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INTRODUZIONE
La passione per il calcio è un elemento fortemente radicato all’interno
della cultura italiana.
Nonostante questa evidenza, il quadro generale di studi e ricerche
sociologiche in merito a questo sport e al contesto importante che ne
costituisce lo sfondo problematico, è rimasto piuttosto povero fino agli
ultimi vent’anni , quando alcuni, ma gravissimi episodi di violenza hanno
interessato non più esclusivamente la Gran Bretagna (com’era nelle
cronache degli ultimi anni per le azioni sconsiderate degli hooligans), ma si
sono estesi in tutta Europa, creando disordini e allarmi legati all’ ordine
pubblico.
Il calcio, è apparso e appare sempre più vicino ad episodi di violenza,
e troppo spesso il bacino di raccolta di situazioni di disagio e subculture,
soprattutto giovanili, come se all’interno dello stadio tutto potesse essere
concesso.
L’interesse in questa sede è rivolto alla situazione italiana.
In seguito ai gravissimi episodi di violenza che hanno caratterizzato lo
scorso campionato, culminando il 2 febbraio 2007 in occasione della partita
Catania - Palermo, nell’uccisione dell’ ispettore Capo della Polizia di Stato
Filippo Raciti, lo Stato ha cercato di attuare sia a livello normativo che a
livello preventivo opportune strategie di contrasto.
La certezza della pena e la volontà delle Istituzioni e delle società
calcistiche, come ha sottolineato il Ministro dell’interno Giuliano Amato,
devono essere il presupposto necessario per l’attuazione di tali politiche.
Centrale e fondamentale è diventato, nel nuovo sistema che si viene
configurando, il ruolo dell’Osservatorio Nazionale sulle Manifestazioni
Sportive istituito presso il Ministero dell’interno al fine di favorire la
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massima interazione tra tutti i soggetti chiamati all’attuazione delle
disposizioni e delle misure organizzative e di prevenzione e contrasto alla
violenza in occasione di manifestazioni sportive che si un apposito Centro
Nazionale (CNIMS).
Il mio lavoro ha come finalità quella di analizzare le politiche di
contrasto alla violenza nel calcio. Tuttavia, prima di procedere in questo
senso, è necessario provare a conoscere a fondo il fenomeno, le sue
evoluzioni, comprendendo le motivazioni che hanno portato giovani ad
aggregarsi in gruppi, come quelli ultras, in cui ricercare la propria identità,
il proprio status e difendere a denti stretti il proprio territorio, rappresentato
dalla “curva”.
Quest’attaccamento è sfociato nel corso degli anni in episodi di
teppismo che hanno sempre più rafforzato il binomio tifoso – violenza.
Noti studiosi, sia italiani che inglesi, hanno cercato di comprendere
meglio le dinamiche che interessano questi gruppi riproponendo, senza
grossi successi, il modello originali legato al tifo: il rituale.
I provvedimenti normativi che si sono susseguiti in materia, dalla
legge n. 401 del 13 dicembre 1989 sino ai decreti ministeriali del 6 giugno
2005, non hanno mostrato l’efficacia sperata nel lungo periodo, essendo
stati varati nell’immediatezza di atti delittuosi, al di fuori di una strategia
generale e concentrata tra tutte le parti in causa.
La nuova legge n. 41 del 4 aprile 2007, pur adottata in linea di
continuità con la previgente legislazione, ha introdotto invece importanti
modifiche, ma soprattutto ha inasprito le pene, rivelandosi, ad un primo
monitoraggio, un ottimo deterrente.
Inoltre, come previsto nel “Pacchetto sulla Sicurezza”, di recente
approvazione da parte del Consiglio dei Ministri e ora al vaglio del
Parlamento, si è cercato di adottare delle misure che non solo riguardassero
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la durata dell’evento calcistico, ma applicabili anche nelle ventiquattro ore
precedenti o successive questo.
In coerenza con il nuovo ordinamento sull’Amministrazione della
Pubblica Sicurezza, stabilito dalla legge n. 121 del 1° aprile del 1981, di cui
coordinamento e raccordo rappresentano i pilastri, sono state introdotte
importanti novità volte al miglioramento delle condizioni dell’ordine e
della sicurezza pubblica fondate sui seguenti punti:
- il coordinamento delle iniziative nel settore della sicurezza, con
riferimento al dialogo tra le strutture centrali e quelle periferiche e al
costante impegno delle Autorità provinciali di Pubblica Sicurezza;
- il rilancio dell’attività di prevenzione orientata verso un rinnovato
rapporto cittadino – territorio - Istituzioni;
- il coinvolgimento di tutti i soggetti sociali ed economici presenti sul
territorio, attraverso la c. d. “sicurezza partecipata”;
- i tempestivi interventi nel settore della politica criminale, tenendo
conto delle esigenze nazionali e dei principi affermati e condivisi a
livello internazionale, in particolare, in ambito comunitario
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.
In ambito sportivo tali innovazioni hanno portato al
ridimensionamento del sistema sicurezza legato al calcio e a stabilire nuove
politiche: la ristrutturazione degli impianti ha rappresentato un’importante
priorità per garantire la sicurezza in occasione di eventi sportivi.
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A.A.V.V., Rapporto sulla criminalità, Ministero dell’interno, 2007
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Infatti le forze di polizia in passato hanno sopperito alle carenze
strutturali, divenendo esse stesse oggetto dell’astio delle frange più violente
delle tifoserie. In quest’ottica, è stata necessaria l’introduzione di una figura
sostitutiva e con competenze diverse che porti lentamente le forze di polizia
ad operare solamente all’esterno dello stadio: gli steward. I nuovi “addetti
alla sicurezza” dovranno seguire dei corsi di specifica formazione e
verranno coordinati dal gruppo operativo sicurezza (GOS).
Nell’ambito del nuovo orientamento della Polizia di Stato, verso la
politica si prossimità, vicina alla gente, sono stati predisposti due importanti
progetti: le squadre tifoserie, che instaurando un rapporto di fiducia con le
componenti ben intenzionate del tifo danno vita ad un confronto costruttivo
e un’occasione di scambio di opinioni; “Un Pallone per amico”, partite di
beneficienza tra la Polizia di Stato e la Nazionale dei giornalisti RAI.
Un’altra interessante novità è rappresentata dalla tessera del tifoso, un
ottimo strumento di prevenzione che estranierà, negli auspici, in modo
graduale ed automatico i gruppi violenti e porterà progressivamente
l’evento sportivo ad essere uno spettacolo di cui lo stesso tifoso è
protagonista.
E’ quindi importante ai fini della prevenzione e repressione del
fenomeno che tutte le parti in causa operino in modo sinergico tra loro per
restituire al mondo del calcio il vero “dodicesimo giocatore”, il pubblico.
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QUADRO GENERALE
1.1 L’evoluzione del gioco del calcio in Italia
Già in epoca rinascimentale, si praticava nelle piazze di Santa Maria
Novella e di Santa Croce a Firenze, il calcio fiorentino, versione italiana di
una delle primordiali forme di calcio inglese, l’hurling at goal
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, sport
d'intrattenimento caratterizzato per la durezza e gli scontri fisici tra i
giocatori.
La tradizione fiorentina, soprattutto in occasione di cerimoniali ed
eventi, si mantiene accesa tutt’oggi, sebbene il calcio abbia assunto nel
tempo un interesse ed una motivazione completamente differente.
Comparso in Inghilterra nel medioevo, come mezzo di risoluzione
delle dispute e delle rivalità , hurling over country
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, e successivamente
trasformatosi in uno sport di proprio piacere esclusivo, hurling at goal, la
nascita ufficiale del calcio moderno risale al 26 ottobre 1863, con la
costituzione della Football Association, nata e finanziata dall’esigenza delle
famiglie inglesi borghesi di creare delle regole per rendere meno violento
ed aggressivo quello sport che in Inghilterra stava prendendo il sopravvento
tra gli studenti dei college.
Il 9 dicembre 1863, l’ associazione, ha dato vita al primo regolamento
del calcio moderno:
misura del campo (max 120*90), misura e peso della palla (0,71 di
circonferenza), numero dei giocatori (11), il tempo di gioco (90 minuti
diviso in due tempi), i falli, le punizioni. L’uso delle mani rappresenta un
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C. Serra, Pili F., “Quelli dello stadio” – Primo rapporto sulla violenza nel calcio in Italia, Laurus
Robuffo, Roma 2003
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C. Serra, Pili F., op.cit
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fallo e l’unico a poter utilizzare sia mani che piedi è il portiere, solo nella
sua area (area di rigore)
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.
Alla fine del diciannovesimo secolo, grazie ai contatti scolastici e
commerciali della Gran Bretagna con il resto d’Europa, il giuoco del calcio
sbarca anche in Italia, nella sua forma raffinata e moderna, dapprima nelle
città di Genova, Livorno e Palermo per poi estendersi su tutta la penisola.
Il primo club calcistico italiano è il Genova Cricket and Athletic Club,
fondato nel 1893, nato cinque anni prima della fondazione della
Federazione Italiana Giuoco Calcio. La FIGC, nasce a Torino il 16 marzo
1898, al termine di una sorta di assemblea costituente che elegge come
Presidente Mario Vicari, e dà una struttura formale e un impulso immediato
al mondo del calcio tanto da disputare lo stesso anno il primo campionato
italiano ( quattro squadre, una sola giornata), vinto dal Genoa.
Il “nuovo” modo di concepire il calcio è caratterizzato dal processo di
sportivizzazione
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che vede l’impiego di atleti professionisti all’interno di
società ben organizzate, con, solitamente, un industriale al vertice, nonché
un’affluenza sempre maggiore di spettatori, principalmente borghesi, allo
stadio.
Il 15 maggio 1910, esordisce, all’Arena di Milano, la Nazionale
italiana, battendo la Francia (6-2) e portando attorno alla maglia azzurra un
forte calore e una intensa motivazione.
E’sotto la spinta di questo implacabile entusiasmo che nel 1913 viene
disputato il primo campionato su scala nazionale, anche se articolato in due
gironi: quello settentrionale e quello del centro sud.
La prima guerra mondiale paralizza il gioco del calcio che viene
ripreso solamente attorno agli anni venti.
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www.footballassociation.com
5
Elias N., Dunning E., Sport aggressività, Il Mulino, Bologna, 1989
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In seguito all’introduzione dell’obbligo del giorno di riposo
settimanale per tutti i lavoratori, l’affluenza agli stadi, da meramente d’elitè,
diventa alla portata di tutti e la partita domenicale inizia ad essere
considerata un ottimo strumento di svago e di intrattenimento. Il calcio
inizia ad entrare nel cuore degli italiani. In breve tempo l’ Italia, diventa
scenario di una crescita esponenziale di società cittadine, seguite sempre
con maggior interesse e passione dalla popolazione: da un lato si assiste ad
un attaccamento alla città, dall’altro, tale “patriottismo” amplia il divario
tra nord e sud, irrimediabile conseguenza del dopoguerra, accentuando
rivalità campanilistiche e creando le prime risse e forme di violenza legate a
questo sport.
Nel 1930 arrivano grandi trasformazioni a livello nazionale e
internazionale: il campionato italiano viene compresso in un unico girone, i
calendari delle partite vengono stilati in base alla lontananza tra le città e le
partite ritenute più importanti o più pericolose vengono giocate a fine
campionato (si pensi, ad esempio, che i calendari per la stagione 2005/2006
sono stati sorteggiati dal computer il 16 agosto 2005, in diretta, alle ore 19,
su Canale cinque). Inoltre i giocatori ottengono dei rimborsi spese, segno
del futuro professionistico di questo sport.
In ambito internazionale vengono istituiti i Campionati Mondiali di
Calcio, vinti nella prima edizione dall’Uruguay.
Gli anni ’30 vedono due vittorie consecutive della Nazionale azzurra,
nel 1934 e nel 1938. Nel 1936, la Nazionale guidata dal grande allenatore
Pozzo si aggiudica la medaglia d’oro nel torneo Olimpico a Berlino.
Sotto il rumore sinistro delle bombe del secondo conflitto mondiale,
anche il calcio è costretto a fermarsi.
Le attività calcistiche riprendono nel 1945. Oltre a veicolare interessi
sportivi ed economici, il calcio esprime sentimenti nazionali e la voglia di
dimenticare i soprusi della guerra: appassionati e non si ritrovano
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sballottati in un Italia rivoluzionaria, che per superare e ritrovare
un’identità, ama sognare attraverso il calcio.
E’ proprio in questi anni che cresce in modo esponenziale la potenza
di una “squadretta”, nata nel 1925, meno aristocratica e più popolare, della
sorella del Piemonte: il grande Torino.
Il Torino di Valentino Mazzola si aggiudica lo scudetto per quattro
anni consecutivi e molti giocatori di questa nuova promessa sono anche
giocatori della Nazionale.
Purtroppo, nel 1949 “il grande Toro” resta vittima della tragedia di
Superga: di ritorno da una tournèè all’estero, l’aereo si schianta nella
nebbia, sopra i monti piemontesi, rubando all’ Italia i suoi atleti migliori.
Gli anni ’50 e ’60, rappresentano una svolta nel mondo calcistico:
vengono istituite le tre Leghe, l’Associazione Arbitri viene trasformata in
Settore della FIGC e nascono altri due settori di servizio: quello Tecnico,
che ha sede a Coverciano, e quello Giovanile Scolastico, che dà impulso ai
vivai e al mondo della scuola: il calcio diventa lo sport nazionale, seguito
da un sempre maggior numero di persone con la conseguente
organizzazione di “gruppi supporter”.
Il più antico gruppo ultrà italiano è la “Fossa dei Leoni del Milan”
(1968).
A livello internazionale, vengono organizzati più appuntamenti
calcistici, segnale dell’ interesse in tutta Europa per questo sport. Viene
istituita la Coppa dei Campioni ( diventata da, qualche anno, Champions
League, su proposta di Silvio Berlusconi), torneo disputato tra le prime
classificate dei campionati europei; la Coppa delle Fiere (l’attuale coppa
Uefa), per le squadre piazzate nei primi posti; la Coppa delle Coppe, tra le
vincenti delle coppe nazionali.
In questo scenario di nuovi eventi, rilievo economico crescente, carte
federali calcistiche all’ordine del giorno e passione vibrante, arrivano anche
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le prime sconfitte in campo internazionale: la storica Italia - Corea, in
occasione dei Mondiali in Inghilterra (1966), crea sdegno e rammarico in
tutto il paese. Nonostante questa sconfitta, l’Italia negli anni ‘70 resta
l’unica squadra, con il Brasile, ad avere all’attivo due titoli Mondiali, con la
possibilità, con una terza vittoria, di vincere la “Coppa Rimet” ( assegnata
alla squadra vincente tre titoli Mondiali).
La vibrante e coinvolgente passione legata al calcio trova la massima
espressione nei Mondiali di Spagna 1982: centomila spettatori, per la
maggior parte italiani, hanno raggiunto la Spagna per assistere alla finale e,
anche i meno appassionati, si sono sorpresi a vedere la partita in televisione
o seguirla alla radio. Il Presidente della Repubblica Pertini, immortalato
nella tribuna spagnola come appassionato tifoso, ha riportato, in Italia, la
Nazionale di Bearzot, vincitrice della Coppa del Mondo, con l’ aereo
presidenziale. Le “megacoreografie” realizzate dagli italiani, per tutta la
durata del Mondiale, hanno “fatto” dell’ Italia un modello di tifoserie
imitato in tutti gli altri Paesi .
Il successo ottenuto in campo internazionale e la scoperta di nuovi
talenti all’estero, porta i club italiani ad effettuare la prima e costosissima
operazione di calcio-mercato internazionale (La prima in ambito nazionale
fu quella della cessione del giocatore Savoldi dalla Ternana al Napoli, nel
1975): Diego Armando Maradona, “el Pibe de oro”, arriva al Napoli nel
1984 e resta al Club fino al 1991. Sette anni nei quali, oltre a portare alla
società partenopea enormi successi, riesce ad entrare nel cuore e nell’animo
della gente, diventando un vero e proprio mito: il primo dio calcistico
postmoderno, creato dal meticciato tra l’Olimpo e le periferie
sottoproletarie del terzo mondo”
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Desiderio G., Platone e il calcio, Limina, Arezzo 2005, pag. 35