernetica sono la teoria della
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comunicazione/informazione di Shannon e Weaver, la teoria del campo di K. Lewin e
la teoria dei giochi presentata da Von Neumann, assieme a Morgenstern, alla prima
conferenza Macy come teoria elaborata e applicata con esiti incoraggianti
all’economia.
2.1. Le due anime del movimento familiare L'introduzione dell'approccio sistemico-cibernetico allo studio dei sistemi sociali si
deve in primo luogo ai lavori pionieristici compiuti al Mental Research Institute di
Palo Alto a partire dalla seconda metà degli anni '50. Si trattò di studi compiuti su un
genere assai particolare di sistema : le famiglie di persone affette da problemi
psichiatrici, in particolare da schizofrenia. Tali studi portarono non solo a una
diversa e per certi versi rivoluzionaria concezione delle possibili cause di tali
patologie, ma anche ad un nuovo metodo terapeutico, basato sul principio che
l’intervento doveva coinvolgere l’intero sistema familiare e non solo il paziente
designato. In pieno accordo con lo spirito teorico-applicativo che aveva visto
svilupparsi assieme cibernetica e teoria dei sistemi, emergevano al contempo una
teoria e una prassi operativa. Determinante fu, in proposito, il contributo di Gregory
Bateson, forse il più lungimirante e profondo tra i pensatori sistemici, certo il più
attento alle implicazioni ecologiche ed etiche del nuovo paradigma.
In questo approccio al disagio psicologico, il punto di vista dell'osservatore non è più
focalizzato sulle singole parti del sistema, bensì sulla globalità delle loro interazioni e
connessioni reciproche. Le interrelazioni tra elementi, eventi o individui, quando
hanno un carattere regolare o stabile, diventano organizzazionali. L’ organizzazione
sembra quindi rappresentare il principio essenziale di un sistema, la struttura che
connette in modo interdipendente gli elementi che lo costituiscono, che " garantisce
una solidarietà e una solidità relativa a tali legami e garantisce quindi al sistema
una certa durata, nonostante le perturbazioni aleatorie. L’organizzazione dunque:
trasforma, produce, connette, mantiene " (Morin, 1983, p.133). Il concetto di
interdipendenza è la chiave di volta del modello sistemico: esso si riferisce al fatto
che una variazione nello stato di una delle componenti - o sottosistema - tende
sempre a riflettersi sulle altre e sul sistema visto come totalità, modificandone in
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qualche modo lo stato; analogamente, un cambiamento nel sistema quale totalità
tende ad influenzare sia le parti componenti, sia il sistema ambiente di cui esso è a
sua volta membro. Tale visione della realtà permette l'introduzione di un linguaggio
scientifico anche in campo psicologico e di una nuova prospettiva capace di
connettere i processi di funzionamento di ogni possibile sistema: organismi viventi,
organizzazioni sociali, macchine, sistemi umani.
Il gruppo di Palo Alto si pose proprio come diretto continuatore del pensiero
batesoniano e concentrò la sua attenzione sullo studio della comunicazione e delle
possibili distorsioni comunicative quali fonte principale del disagio psichico.
Secondo questi Autori, ogni sistema può essere considerato come un organismo
caratterizzato da forze tendenti al mantenimento di un equilibrio interno (omeostasi)
e da regole comunicative e di interazione più o meno rigide. In questo approccio una
delle chiavi di volta è dunque rappresentata dall'individuazione dei processi
omeostatici ( retroazioni positive e negative ) più che dei fattori generatori iniziali. Lo
stato stazionario (o di equilibrio) di un sistema aperto è in certa misura indipendente
dal suo stato iniziale, ed è determinato principalmente dalla natura del processo in
atto e dai parametri del sistema. Ne consegue che " quando analizzeremo come le
persone si influenzano a vicenda, considereremo l’organizzazione in corso del
processo interattivo molto più importante degli elementi specifici costituiti dalla
genesi e dal risultato " (Watzlawick et al., 1971, p.122). I processi omeostatici, oltre
ad operare dall’interno del sistema, sono spesso presenti anche ad altri livelli, vale a
dire in alcuni dei sovra- e sotto-sistemi con cui esso è in relazione. Ciò determina una
ridondanza d’informazione tale che, se anche cessassero di operare i processi propri
di un livello vi sarebbero sempre gli altri in funzione e l’equilibrio, se pure
precariamente, sarebbe mantenuto. Ciò è molto positivo per la sopravvivenza dei
sistemi, ma diviene un problema assai rilevante quando l’omeostasi tende a
perpetuare stati di disagio.
Grazie ai primi studi sulla comunicazione, in quegli anni viene elaborato il concetto
di doppio legame (Bateson e coll., 1956) inteso come processo comunicativo
disfunzionale tipico delle relazioni diadiche. In questa rinnovata visione della realtà,
il sintomo non è più soltanto la manifestazione di un disagio individuale ma esprime
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e rappresenta un disagio relazionale dell'intero sistema (famiglia, organizzazione).
Questo primo gruppo elabora nozioni chiave quali la gerarchia dei livelli di
comunicazione e la distinzione fra i canali della comunicazione, verbali (digitali) e
non verbali (analogici). Il lavoro sulla comunicazione non verbale diventerà centrale
per tutte le terapie della famiglia. Comunicazione e comportamento, termini che in
realtà descrivono lo stesso processo, acquisiscono significato solo in funzione della
relazione e del contesto in cui si verificano. Sarà lo stesso Bateson a definire il
contesto come matrice di significati (1976): azioni e comportamenti non sono
appropriati o no, buoni o cattivi in sé, ma in riferimento al contesto in cui avvengono.
Il contesto dà forma alla nostra esperienza e presenta caratteristiche in costante
cambiamento ed evoluzione.
Per i puristi di Palo Alto la famiglia è quasi come una macchina, una macchina
cibernetica che si muove attraverso un processo di causalità circolare ed è quindi
importante scoprire come funziona nel qui e ora . Tuttavia, questi pionieri della teoria
relazionale non lavorarono mai realmente con intere famiglie ma continuarono a
intervenire mediante colloqui individuali ad orientamento strategico. Nonostante ciò,
“ Pragmatica della Comunicazione Umana ”, pubblicato da Watzlawick, Beavin e
Jackson nel 1971, divenne il testo-guida degli operatori familiari per almeno due
dacadi.
In Italia, Mara Selvini Palazzoli era rimasta colpita dai loro studi sulla
comunicazione, ne aveva mutuato concetti e linguaggio e aveva riunito attorno a sé
una squadra di psicoterapisti disposti a lavorare secondo questo nuovo modello
teorico e applicativo con l'obiettivo di intervenire in maniera incisiva su disturbi che
fino ad allora avevano costituito una sfida importante per i clinici Tra loro, Luigi
Boscolo, Gianfranco Cecchin e Giuliana Prata, con i quali avrebbe pubblicato nel
1975 “Paradosso e controparadosso ”. Era il nucleo fondatore del Milan Approach,
che ebbe il grande merito di applicare tra i primi le teorie sistemiche a nuclei
familiari interi nonché ad altri contesti non propriamente clinici (organizzazioni,
aziende, scuole, istituti di cura).
Quasi contemporaneamente, intorno agli anni '60, nell’East Coast nasce un altro
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