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Il quinto capitolo è il cuore di questa tesi, in quanto analizza le leve
vere e proprie del merchandising, ovvero il layout delle attrezzature, il
layout merceologico e il display merceologico.
Si è ritenuto giusto dare spazio anche al visual merchandising nel
sesto capitolo, in quanto l’atmosfera del punto vendita sta diventando una
leva su cui puntare sempre più per differenziarsi dai concorrenti.
Il settimo capitolo tratta invece un caso pratico, in cui si sono
confrontati layout e soprattutto display di determinate categorie in tre punti
vendita concorrenti a Bologna: Coop, Conad ed Esselunga.
Infine, nell’ottavo capitolo, si sono analizzati i modelli evoluti nel
mondo, per capire se in Italia ci sono i presupposti per un maggiore
sviluppo in questo campo.
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Capitolo 1. Il Merchandising: definizioni e logiche
1.1 - Perchè merchandising
Nei modelli tradizionali si ipotizzava un sostanziale dominio del
marketing sviluppato dalle aziende di produzione su quello attivato dalle
imprese di distribuzione. L'incremento sempre più consistente del potere
contrattuale del trade e l'aumento di importanza dell'attività di marketing
delle aziende di distribuzione, hanno costretto una sostanziale revisione di
tale ottica di analisi. La struttura competitiva odierna è profondamente
cambiata: ora le imprese commerciali della grande distribuzione attuano
politiche di marketing differenziato, segmentano il mercato e utilizzano con
efficacia tutte le variabili del marketing mix. Il merchandising costituisce
quindi un elemento nodale nei rapporti tra produttori e distributori.
Le differenze qualitative e quantitative nella disposizione dei prodotti
all'interno dei punti vendita, dove i consumatori sono liberi da
condizionamenti verbali e vengono stimolati all’acquisto unicamente dalla
comunicazione visiva, influenzano decisamente le vendite. La focalizzazione
delle aziende di produzione di beni di largo consumo si sposta da una logica
di sell-in ad una logica di sell-out, valorizzando la disposizione dei prodotti
sugli scaffali di vendita e l'utilizzo promozionale della superficie espositiva
tramite collaborazione ed incentivazione con il trade.
Si è acquisita piena consapevolezza dell'interrelazione esistente tra
efficacia espositiva e risultati di vendita.
Il crescente interesse nei confronti del merchandising è
schematicamente imputabile ai seguenti fenomeni:
- la banalizzazione del processo d'acquisto
- la diffusione dei prodotti di marca
- il passaggio di molti beni dalla vendita assistita alla vendita a libero
servizio
- l'aumento del numero e delle quote di mercato dei punti di vendita a
libero servizio
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- il diffondersi di un utilizzo informativo e promozionale del packaging che
consente di vendere a libero servizio beni che un tempo necessitavano
dell'assistenza personale
- l'aumento del costo della superficie espositiva che induce ad un utilizzo
più sofisticato e produttivo dello spazio nei punti vendita.
Sono stati i produttori prima dei distributori a interessarsi al
merchandising anche se si poteva supporre il contrario vista la centralità del
punto vendita. Questo perché inizialmente la distribuzione non aveva i
mezzi per fare merchandising: non aveva necessità di tecniche di
merchandising per assicurare la sua espansione e la sua redditività, non
aveva né risorse umane qualificate né una politica di immagine differenziata
dai concorrenti e utilizzava scarsamente i dati delle società di panel e di
studi che erano più orientate verso i produttori che i distributori. Ma il calo
del potere d’acquisto, l’avvicinarsi alla saturazione del mercato, le restrizioni
legislative, hanno frenato l’espansione della distribuzione. Lo sviluppo del
merchandising diventa quindi una necessità per i punti vendita che
constatano una stagnazione delle vendite accompagnata da un aumento dei
costi di gestione. Il merchandising diventa possibile anche grazie al fatto
che l’informatica applicata ai punti vendita diventa una realtà.
Il merchandising è stato tradizionalmente considerato una sottoclasse
dell'attività promozionale; ora si ritiene giusto considerare questa visione
limitativa e si tenterà di dimostrare che il suo ambito d'azione è più ampio e
che le sue implicazioni sono maggiori di quanto si poteva ritenere in quanto
può essere considerato una categoria autonoma del retail marketing mix.
L'attività di merchandising in questa nuova concezione comprende i
seguenti aspetti: la segmentazione e la classificazione dell'assortimento in
chiave di marketing, la disposizione delle attrezzature all'interno del punto
vendita, l'organizzazione e la suddivisione della superficie espositiva,
l'assegnazione della superficie espositiva ai reparti e l'attribuzione dello
spazio sugli scaffali ai singoli prodotti.
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1.2 - Definizioni
Una caratteristica tipica del merchandising è la frequente
incomprensione del significato del termine anche se dagli anni ‘70 e ‘80 è
stato più volte spiegato e sempre più sono le aziende che ne adottano le
tecniche. Come tutte le leve del marketing mix, anche il merchandising ha
come fine ultimo lo sviluppo delle vendite, ma peculiarità di quest’ultimo è
lo svolgersi esclusivamente nel luogo preposto alla vendita, qualunque esso
sia, ipermercato, piccolo negozio a gestione familiare, cash & carry, stazione
di servizio o supermercato.
Una prima definizione che possiamo fornire è quindi: “Il
merchandising è qualsiasi forma di promozione in-store, che non sia la
vendita personale, progettata per far scattare il comportamento d'acquisto e
avvicinare le merci al consumatore”.
Nella concezione europea, il merchandising, nato con il libero servizio
è:
- una nuova forma di tecniche di vendita, i cui cardini fondamentali sono
l’assortimento, l'esposizione, l'animazione e la gestione
- l’insieme delle azioni tendenti ad assicurare la migliore valorizzazione del
prodotto agli occhi del consumatore
- il supporto ad un prodotto offerto in libera scelta e che quindi deve
difendersi da solo di fronte ai prodotti concorrenti
- un'evoluzione delle tecniche commerciali di fronte al rapido e continuo
cambiamento che caratterizza la distribuzione moderna, che impone
forme genuine di collaborazione fra produttori e distributori.
Il merchandising è quindi tutto ciò che contribuisce alla performance
del prodotto sul lineare dalla sua presentazione, alla sua esposizione,
valorizzazione ed infine redditività. C'è merchandising quando c'è vendita
visiva.
Negli Stati Uniti gli autori americani di marketing Phillips e Duncan
(anni ’70) hanno proposto il merchandising come sviluppo del prodotto:
“attività dell'operatore commerciale che, rispondendo ai bisogni dei clienti,
attua decisioni di qualità ed estensione dell'assortimento, etichettatura e
packaging delle referenze, attività di buyer, modifica e introduzione di
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prodotti”. Questa versione ci pare ormai poco attinente con la realtà. La
definizione generalmente accettata, perché è la miglior corrispondente alla
mentalità americana, così pratica e sbrigativa, è quella formulata da
Keppner: “il buon prodotto, al posto giusto, al momento giusto, a buon
prezzo, nelle quantità appropriate”.
In Europa le definizioni del merchandising sono numerose e tutte
estremamente soggettive. Il termine “merchandising” deriva da “merce”.
Quindi si può dire che il merchandising è l’ insieme delle tecniche dirette o
indirette che aiutano il prodotto ad uscire dal punto vendita.
L’Académie des Sciences Commerciales ha dato la seguente
definizione: “il merchandising è una parte del marketing che comprende
tutte le tecniche commerciali atte a presentare, nelle migliori condizioni
materiali e psicologiche possibili, il prodotto o servizio offerto al potenziale
acquirente. Ad una presentazione passiva del prodotto o servizio, il
merchandising tende a sostituire una presentazione attiva, che si serve di
tutto quanto può renderlo attraente: condizionamento, disponibilità in
quantità singole e multiple, confezionamento, esposizione, disposizione sul
lineare di vendita...”.
Si può notare quindi come in questa onorevole accademia, il
merchandising è ridotto alla sola presentazione del prodotto. Una
definizione più ampia è stata formulata nel 1973 dall’Institut Francais du
Merchandising: “Insieme di studi e di tecniche applicative, realizzate
separatamente o congiuntamente dai distributori e dai produttori, allo scopo
di aumentare la redditività del punto vendita e la vendita dei prodotti, grazie
al continuo adeguamento dell'assortimento ai bisogni del mercato e ad una
presentazione appropriata delle merci”.
Masson, Wellhoff e poi Collesi, sostengono che si tratti di azioni
messe in pratica da produzione e distribuzione per valorizzare il prodotto
offerto dove al produttore spettano le attività di corretta presentazione ed
evidenziazione dei prodotti, mentre al distributore la gestione
dell'assortimento, il layout dell'area di vendita e i servizi alla clientela. Nel
1972 Wellhoff propose una sintetica definizione: “Insieme di metodi e di
tecniche che concorrono a dare al prodotto un ruolo di vendita attivo, grazie
alla sua presentazione e alla sua ambientazione, al fine di ottimizzare la
redditività”.
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Ma una definizione... per definizione... è sempre imperfetta. Quindi
crediamo che non esista una giusta definizione di merchandising perché è
qualcosa di talmente impalpabile, adattabile al prodotto o al servizio, che ad
ogni tipo di prodotto e ad ogni circuito di commercializzazione possa
corrispondere un proprio merchandising. Il merchandising è prima di tutto
una buona conoscenza delle caratteristiche e delle potenzialità del punto
vendita; deve guardare al prodotto, a una famiglia di prodotti, a un reparto;
può essere sia del produttore che del distributore ma da chiunque venga
l'iniziativa, potrà essere realizzato soltanto in cooperazione: il produttore
porta la sua conoscenza del mercato mentre il commerciante quella del suo
mercato locale, dei suoi clienti e del suo punto vendita. Sono “ condannati”
a lavorare insieme per un comune obiettivo: il consumatore.
Il merchandising costituisce un insieme di tecniche aventi come scopo
la regolazione del comportamento d'acquisto del consumatore all'interno del
punto vendita, al fine di ottimizzare la redditività della superficie espositiva,
coerentemente con il posizionamento scelto dall'insegna.
Il merchandising è anche innovazione, creatività, tecnica, uomini che
pensano, creano o applicano ma in conclusione non è la messa in pratica di
una teoria, ma la teoria di una pratica.
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1.3 - Origine del merchandising
Fin dai tempi più remoti da quando è nato lo scambio e quindi il
desiderio di vendere, si fa del merchandising senza saperlo. La rivoluzione
dei metodi di vendita delle attività commerciali ha trasformato un
“mestiere” innato, un atto naturale e semplice, in una tecnica elaborata che
è diventata parte integrante delle tecniche di marketing.
E’ interessante seguire l'evoluzione del commercio attraverso i tempi.
Prima ancora che nascessero le botteghe la merce era esposta all'aperto, su
banchetti o addirittura per terra. Il venditore invitava il passante cantando
le lodi della sua merce e discutendone il prezzo. Il suo ruolo era
fondamentale. All'arrivo della bottega il cliente doveva chiedere l'articolo
desiderato. Fra il cliente e il prodotto c'era una barriera insuperabile, il
banco. Da qui l'assoluta importanza della presentazione a voce, dell'abilità
del “tentatore”. Nel 1852 si assiste alla rivoluzione del commercio con
l'arrivo dei grandi magazzini;i prodotti, fino ad allora posti dietro il
venditore, lo scavalcano ed occupano gli scaffali a diretto contatto con
consumatore che si aggira liberamente fra imponenti strutture
architettoniche. Il prodotto si è notevolmente avvicinato al cliente che può
osservarlo da vicino e toccarlo; l'intervento del venditore e ancora
importante ma non più determinante, i grandi punti vendita e la libera
circolazione diventano abituali.
Intorno al 1928 negli Stati Uniti e successivamente in Francia si ha
un'evoluzione: i “magazzini popolari” che semplificano i principi dei grandi
magazzini: libera circolazione su una superficie più modesta, numero
limitato di articoli in vendita, rapida rotazione delle scorte con basso
margine, vendita e incasso semplificati. Il ruolo del venditore diventa
sempre meno importante in quanto non deve più presentare il prodotto ma
soltanto consegnarlo il più rapidamente possibile.
Ma l'evoluzione del commercio classico prosegue: prima della seconda
guerra mondiale nascono negli Stati Uniti i supermercati che sbarcano in
Europa nell'immediato dopoguerra.
La conclusione logica di quest'evoluzione è il libero servizio: il
prodotto finisce direttamente in borsa senza bisogno di passare attraverso
un atto di vendita. Il cliente si aggira liberamente nel punto vendita, sceglie
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i prodotti e li mette nel carrello senza più l'aiuto del venditore. Una sempre
maggiore familiarità con il libero servizio ha influito anche sull'articolazione
delle fasi del processo d'acquisto spostando in avanti lo stadio della scelta.
Ha avuto il sopravvento la tendenza a prendere un maggior numero
di decisioni all'interno del punto vendita. Il display espositivo ha accentuato
la funzione di stimolo all'acquisto. Il merchandising dunque è efficace
perché la quota degli acquisti non pianificati è molto elevata, pari addirittura
al 50% nel caso dei supermercati. Sono in aumento infatti i consumatori che
oltrepassano la soglia del punto vendita senza aver definito
preventivamente le proprie scelte di acquisto. Vi sono inoltre segmenti di
acquirenti che modificano i loro programmi dopo essere entrati nel negozio
perché particolarmente sensibili ai condizionamenti esercitati all'interno del
punto di vendita. Il merchandising rappresenta la peculiarità di influire sul
comportamento del consumatore proprio nello stadio finale del processo
d'acquisto, differenziandosi così notevolmente dagli strumenti di
comunicazione che si caratterizzano per un notevole intervallo temporale tra
la fase di stimolo della domanda e quella di risposta.
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1.4 - L’ambito d’azione del merchandising
Il merchandising tende a sostituire ad una presentazione passiva dei
prodotti una presentazione attiva e si serve dell'esposizione per aumentare
le performance di vendita. Fra i suoi obiettivi, oltre a quello tradizionale
consistente nell'aumento della redditività del punto di vendita mediante un
continuo adeguamento dell'offerta merceologica alle esigenze della
domanda, si cerca di aumentare la fidelizzazione del consumatore
all’insegna tramite un servizio che rispecchi l’organizzazione mentale dei
suoi bisogni.
Il merchandising pertanto riguarda tutte le tecniche attivabili nel
punto di vendita che possono influenzare, modificare e agire sul
comportamento d'acquisto del consumatore. L'attività di merchandising si
articola nelle seguenti fasi logicamente concatenate:
- la classificazione dell'assortimento in chiave di marketing (in base ai
bisogni e non alle esigenze dell'offerta)
- la formulazione di budget di vendita in funzione della classificazione
- la suddivisione della superficie di vendita in funzione dei reparti
- l'assegnazione della superficie espositiva alle famiglie, linee e referenze.
Secondo alcuni autori l’ambito di azione del merchandising può
essere ancora più vasto arrivando ad agire sul flusso della clientela in modo
da attirare nel punto di vendita il numero ottimale di clienti, appiattire le
punte di domanda e prolungare la permanenza della clientela attraverso
l’animazione e la promozione.
Per vendere bene un prodotto e con un adeguato profitto,
quest'ultimo deve essere nel punto vendita e quindi referenziato (se non è
presente non è visto), deve essere ben esposto (se non è visto non è
preso), deve essere convenientemente valorizzato e animato (se non è in
vista non è in vita) e la sua redditività deve essere ben padroneggiata
(ritorno sul capitale investito).
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1.5 - La logica del merchandising
Viviamo nell'era della libera scelta o addirittura di libero servizio: il
consumatore deve imparare a orientarsi, a leggere le etichette, a scegliere
fra i tanti simili il prodotto che fa per lui. L'arrivo del libero servizio ha
portato quattro grandi cambiamenti a livello di prodotto, di consumatore, di
produttore e di distributore. Ognuno di questi ha creato il merchandising e
lo ha reso indispensabile.
Per quanto riguarda il primo, il fatto che il prodotto deve vendersi da
solo, spiega la progressiva trasformazione del packaging (confezione) che
deve attirare ma anche spiegare per motivare l’acquisto del consumatore e
del packing (imballaggio di più unità) che si adatta alle famiglie sia
numerose che composte da una o due persone.
Anche il consumatore è notevolmente cambiato, lasciato libero in un
universo di segni, deve imparare a leggere il lineare espositivo, a
comprendere le differenti classificazioni e poi ad esprimere giudizi fra
prodotti, marche industriali e commerciali, prezzi, segni di qualità.
Dalla crescita della forza del commercio moderno, i produttori si sono
trovati di fronte a centrali d’acquisto sempre più potenti ed esigenti. E’
cambiato quindi anche il ruolo del rappresentante che è stato costretto a
trasformarsi in agente-merchandiser, il cui ruolo non è più solamente di
vendere ma di assicurare al prodotto una adeguata esposizione sul lineare.
Prima di diventare distributore, il commerciante acquistava dei
prodotti ad un certo prezzo e li rivendeva ad uno più alto. La differenza
rappresentava il margine commerciale lordo. Oggi la distribuzione è
diventata un’industria e pensa in primo luogo alla produttività, cercando di
ottimizzare le spese di introduzione in assortimento e di gestire il lineare
espositivo limitando i costi di riapprovvigionamento.
E’ la disposizione logica del lineare e dei facings che consente di
realizzare questa ottimizzazione e questo è merchandising.
Il merchandising è dunque diventato indispensabile sia per il
produttore che per il distributore. Per il produttore l’obiettivo del
merchandising è chiaro: vendere di più, in maggior quantità. Per il
distributore vendere di più naturalmente ma anche vendere meglio, cioè
ottimizzando il margine e limitando le spese. Infine per il consumatore è
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indispensabile per facilitargli le scelte, ottimizzargli i tempi e proporgli
un’offerta chiara e comprensibile.
Per essere al punto giusto è necessario un merchandising oggettivo,
in continua evoluzione e perfettamente efficace che rispetti il
posizionamento reale del prodotto sul mercato, tenendo conto delle
caratteristiche locali e della strategia commerciale del produttore, al fine di
massimizzare la redditività del distributore e la soddisfazione del
consumatore.
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Capitolo 2. Il comportamento del consumatore
Non c'è commercio senza consumo e non c'è merchandising senza
conoscenza del consumatore. Questo capitolo ha quindi lo scopo di
descrivere l'evoluzione di mentalità e di comportamento del consumatore
dalla nascita del commercio moderno ai giorni nostri e di precisare le sue
principali esigenze nei confronti dei punti di vendita al libero servizio.
Industria e distribuzione non possono prescindere da una conoscenza
completa del cliente finale nelle sue tre componenti : il comportamento di
acquisto a monte del punto vendita, il comportamento di acquisto nel punto
vendita , il comportamento di consumo. La segmentazione della clientela
per stili di acquisto interessa dunque sia il marketing distributivo (focus di
punto vendita-categoria) che il marketing industriale (focus di categoria-
marca), anche se in diversi modi e in diversa misura. Lo shopper marketing
può diventare il baricentro per costruire un nuovo modello di relazione
industria-distribuzione.
2.1 - L'evoluzione del consumatore
Le recenti ricerche psicologiche consentono di descrivere e analizzare
la storia del consumo dal dopoguerra ai giorni nostri suddividendola in
quattro grandi periodi ciascuno dei quali disegna un consumatore diverso e
sempre più evoluto.
- primo periodo. Questo periodo che si colloca tra l'immediato dopoguerra
e la nascita dei supermercati, vede il consumatore vivere esclusivamente
nel suo ambiente sociale e consumare in rapporto al suo potere di
acquisto. Ciascuno vive col commercio del proprio ambiente o del proprio
quartiere. La nozione di servizio si fonda esclusivamente sui rapporti
interpersonali e cioè sul calore umano che lega il commerciante al suo
cliente. La nozione di prezzo non è rilevante. È l'epoca dell’industria e
non si osa parlare né di commercio né di commercianti.
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- secondo periodo. Questo secondo periodo, che gli esperti collocano tra la
metà degli anni ‘60 e il primo chock petrolifero, si traduce in un
comportamento generale di sovraconsumo. Il paese è ricco e prospero,
l'inflazione è normale, aumenta l'occupazione; tutto questo permette al
consumatore di mantenere il suo livello di vita grazie ad un costante
aumento delle retribuzioni, a nuove agevolazioni per l'acquisizione di
proprietà e ad un recente sviluppo del credito non soltanto a lungo
termine. Cosciente di essere ormai del tutto fuori dal dopoguerra e
sollecitato da ondate di pubblicità sempre più seducenti, il consumatore
cade in certe forme di eccesso e acquista quasi unicamente per il gusto
di possedere. Il servizio non ha alcuna importanza per i clienti che non
cercano altro che la facilità di acquisto mentre il prezzo acquisisce
importanza ma essenzialmente per differenziare il commercio moderno
da quello tradizionale. Si comprende allora perché in questo periodo in
cui il commercio moderno è evoluto ad una rapidità quasi esponenziale,
il merchandising non ha avuto alcuna ragione di esistere dal momento
che il cliente si trova rassicurato dagli effetti di massa, di volume e di
grandezza. L'arrivo del primo chock petrolifero finirà col dimostrare tutta
la fragilità di un sistema economico prospero. Di questa fragilità ciascuno
prenderà immediatamente coscienza e questo avrà un impatto pressoché
immediato sulla vita e sui comportamenti di acquisto.
- terzo periodo. Questo periodo ha inizio con il primo shock petrolifero e
termina nel 1985. In pochi mesi riappaiono inflazione e disoccupazione.
Il consumatore cambia comportamento, diventa più maturo, ha esigenze
precise e questo obbligherà la grande distribuzione a gestire i suoi punti
di vendita più attentamente e razionalmente. Si sviluppa il
merchandising “ di base” perché bisogna offrire ai clienti punti di vendita
puliti, molto ben organizzati e ben tenuti in ogni momento della giornata.
Il consumatore però lamenta un'insufficienza dei rapporti al momento
dell'acquisto e tende quindi a frequentare nuovamente il commercio
tradizionale.
Per quanto riguarda il prodotto questo periodo vede nascere il concetto
di buon rapporto qualità/ prezzo; in termini di scelta il consumatore si
dimostra più esigente e più selettivo ma l'assortimento non ha ancora
l'ampiezza odierna.
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- quarto periodo. Questo periodo va dal 1985 ai giorni nostri. Padrone di
sé e dei propri acquisti il consumatore si è trasformato in un vero e
proprio decisore. Così la nozione di “ volere d'acquisto” sta sostituendo
quella di “ potere d'acquisto”. L'impatto dei mezzi di comunicazione, lo
sviluppo del credito a medio e breve termine, ma soprattutto il desiderio
di benessere, portano i consumatori a fare acquisti la cui importanza,
scelta e prezzo non dipendono più dal reddito netto disponibile ma dalla
volontà di ciascun individuo. Siamo entrati nella generazione dell’IO in
cui ciascuno per la necessità che ha di differenziarsi dalla massa, ha
nuove esigenze.